Insieme ad alcuni esponenti del gruppo Movimento per l'Italia Daniela Santanchè e una decina di esponenti del suo gruppo, il Movimento per l'Italia, sono indagate dalla Procura di Milano. L'accusa è quella di turbamento di funzioni religiose e interruzione dello svolgimento di manifestazioni religiose. Ricordiamo brevemente ciò che accadde pochi giorni fa: la Santanchè e alcuni suoi compagni di partito tentarono di strappare il velo ad alcune donne mussulmane durante un incontro religioso. La manifestazione indetta dall'ex parlamentare di An si chiamava anti-niqab, e si svolse il 20 settembre a Milano, durante la festa per la fine del Ramadan. Questo gesto scatenò delle successive e pericolose reazioni di folla. Per fortuna tutto si risolse in un nulla di fatto, anche se la Santanchè accusò di essere stata malmenata – accusa difficile da sostenere in quanto le numerose telecamere presenti non hanno rilevato nessun atto violento contro lei. Secondo la Digos di Milano la provocazione sarebbe potuta degenerare in scontri anche violenti, considerando anche la folta presenza di mussulmani in preghiera (quasi 2000 persone).
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La Procura apre un fascicolo, ipotizzando che la sua manifestazione del 20 settembre davanti al Ciak (per l’occasione trasformato in una «moschea a tempo») abbia configurato una «turbativa di manifestazione religiosa». Daniela Santanchè però va avanti nella sua battaglia per le donne musulmane mettendo in cantiere iniziative comuni con l’ala più dialogante dell’islam italiano, per studiare una proposta che introduca regole trasparenti sulle moschee. Anche sul fronte delle indagini intanto emergono altri possibili riscontri, che sarebbero a carico dei militanti islamici. Uno degli agenti intervenuti in via Procaccini avrebbe presentato un rapporto: nel referto inoltrato per via gerarchica si confermerebbe quella versione che già la cronaca del giorno dopo attribuì a un agente presente al Ciak. «La Santanchè è stata raggiunta da almeno un colpo - la testimonianza di 2 settimane fa -, se non ci fossi stato io a proteggerla sarebbero stati di più». Il rapporto confermerebbe il colpo al costato, e il fatto che il tentativo della Santanchè di avvicinarsi alle musulmane velate chiedendo alla polizia di identificarle non avrebbe mai configurato l’intenzione di strappare il velo a quelle donne che stavano andando a pregare. Ieri la Santanchè ha incontrato i dirigenti della Casa della cultura islamica di via Padova, la «moschea» più grande di Milano, che proprio quel 20 settembre, per celebrare la fine del Ramadan, ha chiamato a raccolta al Palalido oltre 10mila persone. Il centro diretto dall’architetto Mahmoud Asfa è attivo nel dialogo interreligioso e in ottimi rapporti con la Curia, tanto che in agosto ha usufruito per la preghiera del campetto parrocchiale di via Cambini. I contatti fra l’ex parlamentare e gli imam sono iniziati proprio dopo i fatti del Ciak, quando la direzione di via Padova prese le distanze dal più oltranzista Istituto culturale islamico di viale Jenner. I fedeli (o gli esponenti) del centro di viale Jenner diretto da Abdel Hamid Shaari furono fra i protagonisti di quegli scontri che la Santanchè ha pagato con contusioni giudicate guaribili in 20 giorni: «Siamo contro ogni violenza - commentarono dalla direzione di via Padova il giorno dopo - e sul burqa siamo d’accordo con lei. Crediamo che non si debba impedire a nessuno di manifestare, anche se l’onorevole poteva scegliere un giorno diverso, oppure venire a parlare con noi». Detto e fatto. Ieri la Santanchè ed Asfa hanno parlato per oltre un’ora, di moschee, burqa ed imam: «È andata molto bene - ha riferito la ex leader della Destra -, abbiamo aperto un dialogo importante cercando di capire come arrivare a proporre regole nuove». «Loro appartengono all’islam moderato - ha spiegato la Santanchè - non c’entrano niente con gli altri. Fanno sermoni in italiano ed insegnano la nostra Costituzione. Siamo d’accordo sulla necessità di un registro e di una formazione degli imam e sulla trasparenza nei bilanci delle moschee. Tutte regole che per me valgono come condizioni inderogabili per aprire le nuove moschee. Ci rivedremo per parlarne». «Un incontro positivo - ha confermato Asfa - il dialogo è sempre importante. Su molte cose siamo d’accordo: massima trasparenza nei bilanci, tradurre anche in italiano le prediche nelle moschee». Non solo: «Siamo contrari al burqa e al niqab - ha aggiunto Asfa - retaggi di una tradizione pre-islamica e non c’entra con la religione. Inoltre pensiamo a una proposta per formare gli imam attraverso una commissione di docenti universitari italiani ed egiziani, o giordani». «Noi - aggiunge però Asfa - crediamo però che i luoghi di preghiera siano necessari, e in tempi brevi».
3 commenti:
Ma che caspita ha scritto il giornalista?? Lei è stata malmenata eccome! Quel bastardo dell'imam alla fine l'ha denunciata e i soliti giudici eseguono... Ma anche lei non doveva fare una contro-denuncia?
Aspetta... aspetta che ho trovato altro. Tempo di copiare e incollare.
Insomma, alla fine è stato comunque un calarsi di braghe anche da parte della Santanchè. E vengono a blaterare ancora di dialogo interreligioso.
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