sabato 17 ottobre 2009

Parassitismi italici

L'oro delle fondazioni. Il boom dei think tank. Da Fini a D'Alema, i nuovi pensatoi dominano la scena politica. Grazie a fiumi di soldi privati e pubblici. A partire da petrolieri e colossi del tabacco. Ma senza l'obbligo di trasparenza di Primo Di Nicola

Promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell'Occidente. Ideali alti, anzi altissimi. E ci mancherebbe altro trattandosi di una creatura di Gianfranco Fini, presidente della Camera, cofondatore del Pdl. Ma alto è anche il tasso alcolico della sua fondazione Fare futuro, utilizzata in dosi massicce nei momenti più caldi dell'ultimo scontro con Silvio Berlusconi. Chi c'è tra i promotori del pensatoio? Il re del vino Jacopo Biondi Santi, erede degli inventori del Brunello. Anche il fumo va forte tra i think tank che nel vuoto lasciato dai partiti hanno preso il posto delle vecchie correnti e condizionano sempre più l'agenda della politica. Philips Morris, una delle compagnie di tabacco leader nel mondo, è tra i finanziatori di Italianieuropei di Massimo D'Alema, che nell'albo dei sostenitori vanta anche British american tobacco (Bat). E la Bat è un'altra multinazionale che sulle fondazioni punta tantissimo: nel suo libro-paga compaiono pure Formiche voluta da Marco Follini e Magna Carta del senatore Gaetano Quagliariello, stella sempre più brillante nel firmamento berlusconiano, pensatoio ad alto numero di ottani per i generosi finanziamenti di sponsor petroliferi come Moratti e Garrone. Vini, fumo e petrolio. Ma anche acciai, telefoni, gomme e assicurazioni, energia e tv, banche e compagnie elettriche, cemento e auto, cliniche e medicinali, senza trascurare finanza e armamenti. Dietro al ruolo crescente delle fondazioni c'è il meglio dell'economia. Già, perché le idee non sono tutto. A fare la differenza è anche la forza degli sponsor. Ogni think tank oltre a uno scopo da perseguire deve dimostrare un adeguato patrimonio. Una cifra precisa non esiste, ma le prefetture che vigilano sulle fondazioni riconosciute, se non esercitano controlli sulla loro gestione finanziaria almeno su questo sono severe: la dote deve essere credibile. Di solito si parte dai 50 mila euro per arrivare anche oltre il milione. Soldi che vanno immobilizzati in investimenti sicuri e non possono essere utilizzati per le attività correnti. E qui si entra in una zona d'ombra, dove le nuove creature aggirano le vecchie leggi sul finanziamento dei partiti. E vanno a caccia di risorse per il loro stakanovismo di convegni, riviste e centri studi. A cominciare dai fondi ministeriali, surrogato delle sovvenzioni pubbliche ai movimenti politici. Vi ricorrono un po' tutte, da Magna Carta a Liberal che, insieme a Italianieuropei e Nuova Italia di Gianni Alemanno, da quest'anno si è anche attrezzata per incassare le donazioni Irpef del 5 per mille. Per il resto puntano sui contributi degli associati e sugli assegni dei grandi donatori. Ma tracciare un identikit degli sponsor, che mettano mano al portafogli per i patrimoni o per le spese, non è facile. Le fondazioni non hanno infatti alcun obbligo a rendere pubblici bilanci e fonti di finanziamento. 'L'espresso' ha provato comunque a fare luce scandagliando sulle attività delle fondazioni più dinamiche: Italianieuropei, Fare futuro, Magna Carta, Liberal, Formiche, Nuova Italia e Medidea. Cominciamo da Italianieuropei, costituita nel 1999 da Giuliano Amato e da Massimo D'Alema, in quel momento a Palazzo Chigi, dal costruttore Alfio Marchini, dal presidente della Lega cooperative Ivano Barberini e dal consulente aziendale Leonello Giuseppe Clementi. Dotazione iniziale, un miliardo di lire fornito da una nutrita lista di sostenitori: 200 milioni di lire li offre la Cooperativa estense; 100 l'Associazione nazionale cooperative e la Lega coop di Modena; 50 milioni la Brown Boveri, la Lega coop di Imola, Ericsson e Pirelli. Tra i privati, con cifre intorno ai 50 milioni spiccano l'industriale Claudio Cavazza, gli stessi Clementi e Marchini, mentre 1 milione ciascuno versano Amato e Barberini. Con il ritorno di Amato al governo, presidente viene nominato D'Alema che, curiosamente, non ci mette una lira. A differenza di altri noti benefattori che rimpinguano successivamente la dotazione patrimoniale con offerte fino a 80 mila euro. Tra loro, la Romed di Carlo De Benedetti, Fiat Geva (Gianni Agnelli), Philip Morris, Waste management (discariche), e.Biscom, Glaxo Wellcome, Tosinvest (famiglia Angelucci) e altri imprenditori come Guidalberto Guidi, Francesco Micheli, Vittorio Merloni, Gianfranco Dioguardi e Paolo Marzotto.

5 commenti:

Nessie ha detto...

Hai capito Elly? Questi "promotori dei valori Occidentali" (siano essi di destra o di sinistra) sono in mano alle multinazionali del tabacco, dei vini, dei medicinali come la Glaxo ecc. Insomma dei soliti Squali. Sai che indipendenza di giudizio possono avere!... Grazie per l'aiuto. POi riprendo anch'io l'argomento sul mio blog. Ciao.

Eleonora ha detto...

Uh, avevo postato la risposta per te al post qui sotto, te la copio:

@ Nessie cara, cito testualmente la prima frase dell'articolo: "Promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell'Occidente". E mi chiedo se per davvero vogliono promuovere i valori occidentali visto che sono più interessati nel promuovere quelli dittatoriali della sharia.

Anonimo ha detto...

Fini vuole arrivare in alto e pensa di procurarsi i favori degli islamici. In realtà è solo il loro utile idiota.
eudora

Nessie ha detto...

Eudora, Fini è già immanicato in alto con le massonerie e le fondazioni, purtroppo. E' un politico che si è venduto l'anima.
Che queste élites finanziarie lo useranno per poi metterlo da parte, non ci piove. Trovo comunque grave che i risultati dei nostri voti elettorali possano essere scompaginati da questi poteri forti.

Lontana ha detto...

E poi é sempre il vile denaro che muove il mondo...altro che idee, altro che futuro!

Ciao Elly! :-)