giovedì 23 novembre 2023

Sicuri ed efficaci

“Sicuri ed efficaci”. Sì, tanto che dopo un servizio della trasmissione  Fuori dal Coro di Mario Giordano, la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati l’ex ministro Roberto Speranza e l’ex direttore generale di AIFA (l'agenzia italiana del farmaco) Nicola Magrini  per aver taciuto gli effetti avversi da vaccino anti-Covid. Tra le accuse, omicidio plurimo e falso ideologico. Riporto la notizia: “Nelle comunicazioni di cui Fuori dal Coro era venuta in possesso si dava conto di dirigenti dell’Agenzia del farmaco che, nel gennaio 2021 – dunque all’inizio della campagna vaccinale – parlavano di «pazienti fragili che rientrano nella popolazione dei non studiati» mentre erano emersi da subito i primi effetti avversi segnalati attraverso la farmacovigilanza. A queste segnalazioni i vertici di AIFA replicavano con l’ordine di mettere tutto a tacere. I documenti scovati e portati all’attenzione del pubblico vedevano l’AIFA, che dipende strettamente dal Ministero della Salute, per lo più attraverso mail aziendali interne, invitare a «non indicare la mancanza di efficacia», e: «occorre imparare a non rispondere se vogliamo sopravvivere». In questo modo sono state ignorate tutte le segnalazioni avverse, che in alcuni casi hanno portato anche alla morte di tanti danneggiati. «Non conviene stuzzicare il can che dorme, per ora non si esce con niente» e «11 segnalazioni su bambini allattati al seno. Togliamo?», erano alcune delle comunicazioni date dai vertici istituzionali dell’ente di controllo del farmaco, che aveva invece l’obbligo di avvertire subito delle problematicità che stavano emergendo. Così AIFA, secondo l’accusa, avrebbe messo tutto a tacere. Anche le «segnalazioni su eventi avversi post vaccinali in persone già guarite dal covid». Il motivo? «Così si uccide questo vaccino», diceva Magrini ai suoi sottoposti. «Perché salvare il vaccino era più importante che salvare le persone».”


Da parte mia, aggiungo due domande: 1) ma se non c'era Fuori dal Coro, la solerte magistratura continuava a fischiettare facendo finta di nulla? 2) Oltre a Speranza e a Magrini, mi pare ci fosse un altro tizio che impose il ricatto vaccinale dicendo che se non ti vaccinavi morivi e facevi morire. Come si chiamava? Eppure aveva un nome facile: qualcosa come lucertola, dinosauro, rettile... Ecco, sì: Ivan Drago. No, mi confondo con quello di Rocky IV, però deve essere un nome simile. Appena me lo ricordo lo dico alla magistratura, così indagano anche lui.


(Nota in calce: mi segnalano giustamente che gli atti sono stati inoltrati al competente Tribunale dei ministri già con contestuale richiesta di archiviazione. Giusto: non si perda tempo con queste sciocchezze. In ogni caso, come diceva una brava persona, non invocate la libertà per non vaccinarvi. Mi raccomando.)


Piergiorgio Molinari 

mercoledì 22 novembre 2023

Su Valditara e “femminicidi”

Ci sono temi più importanti e preferirei tacere su tutto il circo che è partito dalla vicenda dell'ultimo omicidio volontario di una donna. Preferirei tacere anche per preservare la salute psichica, perché ogni qual volta ci si scontra con il muro ideologico costruito dai media correnti la frustrazione è inevitabile. Ma alla luce del fatto che il ministro Valditara sta davvero prendendo sul serio le fiabe ideologiche correnti, una parola mi sembra necessaria.  Speravo in uno scherzo, ma leggo che il ministro dell'istruzione, in una pregevole armonia di intenti con l'opposizione, sta davvero proponendo un'ora a settimana di “educazione alle relazioni” nella scuola secondaria. Non solo, la proposta prevede anche l'intervento in queste ore di educazione sentimentale di "influencer, cantanti e attori per ridurre le distanze con i giovani e coinvolgerli".


Forse fraintendiamo l'intervento del ministro, che probabilmente ha il solo scopo di incrementare l'afflusso alle scuole private. Come spiegare altrimenti questa ulteriore accentuazione della tendenza della scuola pubblica a diventare un interminabile catechismo dell'ovvio, che ripete in bianco e nero gli stessi contenuti che si ritrovano, a colori, su una rivista media da parrucchiere? Tra ramanzine moralistiche, alternanze scuola-lavoro e consulti psicologici gli spazi per insegnare qualcosa di sostanziale nella scuola pubblica si stanno riducendo a feritoie. Ma purtroppo questo è solo piccola parte del problema. Il problema più grosso è che l'interpretazione ufficiale degli eventi delittuosi aventi per oggetto donne ha subito da tempo un sequestro ideologico. Esiste una singola lettura che anche persone intelligenti e al di sopra di ogni sospetto ripetono pappagallescamente, come se fosse una sorta di verità acclarata. E questa lettura non è semplicemente sbagliata, che sarebbe il meno, ma è proprio socialmente dannosa, anzi dannosa per le stesse dinamiche che si immagina di voler correggere.


Provo a spiegarmi in breve. La lettura d'ordinanza di questi eventi delittuosi è la seguente. Si tratterebbe di espressioni di un'atavica, arcaica (patriarcale), concezione subordinante della donna che la concepisce come una proprietà, un oggetto a disposizione, e che perciò non ne accetta l'indipendenza e la punisce con la violenza e persino con la morte. Dunque, dissimulato sotto la superficie di un mondo moderno e formalmente egalitario serpeggerebbe ancora questo "residuo patriarcale", tenace e ostico da sconfiggere, che richiede perciò una rieducazione della popolazione - e della popolazione maschile in ispecie. Ora, io credo che questa lettura delle violenze e degli omicidi spesso per futili motivi che oggi riscontriamo, tra cui anche quelli che hanno per oggetto donne, non c'entri assolutamente nulla con alcuna presunta "cultura patriarcale". E credo che le ricette che vengono proposte, lungi dall'essere risolutive, possano soltanto aggravare il problema. Perché mai?


Partiamo da un po' di pulizia terminologica e mentale. Tutti si riempiono la bocca di "patriarcato" senza avere per lo più alcuna idea di ciò di cui si tratta. Ora, l'unico senso antropologicamente accettabile della nozione di "patriarcato" (che non va confuso con la patrilinearità della discendenza) è il modello sociale diffuso un tempo in molte civiltà dedite all'agricoltura o alla pastorizia, dove l'ultima autorità cui ricorrere per i dissidi interni e per i rapporti verso l'esterno era rappresentato dal maschio più anziano del gruppo (patriarca). Queste strutture sociali erano (e in alcune parti del mondo ancora sono) caratterizzate da una sostanziale assenza delle legislazione pubblica, da forti nessi comunitari all'interno di famiglie estese connesse, che dovevano risolvere molte questioni oggi risolte dalla giustizia ordinaria. Gli ordinamenti patriarcali sono tipicamente preindustriali e definiti da ordinamenti famigliari estremamente solidi e vincolanti. La prima domanda che dovrebbe venire in mente è: cosa diavolo c'entra questa forma sociale con il mondo occidentale odierno? Ovviamente non c'entra assolutamente nulla, ma questa impostazione del problema nasce negli anni '70, in cui l'idea che ci fossero ancora residui patriarcali da abbattere era il principale oggetto polemico del second-wave feminism. Oggi, mezzo secolo dopo, stiamo ancora qua a berci un'interpretazione che era tirata per i capelli allora e che oggi è letteralmente fluttuante nel vuoto. A questo punto c'è sempre qualcuno che se ne viene fuori dicendo che sono questioni filologiche, di lana caprina, che se non va bene il termine patriarcato chiamiamolo maschilismo che va bene uguale.


Solo che il problema non è meramente terminologico, ma è legato a quale si ritiene essere la radice causale di violenze e assassini odierni. Se si evoca il "patriarcato" o simili si evoca l'immagine di un residuo ostico del passato che stentiamo ancora a lasciarci dietro le spalle. Dunque per superarlo dovremmo procedere ulteriormente con l'abbattimento di qualunque simile residuo del passato: bando al familismo, bando all'autorità paterna, bando al normativismo, sempre in odore di autoritarismo, ecc. Ora, prima di esporre quella che credo essere un'interpretazione più plausibile, provo a sottoporre all'attenzione qualche fatto empirico. Se il problema delle violenze si radica nei residui patriarcali in una qualche versione, allora i paesi che hanno società maggiormente modernizzate, con minori vincoli famigliari e con una posizione di maggiore indipendenza delle donne dovrebbero essere esenti da questo problema, o almeno presentarlo in misura molto minore. Ma è davvero così? Curiosamente ciò che si profila è esattamente l'opposto. Se guardiamo alle violenze domestiche vediamo che (dati di un paio di anni fa) i primi paesi per denunce di violenza subita dalle donne sono quattro paesi proverbialmente emancipati: Danimarca (52% delle donne lamentano di aver subito violenza), Finlandia (47%), Svezia (46%), Olanda (45%), in coda classifica in Europa troviamo la Polonia (16%).  Naturalmente qui c'è la replica pronta: si tratterebbe di un mero effetto statistico, dovuto al fatto che in quei paesi, proprio grazie alla maggiore emancipazione, le donne denunciano di più. Può darsi. 


Allora per tagliare la testa al toro andiamo a vedere la categoria degli omicidi volontari di donne (cosiddetti "femminicidi"), che registra eventi non soggetti a filtri interpretativi. Qui, secondo i dati Eurostat aggiornati al 2019, il profilo appare leggermente diverso, ma non troppo. In testa in questa macabra classifica stanno costantemente i paesi baltici (Lettonia, Lituania, Estonia), insieme a Malta e Cipro, con Finlandia, Danimarca, e Norvegia poco sotto e Svezia a metà classifica. All'estremo opposto, costantemente agli ultimi tre posti troviamo Italia, Grecia e Irlanda, che si scambiano solo di posto di anno in anno. Per un confronto numerico (2019), l'Italia presenta un dato di 0,36 "femminicidi" ogni 100.000 abitanti, la Norvegia 0,61, la Germania 0,66, la Francia 0,82,la Danimarca 0,91, la Finlandia 0,93, la Lituania 1,24. Ora, cosa hanno in comune Italia, Irlanda, Grecia? Non molto, salvo il fatto di essere tutte società con un ruolo tradizionalmente molto forte delle famiglie, società di cui spesso si è lamentata la limitata modernizzazione, anche per il peso significativo delle istituzioni religiose. Cosa hanno in comune gran parte dei paesi del Nord e in parte dell'Est Europa? Sono società che hanno subito processi estremamente accelerati di modernizzazione, con laicizzazione forzosa, e frantumazione (riconosciuta al loro stesso interno) delle unità famigliari. Ecco, una volta messi giù questi dati, per quanto sommari, io credo che un'intepretazione molto più sensata delle eventuali radici culturali della violenza e dell'omicidio per futili motivi di donne sia rintracciabile nell'esatto opposto del "patriarcato". 


Lungi dall'aver a che fare con ordinamenti famigliari estesi, vincolanti, con elevata normatività, tipici del patriarcato, ci troviamo di fronte a contesti dove le forme famigliari sono dissolte o in via di dissoluzione, dove i giovani crescono educati più da tik-tok e dai video trap che dalle famiglie, società dove peraltro da tempo la figura del padre latita ed è spesso definita dagli psicologi come effimera. In questi contesti, "modernizzati ed emancipati" si allevano in maggior misura identità fragili, disorientate, anaffettive, che si sentono costantemente sopraffatte dalle circostanze, e che perciò, occasionalmente, possono più facilmente ricorrere alla violenza, che è il tipico modo di reagire a situazioni di sofferenza che non si è in grado di comprendere né affrontare. Molti altri aspetti andrebbero approfonditi, ma se, come io credo, questa è una lettura assai più probabile dei fatti, le strategie che stiamo adottando per affrontare il problema vanno precisamente nella direzione dell'ennesimo aggravio dei problemi. Questo in attesa delle lezioni di educazione sentimentale di Sfera Ebbasta.


Andrea Zhok 

lunedì 18 settembre 2023

Anatre e cigni. Dove sta la destra?

Ma sapete di chi è la colpa dello sfacelo apocalittico italiano? La colpa dell’invasione ormai infrenabile dell’immigrazione clandestina, del dilagare incontrastato della violenza sulle strade e anche della deprimente crisi economica sempre più attanagliante? De cigni! Sì, proprio di quei grossi uccelli acquatici di grosse dimensioni dal collo lungo e dal portamento elegante.

…no, aspè! Prima di chiamare la neuro, datemi il tempo di spiegare l’iperbole… Ricordate la favola del brutto anatroccolo? Ecco, questo governo vive proprio quella sindrome. Votato a larga maggioranza proprio perché "diverso", finito nel laghetto dorato dei cigni ne è rimasto così soggiogato da assimilarne la nobile fisionomia, le mosse austere, la candida postura. E così, nel disperato tentativo di farsi accettare da questi animali superbi, altezzosi, fondamentalmente inutili, stupidi (e pure incommestibili), in breve tempo ha subito una profonda metamorfosi. Il risultato della mutazione genetica è una “destra” sottomessa, impacciata, imbranata. Insomma, una destra che ha paura di fare la destra. Una destra che teme il pensiero unico, il politicamente corretto, attratta dai salotti buoni, dai circoli vip dei benpensanti… gli stessi che fino a ieri li schifavano. Ed ecco così la premier volteggiare leggiadra tra giravolte internazionali di selfie e passarelle mondane, Crosetto cantare bellaciao e crocifiggere Vannacci per soddisfare le inorridite anime belle, Picchetto Frattin piangere con gli eco teppisti, Piantedosi temere la propria ombra… Eppure il voto degli italiani e, in ultimo il caso Vannacci, hanno dimostrato che sto pensiero unico buonista NON ESISTE! O almeno esiste solo nelle teste cuneiformi dei cigni. La maggioranza dei cittadini, al contrario, ne ha le scatole piene di garantismo a senso unico, di finta accoglienza, di inclusioni sconsiderate, di masochistiche resilienze, di comiche ecoansie e stupidaggini varie!

I cittadini vogliono pragmatismo, buon senso, sana repressione quando serve, certezza della pena, flussi regolari gestiti dallo stato e non dai trafficanti di esseri umani, vite serene senza più emergenze e, per dirla tutta, anche un mondo che torni ad essere multipolare e non unipolare nella visione di un assurdo suprematismo occidentale che vorrebbe imporre un globale trans umanesimo senza più valori, differenze, radici e tradizioni. Ora che la situazione dell’ordine pubblico non è più esplosiva ma è esplosa, ora che non si frigna più che "il nostro paese non può rimanere solo" perché ci si è resi conto che lo è sempre stato e tale rimarrà, si corre ai ripari. Nelle periferie degradate inizia a intravedersi qualche blitz della polizia e, messo in soffitta il blocco navale e la lotta ai trafficanti nel globo terraqueo, si punta sui più fattibili Centri di Permanenza per evitare che orde di clandestini disperati scorrazzino per le vie finendo, inevitabilmente, nell’illegalità o nella schiavitù. Ovviamente non sarà facile. I cigni allungheranno il lungo collo e sbatteranno violentemente le ali. Scenderanno in campo costituzionalisti in punta di coltello, legulei, azzeccagarbugli e cavalocchi assatanati. Si schiererà contro lo Stato nello Stato che è la magistratura. L’europa sbraiterà, la stessa europa che alza muri e finanzia prigioni. E non ultimo scenderà in campo il capo dell’opposizione (no, non mi sto riferendo alla Schlein, povera donna, ma al presidente della repubblica). Ma mai come stavolta bisogna resistere al canto del cigno. E nel farlo occorre tornare alle origini, riscoprirsi fieramente Anatre, robuste nuotatrici e abili tuffatrici. E migrare via da quel finto lago dorato dei cigni che in realtà è uno stagno putrido nel quale stiamo sempre più affondando... 


Salvino Paternò 

domenica 30 luglio 2023

Dal 2011 in poi

Dall'immigrazione all'euro, fino alle inchieste sulla gestione Covid e il conflitto ucraino, che il centrodestta nella sua azione di governo stia sistematicamente e meticolosamente contraddicendo tutto ciò che aveva sostenuto negli scorsi anni è un dato di fatto. Ma inveire contro Giorgia Meloni attribuendole ruoli ittici, dileggiandone le proporzioni imperfette e ricordando le sue modeste origini, significa ostinarsi a non comprendere cosa è successo nell'ultimo decennio abbondante. In questo arco temporale, l'Italia – al pari di tutti gli altri paesi occidentali – ha completamente perso qualsiasi autonomia. La politica è divenuta una variabile dipendente delle élite finanziarie sovranazionali che hanno assunto il controllo dei governi, dell'economia e della comunicazione. Ormai in Occidente le elezioni servono solamente a designare chi dovrà essere il maggiordomo al servizio delle summenzionate élite, e godere così degli avanzi di denaro e potere che i suoi padroni decideranno graziosamente di gettargli. Non è casuale il vistoso tracollo delle qualità morali e intellettuali dei politici: per ciò che devono fare, essere idioti e corrotti basta e avanza, ed è anzi un requisito auspicabile.

L'ultimo che, con una certa ingenuità naïf, provò a far valere il primato della politica fu il defunto Silvio Berlusconi nel 2011: come dovrebbero ben ricordare i fieri antiberlusconiani che all'epoca ne gongolarono, fu abbattuto a colpi di spread (fenomeno di cui poi non si è mai più parlato) e di “Fate presto” a cinque colonne sulle prime pagine dei quotidiani. Allo stesso modo, qualsiasi leader politico che oggi si azzardasse a seguire una linea politica non allineata al progetto dei veri potenti si ritroverebbe intrappolato tra gli ingranaggi di un meccanismo implacabile e distruttivo che, attraverso il ricatto del debito pubblico e l'isolamento diplomatico, annullerebbe comunque ogni spazio di azione. L'unica speranza residua è che con il suo solerte asservimento e rassicurando i padroni circa la sua totale fedeltà, la Meloni stia astutamente cercando di ritagliarsi una qualche autonomia su questioni del tutto marginali quali potrebbero essere il cibo (no ad alimenti a base di insetti) e la propaganda pedosatanista (magari vietando la mutilazione genitale degli adolescenti). Ma aspettarsi qualcosa di meglio sarebbe, più che sciocco, ingeneroso nei suoi confronti, così come nei confronti di chiunque altro si trovasse al suo posto.


Piergiorgio Molinari

domenica 23 luglio 2023

Landini e lo sciopero generale

Accendo Radiotre e ascolto la rassegna stampa. Vengo a sapere che Maurizio Landini vuole proclamare in ottobre lo sciopero generale e mi pare di sognare. È forse quello stesso Landini che qualche giorno fa ha firmato un contratto della scuola che prevede venti euro di aumento a regime ( ma in compenso impone agli istituti di predisporre dei cessi appositi per chi non si ritiene né maschio né femmina)? O quello che, per usare un eufemismo, non ha mosso un dito quando centinaia di migliaia di italiani venivano cacciati dall'impiego e subivano prepotenze di tutti i tipi a causa del green pass? O quello che si è girato dall'altra parte mentre i salari  dei lavoratori si degradavano progressivamente? Se è proprio quel Landini, mi domando, di grazia, cosa mai abbia da rimproverare a Giorgia Meloni. Forse di essere in perfetta continuità col precedente governo Draghi, di cui riprende le politiche belliciste e antipopolari? Certamente no, visto che del governo Draghi Landini e la CGIL sono stati tra i più zelanti sostenitori. 


Ah.. ecco.., ora ho trovato. La questione dei cessi nelle scuole è il vero motivo del contendere. Se Landini fosse ministro del lavoro i "bagni neutri" dovrebbero essere garantiti a prescindere e non solo su richiesta. Questa è l'unica ragione plausibile per cui il più grande sindacato italiano proclamerà lo sciopero generale. Per quanto mi riguarda,  dico solo questo. In passato ho ripetutamente aderito agli appelli allo sciopero generale della CGIL. Si trattava, quasi sempre, di difendere il diritto alla pensione ad un'età ragionevole . Poi, improvvisamente, Monti alzò l'età pensionabile a 67 anni col beneplacito del sindacato. Ciò che provocava indignazione, quando a farlo era un governo ostile, diventava cosa buona e giusta se a farlo era un governo amico. Quanto ai lavoratori, andassero pure a farsi fottere. Queste lezioni non si dimenticano. Si può ingannare il prossimo molte volte, non sempre. In autunno, dunque, non sciopererò. Non sciopererò perché, sebbene detesti il governo attuale come quello che lo ha preceduto,  mi sono stancato di farmi prendere per il culo. Non sciopererò per i cessi neutri. Non sciopererò per l'identità alias. Non sciopererò  perché lo sciopero, in questa situazione,non serve ai lavoratori , ma ai sindacalisti. Non sciopererò perché non intendo portare acqua al mulino di persone che, non appena se ne presenta l'occasione, non esitano a pugnalarti alle spalle. Non sciopererò perché non ho alcuna fiducia in Maurizio Landini.


Silvio dalla Torre 

sabato 1 luglio 2023

Dalla Francia all’europa

Quanto avviene nelle città francesi riguarda tutti noi. Ci indica la direzione verso cui stiamo andando. Nel mondo occidentale tutti i legami collettivi stanno venendo meno.  Si indeboliscono i vincoli familiari, come dimostra l’aumento esponenziale dei divorzi. La chiesa cattolica sta attraversando la crisi forse  più grave della sua storia e non appare né capace né desiderosa di arrestare il processo di scristianizzazione in corso nelle nostre società. I sindacati, salvo eccezioni, sono ormai diventati la cinghia di trasmissione dei governi: la loro funzione è quella di far accettare ai lavoratori le politiche economiche più antipopolari. Dei partiti politici non è nemmeno il caso di parlare. Nel frattempo le polarità sociali si radicalizzano. Alla tradizionale divisione tra città e campagna si è sostituita quella tra centro e periferia. I centri storici sono popolati  da benestanti, che hanno trovato nell’ideologia woke (una delle più balorde creazioni della storia) lo strumento teorico perfetto per giustificare il loro parassitismo. Le periferie si riempiono di derelitti senza arte né parte.


Tutto questo non sembra impensierire le elite dirigenti. Al contrario, esse continuano imperterrite nella loro politica di distruzione dello stato sociale, che nel prossimo futuro verrà probabilmente sostituito da un reddito di cittadinanza universale. Si punta, evidentemente, alla creazione di una società di individui isolati, senza stabili legami familiari, senza un lavoro, senza patria, senza cultura, che vivano perennemente collegati alla rete o davanti al televisore. E’ un’evoluzione, del resto, in atto da tempo. Se le cose stanno così – e penso che stiano così – non ci si deve stupire se il pendolo oscilla tra  violenza poliziesca e rivolte prive di dimensione politica e spesso eterodirette (il caso di Black live matters ne è uno dei molti esempi) , durante le quali la plebe dei derelitti si abbandona al saccheggio o all’incendio delle biblioteche.  Il tutto nel contesto di un controllo sempre più capillare sulla vita dei singoli, che ad ogni nuova emergenza trova il pretesto per accrescersi. A me pare evidente che quello che si sta svolgendo sotto i nostri occhi è il processo di una decadenza. La civiltà occidentale sta declinando sul piano economico, sociale, culturale, demografico e persino su quello linguistico. Lo dimostra il caso (temo non isolato) dell’Italia : mentre i dialetti  perdono la loro forza espressiva, la lingua colta si sta impoverendo paurosamente ( basta guardare la replica di un programma culturale, di una tribuna politica o anche solo di uno spettacolo di varietà di quaranta anni fa  per rendersene immediatamente conto). E’ difficile dire quanto questa decadenza potrà durare. Il declino dell’impero romano durò diversi secoli , intervallati da momenti di ripresa, ma bastarono  due generazioni perché  quei luoghi da cui si governava il mondo si trasformassero in campi di frumento. Certo, siccome la storia la fanno gli uomini e in quanto tale è imprevedibile, si può sempre sperare in un drastico cambiamento, che inverta la tendenza. Io naturalmente me lo auguro, ma devo prendere atto che , al momento, di un’evoluzione positiva di questo tipo non sembrano esservi i presupposti.


Silvio dalla Torre 

lunedì 12 giugno 2023

Silvio Berlusconi

Berlusconi lo vorrei ricordare quando tentò di opporsi al massacro della Libia e della sua guida storica Gheddafi e fu per questo “fatto dimettere” e di recente quando dichiarò che per far smettere la guerra sarebbe bastato non inviare armi all’Ucraina e che: 


"Non abbiamo leader nel mondo, non abbiamo leader in Europa. Un leader mondiale che doveva avvicinare Putin al tavolo della mediazione gli ha dato del criminale di guerra e ha detto che doveva andare via dal governo russo. Un altro, segretario della Nato ha detto che l'indipendenza del Donbass non sarebbe mai riconosciuta. Capite che con queste premesse il signor Putin e' lontano dal sedersi ad un tavolo. Temo che questa guerra continuera', siamo in guerra anche noi perche' gli mandiamo le armi, adesso dopo le armi leggere mi hanno detto che gli mandiamo carri armati e cannoni pesanti, lasciamo perdere, cosa significa tutto questo? Che avremmo dei forti ritorni dalle sanzioni sulla nostra economia e ci saranno danni ancora piu' gravi in Africa e allora e' possibile che si formino delle ondate di profughi e questo e' un pericolo derivante dalla guerra in ucraina. Bisogna pensare a qualcosa di eccezionale per far smettere a Putin la guerra". 


Francesco Cappello 

domenica 28 maggio 2023

Alluvioni

Alcuni eventi fanno disperare sui destini dell'Italia. Ursula von der Leyen viene accolta a Cesena dalla folla festante e annuncia, tra gli osanna dei presenti,  che sarà generosa nel decidere quanti dei soldi che il contribuente italiano versa all'Europa potranno essere impiegati per ristorare gli alluvionati. Saranno certamente meno di quelli che diamo a Zelenski per permettergli di mandare al macello il suo popolo, ma che importa. Basta il sorriso e la buona volontà. Persino il sindaco della città, che la accompagnava, è stato applaudito ( gli amministratori dell'Emilia Romagna dovrebbero essere inseguiti coi forconi non solo per l'imperizia dimostrata nell'ultimo tragico evento, ma per aver azzerato la tradizione di buon governo locale su cui il PCI, durante la prima repubblica, aveva costruito una parte non irrilevante delle sue fortune). Come non bastasse leggo che i centri vaccinali sono presi d'assalto da gente che si fa l'antitetanica. Glielo aveva o consigliato le autorità sanitarie. Evidentemente gli effetti di un'alluvione non si attutiscono evitando di cementificare il territorio, pulendo il corso dei fiumi e dei torrenti, preservando i fossati, creando canali di invaso per le acque. Nulla di questo. L'alluvione si combatte con la vaccinazione di massa . Di fronte allo spettacolo di un popolo che si comporta come il cane fedele che lecca la mano del padrone che lo ha appena bastonato, si comprende a quale livello sia giunta la manipolazione delle menti. Sarà molto difficile risalire.


Silvio dalla Torre 

domenica 21 maggio 2023

La guerra degli USA

Di sconfitta in sconfitta, perdendo secondo il Corriere una brigata al giorno, combattendo senza calzini e a colpi di vanga, esauriti da tempo di missili, travolti ogni mese da una delle nuove Zauberwaffen della Nato, guidati da generali alcolisti e da un presidente pazzo e malato, i Russi ieri hanno completato la conquista della roccaforte di Bakhmut (Artemovsk). Esattamente ad un anno di distanza dalla conquista dell'altra roccaforte inespugnabile di "Azovstal" a Mariupol. Ora rimane solo la terza e ultima linea difensiva. Questo nonostante l'Ucraina si sia giovata di armamenti e addestramento Nato dal 2016, e nonostante dopo lo scoppio della guerra la Nato abbia sostenuto l'esercito ucraino svuotando i propri arsenali convenzionali, addestrando le truppe, fornendo e pagando mercenari stranieri, e nonostante il budget ucraino sia oramai sostenuto soltanto dai finanziamenti a perdere occidentali. Confesso di essere stupito, perché per quanto bassa potesse essere la stima nei confronti della lungimiranza del blocco occidentale, di fronte ad uno sforzo pazzesco e concorde del genere, con sanzioni economiche durissime, mi sarei aspettato almeno qualche rovesciamento del fronte. (Prospettiva peraltro assai preoccupante, perché sappiamo tutti che una Russia davvero in difficoltà, che temesse per la propria esistenza, rappresenterebbe la più pericolosa delle prospettive.) Invece si sta prospettando lo scenario più catastrofico tra quelli immaginabili per l'Occidente (meglio, per l'Europa, gli USA se la caveranno come sempre). Uno sforzo economico-bellico del genere, con una situazione aggravata dalla distruzione delle linee di approvvigionamento energetico russo, non poteva che rappresentare nel medio-lungo periodo un quadro drammatico, a meno che non si fosse realizzato uno scenario particolarissimo. L'unico scenario su cui l'Europa poteva scommettere, scenario fantapolitico, ma almeno inizialmente fantasticabile, era la prospettiva di una Russia che si scioglieva come neve al sole, dove un cambiamento di regime avrebbe rimesso un orsetto gommoso tipo Eltsin al Kremlino, dando il via ad un nuovo saccheggio occidentale, come quello degli anni '90. Oggi possiamo affermare con tutta la certezza che la storia consente, che questa non è una prospettiva realizzabile. Ogni altro scenario oscilla tra due opzioni, ad un estremo abbiamo un'escalation illimitata della partecipazione Nato fino all'Olocausto nucleare, all'estremo opposto abbiamo uno sfondamento russo che pone fine all'esistenza dell'Ucraina arrivando ai confini Nato di Polonia e Romania. In mezzo tra questi estremi abbiamo vari stadi intermedi di congelamento del fronte su linee mediane (il Dnepr?), con il perdurare di un conflitto a bassa intensità, come guerriglia o terrorismo, capace di andare avanti per decenni. Dunque in tutti gli scenari disponibili l'errore di valutazione fatto dalle oligarchie europee rimarrà nei libri di storia. Esso apre a cascata una fase di drammatico ridimensionamento del ruolo economico e culturale dell'Europa, ponendo fine a quella fase dominante avviata tra XVI e XVII secolo, arrestatasi sì con le due guerre mondiali, ma poi proseguita in alleanza con gli USA negli ultimi settant'anni. L'impoverimento delle popolazioni europee, iniziato dopo la crisi subprime - anch'essa originatasi per decisioni americane - subirà un'accelerazione progressiva dovuta alla convergenza dell'aumento dei costi di produzione (energia e materie prime), della riduzione dei mercati di esportazione (fine della globalizzazione), e della necessità di un aumento stabile delle spese militari. Non mi illudo che a questa catastrofe indotta da scelte politiche scellerate le popolazioni europee - stordite, depoliticizzate, ipnotizzate in modo terminale - saranno in grado di reagire. Ma è certo che in altre epoche, intere dinastie regnanti hanno perso la testa per molto meno.


Andrea Zhok

mercoledì 3 maggio 2023

Ue, Von der Lyen e i vaccini

1,8 miliardi di dosi e circa 35 miliardi di euro. Il bilancio municipale di Bruxelles è 40-45 volte inferiore alla somma di cui sopra . Allo stesso tempo, Bruxelles non è solo la capitale del Belgio, ma anche la capitale dell'Unione Europea. Ursula von der Leyen è attualmente il presidente della Commissione europea, cioè il capo dell'esecutivo di "tutta l'UE". Quindi, questa donna ha gestito con successo il contratto per la fornitura di 1,8 miliardi di dosi di vaccino contro il coronavirus all'UE - 900 milioni immediatamente e 900 milioni come opzione - il cui costo totale è stimato in 35 miliardi di euro; e rimane ancora il capo di la Commissione Europea. Negli anni, su suggerimento dell'Occidente, sono state ideate, adottate e promosse un numero incredibile di iniziative per combattere la corruzione su scala internazionale. È sorprendente che né Hunter Biden né Ursula von der Leyen abbiano risposto di queste iniziative. Ma la situazione con il presidente della Commissione europea in generale, è a mio avviso ancora più grave. Il fatto è che si tratta di corruzione sulla salute delle persone e sulle stesse libertà di cui l'UE ama parlare. Giudica tu stesso.


Suo marito è un medico, capo della grande fattoria high-tech Orgenesis Inc. Heiko von der Leyen. La pandemia di COVID-19 è stata una vera manna per la famiglia Von der Leyen. Già l'anno prima si scoprì che Ursula von der Leyen aveva scritto degli sms al capo di Pfizer, Albert Burla, con una proposta di "negoziazione" sulla questione dei vaccini. Poi scaturì un accordo, vi ricordo, per quasi trentacinque miliardi di euro. E quando i giornalisti hanno chiesto di pubblicare le circostanze dei negoziati (dopotutto, si trattava del più grande acquisto centralizzato di vaccini nella storia dell'Europa), tutta la corrispondenza dal telefono del funzionario è semplicemente scomparsa. Come ha affermato in seguito l'amico di Von der Leyen e vicepresidente della Commissione europea per i valori e la trasparenza, questi messaggi di testo potrebbero essere stati cancellati a causa della loro "natura effimera e di breve durata". Per quasi due anni, la storia ha causato sconcerto in tutto il mondo, anche a causa della politica di Bruxelles: hanno fatto entrare Pfizer nel loro mercato dei vaccini, come si è scoperto, previo accordo, mentre con ogni sorta di pretesto hanno rifiutato altri produttori di prodotti simili e anche più avanzati, incluso il primo vaccino al mondo contro l'infezione da coronavirus, lo Sputnik V, che non è stato accettato. E poi la procedura per ammettere il vaccino russo è stata completamente congelata. L'UE è rimasta a lungo scioccata dall'audacia delle sue autorità, ma il caso non è arrivato in tribunale, fino a quando il mese scorso il rappresentante della società di consulenza belga Frederic Baldan ha citato in giudizio la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, accusandola di corruzione in relazione all'acquisto di vaccini per il coronavirus. Ci sono molte domande anche per la Pfizer in Occidente in relazione alla sua sicurezza. 


Maria Zakharova

venerdì 24 marzo 2023

Sulla politica e la sicurezza

Sapete cosa mi sconcerta in questa diatriba sulle borseggiatrici in metropolitana? No, non è l’isterica riprovazione su chi intralcia il loro operato filmandone e pubblicandone le gesta. Quando penso ai cittadini che per difendersi dalla continue aggressioni sono costretti a ricorrere a tali stratagemmi, quando penso a coloro che, vivendo in certi quartieri, la sera non possono uscire di casa, barricati dietro robuste grate, quando scorgo negli occhi dei delinquenti la spavalderia dell’impunità, in quelli degli abitanti la rabbiosa rassegnazione e in quelli dei poliziotti la consapevolezza di non poter offrire un intervento risolutore, allora sapete cosa mi chiedo? Ma a cosa è servito? A cosa è servito stare oltre 30 anni sulla strada a combattere il crimine se poi è questo il risultato? In cosa abbiamo sbagliato? Quando è stato il momento in cui abbiamo perso la guerra?


In tutta onestà non riesco a farmene una colpa. I dinosauri della mia generazione hanno lottato e vinto guerre spietate e sanguinose contro nemici potenti ed efferati, e l’hanno fatto senza armi, senza tecnologia e senza neanche grande cultura, ma con una passione illimitata.Tantomeno ne faccio una colpa agli attuali tutori delle forze dell’ordine che pattugliano strade sempre più impazzite, sempre più soli. La devianza criminale e le questioni di ordine e sicurezza pubblica non sono mai state un problema di polizia, bensì sociale, giuridico e politico. Ed è lì, su quel campo, che la disfatta si mostra in tutto il suo squallore. Nel volgere di un decennio il degrado ha raggiunto vette che ritenevo impensabili. Certo, nella sfortuna di agire in quegli anni in cui imperava la criminalità organizzata (e non certo le baby gang), c’era la fortuna di poter utilizzare metodi operativi che attualmente sarebbero definiti criminali. Oggi finirei nei guai solo se pronunciassi termini sbirreschi che prima erano di uso comune, del tipo: "retata", "rastrellamento", "perquisizioni per blocchi di edifici", “cinturazione di un’area urbana”. Tali orrende parole, ormai desuete, sarebbero talmente scorrette da essere ritenute forme di incitamento all'odio o istigazione a delinquere. Certo, prima se un malfattore si permetteva di oltraggiare un pubblico ufficiale ne pagava le conseguenze, oggi invece ci sono magistrati che li assolvono se gli sputano in faccia, gli pisciano sulla macchina o intonano latrate rap in cui li definiscono “figli di cane”.


Certo, prima si irrompeva nelle roccaforti della mafia in qualunque ora del giorno e della notte, oggi paradossalmente è fatto divieto per le pattuglie di accedere nei campi rom. Qualcuno potrebbe obiettare che il triste “caso Cucchi” (che ha segnato uno spartiacque sociale notevole) è figlio di quei metodi. Io invece ritengo che quel caso sia figlio di ufficiali eunuchi più preoccupati a nascondere l’immondizia sanguinolenta sotto al tappeto, per proteggere la loro carriera, che a far emergere la verità. Perché anche il carrierismo sfrenato è una della concause che ci ha portato alla situazione attuale. Ma non voglio vivere nel passato e so perfettamente che la società muta. Chiamatela pure “evoluzione”, però che attualmente nei grandi centri urbani la situazione della pubblica sicurezza sia fuori controllo non potete negarlo. E’ allora sul campo giuridico che la politica deve assolutamente intervenire con norme stringenti repressive e preventive che permettano agli operatori di polizia di operare in maniera risolutiva. E non si dica che la politica non è capace! Sui cosiddetti “no-vax” ognuno può pensarla come vuole, però è innegabile che in tale frangente è stata messa in campo la “tolleranza zero”. Sono stati schierati droni, idranti, reparti antisommossa con potenze ondulatorie, poliziotti – baywatch, controlli a tappeto. Un vero pugno di ferro! 


Ora, se è stato fatto su persone (che tra l’altro non avevano commesso reati), se è stata resa impossibile la loro vita, per quale motivo non è possibile fare la stessa cosa nei confronti di ladri, spacciatori, rapinatori e tagliagole vari che si sono impadroniti impunemente di intere aree delle nostre città? Mi rendo conto che il nostro Stato ha una limitata capacità gestionale. Questo non possiamo farlo perché l’Europa non vuole, quest’altro l’America non lo gradisce… Ma quel minino di sovranità nazionale che ancora ci rimane la vogliamo esercitare?


Salvino Paternò 

lunedì 20 marzo 2023

Del quando siamo stupidi

Il generale Bertolini: “Ci stiamo facendo male da soli: così sabotiamo la pace, addio sovranità”. GIÀ COMANDANTE DEL COMANDO OPERATIVO INTERFORZE - “Le scelte dell’esecutivo alimentano l’incendio con altra benzina, come i missili”


“Ci stiamo facendo del male da soli, da più di un anno, intromettendoci in una guerra che non è nostra”. Il generale Marco Bertolini, ha appreso dal Fatto Quotidiano la notizia dell’addestramento presso la sede di Sabaudia (Latina) del Comando artiglieria contraerei dell’Esercito italiano, di un gruppo di militari ucraini all’utilizzo del sistema missilistico terra-aria Samp-T. Già a capo del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore, Bertolini è convinto che i rischi di tale comportamento siano “molteplici” e che schierarsi in maniera così netta non faccia altro che ostacolare qualsiasi tipo di trattativa di pace.


Generale, dopo la fornitura delle armi anche l’addestramento dei soldati ucraini su suolo italiano. Come legge questa strategia da parte del nostro governo?


Ci stiamo facendo ancora una volta del male da soli, intromettendoci in un conflitto che non è nostro. Stiamo prendendo sempre più le parti di uno dei due belligeranti, riducendo lo spazio per una trattativa di pace. Le prove di dialogo hanno già subito un duro colpo con l’incriminazione di Vladimir Putin, da parte della corte penale internazionale dell’Aja. Da parte nostra, alimentando l’incendio con altra benzina, le armi, non facciamo niente per circoscriverlo. Anzi. Era chiaro che dopo aver ceduto sistemi Samp-T all’Ucraina avremmo anche dovuto provvedere all’addestramento degli interessati, ma ciò non toglie che stiamo procedendo su una strada che renderà difficile, se non impossibile, riprendere le fila di una trattativa o recitare ruoli nella partita di pace.


Quali sono i rischi per il nostro Paese?


Il rischio è duplice. Innanzitutto continuiamo a gettare benzina sul fuoco fornendo armi ed energie a un altro Stato impegnato in guerra che rischia di diventare una never ending war, come l’Afghanistan, mentre dall’altro sottraiamo risorse preziose alla nostra difesa, un comparto già colpevolmente trascurato per decenni da un finto pacifismo che ora sembra essersi trasformato in un ultra-bellicismo trasversale a tutti i partiti. Poi c’è la progressiva erosione della nostra sovranità. Le armi e gli eserciti, infatti, sono prima ancora che strumenti di difesa presidi di indipendenza. Questa non può non soffrire se le nostre esigenze di difesa vengono subordinate a quelle di altri Paesi, non appartenenti alle nostre alleanze e impegnati per classiche rivendicazioni territoriali, come quelle di tutte le guerre, estranee agli interessi nazionali.


Il sostegno all’Ucraina viene letto come la necessità di aiutare Kiev a resistere ad una guerra di aggressione da parte della Russia, ai danni di uno Stato sovrano.


Ma quante guerre di aggressione ci sono state in questo “pacifico” dopoguerra? E quante ce ne sono tuttora nel mondo? Non mi sembra che siamo intervenuti in tutte le guerre a difesa degli aggrediti, o sbaglio? È la grande ipocrisia di questo conflitto del quale ci siamo accorti solo all’ultimo momento, mentre il fuoco ha covato sotto la cenere per almeno otto anni, dal 2014, nella nostra indifferenza. E qui si torna al problema della sovranità: stiamo sottraendo risorse, nemmeno il “virtuoso occidente.” L’abbiamo già visto con la Libia dove per “disciplina di alleanza” abbiamo lasciato che venisse distrutto un paese col quale avevamo ottimi rapporti, ricevendone in cambio quell’immigrazione clandestina che addirittura si è trasformata in un ulteriore e paradossale terreno di scontro tra le nostre forze politiche. Mentre amici ed alleati ci lasciano bollire nel nostro brodo.


Da telegram di Giorgio Bianchi

giovedì 2 marzo 2023

Ipocrisia

Meno della metà dei migranti morti a Crotone  è stata identificata. Tra essi si contano 25 afgani, 1 siriano, 1 palestinese e 1 pachistano. Provenivano tutti da paesi martoriati dalle guerre americane.  Si può ragionevolmente ipotizzare che, senza queste guerre, nessuno di loro avrebbe  lasciato la sua terra . Alla luce di questo fatto, è necessario dire poche parole di verità. I veri responsabili della morte di questi sventurati sono coloro che hanno materialmente distrutto i loro paesi e coloro che, con le parole e le omissioni, hanno permesso che venissero distrutti. Tra costoro si contano tutte le più alte cariche dello stato  e tutti i leader dei principali partiti italiani. La retorica e i lamenti che escono dalle loro bocche sono solo esercizi di ipocrisia


Silvio dalla Torre 

lunedì 27 febbraio 2023

Il bolognese

Mi desta una certa sorpresa constatare che, proprio per rendere concreti i nobili obiettivi allora proposti, il Parlamento Europeo, nei confronti del futuro dell’automobile, si sia schierato in favore dell’unica scelta produttiva nella quale Cina e Stati Uniti si trovano fortemente in vantaggio rispetto all’Europa. La decisione di abbandonare la produzione di ogni tipo di automobile spinta da un motore a diesel o a benzina, per passare ad un sistema a trazione puramente elettrica in tempi così ristretti (entro il 2035), ci obbliga infatti a mettere in secondo piano i progressi in corso nel campo dei biocarburanti, dell’idrogeno e delle altre tecnologie che vedono l’Europa combattere ad armi pari. Eppure vi sono sostanziali dubbi che la scelta compiuta sia la strada più conveniente per affrontare il problema del degrado del pianeta, data la quantità e la qualità di materie prime necessarie a produrre le batterie che costituiscono il motore dell’auto elettrica e dato l’elevato costo della rottamazione delle batterie stesse. Il tutto senza tenere conto dell’energia necessaria per muovere il loro peso, assai maggiore di quello di un tradizionale motore a combustione interna. Bisogna inoltre sommare a tutto questo il costo delle infrastrutture necessarie per la ricarica delle batterie, l’inquinamento provocato dalla produzione dell’energia elettrica (solo in parte generata da fonti rinnovabili) e, anche se in via di progressiva soluzione, la limitata autonomia delle auto elettriche e i loro lunghi tempi di ricarica. 


Non ci si deve quindi sorprendere se, a differenza di altri studi che giungono a conclusione opposte, una recente ricerca dell’Università di Monaco sostiene che, tenendo conto di tutti questi aspetti, un’auto elettrica finisce con il produrre, insieme a una cospicua caduta dei posti di lavoro, una quantità di CO2 superiore a quella di un motore a combustione interna di ultima generazione. Tanto più che, dati gli elevati costi delle auto elettriche, diverrà conveniente utilizzare per un tempo il più lungo possibile anche le auto più inquinanti oggi sul mercato. Nonostante i progressi tecnologici di Cina e Stati Uniti nella produzione delle batterie, i costi delle auto elettriche rimangono infatti ancora molto superiori a quelli delle tecnologie fino ad ora dominanti. Per un lungo numero di anni dovremo quindi incentivare gli acquirenti dell’auto elettrica con pesanti sussidi, dedicati ad acquistare prodotti che, nella quasi totalità, sono fabbricati in Cina o nei giganteschi impianti di batterie in costruzione negli Stati Uniti, sotto la spinta degli incentivi forniti dal governo. Mancando infine una politica industriale a livello europeo, le grandi imprese dell’Unione si stanno attrezzando per fare fronte a questa sfida con nuovi grandi progetti, naturalmente sussidiati dagli Stati nazionali sia sotto la forma di un cospicuo incentivo agli investimenti, sia tramite un contributo agli acquirenti che, secondo l’affermazione del Commissario Europeo all’industria Thierry Breton, si colloca nell’ordine di 6.000 euro per ogni auto acquistata.


In Italia il problema assume un aspetto del tutto particolare in quanto, pur essendo ormai marginali nella produzione di vetture finite, siamo un Paese di straordinaria importanza nella produzione dei componenti, la gran parte dei quali non esiste nelle vetture elettriche, che sono molto più semplici e si muovono spinte unicamente dalle costosissime batterie. Le auto elettriche non hanno infatti bisogno di filtri, valvole, testate, iniettori, monoblocchi, pompe, serbatoi e delle tante altre diavolerie che compongono un’auto spinta da motore diesel o a benzina. Di conseguenza, nel nostro Paese, si produrrà una riduzione di oltre cinquantamila posti di lavoro e un notevole danno alla nostra bilancia commerciale, dato che siamo grandi esportatori verso le imprese automobilistiche europee. Altre risorse saranno quindi necessarie per porre rimedio a questa ulteriore conseguenza, comune a tutta Europa ma che, in Italia, assume un peso del tutto particolare. Di fronte a tutte queste considerazioni, mi chiedo se scelte così drastiche e tempi così ristretti siano la decisione migliore per proteggere il futuro del nostro pianeta. Forse gli stessi legislatori europei hanno nutrito qualche dubbio in materia quando hanno proposto un possibile riesame nel 2025. Come si suole dire in questi casi, si tratta però di una “pezza peggiore del buco” perché, nel frattempo, tutte le grandi decisioni saranno già state messe in atto, con le loro conseguenze, compresa quella di bloccare ogni ricerca per migliorare il funzionamento del motore endotermico.


Romano Prodi, il Messaggero, 18 febbraio 2023

venerdì 24 febbraio 2023

Lettera aperta

Lettera aperta a Podolyak nel tempo imbecille degli esseri inani. Di Alessandro Orsini. 


Podolyak, consigliere presidenziale di Zelensky, dichiara che Kiev, con  i missili a lungo raggio dell'Occidente, potrebbe uccidere il 30%-40% delle reclute che Putin sta ammassando al confine con l'Ucraina in vista della grande offensiva di terra. Caro Podolyak, chiedo con gentilezza, hai una mente abbastanza potente per porti la seguente domanda? Se Kiev uccidesse il 40% delle reclute russe con i missili americani, secondo te, Podolyak mio, poi la Russia che cosa fa? Si arrende, ti dà i soldi per ricostruire l'Ucraina e accetta pure la Nato in Donbass e i soldati americani in Crimea? Caro Podolyak, non ti viene in mente che, se tu uccidi il 40% delle reclute russe con i missili della Nato, poi la Russia ti squaglia pure la suola delle scarpe? Davvero la tua mente non riesce a concepirlo? Caro Podolyak, tu dici che tutti gli Stati sono liberi di fare quel che vogliono della loro politica estera e di sicurezza. Ti spiego una cosa: se l'Italia provasse a uscire dalla Nato per entrare nel blocco russo, del mio amato Paese non rimarrebbero nemmeno le cime di rapa. Il minimo che potrebbe capitarci è l'assssinio del nostro presidente del consiglio. Hai una mente abbastanza potente per capire che la gestione di uno Stato non è la gestione di un condominio? Davvero la tua mente è così limitata da impedirti di capire che l'Ucraina non può entrare nella Nato e l'Italia non può uscirne? 


Con la stessa gentilezza, chiedo: voi consiglieri presidenziali di Zelensky maneggiate concetti del tipo "alleanze strutturali", "struttura delle relazioni internazionali", "campi di forze oggettive", "rapporti di forza", "dilemma della sicurezza"? Senza offesa, voi consiglieri di Zelensky date l'impressione di avere le capacità cognitive di un bambino di tre anni. E noi rischiamo la terza guerra mondiale per un gruppo di uomini dal pensiero non pensato come voi? Siete esseri umani o esseri inani? Il problema non sono le dichiarazioni di Berlusconi, caro Podolyak, il problema sono certe facoltà intellettive ucraine e la mancanza di un microscopio atto ad osservarle. Non viviamo affatto in un tempo tragico; viviamo in un tempo imbecille. Se tornasse in vita, Platone non rifletterebbe sulla Repubblica dei guardiani o sui guardiani della Repubblica, bensì sulla Repubblica degli imbecilli e sugli imbecilli della Repubblica.


La domanda platonica oggi non è chi controlla i controllori, bensì chi controlla gli imbecilli. Imbecilli nel Parlamento europeo. Imbecilli nella Commissione europea. Imbecilli nelle televisioni. Imbecilli nelle radio. Imbecilli nel Parlamento italiano. Il tempo imbecille è il tempo degli imbecilli dappertutto. Imbecilli dappertutto tranne che nella Casa Bianca, soltanto lì troviamo gli intelligenti: mi inchino davanti al genio strategico di Biden. Il Parlamento europeo è la vergogna d'Europa, luogo di corrotti nella mente prima ancora che nelle tasche che finanziano una guerra per procura contro la Russia in favore della Casa Bianca per l'autodistruzione dell'Europa. L'Europa contro la Russia è, in assoluto, l'idea più imbecille mai sorta in Europa negli ultimi settecento anni. Caro Podolyak, perdonami se ho scritto qualcosa di indelicato. Ti voglio bene come si può volere bene a una mente bisognosa di essere accudita. Avanzi l'Italia, avanzi la pace. Risorga il movimento pacifista. 

martedì 21 febbraio 2023

Lo sguardo altrui

Nei rapporti con gli altri il fattore fondamentale per consentire l'instaurarsi di rapporti pacifici e di mutua comprensione è la capacità di mettersi nei panni altrui, di guardare il mondo circostante anche con gli occhi dell'altro, dalla sua prospettiva. Non è un esercizio facile, ma è l'esercizio etico primario che sta alla base di tutte le etiche tradizionali come formula della reciprocità. Questa prassi è stata tuttavia progressivamente erosa nella cultura occidentale (in particolare americana). Non è sempre stato così, ma oggi lo sguardo occidentale è addestrato a concentrarsi su quali possano essere i lati da cui l'altro potrebbe avermi offeso, dal mio punto di vista, posto come ultima autorità. Spostato sul piano della politica estera questo unilateralismo etico nell'opinione pubblica si esprime in forme di "imperialismo ingenuo", che farebbero tenerezza se non lasciassero dietro di sé una scia di morte e distruzione. Ora, qualcuno ancora oggi continua a chiedersi: "Cosa mai avrà avuto da temere la Russia in Ucraina? E' chiaro che si tratta di un pretesto per invadere l'Europa." "E cosa mai avrà da temere la Cina per armarsi?" "E cosa mai avranno da temere l'Iran, o la Corea del Nord, o il Venezuela," ecc. ecc.? Perché, giusto cielo, ci odiano tanto, noi che siamo manifestamente lo standard della civiltà e cavalleria? Per approssimare una risposta può aiutarci soffermare un momento lo sguardo su alcuni dettagli.


Ad esempio.


Gli USA sono il paese al mondo maggiormente coinvolto in conflitti bellici nel corso della sua storia; e sono peraltro il paese con l'esercito di gran lunga più potente al mondo, spendendo da soli più della somma dei successivi 15 paesi più militarmente sviluppati al mondo (800 miliardi di dollari/anno per gli USA, contro i 293 della Cina, i 76 dell'India, i 65 della Russia, i 56 della Germania, ecc.; dati 2021). 


Gli USA hanno inoltre fomentato sistematicamente un'infinità di colpi di stato verso governi sgraditi (spesso vantandosene post hoc). E quando i regime changes non riescono in forma indiretta, nutrendo le proprie quinte colonne, si passa spesso allo stadio successivo, dell'intervento diretto. Il canone, divenuto oramai classico, del'interventismo americano è infatti rappresentato da un'operazione in due tempi: in prima istanza si alimentano e finanziano le proteste (sempre sedicenti "democratiche") all'interno del paese X; in seconda istanza si utilizza come giustificazione ad intervenire il fatto di essere "invocati dalla minoranza oppressa nel paese X".  Questo giochino, sempre spalleggiato dai media a gettone, è uno schema universalmente noto e discusso ovunque, tranne in Occidente.  Qui da noi i probi raddrizzator di torti, Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo sotto l'ascella, sono invece sempre sinceramente stupiti di come ovunque la giungla extraoccidentale pulluli di malvagi oppressori, e di oppressi desiderosi di essere liberati da noi. Se pensiamo che il segno distintivo del controllo militare imperialistico è la presenza di basi miltari al di fuori del proprio territorio, è utile ricordare che i paesi da noi descritti come proverbialmente aggressivi e guerrafondai (Russia, Cina, Iran, Corea del Nord) possiedono tutti assieme una manciata di basi militari extraterritoriali (6 la Russia, 4 la Cina, tutte in paesi loro prossimi). Gli USA da soli possiedono invece oltre 800 basi militari extraterritoriali, distribuite su tutti i continenti. 


Infine, come impeccabilmente documentato da Daniele Ganser (ne "Le guerre illegali della NATO"), dopo la caduta dell'URSS, la Nato, non si è limitata ad espandersi massivamente, in particolare verso Est, ma è intervenuta ripetutamente con iniziative di aggressione verso paesi terzi (iniziative non difensive, in violazione della funzione originaria dell'alleanza). Ed è per queste, e altre, ragioni che sarebbe utile smettere di continuare a scandalizzarci della pagliuzza nell'occhio altrui senza notare il trave nel nostro. Da occidentali spiace dirlo, ma nonostante il profluvio di autoassoluzioni hollywoodiane, da tempo agli occhi del resto del mondo gli USA appaiano come il bullo del quartiere e la Nato come la sua gang.


Andrea Zhok

lunedì 13 febbraio 2023

Berlusconi ha ragione

Ripeto: in questo Paese siamo maestri nella sacra arte di non discutere mai del focus di una questione. La polemica sulle parole pronunciate da Silvio Berlusconi è del tutto decentrata rispetto a ciò che, volutamente, stampa, media e la stessa politica fingono di non sia reale. Le accuse rivolte a Zelensky non sono quelle di una voce isolata nel deserto, di un anziano che ha smarrito una rotella, ma corrispondono al pensiero della maggioranza degli italiani, certificata non solo da ogni singolo sondaggio pubblicato da un anno a questa parte ma, paradossalmente, dalla stessa Giorgia Meloni la quale, nell'indifferenza dell'opinione pubblica ormai anestetizzata a qualsiasi forma di dolore, ha esplicitamente detto che la stessa opinione pubblica non è d'accordo con le scelte del Governo ma che lo stesso Governo ha deciso di non ascoltare l'opinione pubblica, tradendo difatti l'essenza stessa dell'idea di democrazia, poiché aiutare l'Ucraina è "giusto". Che sia giusto o meno e, soprattutto, che la modalità sia giusta o meno, siamo davanti alla maggioranza del Paese che dice A, mentre il Governo decide di fare B, dovendo ottemperare al giuramento di fedeltà verso il suo padrone. Insomma, disquisire sulle frasi pronunciate da Berlusconi equivale a preoccuparsi della porta che cigola, mentre l'intera casa va a fuoco Ed è indubbio che ci siamo talmente abituati a vivere avvolti nelle fiamme che domani, io giorno dopo e il giorno dopo ancora, avremo ancora tanto da dire su quel cigolio.


Giovy Novaro

domenica 15 gennaio 2023

Agenda 2030

Lezione di (dis)educazione civica. Argomento: l’agenda 2030. 


Ora terza. Classe quarta. Lezione di EDUCAZIONE CIVICA.


Svolgimento.


Buongiorno, ragazzi. Oggi l'ora di lezione sarà dedicata all'educazione civica. Già conoscete la mia opinione riguardo all'introduzione di questa disciplina nel curriculum scolastico: penso​ sia stata un'occasione per togliere spazio alle materie tradizionali e per fare un po' di retorica. In quanto dipendente statale, che non può prescindere dalle regole che gli sono state imposte, sono tuttavia tenuto a conformarmi alle indicazioni del Minestero. Nella parte dedicata all'Educazione civica, il vostro manuale, come potete constatare andando alla pag. 150, dedica ampio spazio all'illustrazione dei contenuti dell'Agenda 2030 dell'ONU sullo sviluppo sostenibile. Questo documento indica 17 obiettivi che dovrebbero essere raggiunti entro la fine del decennio. Si va dalla sconfitta della povertà e della fame alla garanzia di istruzione e sanità per tutti; dal superamento delle discriminazioni di genere alla tutela dell'ambiente; dal raggiungimento della pace universale alla promozione delle energie rinnovabili.​ Fin qui, nulla di male. A parte la bizzarria di indicare un' agenda comune a popoli tra loro molto diversi per cultura, tradizioni, sviluppo economico ecc., i quali si presume abbiano esigenze e priorità del tutto specifiche, nessuno, che non sia un sadico, può dirsi favorevole alla povertà, alla fame, alla ingiustizia, alla discriminazione,​ all'ignoranza, alla malattia, all'inquinamento, alla guerra ecc. Messa così, l'Agenda 2030 è solo un elenco di buoni propositi. Di buoni propositi - come è ben noto - è però lastricata la via dell'Inferno. Tanto più se questi propositi buoni lo sono soltanto in apparenza.


Ricorderete certo cosa Machiavelli diceva del principe: egli deve "parere" pietoso, fedele, liberale (in poche parole buono) , ma esserlo solo fino a quando gli convenga, essendo pronto, in caso di necessità, a trasformare le soprascritte qualità positive nel loro contrario.​ Ecco, oggi, in forma estrema e mille volte più​ spregiudicata, avviene qualcosa di simile. Un'oligarchia predace governa il mondo. Essa ha il controllo delle grandi corporations multinazionali e usa come suoi strumenti​ i governi nazionali (a partire da quello degli Stati Uniti),​ le organizzazioni internazionali (ONU, FMI, OMS ecc), le banche centrali, il sistema informativo. Essa ha promosso guerre criminali, che hanno provocato milioni di morti, in Yugoslavia, in Iraq, in Afganisthan, in Libano, in Libia, in Siria.


Essa ha promosso schifose rivoluzioni colorate in tutti gli angoli del mondo, abbattendo, con il pretesto​ della difesa della democrazia e dei diritti umani, quei governi che si ostinavano a fare gli interessi dei loro popoli o che non erano perfettamente allineati.​ Essa ha imposto politiche economiche distruttive ai paesi del terzo mondo, le quali hanno accresciuto enormemente le diseguaglianze tra gli individui e le classi e hanno costretto all'emigrazione​ centinaia di milioni di persone. Essa ha smantellato con feroce determinazione​ lo stato sociale dei paesi occidentali, tagliando ovunque la spesa sanitaria e quella per l'istruzione. Essa ha deregolamentato il mercato del lavoro, togliendo diritti e dignità ai lavoratori. Essa ha inondato il pianeta di bugie e falsità di ogni tipo, come si è visto in modo clamoroso durante l'epidemia ed ora in relazione alla guerra in Ucraina. Essa si è proposta di riplasmare il mondo, creando un universo distopico basato sulla digitalizzazione spinta, sul controllo generalizzato, sulla distruzione della classe media, sulla fine della piccola impresa, sulla cancellazione delle culture particolari e di tutti i legami comunitari (da quelli religiosi a quelli familiari), sulla sostituzione di una cultura millenaria, che proviene dai greci, con un insieme di luoghi comuni politicamente corretti, buonisti, ipocriti, imbecilli. Il lavorio di questa perversa oligarchia ha già dato i suoi frutti, che sono sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere.


Negli ultimi decenni è aumentata la povertà, è aumentata la precarietà, il livello dell'istruzione e della sanità si è abbassato, si sono moltiplicate le guerre.​ Un solo dato dimostra in modo inequivocabile ciò che sta accadendo. Negli Stati Uniti, il paese faro e guida dell'Occidente, dove hanno il via quei processi poi destinati a generalizzarsi,​ in controtendenza rispetto ai dati degli ultimi due​ secoli, negli ultimi dieci anni è diminuita l'aspettativa di vita e l'altezza media della popolazione. Mentre, come trionfalmente ricorda il filosofo, pupillo di Soros ,Harari nel suo folle libretto "Homo deus", la perversa oligarchia sogna l'immortalità per se stessa, pensando assurdamente di poter un giorno campare quattrocento o cinquecento anni grazie a innovative cure mediche, da essa lautamente finanziate, la vita delle persone comuni si degrada progressivamente. Dovremmo dunque pensare che questa scellerata oligarchia, desiderosa solo di accrescere esponenzialmente la sua autorità​ e la sua ricchezza e dominata da un incontrollabile delirio di onnipotenza, si sia improvvisamente trasformata ed abbia a cuore i destini dell'umanità?​ No, no, mille volte no! Il lupo resta lupo, non diventa agnello. Al massimo, da agnello può travestirsi per mettere in atto più agevolmente i suoi crimini e questo, per l'appunto, è ciò che sta accadendo. L'agenda 2030 non è il programma di un gruppo di miti filantropi.​ E' l'ipocrita copertura ideologica ad uno dei più perversi progetti che mai siano stati concepiti. Comprenderlo è la premessa non sufficiente, ma necessaria, per cercare di evitare il peggio. Capisco che quanto dico vi sembrerà strano, in quanto va in radicale contrasto con la narrazione vigente nelle scuole di ogni ordine e grado. Penso, però, che sia mia dovere dirvi la verità. Quella, almeno, che io ritengo, sulla base di riflessioni ponderate, essere la verità. Buongiorno a tutti e buona fortuna. Ci vediamo domani.


Silvio dalla Torre