sabato 31 marzo 2012

Democraticamente dittatoriali, Passera e la gogna

Un commento: "Il Passera pensiero è "commovente" per quanto esprime preoccupazione per gli esclusi, lui che fa tanti sacrifici e non dorme di notte per il rovello. L'esimio comandante in seconda e i suoi compari di nomina regia, operano per il bene di tutti (!); nel suo elenco dei poveri cristi morenti di miseria, guarda il caso, non nomina, per esempio, quei micro/mini imprenditori che dopo aver dato fondo ad ogni risorsa possibile compresi i beni personali nella vana speranza di sostenere un'attività con uno o più dipendenti, si trovano ora sulla strada altrettanto quanto quelli a cui si assegna la qualifica di "lavoratori"; ovvero il titolare di un'impresetta che lavora a fianco dei suoi dipendenti senza nemmeno diritto a malattie, ferie, TFR, ammortizzatori sociali che non siano a volte quelli famigliari, questo mica è un "lavoratore"...è un evasore e ladro; come osa avere un reddito inferiore al dipendente?" (12mila imprese hanno dovuto chiudere dice la CGIA di Mestre)

Lotta all'evasione fiscale. Passera vuole la gogna: "Serve sanzione sociale". Il ministro dello Sviluppo economico ammette che le bollette sono troppo alte: "Agiremo a breve, bisogna sfruttare i giacimenti italiani" di Chiara Sarra


Per Corrado Passera per combattere l'evasione fiscale i controlli non bastano: "Si deve essere sanzione sociale. Certamente non può essere più considerata furbizia non pagare le tasse, non può essere considerato accettabile che chi ha uno stile di vita di buon livello non abbia poi una sua quota di partecipazione agli oneri pubblici, non deve essere tollerato che chi può contribuire in maniera adeguata non lo faccia", ha detto il ministro dello Sviluppo economico commentando i dati diffusi ieri secondo cui metà degli italiani dichiara redditi sotto il 15mila euro e spesso gli imprenditori guadagnano meno dei dipendenti. Sulle bollette, sempre più alte, il ministro assicura che il governo agirà "sia a breve che a medio periodo: dopo i tre decreti la prima cosa che abbiamo preso in mano è il tema dell’energia".

Una delle soluzioni proposte è quella di "utilizzare risorse italiane, giacimenti di gas e petrolio non ancora sviluppati". Del resto tasse, pagamenti e disoccupazione stanno surriscaldando il clima sociale, al punto da preoccupare anche Passera: "Non bisogna guardare solo al numero dei disoccupati, che è intorno ai due milioni di persone, ma a tutta l’area del disagio occupazione, mettendoci gli inoccupati, i sospesi, come i cassintegrati, i sottoccupati. Se mettiamo insieme tutte queste componenti arriviamo a 5-6 milioni di persone che insieme ai loro familiari rappresentano una quota enorme della società italiana". Eppure lo stesso ministro qualche giorno fa aveva avvisato che per tutto il 2012 non era previsto il ritorno alla crescita. "Dobbiamo fare di tutto perché questa recessione duri il meno possibile, perché si esca nel corso d’anno con un segno positivo", ha detto oggi Passera ricordando che "l’impostazione del governo è lavorare su tutte le riforme strutturali che possono aumentare il potenziale di crescita e sviluppare dinamismo. Credo che siano un pò passati i tempi degli interventi contingenti, immediati ed estemporanei".

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Io continuo a domandarmi quali servizi decenti (non dico buoni) abbiamo pagando così tante tasse. Ma non me ne viene in mente UNO. Perchè ad esempio, se ho bisogno di un medico specialista, devo pagarlo visto che negli ospedali pubblici ci sono infinite liste di attesa. Io, per andare a lavorare, devo prendere la MIA macchina tutti i giorni visto che dalla mia città di residenza, non c'è UN SOLO mezzo pubblico che possa portarmi nella cittadina dove lavoro. Poi? Vogliamo parlare degli uffici postali? Dell'assoluto NULLA che mi ha dato il centro per l'impiego e le ore passate lì a fare la fila? Dai, su, non scherziamo.

Equità montiana...


Mentre su impiegati e operai aumentano le tasse, mentre cresce il numero degli imprenditori che tentano di togliersi la vita perché sopraffatti dalle tasse, dal decreto liberalizzazioni spunta il lodo salva-yacht. Ne parla il Fatto quotidiano che spiega come, ai proprietari di imbarcazioni di lusso basterà issare la bandiera delle Cayman o di un altro paradiso fiscale per non pagare le imposte. Il quotidiano parla di decreto "Salva Briatore": con due righe inserite nel decreto vengono spazzate vie anni di lotta contro l'evasione fiscale realizzata attraverso i giganti del mare. Il trucco per evadere le tasse è semplice: basta intestare le imbarcazioni alle società di noleggio fittizie. Che affittano la barca al vero proprietario. In questo modo si evadono accisa sul carburante. Un pieno su uno yatch di sessanta metri può valere 300mila euro, l'evasore risparmia 150mila euro - scrive Il Fatto - cioè il valore di una barca di 12 metri per un cittadino qualunque. Si possono scaricare anche spese come caviale e champagneb perché utilizzati per attività di noleggio.

Nel frattempo, succede anche questo... e la lista dei tentati suicidi e i suicidi si allunga. E questi, decidono di tenersi i privilegi... nel caso sia vero che gli verranno tolti.

Le arroganti convinzioni di un arrogante

Prima qui. E qui, sul pil (nel primo trimestre 2012) dai dati di confindustria.


Con le riforme l'Italia tornerà "business friendly" e torneranno gli investimenti nel Paese. Ne è convinto Mario Monti, che lo ha ribadito durante il suo viaggio in Cina, un Paese che il premier definisce "un’importantissimo partner stragico". E ne è convinto anche il premier cinese Wen Jiabao, secondo cui "l’Italia è un grande Paese manifatturiero, la sua economia ha basi solide e grandi potenzialità" e "riuscirà a far fronte al contesto internazionale sfavorevole e, grazie alla messa in atto di riforme, rilanciare la sua crescita". Da convinto europeista, il presidente del Consiglio italiano, intervenendo alla scuola centrale del partito comunista, non si è limitato all'Italia, ma ha parlato anche dell'Eurozona, augurandosi che l’Europa sia una "presenza più incisiva sul piano globale". Per quanto riguarda la crisi, Monti ha ribadito che non è finita "perchè le certezze non esistono mai". E questo nonostante l'Italia abbia fatto i cosiddetti compiti a casa: "Quando un Paese si propone di avere un bilancio in pareggio nel 2013 e mette in atto misure già in vigore per conseguirlo, credo che difficilmente si possa parlare di nuovo contributo alla crisi da quel Paese.E per noi il pareggio di bilancio significa avere un avanzo di bilancio del 5% del Pil". A dimostrazione di questo ci sono i tassi di interesse che scendono "più veloce che in altri Paesi, tanto è vero che lo spread è sceso sensibilmente". E a livello europeo, aggiunge, "posso dire che rispetto allo scoppio della crisi greca l’Ue ha fatto passi avanti fondamentali".

venerdì 30 marzo 2012

Eccone un altro

Dimettiti dal parlamento, togliti dalle balle, vendi la porsche e ci paghi il mutuo invece che continuare a sperperare il denaro pubblico.  


MILANO - La Porsche "nascosta" al fisco? No, è solo immatricolata in Slovacchia. Lo stipendio da parlamentare? Per pagare il mutuo, anche se in parlamento non ci si va più. Premere il pulsante per votare? È usurante. Parola di Massimo Calearo, deputato di Popolo e Territorio, ex Pd e Api: «Dall'inizio dell'anno alla Camera sono andato solo tre volte, anche per motivi familiari. Rimango a casa a fare l'imprenditore, invece che andare a premere un pulsante. Non serve a niente. Anzi, credo che da questo momento fino alla fine della legislatura non ci andrò più».

L'USURA - L'onorevole è stato intervistato dalla trasmissione La Zanzara su Radio 24 e ha spiegato che la sua presa di posizione risale al cambio di governo: «Fino a novembre mi sono divertito a fare il consulente di Berlusconi sul commercio estero, ora non servo più. È usurante andare alla Camera solo a premere un pulsante». C'è sempre la strada delle dimissioni, per evitare un lavoro usurante, e il tornare a occuparsi del'azienda di famiglia con fabbriche in Slovacchia e in Tunisia che produce antenne per auto e non solo, e che distribuisce in esclusiva per l'Italia grandi marchi di sistemi di navigazione gps. Ma Calearo non ci pensa nemmeno: «Perché al posto mio entrerebbe uno del Pd molto di sinistra, un filo-castrista (Andrea Colasio, ndr). Con lo stipendio da parlamentare pago il mutuo della casa che ho comprato, 12mila euro al mese di mutuo. È una casa molto grande...». E poi c'è l'auto: «La mia Porsche è targata slovacca, l'ho comprata lì perché ho un'attività in quel paese con 250 dipendenti. È tutto perfettamente in regola. E poi in Slovacchia si possono scaricare tutte le spese per la vettura. In Italia no».

I GAY - «Due gay che si baciano? Mi fa schifo, lo facciano a casa loro. Mi giro dall'altra parte. Io sono normale e mi piacciono le donne», è la presa di posizione di Calearo su tutt'altro argomento: «I gay hanno altri gusti. Io io ho i miei, normali, e mi tengo i miei. La normalità è soggettiva, ma per me non sono normali».

LA SMENTITA - Venerdì sera, però, lo stesso Calearo ha voluto smentire quanto può chiaramente essere ascoltato negli audio della puntata della Zanzara: «Il Parlamento è composto da persone degnissime e all'altezza di svolgere bene il proprio ruolo. Intervistato da La Zanzara mi sono calato nello spirito della trasmissione della quale tutti quelli che la seguono ne conoscono il taglio, e i commenti di queste ore rispetto alla mie risposte non corrispondono al mio vero pensiero che è invece di grande rispetto per le istituzioni e per le persone che le guidano». Nessun passo indietro, invece, sull'ipotesi di non andare più alla Camera, ma di non dimettersi.


E' la loro cultura...


Le donne cinesi e indiane si presentano in ambulatorio per l'ecografia. E quando vengono a sapere che sono in attesa di una bambina chiedono di abortire. «Femmina? Mio marito mi ammazza». Nessun ospedale italiano accetta di assisterle: è troppo tardi per la legge 194. Ma loro si arrangiano per altre vie. Questo l'allarme dei medici milanesi.

Schizofrenie

Tre giorni fa, gli italiani non erano maturi (fortunatamente non sono pere, mele o altro genere di frutta). Due giorni fa, i partiti non hanno alcun consenso dalla popolazione e lui si. Oggi, gli italiani sono maturi e i partiti sono migliorati... Nel frattempo, in silenzio, il governo vara la misura auspicata dalle major atlantiche. Ma la cosa peggiore, è il silenzio dei partiti... che un tempo votammo per farci governare. Ah, e l'imu non verrà pagata dalle coop. Sarà per questo che Bersani da ieri ha iniziato a tacere? Tuttavia, ecco un piccolissimo resoconto della visita del professorone a Tokyo.


Caro direttore,

vedo solo ora che alcune considerazioni da me fatte in una conferenza tenuta l'altro ieri a Tokyo presso il giornale Nikkei hanno suscitato vive reazioni in Italia. Ne sono molto rammaricato, tanto più che quelle considerazioni, espresse nel corso di un lungo intervento in inglese, avevano l'obiettivo opposto a quello che, fuori dal contesto, è stato loro attribuito. Volevano infatti sottolineare che, pur in una fase difficile, le forze politiche italiane si dimostrano vitali e capaci di guardare all'interesse del Paese. La mia visita in Corea, Giappone e Cina ha lo scopo di spiegare ai governi e agli investitori asiatici ciò che l'Italia sta facendo per diventare più competitiva, anche nell'attrarre investimenti esteri. Comincia a diffondersi l'apprezzamento per ciò che il nostro Paese ha saputo fare in pochi mesi in termini di riduzione del disavanzo, riforma delle pensioni, liberalizzazioni. Ma restano una riserva, una percezione errata, un forte dubbio. La riserva, comprensibile, riguarda il mercato del lavoro. Con quali tempi il Parlamento approverà la riforma proposta dal governo? La sua portata riformatrice verrà mantenuta sostanzialmente integra o verrà diluita? La percezione errata è quella che porta ad attribuire essenzialmente al governo («tecnico») il merito dei rapidi cambiamenti in corso. Il forte dubbio discende da quella percezione: è il dubbio che il nuovo corso possa essere abbandonato quando, dopo le elezioni parlamentari, torneranno governi «politici». Finché la percezione errata e il dubbio non saranno dissipati, la fase attuale verrà considerata come una interessante «parentesi», degna forse di qualche investimento finanziario a breve termine. Ma le imprese straniere, come del resto quelle italiane, saranno riluttanti a considerare l'Italia un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione.

Non è facile modificare le opinioni su questi due punti. Ma credo sia dovere del presidente del Consiglio cercare di farlo con ogni interlocutore. Gli argomenti che ho utilizzato a Tokyo, riportati correttamente dai corrispondenti italiani presenti, ma «letti» in Italia fuori contesto, sono stati i seguenti. Se da qualche mese l'Italia ha imboccato risolutamente la via delle riforme, lo si deve in parte al governo, ma in larga parte al senso di responsabilità delle forze politiche che, pure caratterizzate da forti divergenze programmatiche, hanno saputo dare priorità, in una fase di emergenza, all'interesse generale del Paese. E lo si deve anche alla grande maturità degli italiani, che hanno mostrato di comprendere che vale la pena di sopportare sacrifici rilevanti, purché distribuiti con equità, per evitare il declino dell'Italia o, peggio, una sorte simile a quella della Grecia. E dopo le elezioni? Certo, torneranno governi «politici», come è naturale (perfino in Giappone, ho dichiarato che il sottoscritto sparirà e che il «montismo» non esiste!). Ma ritengo che ciò non debba essere visto come un rischio. Le forze politiche sono impegnate in una profonda riflessione al loro interno e, in dialogo tra loro, lavorano a importanti riforme per rendere il sistema politico e istituzionale meno pesante e più funzionale.

Ho anche espresso la convinzione che il comportamento delle forze politiche dopo questo periodo, del quale le maggiori di esse sono comunque protagoniste decisive nel sostenere il governo e nell'orientarne le scelte, non sarà quello di prima. Infatti, stiamo constatando - anche i partiti - che gli italiani sono più consapevoli di quanto si ritenesse, sono pronti a esprimere consenso a chi si sforzi di spiegare la reale situazione del Paese e chieda loro di contribuire a migliorarla. «La mia fiduciosa speranza - ho detto a Tokyo - è che questo sia un anno di trasformazione per il Paese, non solo sul fronte del consolidamento di bilancio, per la crescita e per l'occupazione, ma anche perché i partiti politici stanno vedendo che gli italiani sono molto più maturi di quello che pensavamo: la gente sembra apprezzare un modo moderato e non gridato di affrontare i problemi». A sostegno di questa tesi, fiduciosa nella politica e indispensabile per dare fiducia nell'Italia a chi deve aiutarci con gli investimenti, a offrire lavoro ai nostri giovani, ho ricordato che, per quel che valgono, i sondaggi sembrano finora rivelare un buon consenso al governo, che pure è costretto a scelte finora considerate impopolari. In questo modo mi sto impegnando per presentare, a una parte sempre più decisiva dell'economia globale, un'Italia che si sta trasformando, grazie all'impegno di politici, «tecnici» e, soprattutto, cittadini. Trasformazione che proseguirà anche dopo il ritorno a un assetto più normale della vita politica.

Mario Monti

giovedì 29 marzo 2012

Il pedagogo spocchioso

E quanto vorrei vederlo tornarsene a casa con la coda tra le gambe a causa del fallimento totale del suo progetto di educare gli italiani...


Il governo Monti rappresenta un'idea italiana e profondamente liberal: il mito del riformista rivoluzionario. Si tratta della fattispecie politica meno conservatrice che si possa immaginare. Il riformista rivoluzionario è un intellettuale (nel senso più vario e ampio del termine: dall'uomo di cultura all'uomo politico, incluso l'uomo di chiesa) che si sente autorizzato a collocare la propria visione del mondo fuori dalla storia e ad imporla agli altri come verità assoluta.

Se, da un lato, il riformista rivoluzionario potrebbe prendere il volto progressista del nuovo costruttivismo antropologico (fare un'umanità nuova, questa volta senza l'aiuto dello strumento totalitario, ma solo attraverso un programma biopolitico che sostituisce il diritto con l'arbitrio dei desideri); dall'altro esso assume l'aspetto sottile del tecnico, dell'ingegnere sociale, che vuole mutare il modello economico e politico a priori, seguendo un progetto prestabilito e - per la gran parte - ideologico. Nessun governo degli ultimi anni - neppure i famigerati governi Amato o Ciampi - ha mai avuto un profilo tanto chiaramente riformista e rivoluzionario come quello di Monti. Ne è dimostrazione il modo in cui certi osservatori esteri plaudono al suo operato: secondo il WSJ, per esempio, Mario Monti dovrebbe riuscire nell'impresa suprema di educare gli italiani. Ora, lasciando stare il fatto - spesso assai dimenticato - che lo spirito italiano non ha bisogno di maestri (li ha, e molti, già nella sua storia: San Francesco, Dante, Parini, i due Spaventa, Croce...), nella frase degli amici americani si tradisce un retropensiero abnorme e orrendo. Quale? L'idea infausta secondo la quale il gran tecnico dovrebbe educare i popoli, portarli alla forma desiderata (dal grande mainstream internazionale) e poi godere del trionfo ottenuto grazie all'eternità conferita da qualche copertina patinata stampata oltre Atlantico.

Si tratta, appunto, del mito del riformista rivoluzionario, che è in fondo il nemico vero del liberale classico (quello, per intenderci, che non pensa che la libertà esista per cambiare tutto, ma solo per esercitarsi nell'ambito di valori e condizioni condivise). Il drammatico vuoto di politica e rappresentatività, ma anche di conflitto tra interessi opposti, nel quale il sistema italiano si è affossato, è in fondo il sogno ultimo di ogni riformista rivoluzionario: in questo contesto si ha la possibilità di agire dall'esterno (nel senso più figurato del termine), per imporre a una comunità quel che in altre circostanze essa non avrebbe mai accettato. In concreto, sotto ogni punto di vista, il governo Monti sta effettuando una rivoluzione che proviene dall'esterno: dall'esterno della politica, del consenso, delle tradizioni italiane, del nostro modello di sviluppo. Lo sta facendo con tutti i caratteri del dirigismo rivoluzionario e giacobino, mettendo in campo provvedimenti mirati a colpire (cioè a ridurre nei termini del progetto costruttivista di una nuova Italia) tutte le categorie sociali. Nessuno più di Monti, con quel suo modo di fare trafelato, i suoi discorsi appiccicosi, in cui emerge un disprezzo costante dell'Italia che c'è, rappresenta la furia intellettuale di chi ha guardato sempre al proprio paese dall'alto verso il basso, come una tribù da rendere civile. Civile, l'Italia lo era già, anche senza il professor Monti e i suoi capitolari riformisti; libera, purtroppo, lo è sempre di meno, anche a causa delle sua pedagogia rivoluzionaria.

Yesss, me, il rugby e la Haka...

Credo che, il sogno di ogni appassionato di rugby, sia quello di poter vedere dal vivo questi tizi qui. Ecco, io, da neofita appassionata rugbysta, questo sogno ce l'ho da taaaanto taaanto tempo. Il colore nero delle divise e la Haka prima di ogni partita. Ovviamente, senza nulla togliere ai nostri rugbysti italiani. Bhe, il mio accompagnatore ufficiale, nonchè mio cuginetto, tramite bigliettino mi ha fatto sapere che, quei tizi di cui sopra, saranno a Roma il prossimo novembre. Non mi resta che provare ad informare chi di dovere e aspettare fino a quel dì.

Imposizioni ue alla grecia


 Prima del giorno delle elezioni in Grecia sarà pronto il De-cretino di legge in base al quale saranno scelti i luoghi per la realizzazione dei 30 centri di prima accoglienza e di temporanea ospitalità per gli immigrati illegali. Al governo di Atene, è stato imposto dalla Ue. Infatti il ministro per la Protezione del Cittadino, Michalis Chrisochoidis, ha detto che dovrà risolvere entro pochi giorni il problema degli immigrati clandestini.

Secondo il progetto presentato ai presidenti delle Regioni e ai capi della polizia, saranno creati in tutto il Paese, salvo le isole, 30 centri di prima accoglienza, tre per ogni regione. Ogni centro sarà diviso in quattro sezioni, ognuna delle quali potrà ospitare 250 persone e comprenderà tutti i servizi necessari: dormitori, sale da pranzo, servizi igienici, spazio per i servizi religiosi, spazio per l’attività sportiva e per le ore libere. Per ogni centro è prevista la presenza di una stazione di polizia con 150 agenti, mentre altre 250 addetti saranno impegnati per garantire la sicurezza interna dei centri. Per ogni centro saranno creati, ha aggiunto il ministro, circa 1.000 nuovi posti di lavoro. Ogni centro avrà una tripla barriera di protezione, come quelli della Nato, mentre per la loro costruzione sono già stati stanziati 250 milioni di euro da fondi europei sino al 2013. Il ministro ha invitato i presidenti delle Regioni di indicare, entro 15 giorni, le località adatte per la costruzione dei centri. In caso contrario, ha detto, un Decreto di legge congiunto del ministero per la Protezione del Cittadino e di quello della Difesa definirà i siti dove si procederà alla costruzione dei centri. Intanto cominciano ad arrivare le prime reazioni da parte dei cittadini delle zone dove e’ prevista l’edificazione dei centri. Ieri gli abitanti di Kozani, dove e’ prevista la costruzione del primo centro di accoglienza, hanno organizzato una manifestazione di protesta di fronte al campo militare abbandonato che dovrebbe essere trasformato in centro di accoglienza, mentre il Consiglio comunale della città si e dichiarato contrario alla sua costruzione perché la decisione e’ stata presa senza consultare prima i residenti.

Le colpe degli italiani (inventate dal consiglio ue)


"L’Italia, come primo Stato ad aver ricevuto la chiamata di aiuto e sapendo che la Libia non poteva ottemperare ai propri obblighi, avrebbe dovuto assumere la responsabilità del coordinamento delle operazioni di soccorso". A dirlo è il rapporto del Consiglio d’Europa sulla morte di 63 migranti nel Mediterraneo a marzo 2011. Il rapporto conclusivo sull’inchiesta è stato approvato oggi dal comitato per l’immigrazione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Nel documento si sottolineano anche le gravi responsabilità della Nato e dei singoli paesi che hanno partecipato alla guerra in Libia e che avevano navi che in quel momento solcavano quel tratto del Mediterraneo. Una serie di errori commessi dalle navi della Nato e dalla guardia costiera europea condannarono decine di migranti africani lo scorso marzo, lasciati morire di fame e di sete sulle loro imbarcazioni alla deriva nel Mar Mediterraneo, dopo che le loro richieste di aiuto vennero ignorate. L’autore del rapporto, Tineke Strik, ha descritto la tragedia come "un giorno buio per l’Europa", che ha messo a nudo il doppio standard applicato dal continente europeo nel valutare la vita umana. "Possiamo parlare quanto vogliamo di diritti umani e dell’importanza di rispettare i dettami internazionali ma se allo stesso tempo lasciamo morire le persone, forse perché non sappiamo chi sono o perché arrivano dall’Africa, questo dimostra quanto queste parole siano senza senso. Se si pensa all’attenzione dedicata dai media alla Costa Concordia e la si paragona alle oltre 1.500 vite perse nel Mediterraneo nel 2011 la differenza è impressionante", ha spiegato Strik.

Qualche riflessione

Tre posts che meritano di essere letti: la cina è vicina, ci stanno ammazzando e not in my name. E aggiungo, naturalmente io sto tra TUTTI quegli italiani (e ne sono tanti più di quanto s'immagina lo spocchioso premier insultatore) che lo vogliono fuori da montecitorio.

mercoledì 28 marzo 2012

Suicidi

Qui, la macabra conta dei suicidi per motivi economici... ma a quanto pare, numeri e difficoltà vengono completamente ignorate da chi invece dovrebbe interessarsi a tale "boom" esploso da un paio d'anni a questa parte con un peggioramento negli scorsi mesi.


Sono da poco passate le otto del mattino, a Bologna, quando un uomo di 58 anni, un muratore, nella propria auto, una Fiat Punto parcheggiata davanti alla sede dell'Agenzia delle entrate, si dà fuoco. L'auto bruciata dell'uomo che si è dato fuoco. Ricoverato in ospedale, versa in condizioni gravissime, con ustioni su tutto il corpo. A spingerlo a compiere un gesto così estremo potrebbe essere stata la disperazione derivante dai suoi problemi economici. All’interno dell’abitacolo sono stati trovati una lettera indirizzata alla moglie e un’altra indirizzata all’Agenzia delle Entrate, in cui l’uomo avrebbe spiegato, in poche righe, di aver sempre pagato le tasse e in cui chiedeva di lasciare stare la propria consorte. Il contenuto dei biglietti non è però chiaro, perché i fogli sono stati quasi del tutto bruciati. L’idea degli inquirenti è che avesse debiti e problemi finanziari. Sarebbe questo il motivo del tentato suicidio.

Appiccato il fuoco, intorno alle 8,20, l’uomo è uscito dalla vettura, parcheggiata in via Nanni Costa. A salvarlo è stato l’intervento di un ragazzo romeno che ha spento le fiamme usando il proprio giaccone. Subito dopo sono arrivati sul posto due vigili urbani. Uno di loro si è tolto il maglione e ha spento le fiamme che ancora avvolgevano i piedi dell’uomo. Poco dopo sono arrivati i vigili del fuoco. L'uomo è stato trasportato in codice rosso con l’elisoccorso all'ospedale di Parma. Ora è ricovertato in "gravissime condizioni" in rianimazione al Centro Hub per la terapia delle grandi ustioni. Presenta ustioni su quasi il 100% del corpo.

Il racconto del vigile urbano: "Un automobilista ci ha avvisato che c’era un’auto che bruciava - ha detto l'agente scelto della polizia municipale Lorenzo Rubbi - ma non sapevamo che c’era una persona ustionata. Quando siamo arrivati ho visto, a 15-20 metri, un uomo che bruciava. Un ragazzo romeno aveva già spento parte delle fiamme con un giaccone che si è carbonizzato". Rubbi era di pattuglia per controllare la viabilità nei dintorni di una scuola lì vicina. Il 58enne era ancora cosciente. "Gli ho chiesto - precisa Rubbi - cosa è successo? E lui mi ha risposto: Ho tentato di uccidermi, voglio morire, voglio morire". L’uomo non ha spiegato le ragioni del suo gesto, ma lì vicino gli agenti hanno trovato le lettere. "Chiedeva scusa alla moglie per quello che aveva fatto, e anche all’Agenzia delle Entrate. Diceva che aveva sempre pagato le tasse e chiedeva di lasciare in pace la moglie" conclude l’agente.

Il sindaco di Bologna: è sconvolgente: "Quanto è successo questa mattina è sconvolgente - ha detto il sindaco di Bologna Virginio Merola -. Deve fare riflettere tutti perché è una richiesta di aiuto che non ci può lasciare indifferenti".

Dalla bosnia e dalla romania con furore


ROMA - Scatenano maxi rissa con mazze di ferro, cric e coltelli tra i passanti che cercano riparo fra le auto in sosta, in via della Magliana, a Roma: sei stranieri arrestati e un minorenne denunciato a piede libero dai carabinieri. La maxirissa tra cittadini romeni e bosniaci è scoppiata nel pomeriggio di martedì in via della Magliana. I contendenti, noncuranti dei numerosi passanti, si sono affrontati armati di tubi di ferro, bastoni, cric e coltelli senza esclusione di colpi. A dare l'allarme al «112» è stato un maresciallo del nucleo operativo dei carabinieri della compagnia Roma Trastevere che si è trovato a passare in auto, al culmine della furibonda scazzottata, mentre era diretto alla sede di servizio. Molte le persone che erano rimaste intrappolate «tra i due fuochi» e che, spaventate, hanno cercato riparo accovacciandosi tra le auto in sosta. Il militare ha immediatamente chiamato rinforzi tramite la centrale operativa ed è intervenuto riuscendo a fermare quattro romeni di età compressa tra i 14 ed i 38 anni. Tre cittadini bosniaci di 20, 30 e 45 anni che avevano preso parte alla rissa, in un primo momento, sono riusciti a scappare a bordo di un auto, bloccata poco dopo da un equipaggio del nucleo radiomobile.

CAMPO NOMADI - Tutti i partecipanti alla rissa sono dovuti ricorrere alle cure mediche a causa delle lesioni riportate. Alla base del violento scontro ci sarebbero motivi legati alla convivenza nel campo nomadi di via Luigi Candona, dove la maggior parte di loro è domiciliata. Sul «campo di battaglia» i carabinieri hanno sequestrato mazze di ferro, bastoni in legno, tubi in acciaio, un coltello e un cric. I sei maggiorenni sono stati arrestati con l'accusa di rissa aggravata. Uno di questi, bosniaco di 45 anni, è stato denunciato anche per resistenza a pubblico ufficiale: era alla guida dell'auto con cui lui e i suoi connazionali hanno tentato di scappare nonostante l'alt imposto dai carabinieri. Il minorenne è stato denunciato.

Facce come culi


MILANO - «Sono fiducioso» sul fatto che la riforma del lavoro passerà anche perché l'esempio delle pensioni «mi lascia ben sperare» e inoltre «credo nella persuasione». Queste le parole del premier Mario Monti a Tokyo dove è arrivato per una visita di quattro giorni. Al Forum organizzato dal gruppo editoriale Nikkei Shimbun il presidente del Consiglio ha risposto a una domanda sui rischi che la riforma del lavoro venga bloccata dai malumori dei partiti e del Paese. «Una parte della riforma è accettata da tutti, non stranamente è quella parte che implica una spesa da parte del governo. Ma ci sono anche altre parti della riforma, che noi riteniamo strettamente complementari al pacchetto per fare in modo che sia una buona riforma, che rappresentano una medicina più amara da ingoiare».

EQUILIBRIO - Il premier ha quindi aggiunto: «Abbiamo il dovere di tenere un equilibrio, in modo che l'intero pacchetto della riforma sia davvero positivo per l'occupazione e la crescita». Il professore ha negato che il ddl «alteri la distribuzione delle entrate, togliendole ai lavoratori per darle alle imprese». «Crediamo - ha proseguito Monti - che questa riforma del lavoro sia per i lavoratori e specialmente per quelli giovani e disoccupati». Sui tempi, il presidente del consiglio ha detto di «sperare» che il Parlamento concluda l'esame del testo «prima dell'estate».

CONSENSI - Il professore ha poi richiamato i sondaggi per ribadire che il suo esecutivo, nonostante le riforme che suscitano aspro dibattito nel Paese, gode del sostegno degli italiani: «Nonostante alcuni giorni di declino a causa delle nostre misure sul lavoro - ha spiegato - questo governo sta godendo un alto consenso nei sondaggi, i partiti no». Anche perchè, ha poi sottolineato «noi siamo una breve eccezione».

IL VIAGGIO - Il presidente ha iniziato la prima giornata della visita in Giappone incontrando il ministro delle finanze Jun Azumi. Il colloquio è avvenuto in una sala dell'hotel che ospita il capo del governo italiano a Tokyo. Successivamente, Monti si recherà al Nikkei, il colosso nipponico dell'informazione economico-finanziaria, dove terrà una conferenza. Nel pomeriggio, Monti sarà ricevuto dal premier Yoshihiko Noda.

martedì 27 marzo 2012

Dove Monti fa finire i nostri soldi


LO STATO ITALIANO HA PAGATO A MORGAN STANLEY LO 0,15% DEL PROPRIO PIL PER CHIUDERE UN CONTRATTO DERIVATO CHE ERA STATO SOTTOSCRITTO NEL 1994 DAL MINISTERO DEL TESORO, QUANDO IL DIRETTORE GENERALE ERA, UDITE! UDITE!, MARIO DRAGHI - IN TANTI ANNI NESSUNO HANNO FATTO LUCE SUL PORTAFOGLIO DI QUESTI STRUMENTI IN CARICO ALL’ITALIA. PERCHÉ RIGOR MONTIS NON DÀ SPIEGAZIONI? NON È CHE LA MAGGIOR PARTE DELLE NOSTRE TASSE AGGIUNTIVE SERVIRÀ SOLO A COPRIRE I BUCHI DEL PASSATO?...

Lo Stato Italiano ha pagato a Morgan Stanley lo 0,15 per cento del proprio Pil per chiudere un contratto derivato che era stato sottoscritto nel 1994 dal ministero del Tesoro, quando il direttore generale era Mario Draghi. Di questa esorbitante spesa sappiamo poco o nulla, la risposta del governo all'interrogazione parlamentare presentata dall'Idv chiarisce un po' il quadro agli addetti ai lavori, ma insinua il ragionevole dubbio che i conti dello Stato siano "corretti" da 160 miliardi di contratti derivati. La composizione complessiva del portafoglio di derivati della Repubblica italiana è uno dei segreti meglio custoditi della storia d'Italia, nessun governo di nessun colore politico ha negli ultimi venti anni comunicato al Parlamento o anche alla sola Commissione bilancio l'esatta esposizione finanziaria del ministero delle Finanze e le perdite o i guadagni relativi. L'onerosa chiusura del contratto di swap con Morgan Stanley getta un'ombra sulle stesse dichiarazioni del governo in carica secondo il quale "In merito al valore di mercato del ‘portafoglio derivati' della Repubblica italiana, si precisa che lo stesso è definito come il valore attuale dei flussi futuri scontati al presente e che varia continuamente al variare sia del livello dei tassi di mercato sia della conformazione della curva dei rendimenti. Appare evidente che lo stesso è, quindi , un valore in continuo mutamento, la cui rilevanza per uno Stato sovrano risulta essere limitata".

La limitata rilevanza per lo Stato sovrano non sarebbe tale se all'interno dei contratti ci fossero clausole che stabiliscono un costo futuro certo che l'Italia si troverà a dover pagare nei prossimi mesi o nei prossimi anni. Spesso i derivati sono stati usati nella contabilità pubblica per aggirare i vincoli di bilancio europei, la Grecia è stato l'esempio più lampante ma i nostri enti locali non sono stati da meno, attraverso complicati contratti sono in molti ad aver posposto l'onere del debito al futuro liberando così risorse finanziarie da spendere nel presente. In sostanza gli enti pubblici occultano un prestito che viene loro erogato dalle banche internazionali e che non è contabilizzato come tale, la restituzione del prestito è scaglionata in un tempo lontano quando il derivato inizia a produrre i suoi effetti e il flusso di cassa relativo non può essere più occultato. Dati i numerosi casi di questo tipo che coinvolgono Regioni, Province e Comuni italiani è lecito chiedersi se anche la Repubblica Italiana abbia contratto derivati di questo tipo. È inoltre lecito chiedersi se tali derivati non siano stati usati per coprire buchi di bilancio e far quadrare i conti rispetto alle regole imposte dall'Europa. Allo stato delle informazioni in possesso del Parlamento, dell'opinione pubblica e di tutti i cittadini italiani non possiamo sapere quali e quanti oneri saremo costretti a pagare, o stiamo già pagando alle banche internazionali per coprire la cattiva gestione del bilancio pubblico dei governi precedenti.

Il governo attuale sta chiamando tutti noi a sostenere grandi sacrifici in nome di un interesse pubblico superiore, ma la sua reticenza sullo svelare la struttura e la composizione del portafoglio di contratti finanziari della Repubblica italiana ci fa sorgere il dubbio che in realtà la maggior parte delle nostre tasse aggiuntive serviranno solo a coprire i buchi del passato che riemergeranno allo scadere delle clausole inserite dalle banche d'affari e sottoscritte dai governi precedenti. Se già questo non fosse abbastanza grave si aggiunga che il New York Times nel febbraio 2010 ha sostenuto che l'Italia è entrata nell'euro grazie a un massiccio uso di strumenti derivati che le hanno consentito di mascherare il vero deficit che sarebbe stato ben al di sopra di quello stabilito dall'Unione europea. Il governo Monti dovrebbe sgonfiare sul nascere questa bolla di sospetti, tanto più pericolosa ora che la fiducia è un bene sempre più raro nella finanza internazionale. Se, come sostiene il Tesoro, i derivati sono solo e tutti di "copertura dal rischio di tasso o dal rischio di cambio" non si vede perché l'opinione pubblica non ne debba conoscere la natura e la composizione. Se di coperture si tratta la speculazione internazionale non potrà beneficiare dell'informazione in quanto, per definizione, a una perdita su da una lato dell'operazione dovrebbe corrispondere un simmetrico guadagno. Se così non fosse sarebbero invece guai seri per il professor Monti. E per tutti i suoi predecessori.

Si offendono, poverini


Qualcuno le definirebbe decisamente snob. Qualcun altro più votato all'anti-politica, dire pane al pane. Quel che è certo è che le dichiarazioni del premier Mario Monti e della sua ministra Elsa Fornero sono il segnale delle difficoltà che il governo sta incontrando nel "vendere" la riforma del lavoro, e dell'articolo 18 in particolare. E nella partita a tira e molla che Palazzo Chigi sta giocando con la politica, fanno sicuramente parte del "tira". La prima stoccata è arriva a dalla Fornero, che col suo solito tono sofisticato e cerimonioso ha spiegato ai microfoni della trasmissione Report che "noi siamo stati chiamati per fare cose sgradevoli. Se c'erano da distribuire caramelle, l'avrebbero fatto loro, i politici". Monti le ha fatto eco da 10.000 chilometri di distanza. Ai cronisti che lo seguono nel viaggio istituzionale in Estremo Oriente, il premier ha raccontato un aneddoto: "Mi ricordo che un illustrissimo uomo politico diveva che è meglio tirare a campare che tirare le cuoia. Ma noi ci poniamo obiettivi molto più ambizioni, di quello della semplice durata".

lunedì 26 marzo 2012

In culo alla religione


MILANO - «Con i provvedimenti adottati è stato portato al sicuro il Paese». Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, apre i lavori del Consiglio episcopale permanente con un plauso all'esecutivo Monti. Ma non lesina in auspici e raccomandazioni: «Bisogna che si approfitti il più possibile di questa stagione, in cui si è costretti a dare una nuova forma ai nostri stili di vita: uscire dall'immobilismo; cominciare a fare manutenzione ordinaria del territorio; continuare nella lotta all'evasione fiscale; semplificare realmente alcuni snodi della pubblica amministrazione; dotarsi di strumenti pervasivi e stringenti nel contrasto alla corruzione e al latrocinio della cosa pubblica».

EQUITA' E RIGORE - Secondo Bagnasco le aspettative nei confronti del governo sono alte perché prospetta «soluzioni sospirate da anni. Come vescovi - avverte però - chiediamo di tenere insieme equità e rigore. La congiuntura ci deve migliorare, non appiattire e ancor meno schiacciare». Alla sua analisi non sfugge un richiamo all'attualità. Il cardinale di Genova ricorda che «il modello economico perseguito lungo i decenni dal nostro Paese è stato ed è una prodigiosa combinazione tra famiglia, impresa, credito e comunità, un insieme che va reinterpretato e rilanciato, recuperando stima nelle imprese familiari e locali, a cominciare da quelle agricole e artigianali». Nella prolusione Bagnasco esalta così «l'energia scaturente dai vincoli familiari, supporto indispensabile nelle emergenze, sostegno che mentre dà educa, e mentre educa non lascia mai soli».

I GIOVANI - Il presidente della Cei si è poi rivolto alla vasta platea dei giovani penalizzati dal sistema economico. «Siamo profondamente persuasi che i giovani di oggi - ha invece osservato Bagnasco - siano in grado di dare una spinta decisiva al cambio di passo del nostro Paese. La conoscenza che abbiamo di loro - continua - e del loro entusiasmo, la consuetudine con i loro ragionamenti, la partecipazione alle loro mortificazioni, l'ascolto della loro rabbia, ci inducono a ricordare che non si possono tradire: sono indispensabili oggi, non solo domani».

CREARE LAVORO - «Mentre la crisi perdura, chiediamo che sollecitamente si avvii la sospirata fase di ripresa e degli investimenti in grado di creare lavoro, che è la priorità assoluta». Il leader della Conferenza episcopale ha quindi affrontato il tema cruciale della crisi economico-finanziaria. L'unico antidoto per il cardinale è la ripresa fondata del lavoro: «L'approccio finanziario, infatti, senza concreti e massicci piani industriali- osserva- sarebbe di ben corto respiro. Solamente ciò che porta con sè lavoro, e perciò coinvolge testa e braccia del Paese reale, ridà sicurezza per il presente e apre al futuro».

Blutengel - Nachtbringer

Noi ce ne faremo una ragione

Signor Mario Monti, se ne vada pure, come da titolo, noi ce ne faremo una ragione perchè il paese italia e il suo popolo, non sono affatto pronti ad essere devastati completamente da un massone come lei che risponde solo ai poteri forti. Se ne torni pure a lavorare nella sua amata facoltà fino a settant'anni... che non ci mancherà di  sicuro la sua boria, la sua spocchia e la sua arroganza. Il problema è che alcuni imbecilli, non la lasceranno andare.


MILANO - «Se il Paese attraverso le sue forze sociali e politiche non si sente pronto per quello che noi riteniamo un buon lavoro non chiederemmo di continuare per arrivare a una certa data». Il premier Mario Monti usa queste parole parlando della riforma del lavoro, rimarcando però che il Paese si è mostrato più pronto del previsto. Poi cita Giulio Andreotti, non per nome ma per quella frase ormai icona per ogni politico, quella sul tirare a campare o tirare le cuoia. Crisi? «Rifiuterei il concetto: a noi è stato chiesto di fare un'azione nell'interesse generale. Un illustrissimo uomo politico diceva: "meglio tirare a campare che tirare le cuoia". Per noi nessuna delle due espressioni vale perché l'obiettivo è molto più ambizioso della durata ed è fare un buon lavoro».

LA DATA DEL 2013 - Non serve agitare lo spettro di una crisi sulla riforma del mercato del lavoro, perché «rifiuterei il concetto stesso di crisi» e perché c'è un altro elemento che il Professore, da Seul, mette sotto agli occhi della politica: «Se il Paese, attraverso le sue forze sociali e politiche, non si sente pronto a quello che secondo noi è un buon lavoro, non chiederemo certo di continuare per arrivare a una certa data». Si voterà nel 2013 e Monti non nasconde ai giornalisti che Paesi sede di fondi sovrani e istituzioni private che investono anche nel nostro Paese hanno «il palpabile desiderio di capire se, come e quanto intensificare i loro investimenti in Italia», timorosi del ritorno di «vecchi vizi» come l'invadenza della politica nell'economia. È vero che «alla fine di questo test quando la politica tradizionale tornerà non sarà quella tradizionale» ma, se non bastasse, Monti avverte che «finora il Paese si è mostrato più pronto di quello che immaginassi e se qualche segno di scarso gradimento c'è stato è andato verso altri protagonisti del percorso politico. Ma non verso il governo».

KAZAKHSTAN - In precedenza Monti aveva parlato dal Kazakhstan, terminato il colloquio con il premier kazako avuto all'aeroporto di Astana in occasione, dice con un duplice gioco di parole, di «uno scalo tecnico di importanza politica». A bordo dell'Airbus di Stato che prosegue la sua rotta verso Seoul, Monti prende atto con soddisfazione dei report che le banche consulenti del Paese ospite, come gli riferisce l'omologo Masimov, stilano sui progressi del risanamento in Italia. Ma non solo. Il premier risponde anche ai cronisti che gli chiedono se sia sereno nonostante le polemiche in Italia sul delicato fronte della riforma del mercato del lavoro: «Sento il peso di decisioni non facili» dettate dal fatto che la situazione «dell'Italia era piuttosto grave» ma abbiamo «cercato di essere equi nel distribuire i sacrifici» per risanare l'Italia.

RISPETTO PER LE PARTI - «La situazione dell'Italia come si trovava nel momento in cui ci è stata affidata questa responsabilità - ha aggiunto - era, lo sappiamo tutti, piuttosto grave e abbiamo cercato in questi mesi di essere equi nel distribuire i sacrifici o i contributi delle diverse parti economiche e sociali al risanamento dell'Italia». «Poi - ha concluso - quando si tratta di lavoro, di sindacati, di forze sociali, di elemento umano è chiaro che il rispetto per tutti i soggetti coinvolti nella consultazione è grande».

IL PARLAMENTO - «Ci rendiamo conto delle difficoltà di ciascuno, e ci rendiamo conto che alla fine deve essere il Parlamento a decidere. Ed è responsabilità del governo quella di presentargli una proposta che riteniamo equa e abbastanza incisiva». Allo stesso tempo è dovere dell'Esecutivo «prospettare al Parlamento le ragioni per le quali, pur essendo le Camere sovrane, cercheremo di avere un risultato finale in tempi non troppo lunghi e che sia il più vicino possibile a quanto abbiamo presentato».

NON SARÀ FATTO A POLPETTE - Sulla stessa lunghezza d'onda il ministro Elsa Fornero. «Questa è una riforma seria ed equilibrata. Spero che i partiti capiscano: modifiche se ne possono fare, ma il governo non accetterà che questo disegno di legge venga snaturato o sia ridotto in polpette». In un colloquio con Repubblica, il ministro lancia un appello alle Camere: «Questo provvedimento potrà anche subire qualche cambiamento, ma chiediamo che il Parlamento sovrano ne rispetti l'impianto e i principi basilari. In caso contrario dovrà assumersi le sue responsabilità e il governo farà le sue valutazioni». Quanto alla formulazione «salvo intese». «Non vuol dire - spiega - che la discussione è ancora aperta e che per un'altra settimana riparte la giostra. Il provvedimento è quello».

Il salvatore e l'ascesa per il paradiso


MILANO - È notte fonda in Kazakhstan ed è notte in Italia, quando il presidente del Consiglio accenna un breve punto della situazione, terminato il colloquio con il premier kazako avuto all'aeroporto di Astana in occasione, dice con un duplice gioco di parole, di «uno scalo tecnico di importanza politica». A bordo dell'Airbus di Stato che prosegue la sua rotta verso Seoul, Monti prende atto con soddisfazione dei report che le banche consulenti del Paese ospite, come gli riferisce l'omologo Masimov, stilano sui progressi del risanamento in Italia. Ma non solo. Il premier risponde anche ai cronisti che gli chiedono se sia sereno nonostante le polemiche in Italia sul delicato fronte della riforma del mercato del lavoro: «Sento il peso di decisioni non facili» dettate dal fatto che la situazione «dell'Italia era piuttosto grave» ma abbiamo «cercato di essere equi nel distribuire i sacrifici» per risanare l'Italia.

RISPETTO PER LE PARTI - «La situazione dell'Italia come si trovava nel momento in cui ci è stata affidata questa responsabilità - ha aggiunto - era, lo sappiamo tutti, piuttosto grave e abbiamo cercato in questi mesi di essere equi nel distribuire i sacrifici o i contributi delle diverse parti economiche e sociali al risanamento dell'Italia». «Poi - ha concluso - quando si tratta di lavoro, di sindacati, di forze sociali, di elemento umano è chiaro che il rispetto per tutti i soggetti coinvolti nella consultazione è grande».

IL PARLAMENTO - «Ci rendiamo conto delle difficoltà di ciascuno, e ci rendiamo conto che alla fine deve essere il Parlamento a decidere. Ed è responsabilità del governo quella di presentargli una proposta che riteniamo equa e abbastanza incisiva». Allo stesso tempo è dovere dell'Esecutivo «prospettare al Parlamento le ragioni per le quali, pur essendo le Camere sovrane, cercheremo di avere un risultato finale in tempi non troppo lunghi e che sia il più vicino possibile a quanto abbiamo presentato».

domenica 25 marzo 2012

La serietà...

Tristi, tecnici e pure poco seri di Marcello Veneziani

Anche i tecnici in Italia non sono una cosa seria. Finché si tratta di colpire i deboli, pensionati, categorie inermi o generici contribuenti, i tecnici tagliano, tassano e mazziano. Quando invece si tratta di scontentare la sinistra o il sindacato, le banche o le caste, allora fanno marcia indietro. E così tornano le commissioni bancarie, non si toccano gli sprechi pubblici e le riforme del lavoro si annacquano negli anfratti del parlamento e poi nei tribunali. Con ridicoli stratagemmi verbali: come per esempio quell’italianissimo e furbissimo «salvo intesa», che serve a socchiudere la porta, a dire tutto e niente. O quell’altro furbino e demagogico vietare le dimissioni in bianco dei dipendenti: ma perché prima erano ammesse? I tecnici dicono di fregarsene del consenso ma sono succubi dell’assenso, che è assai peggio: ovvero il nullaosta dei Palazzi che contano. Questo Paese avrebbe bisogno non di tasse ma di giganteschi tagli agli sprechi pubblici; di ripartire ruoli e responsabilità nel lavoro; di avere governi decisionisti di legislatura, non ricattabili da nessuno, neanche dal parlamento. Ma la Repubblica presidenziale, la cogestione nelle aziende, la riforma per dimezzare i costi della politica non si possono fare. Odorano di fascismo, dicono i seri; anche se la prima c’è in America, leader delle democrazie occidentali, la seconda in Germania, locomotiva dell’economia europea e la terza è richiesta dal popolo, sovrano d’Italia. Serio non è chi non ride: come mostra Pierrot, si può essere tristi e pagliacci.

La spagna e il ridicolo maestrino dalla penna rossa


MILANO - Finalmente abbiamo superato la Spagna nell'indice dello spread. Mario Monti cita i cugini di Madrid nel corso del suo intervento al Forum di Confcommercio a Cernobbio, quasi scherzando sulle rivalità da «derby» latino tra i due Paesi europei. Il premier sta illustrando la riforma del lavoro alla platea e spiega che la Spagna, che «ha fatto una riforma del lavoro molto incisiva ma non ha posto attenzione sui conti», «sta dando all'Ue preoccupazioni perché i tassi salgono e ci vuole poco per ricreare un contagio che potrebbe allargarsi». Il discorso ha una valenza tutta interna: non dobbiamo abbassare la guarda sui nostri conti.  Si vede però che le parole del professore urtano la sensibilità di Madrid, alle prese con una situazione economica molto complessa. C'è quindi uno scambio di contatti tra la capitale iberica e Roma. In serata arriva così una nota di Elisabetta Olivi, la portavoce di Monti: chiarisce che il premier «ha ribadito la sua totale fiducia nella determinazione del governo spagnolo» in merito «al consolidamento fiscale, anche per evitare allargamenti degli spreads». Inoltre, - si legge nella nota - «nel suo intervento il presidente del consiglio ha espresso apprezzamento per la profonda riforma del mercato del lavoro spagnolo introdotta con grande tempestività dal governo di Mariano Rajoy». Poche parole che bastano però a chiudere il caso. Ad iniziare il derby latino fu l'allora premier spagnolo Josè Zapatero che nel 2007 festeggiò il superamento della Spagna sull'Italia nella classifica della ricchezza pro-capite. Replicò l'ex premier Romano Prodi che sottolineò come si trattasse di dati relativi e fuorvianti.

sabato 24 marzo 2012

Quando certi alti prelati dovrebbero pregare...


MILANO - «Non ce lo meritavamo». Antonio Silvestri, padre del sergente Michele Silvestri, ucciso in un attentato contro la base italiana Fob «Ice» in Afghanistan, non aggiunge altro. Troppo forte è il dolore per la perdita di quel figlio che in paese, a Monte di Procida e anche nella vicina Bacoli, tutti consideravano un bravo ragazzo e anche un eroe, tanto era nota la sua propensione a partecipare alle missioni internazionali di peacekeeping. Era in casa, il signor Antonio, quando sono arrivati i militari per comunicare la notizia della morte del figlio: lui e la moglie non avevano seguito i notiziari tv del pomeriggio che avevano parlato dell'attentato. Quando hanno saputo cosa fosse successo si sono visti il mondo crollare addosso.

IL MALORE DELLA MOGLIE - Anche la moglie del sergente, Nunzia Carannante, non ha retto alla notizia. Prima ha pianto a dirotto, poi è stata colta da malore. La donna è uscita di casa proprio mentre stava arrivando il tenente colonnello Gaetano D'Agostino per portarle la tragica notizia. Non c'è stato bisogno di parole: Nunzia ha capito e ha iniziato a piangere. Nello stesso edificio vivono il padre e la madre, il fratello e la sorella del sergente Silvestri.

UN PAESE IN LUTTO - A Monte di Procida tutto il paese si è stretto nel dolore. Nel piccolo centro della zona flegrea, a nord di Napoli, un comune di 14mila abitanti concentrati in poco più di tre chilometri quadrati, si conoscono un po' tutti, e il sergente Silvestri era stimato e apprezzato come veterano nelle missioni all'estero. Michele viveva con la moglie Nunzia e il figlioletto nel confinante comune di Bacoli. Ma quando partiva per una missione, la moglie e il bambino si trasferivano a Monte di Porcida, nella palazzina popolare di via Cappella dove vivono sia i genitori della donna sia quelli di Michele. Ed è qui che si sono presentati i militari incaricati di annunciare quanto accaduto.

DAL KOSOVO ALL'IRAQ - Una sottotenente psicologa ha accompagnato il colonnello D'Agostino, per offrire sostegno nel momento dello shock. Silvestri si era arruolato nel 1997, ed aveva partecipato da allora a sei missioni all'estero: la prima in Kosovo, poi più volte in Afghanistan ed anche in Iraq. «Sorrideva sempre, era solare e più di tutto ti dava l'impressione della forza - dice di lui il sindaco, che si è recato in serata dai familiari - quella forza positiva, di chi credeva nei propri sogni».

«IL SUD PAGA TROPPO» - Sull'accaduto è intervenuto anche il vescovo di Pozzuoli, mons. Gennaro Pascarella, che ha espresso il cordoglio della diocesi invitando alla preghiera ma che non ha rinunciato a sottolineare come non sia la prima volta che l'area flegrea piange uno dei suoi figli, caduto durante una missione militare. Alfonso Trincone, originario di Pozzuoli, aveva perso infatti la vita in un attentato durante la missione in Iraq. «In questo momento di dolore - ha commentato il vescovo - una considerazione va anche fatta: la nostra Comunità e la terra del Sud pagano questi tributi di morte perché‚ i giovani sono spinti a sfidare i grandi rischi che comportano le missioni militari per motivi di lavoro. Un fatto che deve farci riflettere tutti, in quanto non trovando i giovani sbocchi occupazionali scelgono la strada di arruolarsi e partecipare poi alle missioni internazionali».

Livia Turco alla riscossa...


Altre che politiche economiche, il Partito democratico ha in mente una revisione delle norme che regolano l'immigrazione. E adesso tenta il blitz con il governo dei tecnici. A farsi portavoce di questa istanza è stata Livia Turco, presidente del Forum Immigrazione del Partito democratico, invitando il presidente del Consiglio Mario Monti a rispettare gli impegni presi in materia. Recentemente il ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi aveva già anticipato che era nelle sue intenzioni rivedere i flussi migratori e la durata dei permessi di soggiorno. Nelle linee programmatiche dei democratici si va dalla abrogazione del reato di immigrazione clandestina al superamento dei Cie, appunto, dall’allungamento della durata del permesso di soggiorno alla cittadinanza "facile".

"Da questo governo ci aspettiamo ora che batta un colpo almeno sulle questioni concrete che riguardano la quotidianità della vita degli immigrati nel nostro Paese", ha affermato oggi la Turco chiedendo una presa di posizione da parte dei ministri che si sono impegnati a dare risposte su questo tema, ma che fino ad ora hanno disatteso. Proprio oggi il Partito democratico ha dato il via libera al Forum nazionale sull’immigrazione durante il quale la Turco si è fatta portavoce di una richiesta netta da sottoporre al governo. "Adesso è agire con urgenza - ha puntualizzato l'esponente democratica - sui temi riguardanti la tassa sul permesso di soggiorno, la durata dei permessi di soggiorni legati al lavoro, l’emergenza rifugiati e l’attuazione dell’Accordo di integrazione". Tutte questioni cui, a detta della Turco, il governo aveva promesso di dare risposte per "semplificare la vita degli immigrati, ma di cui non abbiamo trovato traccia del Decreto semplificazioni". Infine la Turco ha intimato il governo di dire come intende "affrontare l’emergenza profughi con il permesso di soggiorno in scadenza a partire dall’importante proposta promossa da Comuni e Regioni". Sul tema della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri la Turco ha denunciato "l’ostilità del centrodestra". Il centrosinistra mirerebbe, infatti, a mettere in difficoltà il governo in un momento già di per sé non troppo tranquillo. Riformare le politiche migratorie non è, infatti, nelle prerogative di un esecutivo tecnico, ma nell'ottica del Pd potrebbe essere utilizzato come tema da campagna elettorale a fronte delle forti divisioni che si sono all'interno a causa della riforma del lavoro e delle modifiche all'articolo 18. Il Pd sarebbe già pronto a formulare una nuova proposta: non per la cittadinanza alla nascita, ma al termine del percorso scolastico, facendo propria un'idea al vaglio da Riccardi e dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. La Turco ha annunciato un'iniziativa con una delegazione della Rete nuovi italiani per chiedere "un incontro a tutti i gruppi parlamentari e al presidente della Camera per calendarizzare la legge sulla cittadinanza". Per quanto la Turco ritenga "molto difficile arrivare in questa legislatura a concludere la legge", il Pd ci prova a forzare la mano e a mettere il governo alle strette.

Qui, cittadini stranieri perfettamente integrati. Chissà se la Turco questa notizia l'avrà sentita...

Marinai italiani terroristi...


L'uccisione dei due pescatori indiani ad opera dei due militari italiani a bordo della nave Enrica Lexie in India è stato "un atto terroristico". Lo ha dichiarato il giudice CS Gopinath dell'Alta corte del Kerala, nel corso dell'audizione sulla richiesta di rilascio effettuata dai proprietari della petroliera italiana. La Corte ha specificato che "ai due pescatori è stato sparato quando erano disarmati, senza nessun preavviso". Lo si apprende dal sito web 'Zeenews.com'. Potrebbe quindi ulteriormente aggravarsi la posizione dei due militari rinchiusi nel carcere indiano. E pensare che ieri, venerdì 23 marzo, il ministro degli Esteri Giulio Terzi ostentava ottimismo.

Ministro ottimista. Secondo lui l’India avrebbe capito che «la questione marò va risolta»: un po’ probabilmente per le pressioni europee, «ho avuto assicurazioni dalla Ashton che sta svolgendo un'azione continua e questo è molto importante»; un po’ perché passate le elezioni è finita l’occasione di ricatto emotivo; un po’ perché gli stessi indiani probabilmente si sentono in imbarazzo per il rapimento nell’Orissa, dove è iniziato il secondo round di negoziati. Si è saputo pure che tre giornalisti indiani si sarebbero inoltrati nella foresta di Daringibadi, e ciò potrebbe essere collegato a un imminente rilascio.

venerdì 23 marzo 2012

Vincono (di nuovo) le banche


Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge sul ripristino delle commissioni bancarie, azzerate dal decreto liberalizzazioni, convertito poi in legge dalla Camera. Il decreto interviene per correggere un emendamento al dl liberalizzazioni presentato al Senato dal Pd e approvato a palazzo Madama, che rendeva nulle tutte le commissioni bancarie sugli affidamenti. La norma aveva scatenato la protesta dei vertici dell’Abi che avevano annunciato le loro dimissioni. Dopo settimane di trattativa e di braccio di ferro tra governo e Parlamento, la soluzione è stata trovata con la presentazione di un ordine del giorno al decreto, firmato da esponenti di Pd, Pdl e Terzo Polo, con cui il governo si impegnava a "emanare in tempi rapidi" un provvedimento per cui l'azzeramento delle commissioni deve valere solo per le banche che non si conformano alle regole di trasparenza stabilite da Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio. Nell’ordine del giorno la maggioranza ha chiesto inoltre l'istituzione di un tavolo di lavoro con l’Abi, le Associazioni rappresentative degli altri settori produttivi, il ministero dell’Economia e il ministero dello Sviluppo Economico "per seguire e valutare l’efficacia delle iniziative già prese in questo campo". Il governo si è impegnato anche a presentare una relazione al Parlamento in materia di concorrenza e tutela della trasparenza nel settore bancario e finanziario e dovrà "adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell’Unione Europea affinchè sia promossa l’introduzione nella normativa europea di riferimento di Basilea 3, di meccanismi che incentivino i prestiti in favore delle Pmi e la revisione dei parametri Ue sulla patrimonializzazioni delle banche, in considerazione della specificità del sistema bancario".

Plutocrazie


C’è stato un piccolo golpe, il presidente ci dato un governo non eletto che godesse la fiducia delle banche internazionali; è inutile ripeterlo. Il fatto istruttivo è che questo governo non eletto è sostenuto dal parlamento. Non c’è più né destra né sinistra. Finito il conflitto politico, fino a ieri (in apparenza) acerrimo. C’è una maggioranza bulgara che,comunque, dice sì a tutto quel che il governo fa: e ci credo, conviene a tutti risucchiare i 260 mila annui il più a lungo possibile; mica vorrete fare la crisi di governo. Sicchè i nostri cosiddetti rappresentanti, ogni giorno legittimano il governo del golpe. I media, poi, lo applaudono. Non c’è ormai talk show dove non si esprima sollievo e gratitudine per «quel che ha fatto Monti per il Paese». Ha fatto quel che da sempre fa la plutocrazia: tartassare i poveri e stroncare i ceti medi, perché siano garantiti gli emolumenti miliardari dei ricchi di Stato. La sola «riforma» del governo Monti è quella delle pensioni: con l’effetto di stroncarle e ritardarle, calpestando i diritti acquisiti. Inoltre, lui stesso si vanta di aver introdotto, con l’IMU sugli immobili, «una piccola patrimoniale»: e «patrimoniale» significa confisca sulla prima casa, su un bene che non dà reddito, e dove la tassa viene calcolata su un «valore» rivalutato d’autorità, proprio mentre i valori immobiliari cadono del 20-30%, perché siccome le banche non concedono mutui, il mercato del mattone è diventato illiquido. Ora, tassare un cespite illiquido, che non può essere venduto per pagare l’imposta, e per giunta su un valore enormemente superiore a quello reale di mercato, è una di quelle oppressioni fiscali che gridano vendetta al cospetto di Dio. Colpisce specificamente i piccoli proprietari poveri, quelli che hanno la casetta in cui abitano, ma non hanno abbastanza denaro per far fronte alla supertassa. Seguiranno pignoramenti e sequestri? Il genio aguzzino di Befera ci penserà.

Invece della necessaria massiccia riduzione della spesa pubblica (che avrebbe limato le loro ricchezze), un aumento mai visto dell’esazione tributaria. È tutta lì l’azione del governo. Il resto, fumo negli occhi, propaganda: le «liberalizzazioni» non liberalizzano niente, su «l’articolo 18» si combatte una battaglia finta, non si possono urtare i sindacati e i loro prelievi da un miliardino annuo dalle nostre tasche. La stangata di novembre ha devastato l’economia reale. «Potete chiamarlo decreto Salva Italia», ha concesso magnanimo Monti. E tutti i gionalisti di corte, devoti a salmodiare «Salva Italia! Salvitalia!». Ma i conti pubblici sono peggio di prima. Il deficit statale era di –10,3 miliardi il gennaio-febbraio 2011. Nel gennaio-febbraio 2012, è stato di –10,7. Le spese pubbliche, da gennaio 2011 a gennaio 2012, sono cresciute del 2%. E nonostante la torchia fiscale aggravata, il gettito diminuisce perché l’asino dell’economia reale ha la schiena sfondata: avviene così nelle plutocrazie, in quelle più retrive che tirano il collo all’oca delle uova d’oro. Le richieste di mutui e fidi sono crollate a –44%, la produzione industriale a –2%, gli ordinativi sono a –5,6, le ore di cassa integrazione sono salite a +16,8 %. Ma – ci ripetono i giornalisti di corte – «Monti ha fatto calare lo spread», adesso il debito pubblico costa meno. «I mercati premiano il governo!». Piccolo particolare: i «mercati» dei titoli non esistono più. Sono stati sostituiti dalla Banca Centrale Europea, che ha creato dal nulla un miliardo e l’ha prestato alle banche: no, non per rilanciare la crescita, ma perché possano rifiorire con la più semplice operazione di carry trade mai vista, ossia acquistando coi fondi ottenuti all’1% di interessi i titoli di Stato di Italia e Spagna, che rendono il 5%.

Tutto ciò, ovviamente, non risana l’economia. Le centinaia di miliardi «investiti» nei debiti pubblici fanno mancare le decine di miliardi di cui abbisognano le aziende per funzionare, e per pagare i salari. È una partita di giro fra plutocrazie. E non è stato Monti, è stato Draghi a mettere a segno il colpo. Quel Draghi che ha annunciato al Wall Street Journal: «il modello sociale europeo è morto», e il posto fisso a vita è «superato» in Europa una volta per tutte. Con quelle frasi, è la Plutocrazia che annuncia la sua vittoria. Nel momento stesso in cui crea mille miliardi per le banche, il plutocrate esige ed impone l’austerità ai lavoratori – che pagheranno quei mille miliardi, sotto una forma o l’altra. Quella plutocrazia che fulmina chiunque proponga una monetizzazione del debito fatta dagli Stati per i popoli, monetizza senza batter ciglio, astronomicamente, per gonfiare la finanza-zombi e tenerla in vita. Hanno vinto, e sono olimpicamente sereni. Christine Lagarde del Fondo Monetario ha annunciato che l’economia globale ha fatto un passo indietro dall’abisso. Il titanico intervento della Banca Centrale ha «calmato i mercati». «Le paure estreme sono alle nostre spalle», s’è rallegrato Frédéric Oudéa, capintesta della Socièté Generale nonché capo della Federazione Bancaria, ossia l’ABI francese. Naturalmente, nulla è stato davvero risolto con il gran trucco di Draghi. Quella partito di giro fra plutocrati fatta coi soldi nostri, col lavoro delle generazioni future da cui estrarranno i mille miliardi oggi creati, non corregge i gravissimi squilibri provocati dalla zona euro, e che la moneta unica non farà che amplificare. La politica di austerità imposta nella prigione dei popoli non farà che aggravare il male.

Ma, dice Oudéa, «se restano nel tempo problemi strutturali, ci siamo ottenuti un po’ di tempo per lavorare». Notate quel «noi»: banchieri e governi sono oggi dalla stessa parte, e i finanziari sono certi che i governanti non faranno mai riforme che mettano in forse i super-profitti finanziari. Sono i due bracci della plutocrazia. Fraternamente, definitivamente uniti. Dovevamo fare la rivoluzione. Non ne siamo stati capaci, e lorsignori ci hanno anticipato: l’hanno fatta loro, dalle loro stanze felpate, dalle loro poltrone dorate di ricchi sfondati. Sono al Parlamento, al governo, al sottogoverno. Nessuno li sloggerà. Ricevono doni principeschi, persino a loro insaputa. Si fanno derubare a loro insaputa dai loro capi-bastone, perché i soldi sono tanti che è impossibile controllarli. Sono sereni, tranquilli. Nulla li minaccia. Nessuno li critica. I giornalisti cantano le loro lodi. Il popolino che loro hanno rovinato li adora, se è vero che una «lista Monti» alle elezioni – secondo un sondaggio di Repubblica – otterrebbe il 25% dei voti, sarebbe il primo partito. È sempre stato così nelle plutocrazie: le folle di straccioni miserabili, i servi della gleba, si sono sempre tolte il cappello, sorridenti e felici, quando passava la carrozza del Signore e del Re. Hanno avuto paura, ora non più.

«Salvitalia!», grida il popolo quando passano lorsignori, «Salvitalia!», salmodiano i giornalisti di corte mentre l’asino legato al mulino ha la schiena stroncata. Godiamoci almeno la ritrovata grande serenità del dibattito politicheggiante, l’olimpica armonia e lieta distensione che sempre accompagna le vittorie della Plutocrazia. È tornato il disteso ‘700, quello dove la dottrina economica dominante era quella dei «fisiocrati», per i quali esisteva un ordine naturale nella società che voleva i poveri poverissimi, e i ricchi ricchissimi. I fisiocrati volevano, moderati e sereni, che si lasciasse libero campo alle «forze naturali» del mercato e delle grandi fortune. Nelle società fisiocratiche, si guadagnava più speculando che producendo. Si era liberisti e anti-protezionisti. Era quella serenità per cui, quando in Irlanda il raccolto delle patate andava a male e cominciavano a morire di fame milioni di irlandesi, i fisiocrati a Londra decidevano – equanimi ed imparziali – di non mandare là aiuti alimentari, perché «avrebbero turbato il naturale corso dei prezzi». La carestia faceva rincarare le patate alle stelle, e ciò era giusto, perché i produttori di patate – se sopravvivevano – avrebbero coltivato di più, attratti dal maggior profitto l’anno seguente. Erano epoche belle e serene, senza le irrequietezze della politica democratica. Piene di buona educazione e di buoni sentimenti.

Durante la carestia irlandese del 1844 (un milione di morti), si commosse un selvaggio, il sultano ottomano Abdul, che si disse intenzionato a inviare 10 mila sterline agli affamati irlandesi; educatamente, la regina Vittoria gli fece dire di mandare solo mille sterline, dal momento che lei stessa – lei, tanto umana – ne aveva mandato solo 2 mila. Nonostante ciò, i sultano mandò in segreto tre navi cariche di derrate, che il governo britannico cercò di bloccare. Era la civiltà, quella.

L'assicurazione di re giorgio


"Era un riforma da fare, non ci sarà una valanga di licenziamenti facili e in Parlamento si arrivà a un risultato valido". Non ha dubbi il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano sulla riforma del mercato del lavoro, che oggi il Consiglio dei ministri approverà con la formula "salvo intese" (cioè quando un testo non è ancora definitivo). Per il capo dello Stato "il problema più drammatico sono le crisi aziendali, le aziende che chiudono, i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro non attraverso l’articolo 18 ma per il crollo di determinate attività produttive" e per questo "bisogna puntare soprattutto a nuovi investimenti, nuovi sviluppi e nuove iniziative in cui possano trovare sbocco soprattutto i giovani". Ma lo scontro sull'articolo 18 non si placa.

Da un lato c'è il governo che tira dritto e dall'altra parte pezzi di opposizione e la Cgil che fanno muro. L'esecutivo, dopo aver dichiarata chiusa la questione, ha ribadito il concetto: "Nessuna marcia indietro". Il leader della Cgil, Susanna Camusso invece continua nella sua strenua opposizione, sostenendo che le modifiche all'articolo 18 rendano solo "i licenziamenti più facili". Le altre sigle sindacali si situano nella linea più morbida, anche se, nelle ultime ore, Cisl e Uil hanno espresso dubbi sulla possibilità di reintegro nei casi di licenziamento economico. "Ciascuno è libero di fare quello che vuole, è legittimo. Spero che in un clima così infuocato si stia attenti a quello che si dice, nell’usare termini perché la situazione è grave, ognuno dovrà avere responsabilità", ha provato a gettare acqua sul fuoco il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ai microfoni del Gr3 Rai, commentando la decisione della Cgil di una mobilitazione contro la riforma del lavoro.

Il leader Cisl ha poi spiegato che "l’articolo 18 per le discriminazioni e gli abusi mantiene tutta la sua intera efficacia, l’altra questione riguarda i licenziamenti economici su cui non siamo soddisfatti fino in fondo e siccome, da quello che è stato detto, si dovrà predisporre un disegno di legge che dovrà transitare in Parlamento, noi pensiamo che lì ci potrà essere l’occasione per migliorarlo". Al fianco della Camusso, ci sono Di Pietro, il segretario della Fiom, Maurizio Landini e gli ultimi arrivati Lega e Cei, che formano quella che si può definire la Santa alleanza del no sull'articolo 18. La riforma del mercato del lavoro "parte con intenzioni giuste (superare il doppio binario precari - garantiti e attrarre investimenti stranieri in Italia) e finisce con un doppio disastro: licenziamenti facili e scoraggiamento agli investimenti", ha tuonato il responsabile lavoro e welfare dell'Italia dei Valori, Maurizio Zipponi, in un'intervista al quotidiano Il Riformista. Il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero non usa mezzi termini invece: "Le prossime settimane peseranno molto o in bene perché il popolo riprenderà in mano il suo destino, oppure in male perché passa l’annichilimento. Saranno settimane decisive e noi saremo lì a organizzare la rivolta contro questa politica". Più ambigua la posizione del Partito democratico, diviso al suo interno e considerato (anche dalla sua stessa base) ostaggio di Fiom e Cgil.

"Il Pd una linea ce l’ha ed è molto chiara: la riforma del mercato del lavoro deve diventare un disegno di legge e non un decreto. L’articolo 18 deve essere modificato in Parlamento sul modello tedesco reintroducendo la possibilità del reintegro. E quando si voterà il gruppo dovrà essere unito. Non ci possono essere casi di coscienza", ha spiegato il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini, in un’intervista al Fatto quotidiano. Insomma, i vertici del Pd sperano in una modifica della riforma in Aula, tale da placare la furia di Fiom e Cgil e ricompattare il partito. Intanto la situazione nelle strade e nelle fabbriche rischia di diventare incandescente. Dopo i blocchi di ieri, una nota della Fiat descrive l'instabilità delle condizioni lavorative nelle fabbriche. "La prossima settimana si fermerà l’attività degli stabilimenti Fiat di Pomigliano e Cassino e anche le quote di mercato del Lingotto saranno evidentemente influenzate in modo negativo. Le aziende automobilistiche stanno subendo gravissimi danni in conseguenza dello sciopero in atto da oltre un mese", recita il comunicato del Lingotto, aggiungendo che "non si vedono segnali che facciano pensare alla fine dell’agitazione e anzi la situazione sembrerebbe in peggioramento con il verificarsi di numerosi episodi di violenza tra cui incendi di automezzi, minacce e aggressioni di autisti che non aderiscono allo sciopero".

Leggi che vengono cancellate. L'arrivo dello Ius soli


Niente Cie per i figli di stranieri nati in Italia. Sulla base di questo principio, affermato per la prima volta nel nostro Paese, il giudice di pace di Modena ha liberato due fratelli di origine bosniaca che erano trattenuti da oltre un mese nel Centro di identificazione ed espulsione modenese. Una vicenda, quella di Andrea e Senad Seferovic, che si è trasformata in un caso politico, con il Pdl e la Lega Nord che hanno annunciato un’interrogazione parlamentare, mentre il centrosinistra attacca la legge Bossi-Fini e parla di una «sentenza importantissima».

Motivo? La decisione del giudice di pace modenese potrebbe aprire la strada al una legge per lo ius soli, vale a dire il diritto di cittadinanza italiana che si acquisisce in virtù del solo fatto di essere nato nel nostro Paese, a prescindere dalla nazionalità dei genitori e dal loro status giuridico. Una legge auspicata anche recentemente dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Mi auguro che in Parlamento si possa affronare anche la questione dela cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Nagarla è un’autentica follia, un’assurdita». E veniamo al caso su cui si è pronunciato il giudice di pace di Modena. I due fratelli, di 23 e 24 anni, nati e cresciuti in Italia, erano stati fermati dalla polizia il 10 febbraio, nel corso di un servizio volto al contrasto di reati predatori. Alle loro spalle, precisa la questura, alcuni provvedimenti coercitivi per sentenze passate in giudicato. Privi di permesso di soggiorno da quando i genitori avevano perso il lavoro, e quindi anche i documenti per restare in Italia, nei loro confronti sono stati emessi due provvedimenti di espulsione, «nel rispetto - precisa la questura - della normativa vigente».

Questa mattina, però, il giudice di pace ha annullato i provvedimenti e ha disposto la liberazione di Andrea e Senad, che ora sognano «una vita normale», anche se la questura «valuterà l’opportunità di disporre ulteriori misure di prevenzione». La sentenza, nel frattempo, ha scatenato le reazioni della politica. Secondo il sindaco di Modena, «fa chiarezza e deve essere rispettata». Parla di decisione «storica» l’Arci, che spera «induca il Parlamento a calendarizzare al più presto la discussione sulla proposta di legge di iniziativa popolare» depositata lo scorso 6 marzo per modificare l’attuale normativa sulla cittadinanza. L’Arci invita il Parlamento a rivedere al più presto la Legge Bossi-Fini, mentre il senatore Pd Roberto Di Giovan Paolo chiede anche di «attivare un processo per arrivare allo ius soli e fare dell’Italia un Paese davvero europeo». Il senatore Carlo Giovanardi, che ricorda la «pericolosità sociale» dei due bosniaci, parla di «sentenza creativa». «Ormai ognuno si inventa la sua legge», rincara la dose la vicepresidente dei deputati del Pdl, Isabella Bertolini. Critica anche la Lega Nord; il segretario emiliano, Angelo Alessandri, parla di «razzismo al contrario»: «Si premiano gli stranieri a danno dei cittadini onesti».