martedì 30 settembre 2014

Ancora promesse... col 50% del tfr

Renzi: "Ogni volta che D'Alema parla guadagno punti". Il presidente del Consiglio parla di riforma del lavoro, tfr e opposizione interna. Poi bacchetta i sindacati: "Dov’erano quando siamo passati dal 7 al 13% di disoccupazione?" di Raffaello Binelli

Il giorno dopo lo scontro, nella direzione del Pd, sull'articolo 18 (e non solo), Renzi si toglie qualche sassolino dalle scarpe. "D’Alema se non ci fosse bisognerebbe inventarlo - dice il presidente del Consiglio a Ballarò -. Tutte le volte che parla guadagno un punto nei sondaggi". E ancora una pralina dedicata a D'Alema: "Se quando al governo c’era lui avessimo fatto la riforma del lavoro come hanno fatto in Germania o nel Regno Unito non saremmo ora a fare questa discussione".

Sul braccio di ferro coi sindacati in matertia di riforma del lavoro, Renzi rifila una stoccata alla Cgil: "Quando sarà in piazza, mi pare abbiano detto il 25 ottobre, noi saremo a fare la Leopolda. Ci hanno anche risolto il problema di chi fa la manifestazione contro". E ancora: "Ho grande rispetto per i sindacati, ma dov’erano in questi anni?. Dov’erano quando siamo passati dal 7 al 13 % (di disoccupazione, ndr)? Non c’erano -  ha agginto -.Tornano in piazza ora? Bene! Viva! Che bello! Io nel frattempo non mollo e continuo a cercare di cambiare un Paese che ha bisogno di avere forse un po' meno discorsi astratti e un pò più proposte concrete come stiamo facendo noi".

Un altro tema importante toccato dal premier è il Tfr. "Così com’è c’è solo in Italia. Se diamo il tfr in busta paga si crea un problema di liquidità per le imprese. Le grandi ce la fanno, le piccole sono in difficoltà. Stiamo pensando di dare i soldi che arrivano dalla Bce alle pmi per i lavoratori". Il premier poi snocciola un po' di cifre: "Ne discuteremo nei prossimi giorni. Ma anzichè tenere i soldi da parte alla fine del lavoro te li do tutti i mesi. Significa che, per uno che guadagna 1.300 euro, un altro centinaio di euro al mese che uniti agli 80 euro inizia a fare una bella dote", circa 180 euro. Alla battuta che il premier ha fatto in un'intervista al Washington Post ("la gente è con noi, non con i sindacati"), Susanna Camusso risponde con l'ironia: "Perché togliere illusioni a un giovane presidente del Consiglio? Lasciamogliele".

Il glorioso semestre europeo renziano... chi lo ha visto?

Simone Di Stefano qui e Matteo Salvini qui, entrambi parlano della cancellazione dei dazi sul riso della cambogia.


L' allarme risuona forte nelle stanze di Palazzo Chigi. A tre mesi dalla fine del semestre di presidenza europeo il governo Renzi rischia di uscire a mani vuote da quello che avrebbe dovuto rappresentare il palcoscenico della nuova centralità italiana. E salvo un'improvvisa e improbabile inversione di tendenza, togliere lo «zero» dalla casella dei risultati non sarà impresa facile. Senza perdersi in strade secondarie, ci sono tre dossier strategici per l'Italia: il «Made In»; la suddivisione del peso dell'immigrazione con i partner europei, refrattari a ogni forma di condivisione degli oneri economici e sociali degli sbarchi; l'esclusione del cofinanziamento nazionale dei fondi Ue dal calcolo del rapporto deficit-Pil.

Sul «Made In» siamo ancora fermi al voto dell'Europarlamento della primavera scorsa a favore di un regolamento che imponga di specificare il Paese di origine dei prodotti non alimentari. Il problema, come sempre, è vincere le resistenze del Consiglio. Come ha raccontato la vicepresidente di Confindustria con delega per l'Europa Lisa Ferrarini il governo sembra aver alzato bandiera bianca mentre la Germania avrebbe blindato i suoi numeri in Consiglio. «Ho scritto a Renzi sul Made in, ma non ho ricevuto risposta» ha raccontato. «Forse il manifatturiero italiano non è uno dei suoi principali problemi. Danimarca, Germania e Olanda hanno chiesto uno studio di impatto per bloccare il processo di approvazione dell'origine della materia prima. Arriveremo presto alla presidenza lituana e questo significa rinunciare per sempre a ogni speranza. Ho la quasi certezza che su questo tema ci sia stato uno scambio per determinate caselle europee. La Germania ha posto il veto. Non ha interesse a scrivere sui suoi prodotti Made in Bulgaria o quello che è». Semaforo rosso dai partner europei anche sull'immigrazione. Al di là del passaggio da Mare Nostrum a Frontex Plus - una «sostituzione» per la quale mancano risorse e volontà politica - il vero nodo è quello del Trattato di Dublino. Ma sugli accordi che fanno ricadere sullo Stato di primo approdo la responsabilità dell'accoglienza non si muove una foglia e il sistema di asilo unico europeo appare lontano.

A questo punto Graziano Delrio è pronto a giocarsi il tutto per tutto su un'unica partita: quella che punta a escludere il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue dal calcolo del rapporto deficit-Pil, classificandoli come risorse a favore di investimenti, crescita e occupazione. In sostanza vorrebbe dire «liberare» 10 miliardi. Una battaglia per la quale Delrio sta cercando alleanze in vista del Consiglio coesione del 10 ottobre. Ma c'è un altro nodo che si profila all'orizzonte. Con un bilancio Ue d'austerity per il 2015, c'è da risolvere il nodo del taglio di oltre un miliardo di impegni di pagamento che andrebbe a ricadere su chi deve ancora incassare i fondi per il 2007-2013. «Il semestre di presidenza è stato caricato di troppo attese» commenta Antonio Tajani. «In alcuni momenti lo si è vissuto come una panacea per i problemi del nostro Paese, mentre si tratta per lo più di un lavoro di routine. L'Italia avrebbe dovuto concentrare l'attenzione sul Made in e sulla riforma per rendere più flessibile la concessione dei visti per turisti extraeuropei in vista dell'Expo».

Sotto traccia, poi, ci si comincia a interrogare anche sul fiscal compact . La tagliola è pronta a scattare a inizio 2015. Un peso insostenibile al quale si potrebbe ovviare con un rinvio di imperio al 2017 come ha fatto la Francia. «Se l'Italia facesse così - spiega l'esperto di fondi europei, Andrea Del Monaco - rischierebbe sanzioni dello 0,3% del Pil, quindi circa 5 miliardi, con un deposito infruttifero presso la Bce, a fronte di tagli pari a 45 miliardi all'anno per 20 anni». Soldi a fondo perduto, ma che potrebbero salvare l'equilibrio dei conti italiani.

sabato 27 settembre 2014

Gli aiuti per chiudere le aziende

Così il micidiale mix Imu-Tasi mette in ginocchio le imprese. In tre Comuni su quattro la tassazione sui capannoni aumenta rispetto al 2013. Bortolussi: "Incrementi spaventosi" di Sergio Rame

L'azione combinata di Imu e Tasi ha prodotto un ulteriore aggravio fiscale per le imprese italiane. Secondo uno studio degli analisti della Cgia di Mestre, infatti, in tre Comuni capoluogo di provincia su quattro la tassazione sui capannoni aumenta rispetto allo scorso anno. In termini percentuali, gli incrementi più "pesanti" si registrano a Pisa dove gli imprenditori hanno dovuto far fronte a rincari del 31%, circa 791 euro in più. Non se la passano meglio a Brindisi, dove si ha avuto una recrudescenza del 18% per un aggravio di 2.314 euro. A Treviso, poi, c'è stato un balzo 17% che si è tradotto in un rincaro di 321 euro. Gli imprenditori che, invece, beneficiano della riduzione fiscale più significativa sono quelli che possiedono il capannone nel Comune di Nuoro (-14%, pari a -147 euro), in quello di Modena (-15% che si traduce in un risparmio di 309 euro) e in quello di Siracusa (-15%, pari a 463 euro).

La Cgia di Mestre ha esaminato le decisioni prese dagli ottanta Comuni capoluogo di Provincia che per l’anno in corso hanno stabilito e pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze (entro il 24 settembre 2014) le aliquote Imu e Tasi da applicare ai capannoni (categoria catastale D1). "Da un punto di vista metodologico - fa sapere l’ufficio studi della Cgia - gli importi versati sono al netto del risparmio fiscale conseguente alla parziale deducibilità dal reddito di impresa dell’Imu (pari al 30% dell’imposta nel 2013 e al 20 per cento dal 2014) e alla totale deducibilità della Tasi e della maggiorazione Tares". Inoltre, sono state utilizzate le rendite catastali medie presenti in ciascun Comune capoluogo. "Per l’anno in corso - fa notare la Cgia - l’aliquota Imu sui capannoni può oscillare da un valore minimo del 7,6 per mille a un valore massimo del 10,6 per mille". Quella della Tasi, invece, da zero al 2,5 per mille. Il legislatore, comunque, ha stabilito che la somma delle aliquote Imu più Tasi da applicare agli immobili strumentali non può superare il valore massimo dell’11,4 per mille.

"Negli ultimi anni - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - l’incremento della tassazione a livello locale è stato spaventoso". Dalla metà degli anni Novanta ad oggi, l’impennata è stata del 190%. Per quanto riguarda la tassazione sugli immobili, con l’Imu e, da quanto si è capito fino a ora, anche con la Tasi, i sindaci hanno cercato, nel limite del possibile, di non penalizzare le abitazioni principali a discapito delle seconde e terze case e, in parte, degli immobili ad uso strumentale. Bortolussi ci ha tenuto, comunque, a far notare che "un ulteriore aumento del carico fiscale sugli immobili produttivi e commerciali rischia di mettere fuori mercato molte aziende, soprattutto quelle di piccole dimensioni, che sono sempre più con l’acqua alla gola per la mancanza di liquidità".

venerdì 26 settembre 2014

I selfie del bimbominkia sono tutto...

“Fate i selfie dai cantieri”. Renzi dagli Usa fa pressing per le foto dagli enti locali. Il premier, in trasferta negli Stati Uniti, tiene alla campagna autoscatti “con operai e capi cantieri” per l’operazione #italiasicura. Tanto da sollecitare l'invio delle immagini con una mail inviata da Palazzo Chigi il 23 settembre agli uffici di tutela di comuni, province e regioni. Un dirigente provinciale: "Non ci credevamo. Non è nemmeno carnevale. Qui mancano i soldi, altro che selfie" di Giuseppe Alberto Falci

E’ l’ultima trovata di Matteo Renzi. Dopo i selfie notturni dal terzo piano della presidenza del Consiglio, adesso il premier ordina gli autoscatti dai cantieri italiani “con operai, tecnici e capi cantieri in primo piano”. Così l’inquilino di Palazzo Chigi trasforma l’operazione #italiasicura in una nuova campagna “social” dal sapore berlusconiano (lo screenshot dal sito del governo). Il progetto, annunciato a inizio luglio 2014, prevede interventi “contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche”: l’esecutivo si è impegnato a trasformare in cantieri 2,4 miliardi di euro non spesi dal 1998 e 1,6 miliardi stanziati nel 2012 con delibera Cipe. Quasi quattromila le opere da portare a termine e il premier chiede foto sul campo perché poi non venga accusato di “annuncite”. Ma dal territorio non collaborano. L’ex sindaco di Firenze, in trasferta negli Stati Uniti, infatti tiene molto alla campagna dei selfie. Tanto da sollecitare anche da New York via whatsapp i vertici della struttura contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle strutture idriche”. Struttura coordinata da Erasmo De Angelis e dal direttore Mauro Grassi. I due si attivano immediatamente. E, secondo il documento raccolto da ilfattoquotidiano.it, inviano una mail a tutti i dirigenti degli Uffici di Tutela dei territori di tutti gli Enti locali: comuni, province e regioni.

Alle 15 e 33 del 23 settembre la mail parte da Palazzo Chigi. “Caro Collega – si legge – Non voglio stressarti troppo ma il nostro Presidente Renzi, pur essendo negli Stati Uniti, ci sollecita la campagna ‘selfie’ dai cantieri. La gentilezza, che Ti chiediamo, è di inviare entro domani 24 settembre, alla segreteria della struttura, non semplici foto del cantiere, ma selfie con operai, tecnici, capi cantieri a Tua scelta in primo piano, e sullo sfondo il cantiere. Ti chiedo inoltre, di specificare il nome e la durata del cantiere, importo totale della spesa e tipo di intervento. Ti ringraziamo per la collaborazione”. I rappresentanti degli enti locali che leggono il messaggio restano spiazzati. Interdetti. “Ma è vera? Non è nemmeno carnevale”. Minuto dopo minuto lo stupore cresce e si alterna a un sentimento di sconcerto. “Noi ci aspettavamo che da quella struttura venisse fuori qualcosa di concreto”, sbotta con ilfattoquotidiano.it un dirigente di una provincia dell’Emilia Romagna. “Siamo stati un giorno a cercare di capire. Poi andando sul sito del ministero ci siamo accorti che era tutto vero. Ma questo è uno spot pubblicitario, è nello stile del premier – continua – Come è possibile? Il problema sono le cose che non si fanno e i soldi che non si investono, altro che selfie. Ad oggi c’è un quadro normativo confuso, con una frammentazione di competenze eccessiva, ma, soprattutto, una assoluta mancanza di risorse. Perché in Italia si finanziano le opere solo dopo un evento catastrofico. E a livello di prevenzione, i finanziamenti sono inesistenti”.

E la campagna del governo, “italiasicura”, in cui la neo struttura prevede il recupero di oltre 2,4 miliardi di euro non spesi dal 1998 per ridurre gli stati di emergenza territoriali? A questo punto il dirigente emiliano si ferma un attimo e ribadisce: “Le ripeto, prima del 23 non eravamo mai stati contattati. Per ora abbiamo avuto soltanto una richiesta di selfie”. “Selfie” di cui, però, si sentono orgogliosi a Palazzo Chigi. “E’ l’orgoglio operaio – spiega il coordinatore della struttura Erasmo De Angelis – Questo è un tema impopolare. Non vedrai mai i sindacati combattere sullo stato idrogeologico. Noi per la prima volta nella storia diamo un po’ di orgoglio a queste persone che mettono in sicurezza il Paese. L’idea è quella di mettere al centro il lavoro degli addetti ai cantieri che fra diretti e indiretti sono circa 30mila. Oltretutto questa è una comunicazione gratis, non c’è nessuna inaugurazione, non c’è nessuna spesa, semplicemente, va vista in questa ottica”. E allora altro che #Italiasicura, questa è l’Italia di Renzi. L’Italia dei selfie.

giovedì 25 settembre 2014

Il misericordioso Marino

Marino finanzia gli immigrati: 900 euro al mese a chi li ospita. Il sindaco di Roma sposa la trovata-choc del Viminale: "Fino a 30 euro al giorno per accogliere figli di stranieri" di Emanuela Fontana

Roma - Con i centri per clandestini occupati all'eccesso, quelli per i minori che non si trovano e un numero di sbarchi che non accenna a diminuire, al ministero dell'Interno stanno pensando a una soluzione estrema: proporre alle famiglie l'accoglienza degli extracomunitari in casa. Trenta euro al giorno per ospitare un rifugiato. Bambino, ma anche adulto. Il rimborso è pagato dello Stato, ed è pari al costo medio di un immigrato nelle strutture di accoglienza del Paese. L'idea sta già sollevando un vespaio di polemiche: molte famiglie bisognose potrebbero accettare la proposta per arrivare alla fine del mese con un quasi stipendio (900 euro) pagato con le finanze pubbliche. Il problema dell'immigrazione non si può risolvere con un affitto di Stato. Chi controllerà le famiglie accoglienti è un altro quesito che si pone. Comunque il progetto ha già un luogo pilota da cui partire. La proposta è stata rivolta dal sottosegretario all'Interno Domenico Manzione al sindaco di Roma Ignazio Marino, che l'ha accolta con entusiasmo. Roma potrebbe quindi essere la città pilota di un piano di accoglienza casalinga dei rifugiati estendibile a tutta Italia.

La prima emergenza, si è convenuto, riguarda i minori. I ragazzi non accompagnati, che arrivano sui barconi senza genitori, stanno aumentando fino a raggiungere cifre ingestibili: secondo i dati di Amnesty International , su 59.400 migranti sbarcati dal primo gennaio al 22 giugno 2014, più di 9.300 erano minori, dei quali oltre 6.000 non accompagnati. Significa che ogni mese arrivano in Italia dal mare mille bimbi senza genitori, 30 al giorno. I Paesi di origine sono in prevalenza l'Eritrea, la Somalia e l'Egitto. I ragazzini scappano da guerre o da Nazioni dove una bocciatura a scuola significa il servizio militare a vita. A Roma arrivano tramite passeur di terra, più spesso attraverso associazioni che cercano di condurli in comunità per minori. Molti da Roma, attraverso altri «Caronti» a pagamento, raggiungono il Nord Europa, o sono trascinati nella rete del lavoro nero, soprattutto nel settore ortofrutticolo, e della prostituzione, a partire dalle stazioni della Capitale.

Il progetto romano prevede quindi l'accoglienza a pagamento da parte delle famiglie in prima battuta dei minori, ma non in via esclusiva: «Insieme al sottosegretario Manzione - ha spiegato ieri il sindaco Marino - abbiamo immaginato la proposta che oltre all'affido di minori, ci possa essere l'affido alle famiglie anche degli adulti, con una partecipazione economica da parte del governo di 30 euro al giorno per l'ospitalità di un migrante adulto nelle nostre città». In questo momento a Roma sono assistiti 5.112 immigrati tra richiedenti asilo e rifugiati. Marino ha aggiornato i dati sugli ingressi illegali in Italia dopo aver partecipato al vertice di martedì sull'immigrazione al Viminale: a dicembre si teme di arrivare a livello nazionale a quota «150mila»: «Pensiamo che senza alterare il bilancio dello Stato, perché i soldi investiti per ogni migrante sono 900 euro al mese - ha insistito - il fatto di poterli affidare a una famiglia che decide di ospitare un migrante possa creare una situazione di maggiore integrazione sociale». Come avverrà la scelta delle famiglie che eventualmente si proporranno per l'ospitalità è questione tutta da definire. Le prime polemiche non sono tardate: «Lo Stato italiano - scrive su Facebook Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia - non ti dà 30 euro al giorno per mantenere tuo figlio se è disoccupato. La mia proposta è: la Ue paghi l'accoglienza». I 900 euro al mese vadano «alle centinaia di migliaia di italiani disperati». Così si rischia di scatenare, avverte l'ex sindaco Gianni Alemanno, «una guerra tra poveri. Il governo punta sulla disperazione delle famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese».

Corte (criminale) di cassazione

L'ultima della Cassazione: se lo stupro è completo la pena viene ridotta. Rigettando una sentenza della Corte di Appello di Venezia la Cassazione ha accolto il ricorso di uno stupratore che ha ripetutamente abusato della moglie contro la sua volontà di Flaminio Spinetti

Secondo la corte di Cassazione esistono stupro e stupro. Traducendo il consueto faldone di motivazioni dal burocratese tanto caro alla magistratura italiana emergono le motivazioni che hanno portato la Terza sezione penale della Suprema Corte ad accogliere il ricorso di uno stupratore già condannato in appello dalla corte di Venezia. L'uomo era stato condannato per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale sulla moglie costringendola, in preda ai fumi dell'alcool, ad avere rapporti sessuali completi contro la sua volontà. I suoi avvocati hanno richiesto l'attenuante alla pena richiesta dai gip di Vicenza e confermata in appello. Secondo i legali per valutare la gravità di uno stupro, deve "assumere rilevanza la qualità dell'atto compiuto (e segnatamente il grado di coartazione, il danno arrecato e l'entità della compressione) più che la quantità di violenza fisica esercitata".

A questo funambolismo verbale e legale i magistrati hanno risposto accogliendo le ragioni dello stupratore, annullando di fatto la sentenza dei giudici di Venezia. La decisione è stata motivata con queste parole: "ai fini della concedibilità dell'attenuante di minore gravità, assumono rilievo una serie di indici, segnatamente riconducibili, attesa la 'ratio' della previsione normativa, al grado di coartazione esercitato sulla vittima, alle condizioni fisiche e mentali di quest'ultima, alle caratteristiche psicologiche, valutate in relazione all'età, all'entità della compressione della libertà sessuale e al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici". Parole che, una volta tradotte in italiano corrente, creano un pericoloso precedente per le future sentenze sul reato di stupro.

Ah, bhe, allora...

Vicenza, la perizia-choc "16 coltellate non mortali" L'aggressore ai domiciliari. La protesta della vittima: "È ridicolo che un perito dica che non ho rischiato la vita"

Sedici coltellate non bastano per finire dietro alle sbarre. La sera del 12 aprile scorso - racconta il Corriere della Sera, il veronese Enrico Sganzerla ha ferito la sua ex fidanzata Laura Roveri con sedici colpi di coltello in una discoteca di Vicenza. Sedici coltellate nessuna delle quali, secondo la perizia discussa giovedì in tribunale, è stata mortale. Dunque l'uomo può andare ai domiciliari. Una decisione che ha sconcertato la Roveri: "E’ ridicolo che ci sia un perito che dica che non ho rischiato la vita, io che ho rischiato di morire per ben due volte", ha detto al donna al Corriere. Ora l'ex fidanzato potrà scontare la pena a casa dei genitori, a pochi metri dall'abitazione della donna.

mercoledì 24 settembre 2014

Sulla Ue

Stiglitz: l’Europa continua a sbagliare ricetta economica

Il Nobel per l’economia 2001, Joseph Stiglitz, è tornato sulla crisi di Eurolandia. Ripeteno concetti noti ma che sembrano sfuggire ai politici europei ed italiani: in assenza di crescita il rigore non serve a superare una crisi, anzi tende a peggiorarla… Il mondo cambia rapidamente sotto i colpi dell’innovazione tecnologica e forse presto al posto di banche e assicurazioni potremmo vedere Apple e Alibaba concedere credito e assumersi rischi. Ma in Europa e in Italia in particolare il tempo sembra scorrere più lentamente, quasi fino a fermarsi. Così ancora ieri Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia 2001, già consigliere economico del presidente Bill Clinton e capo economista della Banca mondiale dal 1997 al 2000, a Roma per un intervento allo Strategic Forum della Banca d’Italia e poi ad una lectio magistralis sulla crisi dell’euro a Montecitorio, ha dovuto ripetere concetti che per quanto noti da almeno un paio d’anni evidentemente non riescono a far breccia nel mondo “da sogno” della politica italiana.

Primo concetto: la colpa “originaria” di Eurolandia, quella per cui il vecchio continente ha visto calare la sua produttiva pur in assenza di guerre o eventi devastanti come in passato, è stato voler far partire un progetto (l’euro) che doveva avere natura politica e invece si è limitato ad un’unione monetaria. Unione che è una camicia di forza molto più rigida di qualunque precedente accordo sui cambi (come lo Sme) e dunque avrebbe richiesto preventivamente una serie di azioni (di politica economica e fiscale) per ridurre i divari esistenti tra i vari paesi intenzionati ad aderire all’euro. Cosa che non è avvenuta perché i politici di tutta Europa ritenevano che da sola la moneta unica avrebbe reso l’Europa più coesa innescando un processo virtuoso che invece non c’è stato. Col risultato che la Ue è attualmente più divisa di quanto non fosse fino al 2001 e che movimenti populisti e nazionalisti stanno riprendendo forza in tutto il vecchio continente.

Secondo concetto: tentare di dar vita agli “Stati Uniti d’Europa” imitando il modello americano, limitandosi alla sola unione monetaria, per di più con tempi di reazione decisamente deludenti e una grande rigidità “culturale” da parte del paese egemone (la Germania) che neppure dopo la crisi del debito sovrano greco del 2010 ha cambiato strategia, continuando a puntare solo su una politica di repressione fiscale, semplicemente non è possibile. Perché? Perché “i 50 stati federali degli Usa hanno un quadro di bilancio comune, con due terzi della spesa a livello statale e se un singolo stato ha un problema entrano in gioco meccanismi di salvaguardia” automatici attraverso un fondo che serve ad assorbire gli shock economici. Fondo di cui il Meccanismo europeo di stabilità (Esm) non è che un parente molto alla lontana. Inoltre negli Stati Uniti se uno stato attraversa un momento di crisi i lavoratori possono facilmente spostarsi in cerca di lavoro in altri stati, cosa che in Europa non è altrettanto agevole, vuoi per barriere culturali vuoi linguistiche.

Terzo concetto: è stato un errore pensare che bastasse porsi come obiettivo bassi rapporti di deficit/Pil o debito/Pil per risolvere la questione. La crisi ha dimostrato che anche paesi fino a quel momento in eccellenti condizioni (“Spagna e Irlanda -ha ricordato Stiglitz- avevano dei solidi avanzi di bilancio prima della crisi del 2008, eppure ora hanno difficoltà gravissime”) possono subire l’effetto di shock dovuti a varie cause, dalla volatilità dei flussi di capitali mondiali alla crisi del mercato immobiliare fino alla dipendenza dell’economia solo o quasi dalla domanda interna (come in Grecia) o di un solo grande mercato di sbocco estero (come nel caso del Portogallo, legato a doppio filo alla Spagna). Insomma: “il Fiscal Compact, che impone forzosamente di superare il disavanzo e il debito, non risolverà i problemi dell’Eurozona e non aiuterà a prevenire la prossima crisi”, almeno se continuerà a mancare un elemento chiave, la crescita.
 
Quarto concetto: come fare a superare lo stallo quando non si ha a disposizione una propria valuta per indebitarsi, visto che “quando un paese si indebita in euro, che non è una moneta emessa da un singolo stato, si crea automaticamente una crisi del debito sovrano”, come confermato dai casi di Argentina e Indonesia, impiccatesi ad una valuta (il dollaro) che non potevano controllare? Semplice, ci si deve poter indebitare in euro, emettendo eurobond (coi quali stimolare la ripresa attraverso un vasto programma di investimenti pubblici in infrastrutture, anche se Stiglitz questo ha evitato di dirlo). Peccato che “questa soluzione non trova il consenso della politica e dei paesi aderenti”, Germania in testa.

Ferruccio De Bortoli...

De Bortoli stronca Renzi e il suo governo. Il direttore del Corriere attacca frontalmente il capo del governo di Raffaello Binelli

Ferruccio de Bortoli ha scelto un giorno non a caso - il lancio della nuova grafica del Corriere - per rifilare una pesante bordata a Matteo Renzi. Non tanto (e non solo) al suo esecutivo ma proprio a lui, Presidente del Consiglio e leader del Pd. L'incipit dell'editoriale va dritto al sodo: "Devo essere sincero: Renzi non mi convince". E spiega subito cosa intende: "Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso". L'attacco di De Bortoli è frontale: "Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante".

Il direttore è in uscita da via Solferino. L'ha annunciato lui stesso alla fine di luglio, dopo mesi di scontri con il gruppo che detiene la maggioranza nella proprietà, chiarendo che non era per sua scelta ("Non ho dato io le dimissioni"). Guiderà il giornale fino alla prossima primavera. In questo momento particolare per il Paese - che fatica a riprendere slancio - e particolare anche per lui, vicino al commiato dai lettori, De Bortoli decide di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. E lo fa impugnando l'alabarda. Perché l'attacco non può essere derubricato a mera critica costruttiva. Il direttore del Corriere se la prende anche con la squadra di Palazzo Chigi: "E' in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità". Dei ministri salva solo l’ottimo Padoan, sottolineando però che il suo ruolo "è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi".

Altre critiche molto forti: "Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto". E un'altra che andrà dritto al cuore del premier: "La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto". De Bortoli riconosce a Renzi il merito di "circondarsi di forze giovanili", ma osserva che "lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier". Non può non riconoscere, il direttore del Corriere, che "l’oratoria del premier è straordinaria", ma puntualizza che "il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa". Insomma, è forte il rischio che, alla fine, tutto si riduca alle chiacchiere, al "marketing della politica", al trucco (cosmesi). E su questo punto specifico osserva con malizia: "In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti".

Poteva mancare un parallelo tra Renzi e Berlusconi? Ovviamente no. Parlando del Pd De Bortoli osserva che è "quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere". L'attacco più forte arriva alla fine. Il direttore si pone alcune domande e lascia intendere che tra i due leader vi siano patti segreti, accordi che vanno al di là della mera politica: poteri forti, in certi casi occulti, impegnati a gestire il potere, quello vero. "Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria". Dice e non dice De Bortoli. Allude. Manda segnali.

E conclude: "Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi". Poi gli dà un consiglio, che sa quasi di presa in giro: "Quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra". A questo punto non ci resta che attendere la risposta di Renzi. Arriverà puntuale, smontando punto per punto le accuse, oppure il premier deciderà di ignorare l'affondo? Tra poco lo sapremo. Di certo fare finta di nulla, dopo un attacco di questo genere - mosso dalla prima pagina del primo giornale italiano - sarebbe come ammettere che De Bortoli ha fatto centro.

martedì 23 settembre 2014

La tolleranza non basta

Oh, allora si presume che il vaticano, come l'italia abbia abolito il reato di clandestinità. O quantomeno sia in procinto di abolirlo se, secondo lui bisogna accoglierli tutti... E' facile parlare quando sono sempre gli altri a pagare, eh e le porte del vaticano, pardon, i confini del vaticano restano chiusi?

Un paio di commenti:  "Da un articolo del Dott. Bracalini: In Vaticano si entra solo se autorizzati, con precise modalità, un permesso rilasciato dal Governatorato, e che può essere rifiutato “qualora ricorrano giusti motivi”, e che comunque è temporaneo. E veniamo al divieto di accesso. L’interdizione scatta, dice l’articolo 12, “quando sussistano giusti motivi”. E “coloro che si trovano nella Città del Vaticano senza le necessarie autorizzazioni o dopo che siano scadute o revocate possono esserne allontanati”. Si viene “allontanati”, non più cacciati con la forza pubblica, ma comunque allontanati. Come gli italiani chiedono si faccia con i clandestini che sbarcano sulle nostre coste. Salvo essere ammoniti dalla Chiesa (che in Vaticano non vuole clandestini) che così si pecca di egoismo e indifferenza. Allora caro il mio Papa, come la mettiamo? Modifica la legge e beccate un po' de feccia pure tu!"

"Non si tratta di diffidenza etc...etc...ma di pragmaticita'. Semplicemente non si puo' accogliere i milioni e milioni e milioni di migranti pronti ad approdare in Italia ed anche eventualmente trasferirsi nel resto Europa, se per caso qualche paese possa derogare almeno una volta ai flussi gia' contingentati. Perché manca una condizione di fondamentale affinché tutti quelli che arrivano si sentano a loro agio (non dico integrati...). Manca il lavoro. Non é possibile illuderli, farli arrivare e poi abbandonarli buttati o nei centri o per strada. E nemmeno si puo' pensare che la forma assistenziale di cui fruiscono all'arrivo, possa essere mantenuta in eterno. Occorrono politiche di investimento nei loro paesi per tenerli, giustamente, li'. E il Papa dovrebbe anche lui predicare in questo senso. Anche perché molti di quei paesi sono potenzialmente molto ricchi grazie a risorse naturali minerali, molto piu' dell'Italia e dell'Europa Certo, cosa a parte sono i profughi da situazioni che si spera siano momentanee. Poi anche una buona campagna di controllo delle nascite in tutti quei paesi andrebbe predicata. Altro che crescete e moltiplicatevi. Ammesso che quando almeno meta' Africa avra' "invaso e fagocitato" forse l'Europa ma senz'altro l'Italia, poi dove andra' a cercare nuove terre con il tasso di natalita' altissimo di quei paaesi?"

"Che Papa ipocrita! Hanno appena inasprito le leggi sull'immigrazione in Vaticano e si permette di predicare agli altri? Ma perché non la fa finita e si leva dai piedi, che tanto ormai si è capito che ha preso il posto di Benedetto XVI solo per accelerare la caduta della Chiesa! La mezzaluna sventolerà su San Pietro e bergoglio sarà felice di essere il servo prediletto del capo imam! Che schifo! Il prossimo carico di "migranti" li preleviamo con un C-130 militare direttamente dalla Libia e ancora in volo li scarichiamo in vaticano senza paracadute. Il Papa tollererà tutte quelle "risorse", lui è il bene..."

Immigrati, il Papa bacchetta: "Non basta essere tolleranti". Il papa esorta gli Stati a collaborare: "Nessun Paese può rispondere da solo" all'emergenza". E attacca la Chiesa: "Ostilità e diffidenze anche da parte dei cristiani" di Girolamo Tripoli

Bisogna accogliere i migranti, perché la sola tolleranza non basta. Gli Stati, inoltre, dovrebbero cooperare di più e la Chiesa dovrebbe farorire la "cultura dell'incontro". Questo, in sintesi, il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato che si celebrerà il prossimo 18 gennaio.

"Serve una cooperazione internazionale": La cooperazione dei diversi Paesi è, secondo il Papa, fondamentale: "Quando un gran numero di persone lascia i luoghi d'origine e intraprende il rischioso viaggio della speranza nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno, che è così ampio da interessare ormai tutti i Continenti nel duplice movimento di immigrazione e di emigrazione. I movimenti migratori - aggiunge - hanno assunto tali dimensioni che solo una sistematica e fattiva collaborazione che coinvolga gli Stati e le Organizzazioni internazionali può essere in grado di regolarli efficacemente e di gestirli. Nonostante i loro generosi e lodevoli sforzi - afferma il Papa parlando dei Paesi che accolgono i migranti - è necessaria un'azione più incisiva ed efficace, che si avvalga di una rete universale di collaborazione, fondata sulla tutela della dignità e della centralità di ogni persona umana". Ai governi chiede anhe un maggiore sforzo per il traffico di esseri umani: "La lotta contro il vergognoso e criminale traffico di esseri umani, contro la violazione dei diritti fondamentali, contro tutte le forme di violenza, di sopraffazione e di riduzione in schiavitù deve essere più incisiva".

"Ostilità agli immigrati anche dalla Chiesa": Bergoglio parla anche delle ostilità verso gli immigrati anche da parte della Chiesa: "Non di rado i movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. La vocazione della Chiesa a superare le frontiere - aggiunge - e a favorire il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione ad un atteggiamento che abbia alla base la "cultura dell'incontro", l'unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno. La Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta". Il Papa si augura anche una Chiesa senza frontiere in modo che sia "la madre di tutti" perché "nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare".

"Non basta la semplice tolleranza": "Cari migranti e rifugiati, voi avete un posto speciale nel cuore della Chiesa, e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per manifestare la sua maternità verso l'intera famiglia umana", afferma il Papa. E data l'enorme vastità del fenomeno "non può bastare la semplice tolleranza", anche se "apre la strada al rispetto delle diversità e avvia percorsi di condivisione tra persone di origini e culture differenti". "I movimenti migratori - continua - sollecitano ad approfondire e a rafforzare i valori necessari a garantire la convivenza armonica tra persone e culture". Perché "le migrazioni interpellano tutti - aggiunge - non solo a causa dell'entità del fenomeno, ma anche per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che sollevano, per le sfide drammatiche che pongono alle comunità nazionali e a quella internazionale". Il Papa ha concluso il messaggio affermando che "ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica è la vita cristiana, niente di più. Semplice, semplice. Forse noi l'abbiamo fatta un pò difficile, con tante spiegazioni che nessuno capisce, ma la vita cristiana è così: ascoltare la Parola di Dio e praticarla".

Napisan, Renzie e il lavoro

 Un commento: "É risaputo che in Italia, sempre legata al modello govenativo democristiano del chiagni e fotti, quando si fanno proclami di forti cambiamenti il disco rosso del mirino laser di palazzo Chigi ha come obiettivo il popolo bue soffocato dalll'esorbitanti tasse e dalle poche tutele di questo paese. Le belle parole (non di meno le intenzioni) di Renzi e Napolitano, che si sostengono come in una piéce teatrale, non vogliono incidere sui veri problemi del paese e cioè: Ricerca, Evasione, Mafia, ma dare in pasto al capitalismo straniero la forza lavoro di questo paese, ecco, cominciano da qui, perché è la cosa più facile e, allo stesso tempo, la più remunarativa da mettere sul piatto dell'Unione Europea: abbiamo cancellato l'art. 18, quindi, nella sostanza dei fatti, abbiamo abbassato il costo del lavoro, non nella parte fiscale, ma in quella salariale!! Perché questa sarà l'unica conseguenza reale, quindi venite, venite, cari investitori! Vorrei sapere se esiste in Italia un giornalista che abbia il coraggio di chiedere al "premier dalle vane promesse": cosa impedisce oggi allo sviluppo economico l'art.18, cosa libera non averlo più? Ma sarà una ricerca vana..."

Crisi, Napolitano: “Lavoro, serve coraggio: basta conservatorismi e corporativismi”. Il nuovo appello del presidente della Repubblica alla classe politica arriva a poche ore dall'allarme lanciato da Mario Draghi sulla necessità delle riforme strutturali per la crescita in Europa, ma ha il sapore di una forte presa di posizione nella polemica scoppiata sull'articolo 18 tra il premier Renzi da una parte e la Cgil e la minoranza Pd dall'altra. Il presidente del Consiglio è a San Francisco: "L'Italia ha bisogno di una rivoluzione sistematica su tutti i principali punti, serve un cambiamento violento"

L’Italia e l’Europa “sono alle prese con una profonda crisi, economica, sociale. Possono uscirne solo insieme con politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione”. Durante l’inaugurazione dell’anno scolastico 2014/2015 al Quirinale, Giorgio Napolitano torna a parlare della necessità delle riforme strutturali, strumento indispensabile per modernizzare e rilanciare il Paese. A poche ore dalla polemica scoppiata tra Matteo Renzi da una parte e la Cgil e la minoranza Pd dall’altra sulla volontà espressa dal governo di modificare l’articolo 18, il presidente della Repubblica torna sul tema del lavoro e fornisce un’indicazione precisa: “Specialmente in Italia dobbiamo rinnovare decisamente le nostre istituzioni, le nostre strutture sociali, i nostri comportamenti collettivi: non possiamo più restare prigionieri di conservatorismi, corporativismi e ingiustizie”.

Prima di partire per gli Stati Uniti, il premier ha telefonato al Quirinale per salutare Napolitano, raccontano i retroscenisti. Il riferimento alla polemica sull’articolo 18 appare chiaro, troppo per essere frutto del caso e non di una strategia concordata. L’indicazione fornita dall’inquilino del Colle è precisa: la crisi che attanaglia l’Europa e l’Italia, scandisce Napolitano, ci deve spingere “a rinnovarci, a metterci al passo con i tempi e con le sfide della competizione mondiale: specialmente in Italia dobbiamo rinnovare decisamente le nostre Istituzioni e i nostri comportamenti collettivi“. Ovvero abbandonare “conservatorismi” propri di una certa classe politica (la minoranza del Pd) e “corporativismi” (relativi probabilmente alle resistenze storicamente opposte dalla Cgil alle modifiche ciclicamente proposte all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori).

“Oggi non solo l’Italia, ma tutta l’Europa sono alle prese con una profonda crisi”, ha detto ancora il capo dello Stato, e deve essere chiaro per tutti che per uscirne “ci si deve non già chiudere nei vecchi recinti nazionali, e sbraitare contro la Ue, ma stringerci in uno sforzo comune”. Entrando poi nel tema della giornata, Napolitano si rivolge agli insegnanti che, insieme a tremila studenti, formano la platea al Quirinale: “Confidiamo nella chiarificazione e concretizzazione degli impegni annunciati del governo per il superamento di situazioni ormai insostenibili, che le politiche del passato non hanno mai risolto”. ”Non c’è nulla di più gratificante e importante del dedicarsi a rendere migliore la nostra scuola – continua Napolitano – renderle più libere e capaci di esprimersi, rafforzarsi” e permettere di realizzare “le vostre energie, la vostra intelligenza, la vostra creatività”.

Renzi a San Francisco: “Serve un cambiamento violento”:  Di simile tenore, mutatis mutandis, è il discorso fatto dal premier negli Stati Uniti, i cui concetti portanti sono quelli della trasformazione, del cambiamento, della rivoluzione.”L’Italia oggi è un Paese che ha bisogno di una rivoluzione sistematica su tutti i principali punti: la Pubblica amministrazione, il sistema politico, il mondo del lavoro”, ha detto Renzi a San Francisco, prima tappa del viaggio negli Usa, nell’incontro con start-up e imprenditori italiani del settore high-tech. “L’Italia ha bisogno di investire in immagine e sostanza su una campagna anti corruzione e di una giustizia civile che abbia gli stessi tempi di Francia e Gran Bretagna – ha spiegato ancora il premier – se facciamo queste cose l’Italia sarà non un Paese normale, perché l’Italia è un Paese speciale nel bene e nel male, ma un Paese attrattivo”. ”La straordinaria chance è smettere di piangersi addosso – continua il premier – io sono consapevole che alcune cose vanno cambiate in modo violento ma se voi non ci mettete la forza delle vostre idee e il cervello non si va da nessuna parte”.

“Faremo di tutto per cambiare l’Italia. San Francisco è per molti di voi e noi la capitale del futuro. Il rischio dell’Italia è di città straordinariamente belle ma città del passato. La sfida è trasformare noi stessi gelosi del passato e innamorati del futuro”. Un esempio: la Pubblica amministrazione va cambiata: “Vogliamo trasformare la Pubblica amministrazione per farla diventare uno strumento in cui non si fa una coda di un’ora e mezza per avere un certificato, ma con gli strumenti del mobile vogliamo cancellare la parola certificato e trasformare la Pa in una nuvola“.

lunedì 22 settembre 2014

Bastonate extranazionali

Crisi, Financial Times: “Se l’Italia non cresce farà default sul debito pubblico”. Un editoriale di Wolfgang Munchau lancia l'allarme: "Il fardello del debito italiano è un problema per tutti noi". E il Paese non ha strumenti per uscire dalla "trappola". Matteo Renzi "ha promesso riforme radicali ma non ha ancora realizzato nulla" ed è "ingenuo pensare che l’economia ripartirà miracolosamente quando le imprese potranno licenziare il personale". Unica speranza è l'acquisto di titoli da parte della Bce di Mario Draghi

“La situazione economica italiana è insostenibile e porterà a un default sul debito a meno che non ci sia un improvviso e duraturo cambiamento nella crescita. Se così non fosse, il futuro dell’Italia nell’eurozona sarebbe in dubbio, e di fatto lo sarebbe il futuro dell’euro stesso”. E’ quanto si legge in un editoriale del Financial Times, a firma Wolfgang Munchau. Secondo il quale “Matteo Renzi, il primo ministro italiano, ha promesso riforme radicali, ma non ha ancora realizzato nulla. E comunque, questo non basta. La sostenibilità del debito italiano richiede politiche a livello europeo che finora sono state escluse. E’ qui che si deciderà il successo o il fallimento dell’eurozona”.

Senza crescita del pil non c’è via di uscita dalla “trappola” –  Se anche nel 2015 e 2016 l’economia rimarrà stagnante, ricorda Munchau, “il rapporto debito/pil salirà fino al 150%”. Anche se proprio lunedì l’Istat ha diffuso i dati sul pil ricalcolato sulla base del nuovo sistema di contabilità pubblica Esa 2010, dati che comportano una revisione al ribasso anche per i parametri di finanza pubblica. Il debito/pil 2013, in particolare, cala al 127,9%. Si tratta però di puri effetti contabili. Mentre l‘unica via d’uscita dal circolo vizioso, spiega l’editorialista, consiste dunque in una crescita solida dell’economia, che deve essere “più veloce di quella del debito”. Il fatto è che il Paese “non ha gli strumenti” per stimolarla: al contrario del Giappone, che ha un rapporto debito/Pil del 200% ma è ancora considerato “solvente”, Roma “non può abbassare il tasso di interesse“, “non ha banca centrale che possa finanziare con la moneta i suoi debiti”, “non ha un tasso di cambio da poter svalutare”. Naturalmente tutte queste leve esistono ancora: sono nelle mani della Bce di Mario Draghi. Ma “i tassi di interesse dell’Eurozona sono ancora a zero”, “la Bce non sta (ancora) comprando titoli di Stato italiani” e “l’euro dovrebbe svalutarsi di circa il 60 per cento perché l’Italia possa ottenere una svalutazione di portata simile a quella del 1992, quando la lira lasciò temporaneamente il sistema monetario europeo“. 

“Ingenuo pensare che economia riparta se imprese possono licenziare” – E le invocate riforme economiche, che tutti indicano come indispensabili e salvifiche? “Possono contribuire alla crescita nel lungo periodo, ma è un po’ ingenuo pensare che l’economia ripartirà miracolosamente una volta che le imprese potranno licenziare il loro personale”. L’aggiustamento economico necessario “va molto al di là di qualche riforma strutturale. L’Italia ha bisogno di cambiare il sistema legale, di ridurre le tasse alla media dell’Eurozona e di migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione“. “In altre parole, deve cambiare l’intero sistema politico“, scrive Munchau, che in passato non ha risparmiato critiche al governo tecnico di Mario Monti ma nemmeno alla Cancelliera Angela Merkel, rea di un eccesso di rigore.

Solo Draghi può “comprare tempo” per Roma - In questo quadro, secondo l’editorialista, le speranze migliori risiedono in un programma di acquisto di titoli da parte della Bce che “dia tempo ai tassi di inflazione di tornare normali, all’economia europea di riprendersi e al governo italiano di implementare almeno alcune riforme”. Francoforte dovrebbe comprare non solo Asset backed securities e covered bonds, come annunciato il 4 settembre, ma anche altri tipi di strumenti finanziari:  per esempio “bond del Meccanismo europeo di stabilità (il cosiddetto fondo salva-Stati, ndr) e della Banca europea degli investimenti”. La Commissione “potrebbe poi usare la Bei per lanciare un grande programma di emissione di titoli per finanziare infrastrutture”. E all’Italia non resta che sperare che “parte di questi interventi si trasmetta all’economia reale”.

Renzi “ha promesso riforme ma non ha realizzato nulla”. E interventi nazionali “non bastano” – Ma le previsioni di Munchau non sono rosee: “Sono ottimista sul fatto che questi programmi avranno un notevole effetto positivo sull’Eurozona nel complesso, ma molto meno sul loro impatto sull’Italia”. “Abbiamo bisogno di un’azione politica estrema e coordinata per permettere all’Italia di crescere, sostenere il debito e in definitiva rimanere dentro l’Eurozona”, è la conclusione del columnist del Ft. “Matteo Renzi, il primo ministro italiano, ha promesso riforme radicali, ma non ha ancora realizzato nulla. E comunque, questo non basta. La sostenibilità del debito italiano richiede politiche a livello europeo che finora sono state escluse. E’ qui che si deciderà il successo o il fallimento dell’eurozona”.

Avanti un altro, Corrado Passera

Corrado Passera: “Elezioni a primavera. Sarò il nuovo Berlusconi, ma meglio”. L'ex ministro del governo Monti prevede il voto anticipato e si candida come nuovo leader del centro-destra. Durante l'intervista a Mix24 non risparmia critiche al presidente del Consiglio e alla sua squadra: "Renzi è circondato da persone non all'altezza"

“Sarò il nuovo Berlusconi, ma in meglio”. Così il leader di Italia Unica, Corrado Passera, in un’intervista a Mix24 si candida a guidare l’Italia partecipando alle prossime elezioni. Che, a suo dire, potrebbero tenersi già in primavera. La sparata dell’ex ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture arriva dopo le critiche all’operato dell’attuale presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e alla sua squadra: “Di Renzi non mi piace il non rispetto per il merito e l’incapacità di mettere insieme una squadra forte”, attacca l’ex inquilino di Via Veneto. “Oggi non abbiamo schierata una squadra adeguata. Renzi si circonda di persone che non sono all’altezza”. Segue giudizio negativo sull’operato di diversi membri dell’esecutivo. Anche se più che giudizi sono mugugni: “Padoan? Mh. Boschi? Mmh. Poletti? Mmmh. Madia? Mmmmmh”. Del resto solo due giorni fa Passera aveva fatto la predica al premier per la questione del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Debiti che lui stesso, da ministro, non era riuscito a sbloccare.

Passera sostiene poi che quello messo in piedi da Renzi è un grande bluff nei confronti degli italiani e, se non si va a elezioni presto, l’ex sindaco di Firenze rischia di essere “scoperto”: “Le elezioni a primavera le do al 50%. Renzi sta facendo di tutto perché questo succeda e si vada alle elezioni prima che venga fuori il suo bluff”. Dopo la previsione di voto anticipato, l’ex ministro annuncia al conduttore, Giovanni Minoli, la sua candidatura: “Sarò il nuovo Berlusconi, ma in meglio. C’è un grande mondo da quella parte che non ha trovato soluzione alle cose che si aspettava e alle quali si può rispondere”.

Passera, poi, non risparmia accuse anche all’amministratore delegato di Fiat e futuro ad di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, e all’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi. “Marchionne sputtana l’Italia per coprire la ritirata, per giustificare gli impegni che non ha rispettato e i cattivi risultati di Fiat Auto”. Accuse anche all’ex collega di governo che, sul caso marò, ha detto di essersi opposto al rientro dei militari in India: “Quello che dice Terzi è assolutamente falso, la decisione è stata unanime, lui stesso ha votato a favore di questa decisione ed era una decisione giusta. Quando un paese dà la sua parola e lo mette per iscritto non può rinunciare facendo perdere al proprio Paese per sempre ogni credibilità”.

domenica 21 settembre 2014

Schengen, what is Schengen?

Vienna e Berlino alzano il muro. Dobbiamo tenerci i clandestini. Già 4.700 gli stranieri fermati in Austria, quasi tutti rimandati nel nostro Paese. E con Mare Nostrum 120mila arrivi di Gianpaolo Iacobini

L'Austria respinge i migranti in uscita dal territorio italiano e pensa a chiudere le frontiere, la Germania avverte: «Non possiamo accogliere profughi altrui». Dire che davanti alle ondate migratorie che da Africa ed Oriente s'abbattono sulle nostre spiagge l'Italia sia rimasta sola è un eufemismo. «Grazie all'operazione Frontex plus - gongolava qualche giorno fa il ministro dell'Interno Angelino Alfano - si potrà ottenere il primo concreto risultato del semestre di presidenza italiano: aver portato l'Europa a 30 chilometri dalle coste, sulla frontiera di Schengen». Di sicuro, al momento, c'è che l'Europa s'è fermata al Brennero. Ricapitolando: Malta i migranti non li fa neppure avvicinare alle sue coste. In Spagna s'aiutano con filo spinato e recinti. La Grecia a corto di soldi ha piazzato uomini e mezzi a guardia del suo perimetro. Per entrare nel Vecchio Continente non resta che il Belpaese. Fino a ieri approdo, oggi prigione senza carcerieri perché i Paesi confinanti hanno cominciato a respingere i profughi, oltre a coltivare l'idea di sigillare i confini.

Se la Francia, come rivelato da Le Figaro ad agosto, ha rimandato indietro nei primi sei mesi del 2014 3.411 migranti appena giunti dall'Italia, l'Austria ha stoppato dall'inizio dell'anno 4.700 stranieri ai varchi austriaci: in 300 hanno chiesto asilo politico. Il resto - 1.400 soltanto tra luglio ed agosto, 700 nella prima quindicina di settembre - è stato rispedito al mittente: noi. Siriani, iracheni, eritrei. Tra loro molti bambini. In Questura, a Bolzano, si racconta che una volta rifocillati abbiano seguito il destino di tanti altri prima di loro: svaniti nel nulla. Perché i profughi, già a poche ore dal respingimento, sarebbero ormai soliti spostarsi a Milano, da dove tenterebbero di entrare in Svizzera per poi ripartire alla volta di Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia. Pronti, in alternativa, a ritentare la sorte da Tarvisio o dal Brennero, indispettendo però i rigidi austriaci.

I quali, per tutta risposta, hanno tirato fuori dal cassetto il Piano B: congelare il trattato di Schengen sulla libera circolazione di persone e merci. Un'ipotesi sostenuta in prima persona dal ministro dell'Interno Johanna Mikl-Leitner e dai governatori di Salisburgo, Burgeland, Bassa e Alta Austria, forse anche come reazione alle accuse lanciate sul fronte tedesco da Andreas Scheuer, segretario generale della Csu (l'Unione cristiano-sociale, il partito principale alleato della Cdu di Angela Merkel), che puntando il dito contro il lassismo (!) transfrontaliero dei cugini viennesi ha lasciato balenare la possibilità di una chiusura delle frontiere sul versante bavarese, aggiungendo: «Lampedusa non deve diventare un sobborgo di Kiefersfelden» (il principale valico tra Austria e Bavaria, ndr ). Più o meno il concetto espresso ieri dal ministro dell'Interno Thomas De Maiziere, che ha ipotizzato di spargere gli immigrati qua e là per l'Europa salvo poi far precisare dal suo portavoce che «la Germania non potrebbe accogliere profughi da altri Paesi Ue, perché è fra quelli che ne conta di più». «È un inaccettabile scaricabarile alle spalle dei profughi», protesta la Caritas altoatesina. «L'Italia prenda esempio dall'Austria», ribatte la Lega Nord, mettendo nel mirino il governo «per aver abbandonato al proprio destino le forze dell'ordine». Che come lamentano i sindacati di polizia, «non ce la fanno più ad affrontare da sole un'emergenza che ha ormai superato il livello di gestibilità». Il mondo brucia e l'Europa fa scudo alzando i muri alle frontiere. Quelle con l'Italia.

venerdì 19 settembre 2014

I lavori che gli italiani non vogliono più fare...

Milano, sparatoria in strada: due morti e un ferito. Fermato presunto killer. Un albanese di 41 anni è deceduto immediatamente per due colpi alla schiena e uno alla testa. Un altro uomo di origine africana viene trovato dai soccorritori del 118 agonizzante e muore poco dopo. Una terza persona di origine albanese, come il presunto omicida, è stata colpita all'addome ma non sarebbe in pericolo di vita. Per i carabinieri all'origine dell'agguato ci sarebbe lo spaccio di droga

Due morti e un ferito. E’ questo l’epilogo di una sparatoria avvenuta a Milano intorno alle 21 di giovedì 18 settembre, nel quartiere Bruzzano, a nord della città. Secondo i carabinieri si tratterebbe di un regolamento di conti nell’ambito dello spaccio di droga. A poco meno di tre ore dall’agguato, un uomo di origine albanese è stato fermato dai militari: potrebbe trattarsi del presunto killer.

Inizia tutto in piazza Giustino Fortunato. Tre persone, che probabilmente si conoscevano tra loro, hanno un appuntamento. Forse è una trappola tesa dall’uomo che, appena arriva a bordo della sua Opel, comincia a sparare. Una decina di colpi d’arma da fuoco è stata esplosa durante il blitz, secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni, clienti di un ristorante della zona. Il primo a cadere è un albanese di 41 anni: due proiettili lo raggiungono alla schiena e uno alla testa. Muore sul colpo, di fronte all’ingresso dell’ospedale Galeazzi. Gli altri due cercano di fuggire, ma vengono a loro volta colpiti, probabilmente dopo un breve inseguimento. Un uomo, 37 anni di origine africana, si accascia in via Marna. Quando i soccorritori del 118 lo ritrovano è ancora vivo, ma l’agonia dura poco minuti. Muore prima di essere caricato sull’ambulanza.

Risulta invece ferito, e non sarebbe in pericolo di vita, un altro albanese, colpito da un proiettile all’addome. Recuperato dai soccorritori del 118 in via Angeloni, l’uomo viene trasferito all’ospedale Fatebenefratelli, dove viene operato d’urgenza. La sua testimonianza sarà fondamentale per ricostruire il blitz di sangue costato la vita a due persone. I carabinieri bloccano molte delle strade di accesso a piazza Giustino Fortunato e si mettono sulle tracce del presunto killer. Secondo alcune testimonianze, l’assassino sarebbe fuggito a bordo di una Opel. Il presunto omicida viene rintracciato e fermato poco prima delle 23.30 e portato in caserma. Nel corso delle indagini bisognerà capire se l’uomo abbia agito da solo o con almeno un complice.

giovedì 18 settembre 2014

No, ma continuiamo ad andarli a prendere...

Immigrati, la resa delle Asl: "Non possiamo fargli i test". I poliziotti chiedono garanzie: "Ci dobbiamo affidare all'esperienza per vedere se sono malati" di Valentina Raffa

Ragusa - Impossibile fare una diagnosi sulle condizioni degli immigrati appena sbarcati. Lo denuncia un documento dell'Area di Igiene sanità pubblica del presidio di Porto Empedocle (Agrigento), tra le zone siciliane maggiormente flagellate dal continuo flusso migratorio che assalta le nostre coste. A preoccupare le forze dell'ordine è il fatto che stiamo parlando della certificazione di idoneità sanitaria che permette l'immissione degli extracomunitari nei centri di accoglienza. In pratica un pass senza il quale l'immigrato non può iniziare il suo percorso in Italia, fatto di varie tappe, prima tra tutte proprio l'ospitalità in un centro d'accoglienza. «Non è possibile raccogliere dati anamnestici in assenza di interprete - si legge nel documento - e non essendo possibile effettuare esami di laboratorio o strumentali non si escludono patologie di carattere trasmissivo o diffusivo che siano in fase di incubazione o quiescenza». La frase successiva, che dovrebbe servire da rassicurazione sull'assenza di malattie nel gruppo di stranieri appena sbarcati e sottoposti a controllo sanitario, desta invece profondo «sconcerto», come evidenzia il segretario generale del Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia), Giuseppe Tiani, il primo ad avere tra le mani il famigerato modulo di certificazione. È stato proprio lui a sollevare la questione, che appare quantomai seria e grave. «Non si rilevano segni o sintomi riferibili a malattie cutanee o diffusive allo stato florido», recita infatti una frase del documento, come se l'unico modo per individuare un'eventuale malattia, fosse il vedere a occhio nudo una bolla, un'irritazione o una pustola.

«Quello che leggo è sconcertante - va giù duro Tiani - smentisce quanto affermato dalle autorità sul tema della sicurezza sanitaria legata agli sbarchi umanitari di immigrati. Le nostre preoccupazioni, espresse in più occasioni, in merito alla salute degli operatori delle forze dell'ordine erano più che mai fondate e legittime. Non si possono esporre gli agenti, i volontari, le loro famiglie, il territorio in generale a pericoli di questo tipo». Monta, quindi, la preoccupazione che anche le forze dell'ordine non siano tutelate adeguatamente dal punto di vista sanitario. E ora il timore degli interessati di contrarre malattie, alla luce dei fatti sembra fondato. Risale solo ad agosto il braccio di ferro tra ministero dell'Interno, per il quale non c'erano poliziotti contagiati e sindacati di polizia, che affermavano invece il contrario. Il Consap denunciava appena pochi giorni fa che 40 agenti erano cutipositivi al test di Mantoux e significa che avevano avuto un contatto pregresso con il microrganismo della Tbc. Assotutela, invece, promuoveva una class action contro il ministero per omessi controlli sanitari. Poco tempo fa il 90 per cento dei poliziotti assegnati a uno sbarco di 500 immigrati si è dato malato. «I colleghi non si sentono tutelati - aveva spiegato il Consap -. Hanno paura per loro e le famiglie». Ma il ministero della Salute aveva ribattuto puntando sulla validità dei controlli. «Abbiamo attivato da aprile le procedure necessarie in porti e aeroporti per esaminare casi potenzialmente a rischio - replicava il ministro Beatrice Lorenzin -. A terra c'è controllo per individuare persone con sintomi». Ma sono parole che non calmano gli agenti. «I controlli vanno perfezionati - dicono - date le modalità previste nella certificazione di idoneità sanitaria».

Intanto gli sbarchi non concedono sosta. Ieri 879 immigrati sono arrivati a Reggio Calabria a bordo della Aliseo della Marina Militare. A Catania sono giunti in 524 e a Palermo in 105. Al largo delle coste siciliane la Borsini ha invece recuperato 97 immigrati alla deriva e l'Orione 150. In Sicilia è convivenza forzata. C'è ospitalità ma anche insofferenza. Nella notte tra lunedì e martedì è stato incendiato l'ex palazzo Asl destinato a centro di accoglienza. Nei primi di settembre un'auto carica di taniche di benzina è stata lanciata contro l'ex caserma Gasparro a Messina destinata agli stranieri. Cinque spari l'hanno incendiata.

La truffatrice e i suoi ordini



La spendig review e’ uno ”strumento importante”, ma le analisi suggeriscono che ”ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni”. Lo afferma il Fmi nell’Article VI sull’Italia, sottolineando che ci sono spazi per migliorare anche la spesa sanitaria. “L’Italia resta ”vulnerabile a una perdita di fiducia del mercato” e al ”contagio finanziario”. Per questo l’Italia potrebbe anche essere ”fonte di contagio per il resto del mondo”. Il Fmi promuove l”’agenda ambiziosa di riforme” del premier Matteo Renzi. ”La loro risoluta attuazione e’ essenziale per creare lavoro, aumentare la produttivita’ e aumentare il potenziale di crescita” afferma il Fmi. ”Attuare le riforme strutturali simultaneamente e genererebbe significate sinergie di crescita”.

”Un ulteriore aggiustamento rispetto ai piani delle autorita’ (fino allo 0,5% del pil a seconda della forza della ripresa) aiuterebbe a raggiungere un piccolo surplus strutturale nel 2015”. Lo afferma il Fmi nell’Article VI sull’Italia. Lo 0,5% del pil equivale a una correzione di circa 7,5-8 miliardi. Il Fmi, che spiega che l’Italia deve ”muoversi rapidamente sulle riforme”. Bene l’idea di un ”singolo contratto di lavoro”. ”Con il 70% dei nuovi contratti a tempo determinato, ulteriore flessibilita’ ai margini fa poco per ridurre dualita’ e spingere investimenti”. La legge elettorale e’ importante per la crescita perche’ aiuta il sostegno e l’attuazione delle riforme. Lo afferma il Fmi nell’Article Iv sull’Italia, annoverando la riforma della giustizia e del lavoro le altre centrali per l’Italia.

martedì 16 settembre 2014

Sono cose...

Lungo i canali di Bruges...
Smistare le foto davanti alla Chiesa del Sacro Sangue...
Dell'averci dato un bel taglio...

Tra selfie e tweet... il nulla e l'incapacità



Il renzismo sta entrando nella sua età più difficile: superata l’infantile visione del mondo nell’ovattata Firenze cattocomunista, protetto da “mamma-partito” che provvedeva a tutto ciò di cui il piccolo Renzi aveva bisogno, e oltrepassata la fase adolescenziale del conflitto col padre (la rottamazione), ora Renzi si confronta con quella difficile età che sta a cavallo tra l’imberbe giovanilismo e la consapevolezza di una propria, non chiara, maturità. E’ una fase delicata perché oscilla tra l’eccesso di sicurezza, il vigore della gioventù e l’inesperienza che porta a inaspettati fallimenti. La potremmo definire una fase acuta di ansia da prestazione che accompagna le sue sbruffonate alle puntuali cilecche. Generare aspettative in politica è ancora più rischioso che a letto e così, l’uomo che doveva cambiare il paese con una riforma al mese, oggi si ritrova con l’Ocse che rifila all’Italia che lui governa la maglia nera tra le nazioni del G7. Non è solo il problema degli annunci, dei proclami, delle sparate a mezzo slide con cui ha inondato il paese in questi mesi; c’è di più. Quando Renzi ha fatto provvedimenti concreti, i risultati sono stati fallimentari: a partire dal famoso “bouns fiscale”, un’operazione ingiusta socialmente (che regala 80 euro a 10 milioni di contribuenti italiani, lasciando i restanti 25 a bocca asciutta) inefficace, ma soprattutto sbagliata nel principio redistributivo che impedisce di produrre ricchezza e fa condividere povertà (lo abbiamo spiegato qui). La sensazione è che la facilità con cui Renzi è arrivato al governo del Paese abbia banalizzato, ai suoi occhi, la complessità della fase storica che stiamo vivendo. Per Renzi, tutto sommato, l’ascesa a Palazzo Chigi è stata come bere un bicchier d’acqua; gli è bastato coniare uno slogan, “rottamazione”, et voilà, come d’incanto, si è ritrovato Presidente del Consiglio. Oggi si sta accorgendo che governare una nazione di 60 milioni di abitanti, settima economia del mondo, che attraversa una frantumazione sociale incontrollata, una perdita di fiducia irrazionale e nella fase più critica di una crisi globale, non è proprio come governare una città di 400.000 abitanti (Firenze è grande quanto un quartiere di Roma), nella Toscana rossa e nel più collaudato, oliato e impenetrabile sistema di potere clientelare che l’Italia conosca, protetto dal guscio impenetrabile di un partito che in quella regione è padrone assoluto di vite, economie e immaginari; perché questo Renzi ha fatto fino ad oggi e null’altro. Ciò che gli va comunque riconosciuto è un indubbio coraggio, qualità essenziale per un leader; e ai suoi più stretti collaboratori, (dalla bella Boschi, al saggio Del Rio, fino al mite Lorenzo Guerini) onestà intellettuale, merce rara da trovare dalle parti del Pd. Se non per l’Italia, Renzi rimane una storica possibilità per la sinistra italiana perché è il primo leader a non appartenere né alla residuale burocrazia del vecchio Pci, né alla tecnocrazia democristiana dei vecchi poteri forti, come Romano Prodi. Il suo merito rimane quello di aver disarticolato una classe dirigente preistorica che ha fatto, per 20 anni, da prestanome a procure, sindacati, intellettuali e poteri economici, immobilizzando dentro gli interessi di questo sistema e dietro l’antiberlusconismo ideologico, la democrazia del paese e il possibile cambiamento. Il vero pericolo per Renzi è rimanere prigioniero di se stesso, dell’immagine che si è dato a forza di selfie e tweet, della propria ansia da prestazione dettata dal peccato originale di come è andato al governo. Tra l’indole del famelico realista e il monello combina guai, Renzi deve capire che non deve strafare, ma fare. Oggi rimane un incompiuto, tra Machiavelli e Giamburrasca.

lunedì 15 settembre 2014

E tra un selfie ed un twit... rispondiamo sissignore

Bruxelles ci chiede di aumentare l'Iva: il governo cala le braghe. Bruxelles suggerisce un aumento dell'Iva per combattere la deflazione. Un dossier individua nelle agevolazioni ed esenzioni il punto sul quale intervenire di Flaminio Spinetti

Bruxelles ce lo dice da tempo. L'economia italiana per ripartire ha bisogno di una scossa. Una scossa che solo le riforme possono dare. Serve la riforma del lavoro, una riduzione del carico fiscale sul lavoro, una drastica accellerata sui tempi della giustizia. E serve anche una revisione delle aliquote Iva. Roma non ne parla molto volentieri visto il doppio aumento dal 20 al 22% dei governi Monti e Letta. Eppure secondo una fonte del ministero dell'Economia interpellata dal Messaggero "in questo momento di deflazione un ritocco dell'Iva potrebbe far bene anche per ripartire i prezzi e il gettito potrebbe essere usato per abbassare le tasse sul lavoro". 

Questa volta l'aumento non sarebbe rivolto verso le categorie già tassate con l'aliquota del 22%. Il vice ministro del Tesoro Luigi Casero e l'ex responsabile del dipartimento fiscale della Banca d'Italia stanno lavorando a un dossier per decidere come muoversi. Quello che andrebbe riconsiderato è il sistema di esenzioni e agevolazioni che ogni anno sottrae all'erario un gettito stimato di 256 miliardi di euro. Si deve rivedere per esempio l'esenzione dall'Iva per le pompe funebri o le agevolazioni sui prodotti agricoli. Inoltre si valuta un aumento della percentuale Iva per cinema e alberghi che attualmente è fissata al 10%. Non si esclude un aumento anche per i prodotti che si trovano nella fascia del 4% oppure la creazione di una nuova aliquota la 7-8 per cento.

I senso del ridicolo a colpi di selfie e twit

Slogan e photo opportunity: Renzi mette in scena lo spot del primo giorno di scuola. Ministri sguinzagliati nelle scuole dell'infanza. Tra chiacchiere e contestazioni la giornata di un governo che guarda più ai media che alla sostanza di Andrea Indini

"La scuola siamo noi". Lo striscione che porta la firma di Rete Studenti ha campeggiato per tutta la mattinata davanti al Ministero della pubblica istruzione. Il blitz è avvenuto all'alba, mentre Matteo Renzi e i suoi ministri si preparavano a "invadere" le scuole italiane per blandire l'opinione pubblica. È un assaggio dell'autunno caldo che verrà. Perché mentre il premier organizza passerelle e trovate pubblicitarie, i problemi restano e si fanno sentire.

"Cari ministri, andate nelle vostre scuole a parlare con gli studenti e gli insegnanti". L'idea a Renzi è balzata in mente qualche giorno fa. Sguinzagliare la squadra di governo qua e là per fare uno spottone all'esecutivo che si appresta a varare l'ennesima riforma dell'istruzione. Quale occasione migliore se non il primo giorno di scuola? E così Marianna Madia ha inaugurato l'anno scolastico al Plesso Pablo Neruda di Roma. Maria Elena Boschi si è fiondata alla "sua" scuola elementare di Laterina, in provincia di Arezzo. I bimbi l'hanno accolta con l'Inno d'Italia e lo striscione "Ministro Maria Elena.... Ben tornata nella tua scuola!". Lei, compiaciuta, ha sorriso e ringraziato: "Comincia un’avventura nuova, bella. Poi finirà. Ma di imparare non si finisce mai". Poi se ne è andata lasciando un consiglio: "Siate rompiscatole con gli insegnanti, facendo tante domande". Cambi città, e ministro, ma gli slogan suonano più o meno allo stesso modo. "I ragazzi sono la benzina sulla quale deve girare il motore del nostro Paese", ha commentato il Guardasigilli Andrea Orlando in visita a una scuola spezzina. Sempre a Roma, al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini è toccato l'Istituto Sereni di via Prenestina, mentre Giuliano Poletti è stato dirottato su Imola, all’Istituto Scarabelli, dove ha ricordato gli anni in cui arrivava in classe ben oltre lo scoccare della campanella. "Oggi - ha sentenziato la Pinotti al liceo Fermi di Genova - un pezzo della vostra vita prende una strada nuova". E ancora: Lupi a Milano, Galletti a Bologna, Martina a Bergamo e la Guidi a Modena. E così via. Una vera e propria passerella a uso e consumo dei media.

Renzi ha aspettato il suono della campanella in un’aula dell’istituto scolastico intitolato a don Peppino Puglisi, nel quartiere Brancaccio di Palermo. Fuori dalla scuola contestazioni, slogan e schiamazzi. Non c'erano solo i docenti precari a urlare "Lavoro, lavoro!". Un centinaio di disoccupati hanno sfondato le transenne a pochi passi dalla scuola. Daniele Midolo è uno degli insegnanti che da anni lavora con contratti a termine nella scuola, da 28 anni insegna educazione musicale a Catania, così come Antonio Geraci, che di anni ne ha 60 e da 35 è precario. "Chiediamo la stabilizzazione - hanno denunciato i due docenti - l’immediata immissione in ruolo". "Non siamo grasso che cola - ha fatto eco Claudia Platania, insegnante di musica - è inutile fare concorsi quando da anni nelle scuole insegnano docenti come noi". Le note dell'Inno di Mameli sono state coperte da una selva di "Buffone, buffone!".

venerdì 12 settembre 2014

Non c'era alcun pericolo...

"Così ho preso la Tbc". A "Virus" un agente racconta come si è ammalato mentre partecipava all'operazione Mare Nostrum di Franco Grilli

"Sono stato contagiato dalla Tbc mentre partecipavo all'operazione Mare Nostrum". È la testimonianza raccolta da Francesca Parisella e andata in onda durante la prima puntata di Virus - il contagio delle idee condotta da Nicola Porro. "Con i migranti che giungono nel nostro Paese ho un contatto più che ravvicinato, ho un contatto diretto", racconta l'operatore di polizia, "Un giorno è stato accertato un caso di tubercolosi bacillica che è lo stadio nel quale la persona infetta può contagiare le persone vicine. A seguito di questo siamo stati sottoposti, io e alcuni miei colleghi, a un test Mantoux e nel mio caso è stato accertato il contagio". E questo nonostante, assicura, avesse usato mascherina, camice e guanti di lattice. Una testimonianza piena di rabbia e "angoscia" quella andata in onda su Rai2: "Era evitabile adottando dei sistemi di collocazione idonei, ma soprattutto qualora la persona ahimé malata, contagiosa non fosse giunta sul mio posto di lavoro a quasi mille chilometri di distanza", aggiunge l'agente, "La sua sorte non la conosco. Non possiamo impedire che un ammalato arrivi nel nostro Paese o che sbarchi sulle nostre coste, ma nel momento in cui è sulle nostre coste abbiamo il dovere di impedire che l'ammalato possa contagiare altre persone e il dovere di curarlo". Soprattutto perché la malattia in realtà è tutt'altro che semplice da curare: "La profilassi che sto facendo ha un periodo minimo di sei mesi. Terminata la chemioprofilassi, l'infezione tubercolare (nell'auspicata ipotesi che sia rimasta nella sua fase latente) è un'infezione permanente. Ovvero il batterio stanzierà nell'organismo per tutta la vita. Quindi io per tutta la vita posso ammalarmi di tubercolosi".

Furbi laureati che fingono di cadere dalle nuvole

Situazione peggiore del previsto... ma se un governo del genere è stato chiamato appositamente per finire di distruggerla l'italia.

Eurogruppo, Padoan: “Situazione peggiore del previsto, ma rispetteremo gli impegni”. Il ministro dell'Economia all'Ecofin. "Il deficit al 2,6% era compatibile con un quadro macroeconomico diverso, ma ci staremo dentro". Anche la Bce "ammette che il quadro macroeconomico è molto peggiore di sei mesi fa e c'è l’ovvia implicazione per i conti pubblici"

“Rispetteremo gli impegni“.
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan arrivando all’Eurogruppo rispondendo alle domande su quanto affermato ieri dalla Bce sui rischi per il governo italiano di centrare l’obiettivo di un deficit di bilancio pari al 2,6% del Pil nel 2014, dopo il quadro economico peggiore del previsto. Il target del deficit al 2,6% era “un obiettivo compatibile con un quadro macroeconomico diverso”. Anche la Bce “ammette che il quadro macroeconomico è molto peggiore di sei mesi fa e c’è l’ovvia implicazione per i conti pubblici”.

Sul patto per la crescita da parte della Germania “non ci sono resistenze. C’è accordo – spiega ancora Padoan - il patto per la crescita è una proposta di tutti già sul tappeto” ricorda, specificando che si tratta “di riforme strutturali, mercato interno e finanza per la crescita”. “C’è una forte convergenza sull’idea che gli investimenti sono essenziali in tutta Europa per la crescita, i cui elementi fondamentali sono riforme strutturali che migliorano l’ambiente per le imprese, e più efficacia negli strumenti di finanziamento per attirare i capitali“, conclude Padoan. E a chi gli domanda della richiesta della Francia di una dilazione dei tempi per rispettare i vincoli imposti dall’Europa sui conti, il ministro risponde. “Parigi è Parigi. E’ normale che nella riunione dell’Eurogruppo e nell’Ecofin di domani si parlerà della situazione di molti paesi”, compresa, dunque, la Francia.

giovedì 11 settembre 2014

Sano complottismo

Ecco chi tira i fili del terrore per sovvertire l'ordine mondiale di Andrea Indini

Intevista a Daniel Estulin. "Il Bilderberg non è più così importante, la vera politica si svolge a un livello sovranazionale, al di sopra dei governi". E fa i nomi di chi governa il mondo da dietro le quinte. "Tutti gli eventi sono tra loro interconnessi. A leggere i giornali sembra che gli scontri in Ucraina siano un problema a sé, completamente slegati dagli scontri razziali di Ferguson o dalle persecuzioni razziali e religiose in Iraq e Siria".

Prima di entrare nel merito delle tensioni tra la Russia e la Nato, Daniel Estulin (controverso autore del libro La vera storia del club Bilderberg) ci tiene a spiegare che "la Terra è un pianeta piccolo" e che, per andare fino in fondo, è fondamentale capire chi tira le fila. Perché "noi siamo solo burattini". Estulin nasce nel 1966 a Vilnius. Della sua vita non si sa molto. Ma, chiacchierando, è lui stesso a raccontare delle battaglie del padre per una Russia più libera, della fuga in Canada e della passione per la politica, senza divisione tra interni e esteri, perché "la vera politica si svolge a un livello sovranazionale, al di sopra dei governi, tra quelle persone che governano il mondo da dietro le quinte". Li chiama "shadow master" (signori dell'oscurità, ndr) e cerca di smascherarli nei suoi libri, da L'istituto Tavistock in avanti.

Perché la Nato sta alzando i toni con la Russia? "Per capirlo bisogna guardare a Detroit, uno scenario post-apocalittico degno di un film di Will Smith. Le persone che tirano le fila del mondo vogliono che le guerre, la crescita zero e la deindustrializzazione ogni città del mondo assomigli a Detroit."

Progresso e sviluppo non dovrebbero essere direttamente proporzionali alla densità di popolazione? "Grazie ai progressi tecnologici, le società si sviluppano, creano di ricchezza e costruiscono. Ma chi tira le fila del mondo sa che la terra è un pianeta molto piccolo con risorse naturali limitate e una popolazione in continua crescita. Ora siamo 7 miliardi e stiamo già esaurendo le risorse naturali. Ci sarà sempre abbastanza spazio sul pianeta, ma non abbastanza cibo e acqua per tutti. Perché i potenti sopravvivano, noi dobbiamo morire."

Come intendono fare? "Distruggendo le nazioni a vantaggio delle strutture sovranazionali controllate dal denaro che gestiscono. Le corporazioni governano il mondo per conto dei governi che esse controllano. Così è successo con l'Unione Europea."

E Putin non rientra in questo disegno... "Pensavano di poterlo controllare..."

Perché non ci riescono? "La Russia è una superpotenza nucleare. È questo che la rende tremendamente pericolosa agli occhi di questa gente. La Cina, per esempio, ha una grande popolazione ma non è una potenza nucleare. E per questo non è un pericolo. Mentre l'economia cinese può essere distrutta nel giro di un minuto, le tecnologie russe non possono essere annientate."

Dove vogliono arrivare col conflitto in Ucraina? "Togliere il gas all’Europa per farla morire di freddo… Quando parlo di potere, non lo identifico con persone che siedono su un trono, ma con un concetto sovranazionale. L’idea è appunto distruggere ogni nazione."

Alla fine non ci sarà più alcuna patria? "L’alleanza è orientata verso una struttura mondiale che per essere controllata ha bisogno di nazioni deboli."

È possibile fare qualche nome? "Christine Lagarde, Mario Draghi, Mario Monti, Petro Oleksijovyč Porošenko… tutte queste persone sono sostituibili. Prendete Renzi: la sua politica conduce alla distruzione dell’Italia. Perché lo fa, dal momento che dovrebbe fare l’interesse del vostro Paese? Non è logico."

Non è poi tanto diverso da Monti… "I vari Renzi, Monti, Prodi sono traditori dell’Italia, non lavorano nell’interesse del Paese. Renzi non ha mandato politico, nessuna legittimazione, non è stato eletto."

L'ultimo premier eletto democraticamente è stato Berlusconi. "E questo è il motivo per cui c’è stato uno sforzo così ben orchestrato per distruggerlo."

È il Bilderberg a tirare le fila? "Il Bilderberg era molto influente negli anni Cinquanta, nel mondo postbellico. Ora è molto meno importante di quanto non si creda. Organizzazioni come il Bilderberg o la Trilaterale non sono il vertice di nulla. Sono la cinghia di trasmissione. I veri processi decisionali hanno luogo ancora più in alto. L'Aspen institute è molto più importate del Bilderberg."

Nessuno ne parla. "I giornali mainstream fanno parte di questo gioco. Pensare che media come il New York Times, il Washington Post o Le Monde siano indipendenti, è da idioti. I giornalisti lavorano per azionisti, che decidono la linea editoriale del giornale."

Vale anche per l'Italia? "Il Corriere della Sera, la Stampa e il Sole 24Ore siedono spesso alle riunioni del Bilderberg. Non c’è metodo più efficace che far passare le loro idee nella stampa mainstream."

Anche l'estremismo e il terrorismo islamico rientrano in questo disegno? "Certamante. Non è possibile credere che Obama lavori nell'interesse degli Stati Uniti. Come è impensabile credere che un'organizzazione come l'Isis sia passata, nel giro di poche settimane, dall’anonimato più assoluto a rappresentare la peggiore organizzazione terroristica del mondo."

Come si "costruisce" un nemico? "Con gruppi come Isis, Hamas, Hezbollah o Al Qaeda, succede quello che chiamiamo blow-back, cioè quello che succede quando soffi il fumo e ti torna in faccia. L'effetto è sempre lo stesso: si costruisce e si finazia un gruppo terroristico, in Ucraina come in Medioriente, e dopo un certo periodo di gestazione questo ti torna indietro e ti colpisce. In ogni operazione non c’è mai un solo obiettivo, ma sempre molti obiettivi. Un obiettivo lavora per te, un altro contro di te."

Tutto già calcolato? "Un qualsiasi attacco implica l'uso dell'esercito e, quindi, la necessità di investire soldi nell'industria bellica. La formula è la stessa, cambiano solo i giocatori. Oltre alla guerra ci sono modi diversi per ottenere lo stesso risultato: la fame, la siccità, droghe, la malattie. Li stanno usando tutti. Così da un lato distruggono il mondo economicamente, dall’altro usano i soldi per sviluppare tecnologie così potenti e futuristiche da creare un gap tra noi e loro sempre più marcato."

Eppure faticano a contrastare l'ebola... "Macché! È solo un esempio per vedere la reazione della popolazione mondiale. Viene presentata come un'epidemia ma ha ammazzato appena tremila persone negli ultimi dieci anni. Ogni anno raffreddore, tosse e influenza ne uccidono 30mila solo negli Stati Uniti. La prossima volta che ci sarà una vera epidemia, conosceranno già le reazioni umane."

Clandestini infetti (e due)

Governo continua a sparpagliare clandestini in tutta italia nel tentativo di diffondere cosa? Operazione di contenimento totalmente approssimative.

ANCONA
– Questo pomeriggio, è scattato l’allarme malattie infettive alle 17 al civico 24 di via De Gasperi nella sede della cosiddetta Cooperativa Sociale La Gemma, durante un colloquio tra alcuni fannulloni mediatori culturali e un gruppo di nove donne provenienti dal Ghana e dall’Etiopia – noti paesi in guerra – arrivate nella notte ad Ancona e provenienti da Lampedusa. Le donne facevano parte di un barcone nel quale 14 persone erano decedute nella traversata per motivi sconosciuti. A un certo punto una ragazza di 24 anni si è sentita male. Immediata la chiamata al 118. La giovane avrebbe raccontato di aver avuto febbre e vomito fin dalle prime ore della notte, si è subito pensato ad Ebola. Sul posto oltre all’automedica è arrivato un mezzo della Croce Gialla di Ancona. E qui, nonostante la possibilità di Ebola, o comunque di una malattia infettiva, al personale è stato chiesto – non obbligato – a indossare semplici guanti, calzari e un camice verde: non certo le tute in grado a proteggere dal contagio. La donna per accertamenti è stata portata a Torrette dove non è scattato nessun piano d’emergenza. L’ambulanza che l’ha trasportata è stata però sottoposta a disinfezione. La confusione regna sovrana.

Ue

Ucraina, ultima follia della Ue: "Da domani sanzioni a Mosca". Nonostante la tregua tra Kiev e i filorussi regga, Bruxelles continua con la linea dura: limiti alle società petrolifere russe di Sergio Rame

I Ventotto hanno dato il loro ultimo via libera formale al nuovo pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia. Le sanzioni entreranno in vigore domani. È solo l'ultima, in ordine temporale, delle follie diplomatiche messe in campo dall'Unione europea e dalla Nato per fare la voce grossa con il presidente russo Vladimir Putin sostenendo le ragioni dei ribelli ucraini. La mossa di Bruxelles non è piaciuta alla Russia che ha bollato le sanzioni come un atto ostile. La tregua fra Kiev e i filorussi regge. E, mentre lo scontro sembra smorzarsi sul piano militare, si infiamma il braccio di ferro sull’energia. Gazprom avrebbe infatti ridotto del 24% le forniture di gas alla Polonia che, rifornendo l’Ucraina, ha dovuto quindi tagliare le sue consegne a Kiev. Ridotte del 10% anche le consegne russe alla Slovacchia, altro fornitore dell’Ucraina che da mesi si vede chiudere i rubinetti da Gazprom, per debiti miliardari non pagati. Il colosso russo ha smentito la riduzione delle forniture a Varsavia pur precisando che le forniture all’estero dipendono dalle disponibilità. Tuttavia, non appena sono arrivate anche le prime segnalazioni dalla Germania, la Commissione europea ha deciso di riavviare i negoziati con la Russia e l'Ucraina sulla situazione degli approvvigionamenti di gas russo. Sebbene la tedesca E.On abbia usato toni rassicuranti, resta timore di un possibile stop alle forniture. In questo quadro già teso l'Unione europea rischia di inasprire i toni con sanzioni che penalizzeranno più i Paesi del Vecchio Continente che la Russia stessa.

Le sanzioni sono state adottate formalmente lunedì, ma gli Stati membri hanno faticato a trovare un’intesa sul timing dell'attuazione. Gli ambasciatori dei Ventotto si sono riuniti nuovamente in mattinata dopo che ieri sera non erano riusciti a trovare un'intesa. I principi ispiratori delle nuove sanzioni sono stati decisi dai capi di Stato e di governo nel vertice del 30 agosto scorso dopo un’escalation dei combattimenti nell'est dell'Ucraina, segnata dall’ingresso delle forze russe nel Paese. Sebbene venerdì scorso sia stato firmato il cessate il fuoco tra Kiev e i separatisti filorussi, Bruxelles ha deciso di andare avanti con la linea dura. Le nuove sanzioni dovrebbero limitare l’accesso ai mercati dei capitali alle grandi società petrolifere russe Rosneft e Transneft, oltre che alla divisione petrolio del colosso del gas Gazprom. La lista delle personalità russe e ucraine filorusse colpite sa sanzioni dovrebbe allungarsi di una decina di individui. Il presidente del Consiglio Ue Herman van Rompuy ha, tuttavia, spiegato che i 28 potranno proporre di "emendare, sospendere o respingere il pacchetto di sanzioni in vigore, in tutto o in parte" a seconda dei progressi del piano di pace in Ucraina. "Le sanzioni - ha reso noto il Consiglio Ue - proibiscono il finanziamento del debito di tre grandi imprese russe del settore difesa e tre altre del settore energia".