ROMA — «La decisione del Tar del Lazio non introduce grandi novità. Anzi, direi che è una conferma». Una conferma di cosa? «È l'ennesima dimostrazione che troppo spesso la magistratura si trasforma in un ostacolo al cambiamento e alle riforme che questo governo sta portando avanti». Secondo il ministro della Pubblica istruzione, Mariastella Gelmini (foto), anche la scuola rischia di diventare terreno di scontro fra politica e giustizia. Perché ministro? «Sia in materia amministrativa che in materia civile c'è un alto indice di modificabilità delle sentenze di primo grado e anche un orientamento della giurisprudenza che è variabile e contraddittorio. In questo modo non si creano condizioni favorevoli al riformismo». Parla anche lei, come Berlusconi, di magistratura politicizzata? «Nel caso delle graduatorie non vedo una motivazione politica, mentre sull'ora di religione penso ci sia stato sicuramente un ragionamento ideologico. Ma il problema è generale: troppo spesso i magistrati fanno prevalere sul compito di applicare la legge, affidato loro dalla Costituzione, quello di interpretarla. E così arrivano a conclusioni contraddittorie». Ammetterà che sulla scuola a creare confusione sono le stesse norme, non sempre lineari, e le continue modifiche introdotte negli anni. Crede di non avere responsabilità? «È vero, purtroppo la normativa scolastica è farraginosa, stratificata, una sommatoria di circolari e atti amministrativi non sempre coerente. Ci deve essere uno sforzo del ministero per fornire un quadro di riferimento più chiaro e più semplice». Cosa intende fare? «Ho già chiesto all'ufficio legislativo del ministero di predisporre un testo unico sulla scuola che cancelli molti provvedimenti che non hanno più ragione d'essere e complicano solo le cose. Questo ridurrà i margini di incertezza ma non li eliminerà. E non è possibile che ogni tentativo di riforma trovi un ipotetico blocco da parte del Tar o del Consiglio di Stato. Come nel caso dell'università». A cosa si riferisce? «Per i test d'ingresso nelle facoltà a numero chiuso vogliamo passare dal test valido per ogni università a quello nazionale. È una scelta che premia il merito, eviterebbe che i più bravi restino fuori solo perché hanno scelto la sede migliore e più affollata. Ecco, ci siamo dovuti fermare per un supplemento d'indagine». Perché? «Perché oggi se interviene il Tar blocca il test di una sola università. Ma un domani, con i test nazionali, quello stesso Tar bloccherebbe il test per tutto il Paese. Non ci possiamo permettere la paralisi». Ma se tutto viene fatto come si deve non c'è nulla da temere. «Non sempre. Ogni regolamento che abbiamo presentato è stato oggetto di interpretazioni ondivaghe e contraddittorie e questo proprio perché la legge non viene applicata ma interpretata. È un'invasione di campo rispetto al potere esecutivo e legislativo. Non entro nel merito, ci penserà il ministro Alfano: ma serve una riforma organica della giustizia».
Lorenzo Salvia
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