giovedì 12 agosto 2010

La norvegia e l'islam


Quando si arriva al diritto di dire quello che si pensa dell’Islam, quel che è accaduto in questi ultimi anni mostra chiaramente la strada presa dall’Occidente. In Francia e in Italia, Oriana Fallaci è finita sotto processo. In Canada, Mark Steyn ed Ezra Levant, autori di alcuni articoli sull’argomento, hanno dovuto sottomettersi al giudizio di tribunali che avevano preso il nome di “commissione per i diritti umani”. In Australia, un’organizzazione islamica ha fatto causa a due pastori per “denigrazione dei musulmani”. In Gran Bretagna, un opinionista del Daily Telegraph è stato arrestato con l’accusa di avere incitato all’odio contro l’Islam, e l’Arcivescovo di Canterbury propone che il Parlamento licenzi leggi più severe contro chi esprima tali opinioni. In Olanda, Geert Wilders, capo del Partito della Libertà, che nelle elezioni politiche dello scorso 9 giugno è andato talmente bene da rischiare di entrare a far parte del governo, è tuttora sotto processo per aver realizzato un film che parla delle radici coraniche del terrorismo.

Poi c’è la Norvegia, dove vivo, e dove negli ultimi giorni si è verificato un altro episodio sgradevole. E’ necessario un minimo di background; permettetemi un’autocitazione. Nelle pagine 230-231 del mio libro Surrender: Appeasing Islam, Sacrificing Freedom, riassumo gli aspetti più inquietanti della legge anti-discriminazioni in vigore in Norvegia dal 2005. Vi si proibiscono “atti persecutori basati su discriminazioni etniche, nazionali, di discendenza, di colore della pelle, linguistiche, religiose o di fede”; gli “atti persecutori” vengono definiti come “azioni, omissioni o dichiarazioni (sottolineo questo termine) che abbiano l’effetto o l’intenzione di insultare, intimidire, esprimere ostilità, degradare o umiliare”.

In altre parole, è illegale anche solo dire certe cose. Una persona può venire accusata non soltanto dalle eventuali vittime delle presunte offese, ma anche da organismi semiufficiali come il “Centro anti razzista” e il “Centro contro la discriminazione etnica” (entrambi hanno collaborato nel formulare quella legge, ed tutti e due esistono, più che per combattere il razzismo, per opporsi a un certo tipo di scorrettezza politica) o come l’agenzia governativa “per l’eguaglianza e contro la discriminazione”. Il che vuol dire che una manciata di organizzazioni di estrema sinistra hanno ricevuto un enorme potere col quale zittire tutti coloro che non sono d’accordo con loro.

Gli individui che infrangono quella legge sono passibili di multa, chi la infrange insieme ad almeno altre due persone (magari uno scrittore in combutta con un editore e il direttore editoriale?) può essere condannato a una pena detentiva fino a tre anni; in un paese dove spesso gli omicidi hanno pene più lievi. Per di più, il peso della prova ricade sull’imputato: sei colpevole fino a quando non dimostri il contrario. E viviamo in una nazione che si dice libera!

Il che ci porta agli ultimi sviluppi della questione. Da anni collaboro assiduamente con l’Human Rights Service (HRS), una piccola fondazione con sede a Oslo che allestisce e propone politiche governative tese a contrastare la soggezione e gli abusi a danno delle donne nelle comunità musulmane. Ho tradotto materiali per HRS, e scritto commedie in norvegese per il sito della fondazione. Lo scorso autunno, dopo aver suggerito che HRS ampliasse la sua offerta online pubblicando articoli in inglese redatti da collaboratori in tutta Europa e nel mondo – in modo che gli autori dei diversi paesi possano confrontare le loro esperienze sull’Islam, sull’immigrazione e sull’integrazione con quello che avviene in altre nazioni – ho iniziato a lavorare regolarmente per HRS, scrivendo, commissionando e traducendo articoli per le nuove pagine internazionali del sito.

Nel frattempo, HRS stava vivendo momenti difficili. Fin dal momento della sua fondazione, nel 2001, è stata bersaglio del disprezzo di numerosi esponenti della sinistra norvegese – gli stessi personaggi che odiano Israele e simpatizzano per Hamas. Le due donne che guidano HRS, Hege Storhaug e Rita Karlsen, hanno lavorato instancabilmente contro usanze mostruose quali il delitto d’onore, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili. E’ stato un lavoro che è valso loro la gratitudine imperitura di un’infinità di donne e ragazze musulmane; ma per quel che riguarda i loro nemici del partito comunista, condannare un qualsiasi aspetto dell’Islam è, né più né meno, che essere un islamofobo. La scorsa estate, un paio di giornali, il Dagbladet (estrema sinistra) e il Klassekampen (comunista), hanno portato avanti una campagna rozza e menzognera contro HRS, con lo scopo evidente di distruggerlo una volta per tutte.

HRS riceve i fondi da un dicastero il cui nome ha un suono vagamente orwelliano, il “Reale ministero norvegese per i bambini, l’uguaglianza e l’inclusione sociale”. Sin dallo scorso ottobre, quel ministero è guidato dal 32enne Audun Lysbakken, membro del “Partito socialista di sinistra”, la formazione più a sinistra del tripartito che compone la maggioranza di governo; Lysbakken è inoltre un ex giornalista, ovviamente del Klessekampen. Il suo atteggiamento verso HRS è evidente, ed è condiviso da diverse organizzazioni di estrema sinistra (tra le quali il già citato “Centro anti razzista”) le quali ricevono, anche loro, soldi da quel ministero, e che vogliono palesemente vedere HRS privato dei suoi fondi e portato alla bancarotta.

Il 10 giugno, il Centro anti razzista (loro, per darsi un tono, si sono dati anche un nome in inglese: Norwegian Centre against Racism) ha pubblicato una roba intitolata “NGO Shadow Report 2010”. Redatto in collaborazione con altri nove soggetti – Amnesty International Norvegia; MiRA Resource Center for Black, Immigrant and Refugee Women; The Norwegian Helsinki Committee; The Institution against Public Discrimination (OMOD), PMV (Primary Health Workshop); The Human Rights Committee of the Norwegian Bar Association; The Human Rights Committee of The Norwegian Psychological Association; The Union of Education in Norway; Norwegian People’s Aid; The Tenant’s Association of Norway – e scritto in inglese (sia pure un inglese piuttosto approssimativo), questo documento è stato commissionato e finanziato dal ministero di Lysbakken, e viene fatto passare come un supplemento e un commento al “Rapporto periodico della Norvegia in base all’articolo 9 della Convenzione internazionale per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale” (ossia, viene legato al Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale dell’Onu). In altre parole, questo “Shadow report” ha rango ufficiale.

Lo “Shadow report” consta di 68 pagine, ed è diviso in cinque capitoli. Il quinto capitolo è intitolato “Proibire ed eliminare ogni forma di discriminazione razziale e assicurare l’eguaglianza di tutti di fronte alla legge”. La prima voce sotto questo titolo è “Islamofobia”, ed è interamente dedicata all’HRS e a me. L’HRS, che ha formulato leggi che sono adesso riportate dai manuali danesi e norvegesi e che hanno aiutato a proteggere i diritti delle donne e delle ragazze musulmane, viene illustrato con frasi come “sostenitore del pregiudizio anti-musulmano finanziato da soldi pubblici”, “HRS mantiene costantemente un’attenzione negativa sull’Islam e sui musulmani”, “HRS è uno dei principali protagonisti dell’anti-islamismo, ed è una risorsa per ogni anti-islamista”, “ha ricevuto ulteriori denunce per avere ospitato sul suo sito articoli in difesa di Geert Wilders”. (Fine prima puntata, continua...)

Tratto da Panjamas Media - Traduzione di Enrico De Simone

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