sabato 30 giugno 2012

Giornali e immigrazione


Comunicare l’immigrazione non è facile. Soprattutto in un Paese, come il nostro, dove dal 1861 ad oggi, gli stranieri sono aumentati del 7%: da 88.639 nell’anno dell’Unità d’Italia, a 4 milioni 570.317 nel 2010. Dati freschi freschi pubblicati su Comunicare l’immigrazione - Guida pratica per gli operatori dell’informazione, stampata dalla cooperativa Lai-momo di Bologna, in collaborazione con Caritas e Migrantes, nell’ambito di un progetto del ministero del Lavoro e dell’Interno, finanziato con fondi europei. Centosessanta pagine di informazioni, dati e tabelle. Ma quello che, probabilmente, era stato pensato per essere uno strumento di aiuto per giornali, radio e tv, pagina dopo pagina si impantana in una melma zuccherosa di parole e numeri, la cui litania è: «Anche se gli immigrati commettono un alto numero di reati, non è detto che l’equazione immigrati uguale a criminalità sia fondata». Dalla guida si apprende che oggi in Italia vivono tra i 500 e i 750mila clandestini (l’1,09% della popolazione totale) ovvero il 25,6% di tutti i residenti stranieri nel nostro paese. Ma secondo il Viminale sono solo 150mila i clandestini identificati ogni anno, nemmeno un quarto della presenza irregolare in Italia. Sempre secondo l’Interno il numero di immigrati denunciati è il 31,6% del totale delle denunce e l’80% dei reati è commesso proprio da stranieri irregolari. Ma per il manuale buonista sono i giornalisti i cattivi. Se la prende soprattutto con certi giornalacci, colpevoli di causare «ingiustificato allarmismo», di peccare di «superficialità ed eccesso di stereotipi» e di parlare di migranti «nel 52,8% dei casi, solo per articoli di cronaca nera». Giornalisti pazzi visionari, che scrivono sugli immigrati solo quando fanno qualcosa di male. E per rafforzare la predica cita Mario Morcellini, preside di Scienze della comunicazione alla Sapienza, che parla di «gigantografia della paura» da parte dei cronisti.

Poi la guida moralista si mette a dare anche i voti. Bocciato Il Giornale che ha interrotto troppo presto la pagina settimanale di Marina Gersony su Milano multietnica, «che ha avuto vita breve (2005-2007)». Promossi, manco a dirlo, altri «quotidiani più attenti alle questioni legate all’immigrazione» come L’Unità, Metropoli di Repubblica e L’Espresso. Secondo il manuale del buon giornalista le «poche eccezioni» in un mondo di giornalisti senza cuore, sono Radio Articolo 1, collegata alla Cgil, e Radio Popolare, vicina ai partiti e movimenti di sinistra. Insomma, per questa guida è eticamente scorretto parlare dei crimini commessi dagli immigrati. Neppure quando, nel 2010, un marocchino, drogato e senza patente, falciò a morte sette ciclisti nel catanzarese. O quando a Genova, nel 2011, una donna venne stuprata da un ghanese clandestino. E neppure se, un mese fa, una banda di romeni e albanesi venne beccata a spacciare droga ai minorenni nella provincia di Como. Dulcis in fundo, proprio nei giorni in cui il governo Monti vara la riforma delle pensioni, che prolunga di tre anni l’uscita dal lavoro (69 anni), la guida informa: «Lo straniero, al compimento di 65 anni, può richiedere la pensione. Il lavoratore immigrato che vuole tornare nel proprio paese prima di aver maturato il diritto alla pensione, conserva tutti i diritti previdenziali e di sicurezza maturati, e potrà ottenere la totalizzazione dei contributi previdenziali maturati in Italia con quelli versati nel proprio paese». Giornalisti avvisati.

Contenti voi...

E mentre tutte le testate (almeno quelle italiane) si sperticano in pelosissime lodi alla "mossa" di supermariomonti salvatore d'italia e d'europa... qui si scopre che la Standard & Poor a suo tempo truccò un pò le cose per declassare l'italia. Inoltre, per quanto riguarda la gran mossa montiana che ha fatto volare le borse e scendere lo spread, qui un altro punto di vista: poi, ovviamente, se ci si accontenta degli annunci, tutto va bene madama la marchesa...

Dalle stelle allo stallo di Gianni Petrosillo

Mario Monti annega in un fiume di parole facendo affogare l’Italia in un mare di lacrime e sangue. Dall’ultimo vertice europeo non è emersa alcuna novità, come del resto era prevedibile. Il nostro Premier cerca di mescolare l’acqua fresca con l’aria fritta ma sotto il suo loden non c’è assolutamente nulla di concreto. Afferma con la sicumera dei bluffatori che con gli eurobond si mette un freno allo spread, ovvero che con l’inutile si può limitare l’inessenziale. E’ la sua maniera per dare rilevanza a quel fattore che lo ha portato in sella all’Esecutivo e che ora potrebbe ritorcerglisi contro. Ma la sua mano invisibile è debole ed i suoi trucchi da professore preso dal mazzo non ci evitano di alzarci dal tavolo dei big europei in braghe di tela. Noi tutti sappiamo che fino a qualche mese fa, Berlusconi governando, il differenziale tra titoli di stato tedeschi e italiani era materia confinata nei cunicoli dell’economica e non della politica la quale ancora tentava di occuparsi di questioni molto più importanti e strategiche. Con l’avvento dei tecnici, e c’era d’aspettarselo, si è alzato lo stile ma sono cadute le braccia, la Politica con la maiuscola è finita dietro alla lavagna e la classe dirigente si è riempita di saccenti cervellotici che prendono lezioni dai mercati per bacchettare sulle mani i connazionali.

L’Italia ha un serio problema di differenziale ma questo non riguarda la forbice tra titoli di Stato quanto piuttosto l’incapacità di ripartire uniformemente la velocità, come nella meccanica delle auto, tra potenzialità economiche e prospettive politiche del paese (i dati rilasciati ieri da Confindustria sono un vero bollettino di guerra che conta morti e feriti soprattutto tra i ceti deboli dello Stivale). Poiché questo anello di congiunzione tra il motore e le ruote non funziona più siamo incapaci di cambiare marcia e di svoltare dal tracciato che ci ha condotti in un vicolo economicamente cieco e politicamente muto. La segnaletica della Storia, al contrario di quella finanziaria, non viene riportata dalle mappe abituali, perché i suoi percorsi sono spesso da costruire e nei momenti di difficoltà e di perdita di punti di riferimento ti invoglia a lanciarti sulla strada meno battuta. Certo, ci vuole coraggio per avventurarsi su vie sconosciute ed insidiose ma non c’è alternativa se si vuole provare a smettere di girare a vuoto sull’orlo di un abisso, mentre i bassi giri del propulsore e i forti giri di testa potrebbero condurti a saltare di sotto. Come abbiamo ripetuto tante volte, questa crisi è sistemica nel senso che dipende innanzitutto dall’esaurimento di un equilibrio monopolare, sullo scacchiere internazionale, consolidatosi a partire dal ‘89. Gli Usa, all’indomani della caduta dell’Urss, hanno esteso il loro raggio egemonico sui Paesi dell’ex rivale sovietico e sono entrati di prepotenza in tutti gli altri scenari regionali per stabilizzare il proprio dominio geopolitico. La situazione è però mutata piuttosto rapidamente ed ora quegli assetti sono nuovamente in discussione, in virtù dell’emergere e del riemergere di nazioni ed aree che si affacciano sullo scenario globale con i propri interessi e le proprie strategie d’azione. Con queste trasformazioni anche i meccanismi economici che reggevano il precedente ordine mondiale si stanno riconfigurando facendo saltare regole consolidate ed appartenenze acquisite all’interno di sfere d’influenza che si sfilacciano o si riallacciano per riconformarsi drasticamente. Tali processi di aggregazione o disaggregazione geostrategica sono segnalati sul davanti della scena sociale dalla débâcle finanziaria ma non si esauriscono in essa.

Come ha scritto recentemente Gianfranco La Grassa: “La finanza è la maschera dell’azione da compiersi contro il “nemico”; è il guantone che copre il pugno usato per stenderlo al tappeto. Solo un inesperto crederebbe che, in un incontro di pugilato, vince chi ha il guantone più efficace; di un ottimo pugile non si dice che possiede il guantone che picchia duro, cha ha il guantone da KO, bensì che ha il pugno a tal uopo adatto. Così come la finanza, pure il governo Monti è una maschera per coprire lo sfacelo cui deve essere sottoposta la (non) politica italiana – in realtà assente dall’inizio degli anni ’90, dalla truffaldina operazione denominata “mani pulite”, del resto anch’essa solo strumento di ben altre bande in azione da oltreatlantico con l’appoggio dei “cotonieri” confindustriali italiani guidati dalla Fiat – al fine di fare tabula rasa di una poltiglia maleodorante che ha impestato e distrutto il cervello degli italiani in vent’anni”.

Se il massimo che il Governo italiano riesce a produrre in questa drammatica fase è una manovra anti-spread ci ritroveremo faccia a faccia col tappeto in men che non si dica. Per restare alla metafora della boxe utilizzata precedentemente, immaginate che l’Italia sia un pugilatore il quale finge di mettersi in guardia proprio mentre gli arriva sul volto un dritto micidiale. La fisica politica non risponde alle stesse leggi fallaci dell’economia. Così’ mentre gli Stati Uniti costruiscono un vero scudo stellare in Europa, col quale ci domineranno per decenni, noi ci rallegriamo per un misero ombrellino anti-spread che non serve a nulla. E’ il caso di dirlo: a loro le stelle a noi lo stallo.

venerdì 29 giugno 2012

Qualcosa (seppur poco) si muove?


MILANO - Hanno prenotato due sale. Una venerdì 6 luglio, l'altra il giorno successivo, all'hotel Michelangelo. «Parleremo del nostro concetto di Europa che è molto diverso da quello attuale», dice con una punta di orgoglio Luca Romagnoli, Fiamma Tricolore. E a discutere con lui ci saranno i rappresentanti dei partiti nazionalisti europei. Dagli Jobbik (Ungheria) fino al British National Party (inghilterra). Passando per il Front National (Francia). Movimenti ipernazionalisti, neofascisti, neonazisti, xenofobi.

IL CONVEGNO- Milano dunque si tinge di nero. Due giorni di discussioni tra partiti estremisti. Alcuni eletti al Parlamento Europeo. Ed è proprio lì che hanno sancito un'unione (29 ottobre 2009) e una comunione di intenti. E che a Milano troverà una firma su un documento politico di fine convegno sabato pomeriggio. In arrivo, quindi i rappresentanti dei movimenti di 14 Paesi. Il convegno è organizzato, appunto, per discutere della Ue. «Stanno cancellando la sovranità degli Stati. E questo per noi nazionalisti è impensabile», continua Romagnoli che fino al 2009 sedeva anche lui a Strasburgo. Famoso per dichiarazioni negazioniste. È stato sempre lui a scegliere il capoluogo lombardo per questo convegno. «La destra sociale deve riprendere il ruolo che ha sempre avuto in città, soprattutto ora che è orfana della Lega».

LE PROTESTE- Non tutti la pensano così. Anzi. La notizia dell'incontro sta facendo il giro della rete. «C'è grande preoccupazione per questo raduno. Innanzitutto per il luogo: la stazione Centrale, meta multietnica. Poi non è possibile che Milano continui a essere meta di neonazisti e xenofobi. Anche ora che è stato eletto un sindaco di sinistra», sottolinea Saverio Ferrari, dell'Osservatorio Democratico. La paura che militanti di estrema destra possano turbare «la convivenza civile e democratica».

Benedetta Argentieri

mercoledì 27 giugno 2012

Primavere arabe...

Si è parlato con enfasi delle "gloriose primavere arabe". Quelle che hanno spodestato dei dittatori (presumibilmente laici) per scambiarli con altrettanti dittatori presumibilmente islamici e ancor più sanguinari. In tanti hanno pensato che... le rivoluzioni o le primavere non si fanno via internet. E' toccato alla tunisia, poi all'egitto, passando per marocco e algeria per arrivare infine alla libia, con la scusa di salvare i libici dal loro oppressore. Dicono che i libici ora stanno molto molto peggio di prima. In tutti i sensi. Ora, tocca alla siria. Con quale scusa? La solita, quella accampata dall'onu, no? E, dietro l'onu, ovviamente ci sono le bandiere a stelle e striscie dei portatori di democrazia. E no, non scopro l'acqua calda e non sono novità... però, nel frattempo, io comincio davvero ad essere schifata da quelle bandiere che hanno intrappolato anche noi.

Zombies, crescita e banche...


La confraternita di usurai prezzolati che dopo il golpe dello scorso novembre usurpa i banchi del governo, continua a maramaldeggiare allegramente sotto la guida di Mario Monti e con il sostegno incondizionato di un parlamento composto da zombies, pronti a ratificare qualsiasi bestialità venga loro ordinata. Lacrima Fornero ha iniziato ad impegnarsi con cura certosina nella sostituzione della produzione industriale con quella dei disoccupati, il tutto naturalmente al fine di creare la crescita e partendo dal presupposto che "il lavoro non è un diritto", bensì una creatura ectoplasmatica destinata a venire esorcizzata per sempre. Il "buon" Di Pietro e la Lega si scagliano contro le sue parole, ritenendole in contrasto con la costituzione. Ma sono stati (anche) loro a sostituire la costituzione con il Trattato di Lisbona, perchè continuare a fingere che quello che è ormai ridotto a carta straccia esista ancora? I tagli dei servizi al cittadino e dello stato sociale oggi li chiamano "spending review", probabilmente perché usare il linguaggio del padrone incrementa l'appeal e contribuisce a far si che l'interessato non capisca una mazza di quello che viene ordito alle sue spalle... Proprio nel nome dello spending review è partita la manovra Bondi che taglierà quel poco che resta del sistema sanitario italiano. Un taglio che dovrebbe far risparmiare allo stato circa 4 miliardi, necessari per pagare le missioni di guerra, ad oggi senza copertura finanziaria, per i primi interventi di ricostruzione in Emilia Romagna e per evitare che l'Iva venga aumentata. Il fatto che per fare fronte al terremoto in Emilia Romagna fosse già stata inserita un'accisa sulla benzina e che il governo già abbia legiferato per mettersi al riparo da qualsiasi onere concernente la ricostruzione delle abitazioni distrutte nel corso di calamità naturali, viene come sempre bellamente sottaciuto. Tagliamo e tassiamo per non aumentare l'Iva è il mantra più in voga per giustificare tutte le manovre di questi ultimi mesi. A settembre, quando l'Iva salirà al 23%, come già disposto per legge, il gingle cambierà e nel gioco del bastone e della carota verrà inserito un nuovo spauracchio sul quale fare leva, magari la stessa Iva al 25%. Che si tratti di "prending" review o di prendi e basta, l'unica certezza sembra essere quella concernente la destinazione d'uso dei denari. Missioni di guerra per conto terzi ed acquisti di armamenti a parte, quasi tutto il denaro sottratto alle tasche dei poveracci da Equitalia & company viene e verrà devoluto alle banche, per fare fronte alla bulimica ingordigia che ne rappresenta il tratto saliente. Nel solo corso del 2012, ben 48 miliardi di euro estorti ai contribuenti italiani andranno infatti a rimpinguare le casse del sistema bancario europeo, ma in qualche caso è possibile anche fare di più. Come sta accadendo in questi giorni con Monte dei Paschi di Siena, che il governo italiano ha premiato con un prestito di 4 miliardi di euro, per il nuovo piano industriale che prevede la chiusura di 400 filiali e l'eliminazione di 4.600 dipendenti. Il tutto nel nome della crescita prossima ventura, naturalmente.

Mater lacrimarum e le interpretazioni

... e immaginiamo quanto abbia lottato e quanto si sia sacrificata sua figlia per ottenere e mantenere quel posto di lavoro... nella stessa università di sua madre e di suo padre... e, idem, immaginiamo anche quanto abbia lottato e quanto si sia sacrificata miss Fornero.

In serata alla Camera l'ultima fiducia sul Ddl di riforma del Lavoro. Bufera Fornero: «Il lavoro non è un diritto». La Lega: «Ma ha giurato su Topolino?». Polemica per le parole del ministro al Wall Street Journal. Di Pietro: «La badessa vuole riscrivere la Costituzione?»

Nel giorno dell'ultimo passaggio alla Camera del disegno di legge Fornero sul lavoro, il ministro del Welfare risponde alle critiche mosse qualche giorno fa da un commento del Wall Street Journal, che parlava di una riforma del lavoro inconcludente, capace solo «di svuotare il lago di Como con mestolo e cannuccia». In una lunga intervista Fornero ha replicato: «Stiamo cercando di proteggere le persone, non i loro posti. L'attitudine delle persone deve cambiare. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio». Il ministro ha fatto riferimento anche alla nuova disciplina dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, con la possibilità di licenziamento individuale per motivi economici da parte delle aziende.

LA POLEMICA - Frasi che hanno fatto subito scattare dure critiche, nel giorno degli Stati Generali del Welfare con contestuale lancio di petardi e fumogeni tra manifestanti e agenti: «Le parole del ministro Fornero sono aberranti - il commento di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista - il lavoro in Italia è un diritto costituzionale. Si rilegga gli articoli 1 e 4, tra i Principi fondamentali della nostra Carta». Concetto ribadito anche dalla Lega Nord: «Il lavoro è un diritto. Il ministro Fornero ha giurato sulla Costituzione o su Topolino?» si chiede il senatore del Carroccio, Gianvittore Vaccari. «Se i lavoratori per caso leggessero il Wall Street Journal di oggi - ha scritto Antonio Di Pietro sul suo blog - scoprirebbero che dal giorno alla notte hanno perso anche il diritto formale al lavoro. A quanto pare la badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l'art. 1 della Costituzione. Cara professoressa, questa è un'asineria bella e buona» il commento del leader dell'Italia dei Valori.

LA PRECISAZIONE - Il ministro ha cercato poi di precisare il senso delle sue parole (così nell'originale: «We're trying to protect individuals not their jobs. People's attitudes have to change. Work isn't a right; it has to be earned, including through sacrifice»): «Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione. Ho fatto riferimento alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza».

LA RIFORMA - Il caso monta proprio nel giorno dell'approvazione della fiducia alla riforma del lavoro. Dopo le due votazioni di martedì, l'aula di Montecitorio si appresta a votare la quarta e ultima fiducia chiesta dall'esecutivo. Il provvedimento, salvo problemi dell'ultimo momento, sarà approvato in serata. Monti ha raccomandato di approvare la riforma prima del vertice Ue del 28-29 giugno, per mostrare che l'Italia non è solo un Paese con i conti in ordine ma che ha anche approvato quelle «riforme strutturali» senza le quali la Germania non vuole cedere alla messa in comune delle garanzie sul debito. Il presidente del Consiglio ha anche aggiunto che, subito dopo il voto finale, scriverà al presidente del Consiglio europeo, per sottolineare i «progressi» dell'Italia nelle riforme strutturali.

VOTO - Non sono mancate le stoccate contro il governo neanche nel corso delle dichiarazioni di voto sul ddl lavoro. «Sarete pure sobri. Ma siete solo dei sobri ricattatori politici e truffatori politici». Così il leader dell'Idv Antonio Di Pietro riferendosi al «presidente del consiglio che non c'è», alias Mario Monti.

Corinna De Cesare Fabio Savelli

martedì 26 giugno 2012

L'ennesimo imbecille laureato

Se parla di pubblici dipendenti, allora sono daccordo ma se parla di privati, bhe... ee anche potessi, perchè mai dovrei ridurre il mio tenore di vita? Per mantenere uno stato leviatano che prende e non restituisce il giusto? Signor polillo, dia il buon esempio, se lo riduca lei il tenore di vita e lavori più di undici mesi l'anno ma si ricordi anche di ridursi lo stipendio e di rifiutare la pensione.

Un commento: "Egregio Dottor Polillo, Le porto il mio caso: lavoro nel privato e faccio al massimo 3 settimane di ferie l'anno, per la precisione 2 ad agosto e una a Natale. Equivalgono a 11 mesi ed una settimana lavorati. Vogliamo togliere le malattie che ogni tanto mi permetto di fare e qualche permesso per inderogabili necessità? Va bene, arrotondiamo a 11 mesi. Ora, per mettere insieme 3 mesi di ferie l'anno, devo sommare la media ferie degli ultimi 3 anni. Oltretutto, non ho mai conosciuto né conosco nessuno che si assenti per 3 mesi l'anno. Potrebbe spiegarci a chi si riferisce, dottor Polillo? Chi lavora solo 9 mesi? La settimana in più la posso fare: sarò al lavoro, quindi niente acquisti, niente consumi, niente soldi ai negozi. E' sicuro, dottor Polillo, che facendoci restare al lavoro si aiuti l'economia? E se nessuno compra, a chi gioverebbe una settimana in più di produzione? Solo al valore delle rimanenze finali di magazzino, credo... "



"O noi lavoriamo di più o questo livello salariale medio è insostenibile". È la ricetta dei tecnici. E la enuncia il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo, che durante una tavola rotonda organizzata da Business International mette in chiaro le cose. L'Italia ha due possibilità: o si consuma di meno o si decide di lavorare di più. Ad ogni modo, qualunque sia la scelta, bisogna ridurre il nostro tenore di vita. La via maestra? Polillo insiste: bisogna rimanere una settimana di più sul posto di lavoro. Il sottosegretario poi, a margine del convegno, risponde a una domanda relativa al licenziamento degli statali. E non usa mezzi termini: "Bisogna usare le norme che ci sono, come quelle sulla mobilità". La possibilità di mettere in mobilità i dipendenti per due anni, in caso di eccedenza di personale, esiste già. Il punto, secondo Polillo, è che non è mai stata sfruttata appieno. Dopo due anni di mobilità - ha ricordato il sottosegretario - i lavoratori in esubero, come da norma, devono accettare una nuova destinazione. E in caso non la accettino potrebbero essere licenziati. Attualmente, ha però sottolineato, nella spending review i tagli sono limitati ai vertici dirigenziali del ministero dell'Economia e della presidenza del Consiglio. In discussione anche eventuali ulteriori tagli che andrebbe a toccare la spesa sanitaria, sui quali ancora non si è deciso: "Ci sono quelli previsti, 2,5 miliardi nel 2013 e 2,5 miliardi nel 2014 e questi già comporteranno sacrifici, speriamo di non tagliare di più, ne stiamo discutendo". Il problema, a sentire Polillo è che la spesa "è cresciuta velocemente negli ultimi anni". Niente di eccessivo. Anzi, la crescita è sotto quella di altri paesi dell'Ue, "ma abbiamo un problema di compatibilità: un servizio di qualità a costi contenuti, si tratta di una missione quasi impossibile".

Dove vogliono arrivare i tecnici Apolitici

Un commento: "Tralascio I commenti sul grado di intendere di questa raccomandata a vita, non sa nemmeno di cosa sta parlando, ma in che mani siamo? ''un centro come il vostro e' importante perchè abbiamo bisogno di ricerche scientifiche, dati e analisi certe per far funzionare meglio le nostre politiche''. se questo non è un outing sul programma stabilito a tavolino sugli scopi dell'invasione io mi faccio suora. Comunque la realtà è che arrivare al completamento del ricambio di popolazione con carne fresca straniera stanno massacrando la vecchia autoctona e assassinando il futuro dei giovani e bimbi italiani, che ci sono e ci saranno".


Roma – 26 giugno 2012 – Anche se "non possiamo semplicemente aprire le porte, perché questo potrebbe creare problemi, dobbiamo avere un atteggiamento positivo, considerando che le migrazioni, nel lungo periodo, possono avere effetti positivi". Lo ha detto oggi il ministro del Welfare, Elsa Fornero, durante un video-collegamento con l'Istituto universitario europeo di Fiesole in occasione dell'apertura del "Migration policy center". ''Dobbiamo - ha spiegato il ministro - considerare tutti gli effetti positivi delle migrazioni, che possono anche contribuire a risolvere dei problemi.  I lavoratori immigrati - ha sottolineato Fornero - sono giovani, lavorano, pagano i contributi. Ma ci sono anche altri motivi per cui i migranti possono contribuire al welfare: fanno piu' figli e questo può combattere il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione e poi la diversita' e' un tipo di ricchezza della societa'. I figli dei migranti hanno anche effetivi positivi nelle scuole. Quindi il contributo dei migranti puo' essere economico, sociale e anche per il sistema del welfare''. Per questo motivo, ha aggiunto, ''anche se siamo nel profondo della recessione e non ci sono abbastanza risorse, dobbiamo usare quelle che abbiamo per rafforzare l'integrazione''. In questo contesto, ha concluso rivolta ai partecipanti all'incontro di lancio del Migration policy center, ''un centro come il vostro e' importante perchè abbiamo bisogno di ricerche scientifiche, dati e analisi certe per far funzionare meglio le nostre politiche''.

Qui. Poi mi chiedo, se fosse stato un disoccupato italiano, sarebbe stato aiutato lo stesso? Anzi, la risposta c'è, è proprio qui.

lunedì 25 giugno 2012

Spending review


MILANO - Niente taglio alle pensioni d'oro. Almeno per il momento. Le note parlamentari delle principali agenzie di stampa raccontano infatti che la proposta di modifica al decreto legge spending review a firma del deputato Guido Crosetto (Pdl) ha ricevuto il parere contrario del governo che si è però impegnato a ragionare sul tema in vista dell'esame del decreto legge sviluppo. L'emendamento prevede che le pensioni «erogate in base al sistema retributivo, non possono superare i 6.000 euro netti mensili. Sono fatti salvi le pensioni e i vitalizi corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo». Se poi questa pensione è cumulata con altri trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo, «l'ammontare onnicomprensivo non può superare i 10.000 euro netti mensili».

L'IMPEGNO DEL GOVERNO - Crosetto confida nell'impegno dell'esecutivo: «Ho ritirato gli emendamenti sulle pensioni - dichiara - a seguito dell'impegno del governo ad affrontare il tema posto dai dieci emendamenti che avevo presentato su pubblico impiego e pensioni nel decreto sulla spending review che verrà approvato nel prossimo Consiglio dei Ministri».

SINDACATI OSTILI - Ma i problemi più seri per il governo sulla strada del taglio alle spese della macchina amministrativa vengono dai sindacati. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso ha affermato che sarebbero «inaccettabili» nuovi interventi che peggiorino le condizioni dei dipendenti pubblici, ma anche «insopportabili» nuovi tagli alla sanità: molti tagli sono stati già fatti, e già così ci sono «situazioni in cui non ce la si fa a garantire le prestazioni essenziali». Martedì i lavoratori pubblici si mobiliteranno per due ore con assemblee, mentre è probabile che il Governo convochi i sindacati sulla spending review dopo il Consiglio europeo (è saltata l'ipotesi di mercoledì 27) ed è probabile che la riunione con il presidente del Consiglio Mario Monti sia il 2 luglio.

IL BLOCCO DEGLI STIPENDI - Il timore dei sindacati è quello di un ulteriore blocco degli stipendi rispetto all'inflazione, ma soprattutto di una sforbiciata all'occupazione con l'utilizzo della norma sulla mobilità oltre che con la stretta sul turn over (già previsto al 20% rispetto al numero delle uscite dal lavoro). «Siamo passati - ha detto Camusso - dall'idea che poteva essere interessante di intervenire sulle modalità di acquisto dei beni e servizi della Pubblica Amministrazione al solito schema che trova le risorse colpendo i lavoratori pubblici. È inaccettabile. Non c'è‚ nessun segno di equità in questo. Una cosa - ha aggiunto a proposito della sanità - è intervenire sugli acquisti mentre diventa insopportabile che la spending review si traduca in tagli lineari alle risorse sanitarie. Sulla spending review - ha detto il numero uno Cisl, Raffaele Bonanni - aspettiamo che Monti si decida a convocarci per evitare questa situazione incresciosa e irresponsabile». «O una spending review è vera e seria - ha detto il leader Uil, Luigi Angeletti in un intervista a QN - o non ci resterà che lo sciopero generale».

Viscidume democristiano


Casini esce allo scoperto e dice chiaramente di volere un accordo con la sinistra. L'ammissione arriva in questo preciso momento perché il leader Udc è convinto che il voto anticipato sia più vicino: per "colpa" di Berlusconi. Dunque occorre prepararsi per tempo alle urne. "Ho sempre ritenuto - dice il leader Udc a margine della direzione nazionale del suo partito - che la prospettiva sia un patto per affrontare le emergenze tra progressisti e moderati", . "Oggi - prosegue - si è realizzato con il governo tecnico, ma la strada è un governo politico per risollevare il Paese a affrontare l’emergenza che non durerà poco per arrivare così agli Stati Uniti d’Europa costruiti attorno al rapporto tra le due grandi famiglie del Ppe e del Pse".

Chi dice via dall'euro è fuori dal Ppe: Casini sferza un duro colpo a Berlusconi ricordando che "basta fare un giro in Europa per capire che il Ppe non ha niente a che fare con chi ha voglia di uscire dall’Europa". "I mercati - osserva il leader Udc - prendono di mira diversi Paesi, non perché non credono a misure specifiche, ma per chiedere se crediamo all’Unione europea e negli Stati Uniti d’Europa".

Il Pdl vuole solo indebolire Monti: In un passaggio del suo ragionamento Casini denuncia quello che, a suo dire, è un disegno subdolo e per certi versi diabolico del Pdl: paventare l'uscita dall'euro non per convinzione ma solo per danneggiare il governo. "Qualcuno chiede a Monti di fare miracoli, ben sapendo che questo non è possibile. Spazio per furberie non ce n’è più. Da che lato degli schieramenti politici arrivi il rischio" di far mancare il sostegno al governo è sotto gli occhi di tutti. "Nel Pdl - aggiunge - parlano un giorno di uscita dall’euro e il giorno dopo dicono di voler sostenere il governo. Tanta confusione fa male però all’esecutivo".

domenica 24 giugno 2012

Governo allo sbando


Per il decreto attuativo della spending review, salvo miracoli dell'ultim'ora, se ne riparlerà soltanto il 2 luglio. Quale è il miglior biglietto da visita con cui Mario Monti potrebbe presentarsi al fatidico consiglio europeo del 28 e 29 giugno? Una riforma del lavoro che il capo dei datori di lavoro, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, definisce «una boiata», e che il ministro del Welfare Elsa Fornero è già disposta a modificare dopo che il Parlamento l’avrà approvata? Oppure il decreto con cui finalmente si taglia la spesa pubblica, come ci chiedono da tempo la Banca centrale europea e le altre istituzioni internazionali, sinora sempre rimandato e dal quale dipende la possibilità di non aumentare l’Iva a ottobre? In teoria non dovrebbe esserci partita. Eppure il primo provvedimento sarà trasformato in legge dai vituperatissimi partiti entro la data pretesa dal premier, in modo che così Monti possa presentarsi a Bruxelles con la medaglietta appuntata sul petto. Invece per il decreto di attuazione della spending review, che stabilisce dove e come sarà ridotta la spesa pubblica, la cui responsabilità ricade tutta sul premier e i suoi colleghi di cattedra e di governo, bisognerà aspettare ancora. Anch’esso, per ovvi motivi, avrebbe dovuto essere varato prima del vertice europeo. Ma la sua approvazione pare adesso destinata a subire l’ennesimo slittamento. «Salvo miracoli dell’ultim’ora», raccontano a palazzo Chigi, «se ne riparlerà il 2 luglio».

La colpa viene data alla fittissima agenda di Monti. «Il presidente», dice uno della sua squadra, «è concentratissimo sul vertice del 28 e 29. Lunedì ci sarà il preconsiglio dei ministri. Martedì mattina deve incontrare i rappresentanti delle regioni. Mercoledì parte per Bruxelles. Quindi…». Quindi tutto spostato al lunedì successivo. Sul quale però – altra novità di ieri – pende la preparazione del vertice bilaterale Italia-Germania del 4 luglio, che vedrà Monti ancora impegnato nell’operazione di convincimento di Angela Merkel. Insomma, forse si slitta ancora. In realtà, i problemi del governo sono politici. I sindacati del pubblico impiego sono sul piede di guerra: vogliono capire bene in cosa consiste il ridimensionamento delle piante organiche annunciato dall’esecutivo e se esso prevede tagli lineari ai dipendenti dei ministeri. Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro con il premier e annunciato mobilitazioni. Gli stessi ministri, che hanno ricevuto da Monti l’incarico di individuare risparmi nei settori di competenza, traccheggiano incapaci di portare a termine il compito. Tanto che il premier, seccato, ha dovuto dare l’esempio, presentando in pubblico per primo la lista dei risparmi di palazzo Chigi e del ministero dell’Economia. «Come segnale e come anticipo ai nostri colleghi di governo», ha detto davanti alle telecamere. Tradotto: se ce l’ha fatta io, che ho mille altri impegni, voi non avete più scuse.

Resta il fatto che sinora la leadership di Monti, su questo fronte, è stata quantomeno carente. Eppure si tratta del provvedimento più importante che è chiamato a fare. Un decreto che riducesse subito le spese era tra le principali richieste avanzate all’Italia da Mario Draghi e Jean-Claude Trichet nella lettera inviata il 5 agosto dalla Bce al premier dell’epoca, Silvio Berlusconi: «L’obiettivo dovrebbe essere (…) un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa». Poco dopo essersi insediato, Monti ha commesso l’incomprensibile errore di affidare la delega per la spending review al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda. Il quale il 9 gennaio annunciò che entro la fine di quel mese sarebbero stati varati «i primi interventi di razionalizzazione delle risorse statali». Invece, anche a causa dei contrasti con il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, Giarda non è riuscito a cavare un ragno dal buco, finendo per lamentarsi sui giornali di essere stato abbandonato: «La spending review è un’operazione complicata alla quale sto lavorando pressoché da solo...».  Il risultato è stato che Monti ha dovuto chiamare un nuovo tecnico, Enrico Bondi, a fare quello che i ministri tecnici non si erano dimostrati capaci di realizzare. Un mese fa l’ex amministratore straordinario di Parmalat assicurava che entro giugno sarebbe diventato operativo un primo piano di tagli alla spesa pubblica per un valore di almeno 4,2 miliardi. Indispensabile, a questo punto, non solo per scongiurare il rincaro dell’Iva già messo tra le probabilità, ma anche per finanziare gli interventi di ricostruzione nelle aree colpite dal terremoto di maggio. Pure questo impegno, però, rischia di non essere rispettato. A conti fatti il governo ha perso sei mesi, preferendo dedicare interminabili trattative a provvedimenti come la riforma del lavoro, sulla cui efficacia nessun imprenditore sembra pronto a scommettere.

di Fausto Carioti

La priorità del Pd


L'assoluta priorità del Partito Democratico? La legge sulla cittadinanza per gli immigrati basata sullo ius soli. Lo ha annunciato il segretario del Pd, Pierluigi bersani, nel suo intervento all'assemblea dei circoli del partito: "Propongo di chiudere l'assemblea con l'impegno che la prima norma del nuovo governo di alternativa è che tutti i bambini che oggi non sono né immigrati né italiani saranno italiani". Bersani garantisce che i democratici, nel caso in cui arrivassero al governo, approveranno immediatamente la legge della cittadinanza in base allo ius soli.

Le primarie - L'altro tema caldo, all'assemblea del Pd, resta quello delle primarie dove Bersani verrà sfidato da Renzi (che quasi in contemporanea parlava chiedendo di azzerare la vecchia nomenklatura democratica). "Una rissa? - si chiede Bersani - Finché ci sono dentro io le primarie non saranno una rissa", ha assicurato. "Noi faremo meccanismi di partecipazione per la scelta dei parlamentari, a prescindere dalla legge elettorale. Chiamiamole pure primarie. Ma noi dobbiamo avere gruppi parlamentari dove certe competenze vengano mantenute. Serve un nucleo per mandare avanti la baracca", ha aggiunto.

Sostegno a Monti - Bersani ha poi rinnovato il sostegno al governo Monti, pur ammettendo la difficoltà ad appoggiare alcuni provvedimenti. Per questo, assicura, il Pd tenterà fino all’ultimo di condizionare alcune scelte. "Noi rimaniamo fermi a quel prima di tutto l’Italia", ha spiegato. "Vinceremo ma non sulle macerie del Paese, l’emergenza che c'era non è scomparsa, quindi noi manteniamo l’impegno", ha assicurato. "Sappiamo cosa ci costa - ha aggiunto - sappiamo le cose che non vanno e le cose difficili da digerire, le luci e le ombre. E sulle ombre siamo pronti a prenderci i nostri impegni". Per esempio, ha citato, "attorno al tema pensione, giovani ci sono delle cose serie. Siamo pronti a lottare fino all’ultimo in un parlamento dove non abbiamo la maggioranza e a prenderci impegni per il futuro".

Monti, il salvatore, i crediti e le imprese che chiudono


Congelati anche i crediti che le imprese vantano con la Pubblica amministrazione: un tesoro da 70 miliardi. L'emergenza dei mancati pagamenti alle imprese assume connotazioni drammatiche, l'allarme è rosso: nei primi cinque mesi del 2012 sono cresciuti del 47 per cento. Il risultato? Le aziende non incassano più, le fatture da pagare restano chiuse nel cassetto. Il quadro è tratteggiato da un'indagine di Unimpresa che individua tre ragioni in particolare: il crollo dei consumi, la stretta ai prestiti bancari e i crediti della Pubblica amministrazione congelati. Gli effetti della cura Monti continuano a pesare anche sulle imperse, che schiacciate in un quadro recessivo e costrette a subire un'altissima pressione fiscale, giorno dopo giorno stanno morendo. Secondo quanto rivelato dalla Cgia di Mestre venerdì, nei primi tre mesi di quest'anno hanno chiuso i battenti 146.368 imprese, ovvero 1.626 imprese al giorno.

Quadro omogeneo - L'indagine di Unimpresa sui pagamenti ritardati è stata condotta incrociando i dati delle 130mial associate raccolti nelle 60 sedi sul territorio nazionale, con le informazioni prese da alcune basi dati pubbliche e private. Lo studio mette in evidenza un quadro omogeneo in tutta Italia, con una crescita delle percentuale dei mancati pagamenti poco più alta al Mezzogiorno (49,4%) rispetto al Centro-Nord (45,3%). Per quel che riguarda i settori economici, al vertice della graduatoria c'è l'edilizia, poi il commercio, quindi l'artigianato, la piccola industria e l'agricoltura.

Le tre ragioni - La nota diffusa da Unimpresa spiega che la spirale negativa si fonda su tre ragioni che hanno spinto il Paese in recessione. Per primo, la crisi ha fatto crollare i consumi incidendo sui comportamenti delle famiglie, sempre più orientate a spese low cost in modo sistematico pur di arrivare a fine mese: si punta tutto su offerte speciali e prodotti scontati, con il risultato di un crollo del fatturato che parte dal piccolo commercio e dalla grande distribuzione e arriva a investire l'intera filiera produttiva. La seconda ragione è il cosiddetto credit crunch, la crisi di liquidità innescata dalla stretta al credito da parte delle banche. Il terzo fattore che contribuisce a bloccare i pagamenti tra imprese è il congelamento dei crediti che le aziende vantano nei confronti della Pubblica Amministrazione: un tesoro da 70 miliardi di euro sui quali il governo di Monti non è riuscito a incidere.

"Sempre più vicini al baratro" - Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, spiega: "Siamo sempre più vicina al baratro. Dobbiamo constatare giorno dopo giorno che si stanno avverando tutte le nostre previsioni. E mentre il Paese affonda prendiamo atto che al Governo interessano di più le faccende internazionali. E' chiaro che la svolta passa anche per una ricetta unica dell'Unione europea, ma nel nostro Paese esistono malattie particolari che richiederebbero medicine ad hoc. E si tratta di misure urgenti, senza le quali - continua Longobardi - alla fine di quest'anno potremmo fare i conti con un quadro devastante. A nostro giudizio il ciclo economico può ripartire anche ricorrendo a importanti investimenti pubblici, da rilanciare in tempi rapidissimi".

sabato 23 giugno 2012

Precari over 35

... ma ci sono anche disoccupati over 35, quelli quanti sono? Ma se non altro, qualcuno ci ha fatto caso a parte i diretti interessati. No, non è una consolazione ma... almeno qualcun'altro pubblica notizie del genere.


Il lavoro a tempo, quello "precario" per intenderci, non è solo "giovane". Secondo i dati elaborati dall'Istat sul primo trimestre del 2012, quasi un milione di dipendenti tra i 35 e i 64 anni ha un impiego con un contratto a tempo determinato. "Si tratta di 969mila dipendenti senza posto fisso - spiega l'istituto di statistica - un numero così elevato non si registrava dal primo trimestre 2004". Secondo lo studio pubblicato dall'Istat, il fenomeno che interessa gli over 34 è in aumento anche rispetto allo scorso anno, che ha segnato un incremento del 3,3%, per non parlare del rialzo rispetto all’inizio del 2004 (+43,8%), quando il numero di dipendenti a termine si fermava a 674mila. "Negli ultimi otto anni - spiega l'Istat - il ritmo di crescita dei contratti a termine tra gli over 34 è perfino stato più forte rispetto all’aumento complessivo, anche se la maggior parte degli occupati a tempo determinato è giovane (56%)". Se, poi, si guarda al numero complessivo dei dipendenti occupati a tempo determinato risulta che nel primo trimestre 2012 sono 2 milioni 232mila, in aumento del 4,7% su base annua. Un numero così alto di dipendenti a termine non si registrava dal primo trimestre del 1993, anno d’inizio della serie storica ricostruita.

mercoledì 20 giugno 2012

Sprechi


Continual'infinita scia di sprechi del terremoto dell'Irpinia. Agli italiani è costato in totale l'iperbolica cifra di 67 miliardi di euro. Il sisma ha messo in ginocchio l'Emilia: si cercano soldi per far fronte a una drammatica emergenza. Ma proprio oggi arrivano 51 milioni. Altri 51 milioni. Peccato però che non siano per l'Emilia, ma per l'Irpinia: il nuovo fiume di soldi pubblici arriva - ora - per il terremoto del 1980 in Campania, un sisma indimenticabile anche per la lunga scia di sprechi che lo ha seguito, tra strutture pubbliche mai ultimate e strade costruite sui rifiuti a peso d'oro dei clan. Un vero e proprio pozzo senza fondo, che prova a essere riempito anche nei giorni più bui per l'Emilia.

Conti infruttiferi - Come riporta un articolo del Corriere della Sera, si scopre anche un'altra cifra ancor più paradossale: oltre 286 milioni di euro sono da tempo nelle casse di alcuni Comuni della Campania. Soldi arrivati per il terremoto dell'Irpinia e che non sono mai stati spesi. I fondi in questione stazionano su conti infruttiferi accesi con la legge per il terremoto - la 219 del 1981 - a favore dei Comuni presso la Tesoreria Provinciale dello Stato, fondi che vengono gestiti dai sindaci.

67 miliardi di euro - Per inciso, il sisma dell'Irpinia, oggi, pesa ancora sulle accise per la benzina, e tra danni reali e sprechi il conto totale è schizzato fino alla iperbolica cifra di 67 miliardi di euro (le cifre sono state riconteggiate in euro dal centro di documentazione e ricerche della Camera dei Deputati). Secondo la relazione conclusiva del gruppo di lavoro sul tema presso il Ministero delle infrastrutture, per completare la ricostruzione sono necessari ancora 2mila milioni di euro.

"Non ne avevamo bisogno" - Nella provincia di Napoli, tra i Comuni che hanno ottenuto l'assegnazione dei fondi, ci sono casi paradossali, tra i quali svetta quello di Scisciano, destinatario di una tranche di 200mila euro. E il sindaco di Scisciano, Patrizio Napolitano, candidamente ammette: "Non avevamo bisogno di quei soldi perché il paese non ha mai veramente risentito del terremoto". Insomma, i soldi pubblici continuano ad arrivare in Irpinia, mentre in Emila non si sa dove sbattere le testa.

Priorità riccardiane, la giusta sistemazione dei profughi

Credo che ormai sia chiaro (anche a chi non ha voluto vederlo finora) che questo governo odia profondamente gli italiani. Odia e disprezza così profondamente gli italiani da voler ignorare i suicidi per mancanza di lavoro e soldi, da voler ignorare la disoccupazione crescente, da voler ignorare gli esodati, da volergli togliere i risparmi e persino le proprie abitazioni e infine, come ammesso qualche tempo fa, dallo stesso premier: "le crisi, servono a generare un’emergenza in nome della quale si impongono a popoli ed elettori norme che altrimenti accetterebbero difficilmente. Quando spingi, a parole, un Paese sul bordo del precipizio puoi ottenere quel che vuoi"...

In barba alla crisi economica, Riccardi pensa ai profughi: "Pronti a sistemarne 20mila". Scoppia la polemica sulla proposta di Riccardi. Il ministero replica al Giornale.it: "Inserirli nel mondo del lavoro vuol dire sgravare lo Stato di un onere" di Andrea Indini

In piena crisi economica con il tasso di disoccupazione a due cifre, le dichiarazioni del ministro all'Integrazione Andrea Riccardi rischiano di pesare come macigni e destabilizzare i già difficili equilibri tra governo e maggioranza. L'esecutivo guidato da Mario Monti sarebbe, infatti, pronto ad approntare "ottime soluzioni" per gli oltre 20mila immigrati arrivati lo scorso anno in Italia dalla Libia a causa della guerra che ha portato alla caduta del regime di Muammar Gheddafi. Non solo. Per il futuro, il governo ha deciso che non ci saranno mai più respingimenti indiscriminati.

Ieri c'è stato un lungo incontro tra Riccardi e il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri per discutere su come procedere, entro dicembre, alla sistemazione degli oltre 20mila lavoratori libici. A questi il governo vuole garantire una sistemazione dal momento che, proprio a dicembre, scadrà la fase di accoglienza temporanea. Per il momento i profughi, giunti nel 2011 dalla Libia, sono ospitati in centri di emergenza che chiuderanno a dicembre. Intervenendo a Roma alle celebrazioni per la Giornata mondiale del rifugiato, alla domanda su quali siano le soluzioni individuate, il ministro ha preferito glissare sottolineando però che lui e la Cancellieri hanno in mente "ottime soluzioni". "Il nostro è un Paese che malgrado la crisi e la limitatezza dei mezzi si vuole muovere in modo umano", ha spiegato Riccardi. Non solo. Dall'ufficio stampa del ministero si sono affrettati a far sapere che "gli immigrati sono attualmente a carico della finanza pubblica in misura di 46 euro al giorno". "Ragionare sul loro possibile inserimento nel mondo del lavoro vuol dire sgravare lo Stato di un onere - hanno spiegato - e non, come insinuato nell’articolo, il tentativo di 'sistemarli' indiscriminatamente 'in barba alla crisi'". Resta il fatto che, in un momento di forte recessione economica, l'inserimento di 20mila unità nel mercato del lavoro rischia di gravare pesantemente sul sitema Italia.

Oltre a "sistemare" i profughi già presenti in Italia il governo intende rivedere le politiche migratorie e, in particolar modo, i respingimenti. Insomma, lavora per aprire le frontiere al Nord Africa. "Vogliamo costriure un mondo migliore che intende stare dalla parte del mare e di chi lo attraversa", ha spiegato Riccardi criticando duramente chi si rifiuta di accogliere gli immigrati clandestini e i profughi. "Dobbiamo scegliere da che parte stare. E se stiamo dalla parte del mare non sbagliamo. Noi abbiamo scelto che non ci saranno respingimenti indiscriminati", ha concluso il ministro all'Integrazione spiegando che il governo sta lavorando a "un’accoglienza giusta e rispettosa dei diritti di ciascuno" dal momento che "anche una sola vita persa in mare, o nel deserto, è una sconfitta per tutti, che non può e non deve lasciare indifferenti". Le dichiarazioni di Riccardi piovono come macigni in un momento in cui la crisi economica continua a bruciare posti di lavoro. In una lettera al ministro del Welfare Elsa Fornero, il pdl Maurizio Sacconi sottolinea i rischi connessi alla riforma del lavoro: "Sono a rischio quasi 700mila posti di lavoro". A questi vanno ad aggiungersi gli esodati che la Fornero non è in grado di salvaguardare. Proprio per questo alle dichiarazioni di Riccardi il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri ha replicato invitandolo a "evitare dichiarazioni inopportune".

lunedì 18 giugno 2012

Troppe ferie... ah, ah, ah...

Ma sul serio, 'sto deficiente lo paghiamo noi togliendoci soldi di tasca? ... e perchè non parlare dei (pochi, pochissimi) giorni lavorativi delle caste italiche? Ma poi, quale azienda privata fa lavorare i propri dipendenti SOLO 9 mesi l'anno? Io so che nelle aziende private, si lavora tutto l'anno tranne le 2/3 settimane d'agosto... o magari mi sbaglio io ed era solo la mia azienda (prima del fallimento) a far lavorare la gente 11 mesi e qualcosa su 12.



MILANO - «Aumentare il tempo di lavoro per far ripartire la produttività». È la ricetta del sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo. «Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese - ha spiegato - lo choc può avvenire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve». Secondo Polillo, «se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil immediato di circa un punto».

L'INDUSTRIA - Il sottosegretario, parlando a margine di un convegno a Roma, non vede particolare difficoltà né da parte dell'industria, né da parte dei sindacati. «Da parte dell'industria - ha precisato Polillo - questo non deve essere un accordo generalizzato ma può essere fatto per le aziende già ristrutturate che hanno mercato e quindi puntare principalmente sui contratti di secondo livello. Per quanto riguarda i sindacati, ha continuato Polillo, è una fase di riflessione, ma devo dire che non sono contrari a questa ipotesi, almeno la parte più avveduta del sindacato che sta riflettendo per conto suo su questo; all'interno di tutte le sigle, compresa la Cgil, ci sono settori illuminati e riformisti che vi ci stanno ragionando».

sabato 16 giugno 2012

Crescita difficile...

... e non a breve termine. Dice il criminale che no, non siamo usciti dalla crisi, anzi, ci siamo rientrati (semmai ne fossimo usciti con un solo piede) perchè se prima eravamo sull'orlo del cratere, ora il cratere s'è allargato... E intanto, il debito pubblico cresce in maniera esponenziale.

Alcuni commenti: "In sequenza e' andata e dobrebbe finire cosi': 1) gli stati specialmente l'italia si indebitano. 2) Qualcuno cambia le regole e i titoli di stato possono essere comprati dai fondi esteri e poteri cosidetti forti (anche usando i nostri soldi quindi geniali) 3) Tramite le borse e i suoi su e giu' si maneggia il mercato e si ripulisce la gente 4) Si aprono le frontiere a merci e persone quindi non si controllano nemmeno piu'le entrate e le uscite 5) Si crea ad arte una crisi perfetta e globale 6) Si ricattano gli stati ormai incatenati con spread e non spread 7) La banda dei sobri (Ocse, FMI e varie gangs) chiedono di rientrare e pretendono la vendita dei gioielli di famiglia ... al mercato 8) I sobri sono li per questo tutte le leggi sono state promulgate i mercati non sono controllati qualcuno diventera' ricco e la maggioranza sara' poverissima e non solo in italia. Sbaglio?

Effetti positivi se ci saranno ci saranno fra più di tre mesi, ci siamo tolti dall'orlo del baratro ma il baratro si è allargato e così siamo di nuovo sul medesimo orlo; agli italiani è permesso sperare ma sono caldamente invitati a non farsi illusioni; ieri la versione era che non c'è mai stata una fase uno e una fase due perchè il governo ha sempre pensato alla crescita, oggi invece la versione è che siamo entrati nella fase due ma questo non significa che si cominci a allontanare la crisi... Ma se le sparo io tutte queste baggianate, quanto mi danno? Mi accontento di un decimo dello stipendio di Monti e non ho nemmeno bisogno dell'ausilio di un governo e di un parlamento, riesco a inventarmi queste panzane anche da solo, anzi forse riuscirei a essere perfino un po' meno ridicolo...

No, asino che non sei altro. Con te e la tua ciurma di bucanieri in giro la crescita non sarà faticosa, semplicemente non ci sarà. Crescerà solo il numero di poveri!"


All'indomani del passaggio in Consiglio dei ministri del testo del decreto Sviluppo, il premier Mario Monti, presente all'inaugurazione del nuovo Vodafone Village a Milano, traccia una bilancio della situazione economica italiana. "Il governo è entrato nella fase due", sottolinea Monti. E "adesso coltiva la crescita". Ma crescere non sarà facile. Anzi, si tratterà "di un fenomeno che richiede molto molto tempo. A breve potrà esserci qualche effetto, ma non possono essere misurati su un mese o su un trimestre". Ma poi aggiunge: "Non voglio dare illusioni, né togliere speranze". La crisi economica? Non è ancora passata. È vero, "l'Italia si è spostata dall'orlo del precipizio, ma il cratere si è allargato e ora siamo di nuovo in crisi". Monti contesta quanti parlano dell'approvazione del dl Sviluppo come di un cambio di passo. La linea su cui si è mossi è anzi, a suo dire, di "assoluta continuità" rispetto all'operato del governo, "non c'è stato un cambio di agenda, un cambio di passo o di priorità, lavoriamo sempre per la crescita ma in un Paese con la finanza disastrata bisognava prima di tutto mettere in sicurezza i conti". Riguardo alle dismissioni presenti nel testo, il premier sottolinea l'opportunità di mettere in atto l'operazione in questo momento e non prima. Farlo prima di oggi sarebbe stato un errore, una mossa che i mercati avrebbero interpretato male. Discutibile l'idea di vendere a breve le aziende pubbliche: si perderebbe "la possibilità di fare un minimo di strategia industriale e in un momento in cui i prezzi sono così bassi". Il premier si è poi spostato a Bologna, per partecipare a un dibattito nell'ambito dell'iniziativa La Repubblica delle idee, realizzata dal quotidiano di Ezio Mauro. L'arrivo di Monti è stato accolto dalle proteste di centri sociali e collettivi bolognesi, che hanno organizzato due cortei di protesta. La polizia ha condotto alcune brevi cariche contro i manifestanti.

venerdì 15 giugno 2012

Però, resta in italia e gli paghiamo le terapie mediche...

In risposta alla magnanimità del rosso presidente della repubblica italica...  il tizio, infatti è parte integrante e attiva del tessuto sociale e culturale italiano. O è il solito classico fenomeno isolato?


Macerata, 12 giugno 2012 - GAS, lattine di benzina e una cintura da kamikaze. Una bomba umana, pronta a farsi saltare in aria inneggiando a Bin Laden e maledicendo l’Italia e il fatto di non avere un lavoro. Sarebbe stato un botto senza precedenti quello tentato da un afghano di 24 anni a Macerata l’altra notte, se solo non fossero arrivate due volanti della polizia. Sarebbe bastata una sola volante in servizio, e forse l’epilogo sarebbe stato diverso. Ma grazie alle nuove disposizioni del questore Roberto Gentile gli agenti in giro erano quattro. Sono circa le 4.20 di venerdì quando arriva una chiamata al 113. È il compagno di appartamento del ragazzo afghano. Le due volanti si precipitano al civico 8 di contrada Pieve, una casa di campagna isolata. Dietro al cancello c’è Alizada Hismatullah. In mano ha un accendino, stretta intorno alla vita una cintura di contenitori pieni di liquido infiammabile e davanti un bombola di gas e otto lattine di benzina. Sia la bombola che le lattine sono avvolte in stracci imbevuti di benzina. Il ragazzo è fuori di testa, vuole farsi saltare in aria. Urla, inneggia ad Osama Bin Laden, ce l’ha con l’Italia, con gli italiani che non lo aiutano e col fatto che non ha un lavoro.

I POLIZIOTTI cercano di calmarlo. Ma ogni volta che tentano di avvicinarsi sono costretti a indietreggiare, perché lui apre la bombola e avvicina l’accendino. Si avanti così per mezz’ora, fino a quando l’afghano non decide di farla finita. A questo punto gli agenti tentano la mossa decisiva. Mentre due lo distraggono, gli altri due fanno il giro della casa e si accovacciano senza farsi vedere alle spalle del ragazzo. Lui intanto apre la bombola e da fuoco al gas. Le fiamme iniziano ad avvolgere gli stracci imbevuti di benzina intorno alla bombola. Gli agenti così gli piombano addosso, lo immobilizzano e gli tolgono l’accendino. Un secondo in più e sarebbero saltati tutti in aria. Il ragazzo però ancora non si calma continua ad inneggiare a Bin Laden. E non si calma nemmeno all’ospedale, dove poi è stato portato, tanto che c’è stato bisogno di sette, otto infermieri per sedarlo. Al momento sarebbe ricoverato al reparto di psichiatria dell’ospedale di Tolentino. Una settimana prima gli agenti lo avevano trovato dentro casa, con il corpo cosparso di alcool e l’accendino in mano. Quella volta riuscirono a calmarlo e dopo un breve ricovero al pronto soccorso fu rimandato a casa.

Decreto sviluppo...

Prima qui.


Dopo innumerevoli indiscrezioni, è stato approvato dal Consiglio dei ministri il decreto Sviluppo: in tutto 61 articoli e 70 pagine. Ecco le principali novità: arriva l'esclusione dall'Imu per le aziende, nasce l'Agenzia Italia Digitale e vengono snelliti i processi civili. Le coperture necessarie a finanziare alcuni articoli del decreto saranno fatte mediante tagli alla pubblica amministrazione e ai ministeri. Tagli che riguarderanno anche i dirigenti di Palazzo Chigi e ministero dell'Economia. Il provvedimento mobiliterà risorse fino a 80 miliardi. Questa la stima fatta dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera: «40-45 arriveranno dai project bond e dalle misure per le pmi - ha detto il ministro - mentre altri 30-35 miliardi dalle altre misure». È un provvedimento «organico e molto robusto» ha commentato il presidente del consiglio Mario Monti.

I PROCESSI CIVILI - Oltre al decreto approvato dal consiglio dei ministri, il governo ha anche dato il via libera al piano delle dismissioni. A livello delle infrastrutture, Passera ha informato: «Sulla Salerno - Reggio Calabria dobbiamo assicurarci che entro la fine dell'anno prossimo, nel 2013, tutti i cantieri siano completi, si tratta di una infrastruttura basilare del sud». Poi l'annuncio delle novità contenute nel decreto Sviluppo: «Ci sarà una srl semplificata per tutti, compresi gli azionisti sopra i 35 anni - ha spiegato Passera - oltre a profonde riforme strutturali come l'accelerazione dei processi civili con un filtro sull'appello». «Se l'appello sarà palesemente inammissibile non verrà celebrato - ha sintetizzato il ministro della giustizia Paola Severino, assicurando -. Questo non significa cancellare il processo di appello» ma introdurre la valutazione di un giudice che darà un giudizio di ammissibilità.

LA LEGGE PINTO - Saranno velocizzati anche i rimborsi per i processi civili più lunghi: a decidere sul diritto ai rimborsi potrà essere «un solo giudice e con una procedura molto semplice». Insomma cambia la legge Pinto (sulla ragionevole durata di un processo): con il decreto sviluppo si prevedono infatti indennizzi predeterminati e calmierati (da 500 a 1.500 per ogni anno di ritardo) e termini di fase per i procedimenti che vengono prefissati: la durata complessiva di un processo è prevista in sei anni, tre per il primo grado, due per l'appello ed una per la Cassazione. Condotte non diligenti, dilatorie o abusive delle parti potranno comportare anche la «non indennizzabilità» per l'eccessiva durata del procedimento.

IMU - Per l'Imu è stato stabilito che verranno esentati dalla tassa, le aziende per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori (immobili, magazzino, fabbricati costruiti e destinati alla vendita). Passa invece dal 36% al 50% la quota di detrazione Irpef per la riqualificazione energetica (fino al 30 giugno 2013) ma con soglia al 50% (rispetto al precedente 55%). Nasce anche l'Agenzia per l'Italia digitale con la conseguente soppressione di DigitPA e dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione. Novità per l'agricoltura: viene istituito infatti per l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio italiano. Prorogata invece al 31 dicembre 2012 l'emanazione del decreto che avrebbe dovuto adottare disposizioni per impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente.

INCENTIVI - Sugli incentivi, ha specificato Passera, è stato fatto «un lavoro molto grosso: avevamo 43 leggi di incentivazione che sono state bloccate, interrotte e sono state recuperate parecchie centinaia di milioni, oltre 2 miliardi per il Fondo per la crescita sostenibile». Per le imprese, arriva un credito d'imposta del 35% (con un limite massimo pari a 200 mila euro annui) per l'assunzione di personale qualificato. Ma non solo: le aziende colpite dalla crisi con prospettive di ripresa, non saranno obbligate a dichiarare il fallimento ma potranno ricorrere direttamente al concordato preventivo. Previste le obbligazioni da parte delle società di progetto, sul modello europeo. I project bond saranno «appetibili per gli investitori» per realizzare nuove infrastrutture anche grazie al capitale privato.

ENERGIA - Novità importanti anche per lo sviluppo del settore energetico. «I decreti per l'incentivazione all'energia rinnovabile elettrica che saranno pubblicati a breve - ha puntualizzato il ministro per lo sviluppo economico - sosteranno fortemente gli investimenti. Prevediamo infatti nei prossimi 8 anni quasi 200 miliardi di euro investiti nel settore, sia nei comparti più tradizionali, come le reti gas ed elettriche, i rigassificatori e l'estrazione di idrocarburi, sia nella cosiddetta 'green economy'». Proprio sulla green economy, il decreto Sviluppo prevede finanziamenti a tasso agevolato che saranno concessi ai progetti di investimento che prevedono l'occupazione aggiuntiva a tempo indeterminato di giovani con età non superiore ai 35 anni alla data dell'assunzione.

I COMMENTI - Tanti i commenti sul decreto Sviluppo: «È stato un parto con una gestazione di 8 mesi - ha detto Paolo Romani, deputato Pdl - ma in questo caso il frutto non è prematuro, quanto piuttosto decisamente in ritardo per lo stato di emergenza in cui ci dicono versi la nostra economia. Per la crescita sono necessari interventi decisi e puntuali, sulla scia di quanto fatto, e in corso di approvazione, dal governo Berlusconi». «Non conosciamo ancora nel dettaglio il testo approvato dal Cdm - ha affermato in una nota il coordinatore delle commissione Economiche del Pd alla Camera, Francesco Boccia - ma le anticipazioni ci sembrano positive, è un buon inizio». «Bisogna non accontertarsi degli annunci ed dei commenti - ha spiegato Nichi Vendola -. Bisogna leggere l'articolato e capire effettivamente di che cosa si tratta. La delusione che abbiamo cumulato fino da oggi è tale che è proprio flebile la speranza che si possa trattare di un provvedimento di svolta».

giovedì 14 giugno 2012

La cecità furba (e ideologica) del rosso presidente


ROMA - "I lavoratori stranieri rappresentano una componente essenziale della nostra economia" e "gli immigrati sono inoltre parte attiva del tessuto sociale e culturale dell'Italia, con significative affermazioni, in particolare delle seconde generazioni, nella letteratura, nell'arte e nello sport". Lo dice Giorgio Napolitano. L'immigrazione "porta con sé tensioni da non sottovalutare e nuove sfide per la società" e chiama "le istituzioni a un costante impegno per favorire l'integrazione pienamente, garantendo il principio di legalità, senza peraltro mai trascurare il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone".

"Una corretta percezione dell'immigrazione da parte dell'opinione pubblica ha bisogno di una accurata comunicazione da parte dei media, se si vuole evitare di alimentare ansia sociale e odiosi episodi di intolleranza. Fortunatamente, i sondaggi più recenti rilevano un'opinione pubblica meno sconcertata dal fenomeno migratorio e più incline a riconoscere ai cittadini stranieri i diritti necessari" per "l' inclusione sociale". Così Napolitano in un messaggio al convegno dei radicali sull'immigrazione.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del convegno 'Immigrazione: una sfida e una necessità' promosso dal Partito Radicale a Roma a Palazzo Giustiniani, ha inviato al Vice Presidente del Senato, Emma Bonino, un messaggio augurale in cui rileva che "l'immigrazione è da tempo in Italia un fenomeno strutturale, pur non essendo mai cessato - vale la pena ricordarlo - ogni flusso emigratorio, che anzi di recente ha fatto registrare una ripresa soprattutto nella fascia di età più produttiva, tra i 20 e i 40 anni, compresi laureati e figure altamente professionalizzate". "I lavoratori stranieri - sottolinea - rappresentano una componente essenziale della nostra economia, soprattutto nelle attività di cura e di assistenza, nei servizi, nell'edilizia, nel settore manifatturiero, nell'agricoltura e nell'allevamento; ma anche nel lavoro autonomo si registrano presenze di rilievo. Gli immigrati sono inoltre parte attiva del tessuto sociale e culturale dell'Italia, con significative affermazioni, in particolare delle seconde generazioni, nella letteratura, nell'arte e nello sport. Fondamentale è infine il contributo degli immigrati per contrastare le tendenze demografiche che in loro assenza vedrebbero il nostro paese alle prese con una drammatica denatalità e un preoccupante invecchiamento". "Insieme ai numerosi benefici - prosegue il Capo dello Stato - il fenomeno migratorio porta con sé tensioni da non sottovalutare e nuove sfide per la società ospitante. Esso chiama, infatti, le istituzioni a un costante impegno per favorire l'integrazione pienamente garantendo il principio di legalità, senza peraltro mai trascurare il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone, anche nei casi di difficile gestione come i respingimenti, le espulsioni, gli sgomberi". "Una corretta percezione dell'immigrazione da parte dell'opinione pubblica ha bisogno di una accurata comunicazione da parte dei media, se si vuole evitare di alimentare ansia sociale e odiosi episodi di intolleranza. Fortunatamente, i sondaggi più recenti rilevano un'opinione pubblica meno sconcertata dal fenomeno migratorio e più incline a riconoscere ai cittadini stranieri i diritti necessari a garantire una corretta inclusione sociale", conclude Napolitano.

Libero dopo la strage


Ha sulla coscienza la vita di quattro persone, ma se l'è cavata con una pena di appena due anni e senza fare un solo giorno di carcere. Si chiude nel peggiore dei modi la triste storia della famiglia Quinci, interamente distrutta per colpa di un giovane che il 15 gennaio dello scorso anno sfrecciava con la sua Bmw per le stradine di Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, a 120 chilometri all'ora. Nell’impatto con una Fiat 600, sulla quale viaggiava la famiglia Quinci che stava rientrando a casa, morirono i piccoli Martina e Vito, di 12 e 10 anni e la madre Lidia Mangiaracina di 37 anni. L’unico a sopravvivere all’incidente fu il capofamiglia, Baldassare Quinci, 43 anni, maresciallo dell' aeronautica che ebbe appena il tempo di guarire dalle ferite riportate in quel terribile scontro. Al dolore si aggiunse la rabbia quando venne persino accusato di concorso di colpa. E così sei mesi dopo la tragedia decise di farla finita impiccandosi ad una trave.

PATTEGGIAMENTO - Probabilmente si è risparmiato l'ulteriore strazio di assistere alla lettura della sentenza contro Fabio Gulotta, 22 anni, responsabile di quell'incidente in cui è stata sterminata la sua famiglia. Il giudice delle udienze preliminari di Marsala, Vito Marcello Saladino, lo ha infatti condannato a due anni di carcere, con sospensione della pena. Dunque non ha fatto e non farà un solo giorno di carcere. A Gulotta veniva contestato il reato di omicidio colposo plurimo e in teorie rischiava fino a 8/10 anni di carcere. A meno di riti alternativi o patteggiamenti che potessero drasticamente ridurre la pena. Come è avvenuto in questo caso col patteggiamento a 2 anni che è anche il limite oltre il quale si rischia di finire in carcere.

LO STATO TUTELA CHI UCCIDE - «Giustizia è fatta» commenta con amarezza Nicola Mangiaracina, fratello di Lidia, che è anche uno dei pochi familiari che hanno seguito il processo. «Questa vicenda dimostra come lo Stato italiano tutela chi uccide le persone - dichiara a Corriere.it  - Chiunque può commettere impunemente simili reati, può sterminare una famiglia senza che gli succeda nulla». Nel processo i legali di Gulotta hanno sostenuto che non era ubriaco al momento dell'incidente. «Ma questa è un'aggravante - si infiamma Mangiaracina - vuol dire che lucidamente andava a quella velocità per le stradine di un centro abitato». Sconfortato anche il legale che in questi mesi ha difeso i congiunti della famiglia Quinci. «Tutto ciò è semplicemente scandaloso - afferma l'avvocato Claudio Congedo - purtroppo la giustizia ha perso l'ennesima occasione per dimostrare che esiste». E poi rivela l'ultimo, sconcertante, dettaglio: «Al momento il responsabile di questa tragedia non è stato nemmeno condannato alla pena accessoria del ritiro della patente».

Alfio Sciacca

mercoledì 13 giugno 2012

L'uomo giusto al posto giusto...

Prima questo post, poi questo, poi questo e poi ancora questo.


«Non solo non escludiamo la cessione di quote dell'attivo del settore pubblico, ma la stiamo preparando e presto seguiranno degli atti concreti». Mario Monti è categorico sull'argomento. Il primo ministro, rispondendo a una domanda in proposito durante la conferenza stampa seguita alla consegna del premio Responsible leadership award. «Abbiamo predisposto veicoli, fondi mobiliari e immobiliari, attraverso i quali convogliare in vista di cessioni, attività del settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale», ha spiegato da Berlino.

IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI - Monti ha spiegato che nella nuova strategia predisposta dall'esecutivo, gli enti locali avranno un ruolo centrale: «Abbiamo predisposto dei veicoli, fondi immobiliari e mobiliari attraverso i quali convogliare, in vista di cessioni, attività mobiliari e immobiliari del settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale». Il premier ha quindi in mente una strada ben definita: servizi pubblici locali e municipalizzate, settori e aziende che al momento hanno sul mercato valutazioni, e opportunità di ritorno economico, molto più vantaggiose di quelle delle grandi aziende di cui lo Stato conserva un quota.

I TAGLI - Il governo sarà quindi all'opera per l'attuazione delle misure proposte martedì sera dal Comitato interministeriale per la spending review, che consentiranno di risparmiare già nel 2012 5 miliardi, e altri 8 o 9 nel 2013 (ma l'area potenziale di intervento, ha riferito il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, potrebbe arrivare a 100 miliardi complessivi). E intende aggiungere a queste cifre anche la cessione degli asset pubblici. Questo significa, quindi, che dovrebbe essere evitata una nuova manovra, ma potrebbe anche consentire di evitare l'aumento dell'Iva a ottobre (spesa quantificata in 3,8 miliardi), di avere 200 milioni per la copertura del decreto Sviluppo e di poter mettere sul piatto un altro miliardo per il terremoto di Emilia e Lombardia.

LE LODI DI SCHAEUBLE - Monti ha anche incassato le lodi dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schaeuble, che lo ha definito «l'uomo giusto al posto giusto» prevedendo un ritorno alla crescita per l'Italia. Schaeuble ha anche precisato che l'Italia ha effettuato progressi considerevoli nel ristrutturare le sue finanze pubbliche da quando Monti ha assunto la carica di capo del governo alla fine dello scorso anno. «L'Eurozona - ha aggiunto - ha bisogno che l'Italia sia forte».

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Un titolone de il giornale ci dice che il criminale monti si inchina alla corte della culona. Mentre ieri sera, i tre porcellini ABC si sono inchinati ancora una volta alla corte del criminale. Vadano pure avanti con la loro politicuccia da quattro soldi del votare le fiducie (ormai a 18...) e poi lamentarsene subito dopo gli accordi sottobanco e nel frattempo Grillo fa incetta di potenziali voti per le prossime elezioni.

Toh... ad personam...


L'autorevolezza del governo Monti non affonda soltanto sul fronte europeo. Tra le mura domestiche, anche se ancora nessuno lo dice e scrive, le cose non vanno meglio. Aver designato una banchiera indagata per la truffa dei titoli spazzatura, Anna Maria Tarantola, a presidente della Rai appare bizzarro per dei moralizzatori, così come vedere il ministro Fornero litigare come una comare isterica con i vertici dell’Inps sugli esodati è cosa che lascia perplessi. Ma il clou sta per arrivareconl’approvazione, blindata dalla fiducia, del disegno di legge sulla corruzione. Tra le pieghe del provvedimento del ministro della Giustizia, Paola Severino, è infatti nascosto un comma salva Penati, o meglio salva Bersani-Pd. Il più scandaloso tra gli scandali della seconda Repubblica, il sistema di tangenti con cui si finanziava l’ex braccio destro di Bersani, sarà infatti cancellato un attimo dopo l’approvazione della nuova legge che accorcia - e di tanto - i tempi della prescrizione proprio per il reato in questione. Niente processo, niente scomode discussioni pubbliche, niente di niente. Caso chiuso, amen.

E dire che la ministra Severino avrebbe dovuto avere ben chiaro il problema. Prima che ministro, la Severino è infatti un insigne avvocato e quantomeno andrebbe sgomberato il campo dalla possibilità che presso il suo studio siano giacenti pratiche simili a quelle di Penati, cioè di clienti che la farebbero franca proprio in base a quel comma sulla prescrizione ridotta. Non dubitiamo che il ministro saprà fare chiarezza, così, per sgombrare il campo dal sospetto di possibili conflitti di interessi inconciliabili con l’etica del governo che rappresenta. Ma anche se così sarà, resta il silenzio assordante della sinistra e dei giustizialisti che per la prima volta negli ultimi vent’anni non si mobilitano contro un provvedimento che cancella reati gravi. Sospetto, no? Vuoi vedere che Bersani pensa di salvare il suo amico Penati, e forse anche il suo partito, barattando con Monti chissà quale altra diavoleria? E dire che da mesi ci stanno facendo una testa così sull’urgenza di un provvedimento che mettesse argine alla corruzione. Se il risultato è che si cancella il principale processo a corrotti e corruttori, il risultato non è male. Mi auguro che, preso atto dei fatti, oggi Bersani annunci la sua assoluta contrarietà a un simile provvedimento o che, in subordine, convinca il suo socio Penati a rinunciare ufficialmente a qualsiasi tipo di prescrizione in nome di quella superiorità etica e morale rivendicata dalla sinistra e al motto antiberlusconiano che recita: dai processi non si scappa. L’impressione è invece che qualcuno se la stia dando a gambe levate, con la complicità di un governo insospettabile per definizione (e grazia divina).