sabato 31 agosto 2013

Libertà di pensiero e parola

Chi tocca la Kynege si brucia. Rischia il posto di lavoro, infatti,  il consigliere circoscrizionale ex della Lega Nord del Trentino, poi Upt, che insultò il ministro Cecile Kyenge. Su facebook scrisse che doveva ''tornare nella giungla'' e attaccò il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e la presidente della Camera, Laura Boldrini. Paolo Serafini, autista di Trentino Trasporti Esercizio, si è infatti visto arrivare una lettera di contestazione in cui viene affermato "che sarebbe venuto meno il rapporto di fiducia". Insomma per un insulto ora rischia di restare senza lavoro.

Fatto fuori da tutto - Subito dopo quel suo post su facebook, il consigliere è stato espulso dal suo movimento. E mentre il consigliere provinciale del Pd Mattia Civico ha presentato un esposto in Procura, è scattata una denuncia da parte della Digos e il pm ha attivato l'iter per oscurare la sua pagina facebook. Quel post "torni nella giungla" era corredato da una serie di foto di scimmie e da molte altre frasi analoghe, anche prima delle affermazioni del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli che nei giorni stessi le aveva riferito l'appellativo di orango. Serafini, autista dell'azienda di trasporto pubblico locale, sulla stessa pagina del social network ha foto di Mussolini e scritte con parole del duce e non risparmia, come evidenzia lo stesso quotidiano, il presidente della Camera, Laura Boldrini, "che scorrazza in giro per l'Italia insieme alla sua compare nera". Ora però pagherà quelle sue parole sulla Kyenge col posto di lavoro.

Cotinuano gli sbarchi

Sbarcati 130 immigrati, molti siriani. A bordo peschereccio soccorsi da Guardia finanza e Capitaneria

ROCCELLA JONICA (REGGIO CALABRIA), 31 AGO
- Oltre 130 immigrati sono sbarcati stamane a Roccella Jonica, nella locride. Gli immigrati erano a bordo di un peschereccio che e' stato intercettato nella notte dalla Guardia di Finanza e dalla Capitaneria di porto. L'imbarcazione e' partita cinque giorni fa da un porto della Grecia. Gli stranieri, le cui condizioni sono buone, sono di nazionalita' siriana e somala. Dopo le prime cure sono stati trasferiti in una scuola comunale di Roccella.

Immigrazione, altro sbarco in Sicilia. Un centinaio su barcone precario, trainato da Gdf a Catania

CATANIA, 31 AGO
- Continuano gli sbarchi di migranti nel versante orientale della Sicilia. Una barca con a bordo un centinaio di extracomunitari e' stato intercettato dal guardiacoste Zanotti del gruppo aeronavale della Guardia di Finanza a largo di Capomulini. Militari delle Fiamme Gialle sono saliti a bordo e il natante, in precarie condizioni, e' stato trainato nel porto di Catania dove ad attenderlo c'era un dispositivo di uomini e mezzi del comando provinciale della guardia di finanza etnea.

venerdì 30 agosto 2013

L'idiozia che non ha confini

Basta con mamma e papà. «Sui moduli? Secondo genitore». Venezia, idea della neo delegata ai diritti gay: domande per le scuole, si cambia

VENEZIA
— Addio alla dicitura «mamma» e «papà» dai moduli per l’iscrizione agli asili nido e alle scuole dell’infanzia. Al loro posto comparirà «genitore 1» e «genitore 2». E nei bandi per l’assegnazione delle case popolari di Venezia sarà presto specificato che possono partecipare anche coppie non eterosessuali. È il programma della delegata del sindaco Giorgio Orsoni ai Diritti Civili e alle Politiche contro le discriminazioni, la consigliera comunale Camilla Seibezzi. Lo ha presentato ieri, fresca di nomina. Ma il suo programma scatena subito la polemica, anche all’interno della stessa maggioranza di Ca’ Farsetti. A partire dal primo cittadino, caduto dalle nuvole: «Parte male», dice secco. Camilla Seibezzi, consigliera della lista «In Comune», lavora da anni sui temi dei diritti. E spiega che il linguaggio è un obiettivo fondamentale per contrastare gli stereotipi: «La modulistica costruisce una categoria di pensiero, una prassi quotidiana», dice. Ecco perchè nel suo programma la modifica dei bandi del Comune è tra i primi punti.

Non c’è solo quello nelle linee progettuali della nuova delega, che può contare su uno stanziamento di 40 mila euro per il 2013 e 120 mila nel 2014 e punta ad azioni concrete per valorizzare i diritti civili, con la collaborazione dei vari assessorati e di organismi nazionali e internazionali, come il «Master europeo in Diritti Umani e democratizzazione del Lido» e il Consiglio d’Europa. «Con l’assessorato alle Politiche giovanili lavorerò ai progetti contro omofobia e discriminazioni razziali ed etniche — dichiara Seibezzi —. Insieme all’assessorato all’Istruzione mi occuperò di testi per l’infanzia, in cui la differenza venga presentata come una realtà esistente e di pari dignità. Altri campi d’azione sono l’integrazione di persone affette da disagio mentale, la discriminazione di genere, la mobilità sociale, piaga che affligge l’Italia». Ma sono i primi atti concreti annunciati per moduli e bandi a scatenare subito le proteste a Venezia. In realtà Ca’ Farsetti da oltre un decennio non fa distinzioni tra coppie eterosessuali o omosessuali nell’assegnazione degli alloggi popolari, usando un concetto ampio di «famiglia». E già quest’anno sui moduli di iscrizione scolastici, se gli uffici non avessero ritardato gli atti finali, sarebbero dovute sparire le parole «madre» e «padre» su indicazione dell’ex assessore alla Cittadinanza delle donne, Tiziana Agostini. «La riflessione sulla cancellazione delle "gerarchie", prima padre poi madre, ci aveva spinto a prendere la decisione l’anno scorso», conferma Agostini. Un conto però è una decisione presa senza tanta pubblicità, un altro è una scelta politica dichiarata.

Non a caso il primo contrariato è il sindaco: «Non ne sapevo nulla. I delegati prima di lanciare qualche iniziativa ne devono parlare con me». Orsoni però difende la delega: «Lo abbiamo fatto per la tutela dei diritti. Nelle politiche del nostro Comune c’è una particolare attenzione ai diritti di tutti». Meno diplomatico Simone Venturini, capogruppo dell’Udc in Consiglio comunale: «La delega ai diritti civili è un provvedimento personale del sindaco non concertato con la maggioranza, per cui ogni iniziativa verrà valutata o bocciata. Non ci sentiamo vincolati dal patto di maggioranza su questa delega». E aggiunge: «Per noi la famiglia resta formata da uomo e donna, ma questo non vuol dire togliere diritti agli altri. La modifica dell’etichetta non credo dia sostanza ai diritti. Prima risolviamo le emergenze, la lotta di bandiera non è un buon servizio alla città, non cerchiamo punti che ci dividono». A difendere il programma di Seibezzi è l’assessore alle Politiche Giovanili Gianfranco Bettin. «Sono pienamente d’accordo—dice— nei moduli della scuola dell’infanzia la qualifica di genitore è più che esaustiva per specificare questo tipo di rapporto ». Da Roma Giancarlo Galan, parlamentare Pdl, lancia un affondo a Orsoni: «E’ un’operazione propagandistica, che il sindaco si candidi in Parlamento nazionale se vuole occuparsi di altro rispetto alla politica locale. Mi fa ridere che un sindaco si occupi di discriminazioni razziali o di matrimoni omosessuali».

Coi soldi dei contribuenti, alla faccia della spending review

Senatori a vita, quattro nuove nomine. La scelta del Quirinale: Claudio Abbado, Renzo Piano, Carlo Rubbia e la neurobiologa Elena Cattaneo

Il Quirinale ha nominato quattro nuovi senatori a vita. Sono il direttore d'orchestra Claudio Abbado, l'architetto Renzo Piano, il fisico nucleare Carlo Rubbia e la neurobiologa del San Raffaele Elena Cattaneo. Si tratta di personalità che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo scientifico, artistico e sociale. I decreti sono stati controfirmati dal Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Enrico Letta. Il Presidente Napolitano ha informato delle nomine il Presidente del Senato della Repubblica, senatore Pietro Grasso. Quindi ha dato personalmente notizia della nomina ai neo senatori, porgendo loro i più vivi auguri. «È anche per dare un segno di serena continuità istituzionale che ho ritenuto di dover colmare i vuoti tristemente determinatisi, nel breve giro di un anno, nelle fila dei senatori a vita di nomina presidenziale», ha spiegato il presidente.

CLAUDIO ABBADO - Nato nel 1933, Claudio Abbado si è diplomato al Conservatorio di Milano. Ha acquisito meriti artistici nel campo musicale attraverso l'interpretazione della letteratura musicale sinfonica e operistica alla guida di tutte le più grandi orchestre del mondo. A tali meriti si è congiunto l'impegno per la divulgazione e la conoscenza della musica in special modo a favore delle categorie sociali tradizionalmente più emarginate. Ha avuto la responsabilità della direzione stabile e musicale delle più prestigiose Istituzioni musicali del mondo come il Teatro alla Scala e i Berliner Philharmoniker; ha ideato istituzioni per lo studio e la conoscenza della nuova musica. Si è in pari tempo caratterizzato per l'opera volta a valorizzare giovani talenti anche attraverso la creazione di nuove orchestre, come la European Union Youth Orchestra, la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Chamber Orchestra, la Orchestra Mozart.

CARLO RUBBIA - Nato nel 1934, si è laureato presso la Scuola Normale di Pisa e ha svolto il suo dottorato alla Columbia University. Ricercatore al Cern di Ginevra dal 1961, ne è stato Direttore Generale dal 1989 al 1993. Per diciotto anni ha svolto l'attività di Professore di Fisica presso la Harvard University. Nel 1984 ottiene il Premio Nobel insieme a Simon van der Meer per la scoperta dei particelle W e Z, responsabili delle interazioni deboli. Membro delle più prestigiose accademie scientifiche, detiene 32 lauree honoris causa. Attualmente svolge le sue attività di ricerca fondamentale al CERN e ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.

RENZO PIANO - Nato nel 1937, Renzo Piano si laurea al Politecnico di Milano nel 1964. Vincitore, tra l'altro del Premio Pritzker (Washington), Praemium Imperiale, (Tokyo), Erasmus (Amsterdam), Leone d'Oro, (Venezia). Dal 1994 è Godwill Ambassador dell'Unesco per la Città. Ha costruito spazi pubblici per le comunità, musei, università, sale per concerto, ospedali. Tra i suoi più importanti progetti il Centro Culturale Georges Pompidou a Parigi, l'aeroporto Kansai in Giappone, l'auditorium Parco della Musica a Roma, il museo dell'Art Institute a Chicago, il nuovo Campus della Columbia University a New York. Nel 2004 istituisce la Fondazione Renzo Piano, con sede a Genova, organizzazione no-profit dedicata al supporto dei giovani architetti, che accoglie a «bottega».

ELENA CATTANEO - Nata nel 1962, Elena Cattaneo si laurea in farmacia all'Università di Milano dove successivamente consegue il dottorato e dal 2003 insegna come professore ordinario. Ha operato come ricercatrice per tre anni al MIT di Boston nel laboratorio del Prof. Ron McKay, dove ha avviato studi su cellule staminali cerebrali. Rientrata in Italia, ha fondato e dirige il Laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di bioscienze dell'Università di Milano, dedicandosi allo studio della Corea di Huntington. È stata Rappresentante Nazionale presso l'Unione Europea per la ricerca Genomica e Biotecnologica. Ha coordinato il progetto europeo NeuroStemcell e, da ottobre 2013, coordinerà il progetto NeuroStemcellrepair nell'ambito del 7 Programma Quadro della Ricerca Europa.

Forteto

Forteto: chiesto commissariamento azienda ma Coop e PD alzano barricate di Massimo Martini

Minori abusati e schiavizzati sul luogo di lavoro, intervengono gli ispettori per chiedere il commissariamento della azienda- comunità, ma il partito di governo locale e le centrali delle cooperative si schierano a difesa degli accusati e non delle vittime. Questo accade al giorno d’oggi nella civilissima Toscana. Il 4 ottobre inizierà il processo a carico di tutto il gruppo dirigente de Il Forteto, la comunità mugellese finita in un drammatico scandalo di abusi su minori. Alla sbarra Rodolfo Fiesoli accusato di violenze sessuali ed altri 22 membri e dirigenti della Comunità imputati di maltrattamenti su minori. I media nazionali si sono occupati più volte delle violenze sui bambini affidati dal Tribunale alla Comunità di Vicchio nonostante Fiesoli avesse già negli anni ’80 ricevuto una condanna passata in giudicato per violenze sui minori e anche la Corte di Strasburgo avesse condannato l’Italia per gli stessi reati. Nel frattempo però è emerso un altro filone di questa drammatica vicenda. Le vittime, fuggite dalla setta, hanno iniziato a prendere coraggio e durante i lavori della Commissione di inchiesta, aperta sul caso dal Consiglio Regionale della Toscana, oltre a raccontare gli abusi sessuali hanno anche portato alla luce le loro condizioni lavorative all’interno del Forteto. “Dai verbali della commissione emerge che nella cooperativa vengono sistematicamente calpestate le più elementari norme a tutela del lavoro, dei diritti umani e delle norme fiscali – Spiega il capogruppo di Fratelli d’Italia in Toscana Giovanni Donzelli- bambini costretti a lavorare la notte prima di andare a scuola, lavoratori chiusi per punizione nelle celle frigorifere, donne in gravidanza costrette a lavorare fino al giorno del parto, uomini sani e portatori di handicap a lavoro 365 giorni l’anno senza ferie compreso Natale o ferragosto, stipendi mai visti, finti periodi di sospensione dal lavoro per incassare contributi statali, nessun orario e nessuno straordinario riconosciuto economicamente. Il tutto accompagnato da sommari processi popolari serali, abusi fisici e psicologici. Di fatto è un luogo di schiavismo.” Lo stesso Donzelli era stato promotore lo scorso gennaio di una richiesta ufficiale della Regione Toscana al Ministero dello sviluppo economico per inviare alla cooperativa Il Forteto degli ispettori al fine di verificare il rispetto della legge vigente. Gli ispettori, in seguito alla richiesta, sono arrivati ad aprile e dopo aver svolto la loro indagine in pieno agosto hanno fatto formale richiesta al Governo di commissariare l’Azienda. Immediata però la reazione a difesa del Forteto di Legacoop e Confcooperative. Secondo le centrali delle coopertaive toscane la proposta di commissariamento avanzata dagli ispettori ministeriali appare “Non comprensibile né giustificata”. Non solo, ma per le coop toscane “occorre tutelare il patrimonio industriale e di lavoro di un’importante realtà agricola e produttiva toscana”. A ruota delle coop sono anche usciti i vertici comunali, provinciali e regionali del Partito Democratico auspicando “che il commissariamento della cooperativa Il Forteto possa essere evitato e che i rilievi posti dagli ispettori possano trovare soluzioni mantenendo l’attuale gestione”. Sembra incredibile, ma purtroopo è proprio così. Al momento noi di Sostenitori non siamo in grado di raccontarvi con precisione il contenuto delle irregolarità riscontrate e verbalizzate dagli ispettori ministeriali. Gli stessi soci della cooperativa che hanno denunciato gli abusi non riescono ad avere copia formale degli atti, nonostante che ne abbiano fatto richiesta motivata ai vertici del Forteto. Solo Patrizio Mecacci, segretario metropolitano del Partito Democratico, in una intervista ad una radio locale si è lasciato scappare, sollevando le ire del comitato vittime del Forteto, di aver letto i verbali. Ma questo non è l’unico “lapsus” del sergretario PD utile a svelare lo stretto rapporto tra le Istituzioni locali e Il FORTETO. Mecacci, infatti, in queste ore ha più volte affermato che la cooperativa non deve essere commissariata anche perchè nel frattempo si è resa protagonista di un radicale cambiamento dei vertici aziendali e del CDA (Lo scorso aprile l’ex-vicepresidente Stefano Morozzi ha sostituito alla presidenza del CDA Stefano Pezzati coinvolto nell’inchiesta. ndr) ma al tempo stesso lo stesso Mecacci, intervistato dalla cronaca del Corriere della Sera si è anche lasciato scappare “Questo è quello che so, che mi ha detto anche il Pezzati”, lasciando intendere sia che si consulta abitualmente con Il Forteto ma soprattutto che al di là degli sbandierati cambiamenti di facciata nel CDA a tirare realmente le fila della Azienda sarebbe sempre l’ex-presidente Pezzati, formalmente rimosso in nome di un ipotetico “nuovo corso” del Forteto. “Ma quale cambio della guardia! A Mecacci è scappata dalla bocca la verità – sbotta una vittima del Forteto socia della cooperativa- Quando oggi sono andata con un avvocato in cooperativa a cercare di ottenere copia degli atti ispettivi come mi spetterebbe per legge ho visto il Pezzati dietro la scrivania del suo storico ufficio di presidente de CDA.” Abbiamo chiamato Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia per chiedergli cosa ne pensasse degli scivoloni del segretario metropolitano del PD e della difesa a oltranza del Forteto da parte di Coop e della sinistra di governo locale. Il consigliere regionale di opposizione ci ha risposto “Purtroppo non mi stupisco, ricordo che Il Forteto non solo fornisce di bistecche e salsicce le feste dell’Unità, ma ha anche comprato casa all’ex segretario locale del PD e l’ex Governatore Martini apriva le proprie campagne elettorali proprio al Forteto. Per loro è una seconda casa.”

Le Iene, il Forteto e i bambini affidati ai pedofili
http://www.giornalettismo.com/archives/902973/le-iene-il-forteto-e-i-bambini-affidati-ai-pedofili/

giovedì 29 agosto 2013

La stupidità... dei governanti

Imu, il gioco delle tre tasse di Valerio LoMonaco

Il Decreto sull'Imu varato ieri decreta una cosa sopra a ogni altra: il governo, e forse la politica tutta, pensano realmente che gli italiani nel loro complesso siano degli imbecilli incapaci di comprendere anche la più elementare e risibile illusione. La notizia è ormai nota: la rata di giugno dell'Imu sulla prima casa, originariamente posticipata a settembre, è stata ora eliminata. Dunque non si pagherà. E anche per quella di dicembre, la seconda annuale prevista, il governo fa sapere che il 15 ottobre saranno rese note le coperture per eliminarla. Dunque niente Imu sulla prima casa per il 2013. Teoricamente una buona notizia. In quanto alla tassa nel suo insieme poi, per il 2014, e qui entriamo nell'ambito degli annunci, si parla di una totale soppressione che diventerà, forse, legge. Anche in questo caso non è dato sapere le coperture economiche, elemento pur essenziale nella nostra situazione drammatica dal punto di vista del denaro pubblico. Sopra ogni altra cosa, nello stesso momento in cui politici di varia natura si prodigano nel sostenere che questa misura non comporterà l'aumento delle tasse da altra parte, si parla ormai senza mezzi termini di quella che fino a settimane addietro era solo una ipotesi e che oggi, invece, è diventata praticamente una realtà comunicata senza infingimenti: la Service Tax. Che è una novità, ovviamente. E che scatterà dal 2014. Non è un lassativo ma poco di manca. Vediamo.

I dettagli non sono ancora noti. Ma andiamo per ordine. Dunque la rata di giugno (settembre) verrà soppressa per mezzo di una copertura trovata, secondo quanto dichiarato, da un extragettito Iva derivante da un anticipo di una nuova tranche da 10 miliardi di pagamenti arretrati della pubblica amministrazione. Cioè: lo Stato, moroso da anni con le imprese, decide di pagarle almeno in parte, e queste, una volta ricevuto il denaro, offriranno un gettito d'imposte relative necessario alla copertura. Almeno così in teoria, se tutto filerà liscio, e se le stesse imprese, attualmente gravate da contenziosi con Equitalia derivanti proprio dai ritardi nei pagamenti ricevuti, saranno sul serio in grado, una volta avuto parte di quanto gli spetta dallo Stato, di versare realmente questo extragettito previsto. In secondo luogo, un altro pezzo di copertura arriverà dalla sistemazione di una sanatoria sul contenzioso contabile relativo alle nuove slot. Pratica aperta da tempo, tra processi, condanne, appelli: e la mega truffa realizzata a suo tempo proprio nell'ambito delle sale giochi sarà chiusa con una specie di sanatoria per fare cassa. Amen. Non manca, ovviamente, come annuncio, il fatto che altra parte della copertura arriverà poi da nuovi tagli alla spesa pubblica. Supposizione (nostra): si tornerà a parlare a brevissimo di quel rumor circolato nei giorni scorsi in cui anche in Italia si sarebbe pronti a tagliare molti posti pubblici? Circolavano voci in merito a 7000 unità. Vedremo, naturalmente. Quello che è certo è che le coperture annunciate non sono affatto esaurienti, né dal punto di vista numerico ed economico né, tanto meno, in merito alle voci di spesa vere e proprie. Un indotto del "po esse", una apologia dello "stamoce a crede". E perdonateci la romanità.

In quanto alla Service Tax, che sarà formalizzata nella prossima Legge di Stabilità (vedremo che finte battaglie…) si parla di unificare la Tares, cioè la tassa sui rifiuti. Attenzione, viene da più parti utilizzato proprio il termine "unificare" ma, come si vede, al momento non sono note le altre voci che verranno unificate. Parlando esclusivamente della tassa sui rifiuti così come si sta facendo in queste ore, infatti, manca del tutto l'altro elemento - ne serve almeno un altro - che dovrebbe essere unificato al primo. In altre parole: si unifica la tassa sui rifiuti a cosa? Si parla genericamente dei servizi offerti ai cittadini dai Comuni, in modo particolare di quelli "indivisibili" pagati dagli occupanti degli immobili. Ancora una volta: nebbia alta in val padana. Altra supposizione: non si paga l'Imu come proprietari ma si paga la Service Tax come "occupanti", nel senso che si occupa, cioè si abita, la propria casa. Cambio di nome, cambio di norma, ma solita Italia, come si vede. Altra congettura, sulle seconde case stavolta: poniamo il caso di un immobile posseduto come seconda casa e affittato: ebbene, lo Stato drenerà denaro dal proprietario, che pagherà l'Imu come seconda casa, e dall'affittuario che, se ha un contratto regolarmente registrato, pagherà la Service Tax come "occupante" dell'immobile.

I Comuni potranno dunque imporre questa - nuova, ribadiamolo - tassa, come unificazione tra la vecchia Tares (vecchia dopo solo un anno di attivazione…) e questi presunti, e per ora sconosciuti, servizi. Naturalmente per fare i conti dovremo aspettare tutti i dettagli. Per sapere quanto avranno risparmiato i possessori di prima casa sgravati dell'Imu oppure quanto ci avranno perso dopo che la Service Tax sarà andata a regime si dovrà conoscere l'importo di quest'ultima, sul quale al momento vige il più assoluto silenzio. Tutti gli altri invece avranno una maggiorazione secca. Oltre all'ombra complessiva su tutta l'operazione, il dato che emerge conferma quanto si sa già da tempo: la nostra economia non permette alcun margine di manovra in alcun senso. Ciò che si taglia da una parte deve essere drenato da una altra parte. La "coperta" complessiva non cambia, è sempre troppo corta, e quella di avere meno freddo da una parte si rivela una illusione ben presto, quando si scopre una altra parte congelata. Tassa vince tassa perde, da dove escono stavolta i soldi?

mercoledì 28 agosto 2013

Unione europea, italia e immigrazione

... perchè le case popolari, non bastano, non bastano nemmeno gli asili nido così come gli assegni familiari e le pensioni sociali (senza aver mai versato un euro di contributi) o la sanità gratuita e tutta un'altra lunga serie di "aiuti" statali... ora anche i posti di lavoro nelle pa. Per la completa distruzione del welfare a danno degli italiani (veri e non meticci o nati in suolo italico percaso) nativi. Perchè ce lo impone l'associazione criminale della Ue

Assegno per le famiglie numerose a chi ha la carta di soggiorno. Dopo le sentenze di tanti tribunali, lo dice anche la legge europea 2013. Fino a 140 euro al mese

Roma – 28 agosto 2013 –
L’assegno per le famiglie numerose concesso dai Comuni spetta anche ai cittadini stranieri, purchè abbiano in tasca il permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo, cioè la cosiddetta carta di soggiorno. I tribunali italiani lo sostengono da anni, ma l’Inps, che versa l’assegno, continuava a negarlo, tanto che all’inizio di quest’anno l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani aveva chiesto al governo di fare chiarezza. Ora a dire una parola definitiva in favore degli immigrati è la legge europea 2013, la stessa che ha aperto agli stranieri l’accesso ai posti della pubblica amministrazione. L’articolo 13 della nuova legge, che entrerà in vigore il 4 settembre, è chiaro. Stabilisce che  l’”assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori”, spetta, oltre che ai cittadini italiani e comunitari, anche ai “cittadini di paesi terzi che siano  soggiornanti  di  lungo  periodo”. Per questo scopo, vengono stanziati 15,71 milioni di euro fino alla fine del 2013, e 31,41 milioni  di  euro  a  decorrere  dal 2014. L’importo dell’assegno varia in base al numero di componenti e al reddito delle famiglie e viene rivalutato ogni anno in base al costo della vita. Quest’anno è al massimo di 139,49 euro al mese per tredici mensilità. La domanda va presentata al Comune di residenza. Prevedibili le sparate anti immigrati che questa novità si porterà dietro. Se serve a qualcosa, leghisti & co. sappiano che anche stavolta la legislazione italiana si è dovuto adeguare a una direttiva europea (2003/109/CE) che assicura agli stranieri che hanno la carta di soggiorno parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali. A Bruxelles era stata già avviata una procedura di infrazione.

LEGGE 6 agosto 2013, n. 97: Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013. (13G00138) (GU Serie Generale n.194 del 20-8-2013) note: Entrata in vigore del provvedimento: 04/09/2013
                            
Art. 13

Disposizioni  volte   al   corretto   recepimento   della   direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi  terzi  che siano  soggiornanti  di  lungo  periodo.  Procedura  di  infrazione 2013/4009.
1. All'articolo 65, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n.  448, le parole:  «cittadini  italiani  residenti»  sono  sostituite  dalle seguenti: «cittadini italiani e  dell'Unione  europea  residenti,  da cittadini di paesi terzi che siano  soggiornanti  di  lungo  periodo, nonche' dai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato  membro che siano  titolari  del  diritto  di  soggiorno  o  del  diritto  di soggiorno permanente».
  
2. All'onere derivante dall'attuazione del  comma  1,  valutato  in 15,71 milioni di euro per il periodo dal 1o luglio 2013 al 31dicembre 2013 e in 31,41 milioni  di  euro  a  decorrere  dall'anno  2014,  si provvede:

a) quanto a 15,71 milioni di euro per l'anno 2013, a valere sulle risorse del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della  legge  16 aprile 1987, n. 183;
    
b) quanto a 4,41 milioni di euro a decorrere dal  2014,  mediante corrispondente riduzione  delle  proiezioni  dello  stanziamento  del fondo speciale di parte  corrente  iscritto,  ai  fini  del  bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi  di  riserva  e speciali»  della  missione  «Fondi  da  ripartire»  dello  stato   di previsione del Ministero dell'economia e  delle  finanze  per  l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando  l'accantonamento  relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
    
c) quanto a 15 milioni di euro a  decorrere  dal  2014,  mediante corrispondente  riduzione  dell'autorizzazione  di   spesa   di   cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328;
    
d) quanto a 12 milioni di euro a  decorrere  dal  2014,  mediante riduzione  dell'autorizzazione  di  spesa  di  cui  all'articolo  47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, relativamente alla quota destinata allo  Stato  dell'otto  per  mille  dell'imposta  sul reddito delle persone fisiche.
3. Il Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali  provvede  ad effettuare  il  monitoraggio  degli  effetti   finanziari   derivanti dall'attuazione delle misure di cui al comma 1 e riferisce in  merito al Ministro dell'economia  e  delle  finanze.  Nel  caso  in  cui  si verifichino o siano in procinto di verificarsi  scostamenti  rispetto alle  previsioni  di  cui   al   presente   articolo,   il   Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede, a decorrere dall'anno 2013, con  proprio decreto,  alla  riduzione  lineare,  nella  misura  necessaria   alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dal  monitoraggio, delle  dotazioni  finanziarie  disponibili  iscritte  a  legislazione vigente in termini di competenza e di cassa, nell'ambito delle  spese rimodulabili delle missioni di spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
4. Il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze  riferisce  senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all'adozione delle misure di cui al comma 3.
  
5. Il Ministro dell'economia e  delle  finanze  e'  autorizzato  ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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Inoltre, pare che qualcuno si lamenti del fatto che per accedere alla stabilizzazione dei precari delle pa, bisogna fare il concorso... come se i precari italiani non debbano fare (e subire) esattamente la stessa cosa...

I precari dell’immigrazione: "Perché un altro concorso?". Le misure di stabilizzazione varate lunedì dal Consiglio dei Ministri toccheranno anche i seicentocinquanta lavoratori a tempo determinato di questure e prefetture. “Bene l'attenzione del governo, ma non è giusto che alcuni ce la facciano e altri no”

Roma – 28 agosto 2013 - Sono una goccia nel mare del precariato nella Pubblica Amministrazione, appena seicentocinquanta su oltre centocinquantamila. Però i lavoratori a tempo determinato impiegati presso gli uffici stranieri delle Questure e negli sportelli Unici per l’Immigrazione mandano avanti tutta la burocrazia dell’immigrazione. Se siete arrivati in Italia con i flussi d’ingresso, se avete chiesto un ricongiungimento familiare, se avete regolarizzato la vostra colf straniera, la vostra pratica è passata per le loro mani. Chiamati a dare una mano sin dai tempi della maxi sanatoria del 2002, hanno mini contratti che, tra ansie e incertezze, vengono di volta in volta rinnovati. Anche perché, senza di loro, si bloccherebbe tutto. Mentre continua l’iter delle cause che buona parte di questi lavoratori ha intentato contro il Viminale per essere assunti a tempo indeterminato, lunedì scorso il governo ha varato nuove misure contro il precariato. La nota diffusa da palazzo Chigi promette: “procedure selettive per assumere, fino al 31 dicembre 2015, attraverso concorso, il personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato che abbia maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione”.

Come l’hanno presa i 650? Per ora soppesano le parole e attendono i fatti. Anche perché è tutt’altro che chiaro come andrà a finire. “Certo è positivo che si parli finalmente del problema del precariato e che ci sia la volontà di stabilizzare persone che svolgono funzioni indispensabili. Ma come si risolverà concretamente il problema?” chiede Cristiano Ceccotti, impiegato da otto anni allo sportello unico per l’immigrazione di Terni e copresidente del comitato in cui si sono auto costituiti i 650. “Le prime indiscrezioni – spiega -  parlano di concorsi da superare con posti riservati per il 50% ai precari. Noi un concorso lo abbiamo già sostenuto per avere il primo contratto a tempo determinato, cosa dobbiamo dimostrare: che siamo adatti a un lavoro che facciamo già da tanti anni? Preoccupa poi la prospettiva che qualcuno sia stabilizzato e qualcuno no, non ci sembra giusto”. Caso piuttosto raro tra le pubbliche amministrazioni, il ministero dell’Interno ha un organico sottodimensionato, quindi il posto per i 650 ci sarebbe. Ma i soldi per pagare i loro stipendi? “Ci sono anche quelli, –assicura Ceccotti – parte del contributo versato dagli immigrati per il rinnovo dei permessi di soggiorno serve proprio a questo”.

Elvio Pasca

Non chiamateli clandestini

Una delle bambine sbarcate a all'alba a Siracusa ha appena 4 giorni di vita ed è nata durante la traversata del Canale di Sicilia. È arrivata con la mamma e un gruppo di circa duecento migranti soccorsi al largo di Siracusa. Mamma e bambina stanno bene e dopo le prime cure sono state trasferite in una struttura protetta della città. Sono in tutto circa 50 i bambini a bordo del barcone soccorso alle prime luci del giorno dal pattugliatore «Comandante Foscari» della Marina Militare in navigazione nel Canale di Sicilia.

CURE A BORDO - Il peschereccio con i migranti è stato intercettato 55 chilometri a est di Siracusa. L’imbarcazione era stata precedentemente individuata da un velivolo della Marina Militare partito dalla Sigonella. I migranti, che hanno detto di essere in gran parte di origine siriana, una volta a bordo sono stati rifocillati dal personale della Marina. I marinai si sono presi cura soprattutto dei bambini, come mostrano le immagini diffuse dalla stessa Marina Militare.

I SOCCORSI - Particolarmente complesse le manovre per accostare il barcone dei migranti a causa del mare mosso. Dopo l'intervento della nave «Foscari» i migranti sono stati trasferiti su tre motovedette della Guardia costiera che ha poi raggiunto il porto di Siracusa. Complessivamente sono 199, tra i quali 48 bambini e 51 donne. Poche ore dopo, un secondo barcone è stato segnalato da un motopesca a 15 miglia da Capo Murro di Porco. A bordo del barcone 155 persone, che sono state raggiunte e imbarcate su due motovedette della Capitaneria. Anche in questo caso, a bordo molte donne e bambini.

Arricchimenti culturali

La vittima era in vacanza sull'isola. Lampedusa, immigrato tunisino tenta di violentare tredicenne di Milano. Dopo il riconoscimento da parte della vittima, il giovane tunisino è stato fermato

È una vicenda dai contorni ancora poco chiari che rischia di innescare una spirale di paura e diffidenza in un'isola che ha fatto dell'accoglienza il suo punto di forza. Un tunisino minorenne avrebbe tentato di abusare di una ragazzina di 13 anni di Milano e attualmente in vacanza a Lampedusa. A sostenerlo sono i famigliari della ragazzina che hanno presentato denuncia alla stazione dei carabinieri dell'isola. Il giovane è stato rapidamente individuato e fermato, in attesa dell'esito delle indagini coordinate dalla procura della repubblica di Agrigento. Si tratta di un minore non accompagnato sbarcato recentemente a Lampedusa ed ospite del centro di accoglienza di contrada Imbriacola.

LA DENUNCIA - I fatti risalirebbero a domenica sera. Stando alla denuncia l'immigrato tunisino avrebbe tentato di abusare della tredicenne mentre era in barca. La ragazza era in compagnia di un amico minorenne, anch'egli di Milano. A quanto pare mentre i due ragazzini attendevano sulla barca ormeggiata al molo l'arrivo di alcuni parenti, l'immigrato sarebbe salito a bordo. Ci sarebbe stata una colluttazione e subito dopo il giovane tunisino avrebbe chiuso in bagno la tredicenne tentando di violentarla. A mettere in fuga l'immigrato sarebbe stato l'amico della ragazzina. Scattate le prime indagini dei carabinieri il tunisino è stato identificato e successivamente riconosciuto dalla vittima, facendo scattare il fermo.

martedì 27 agosto 2013

I criminali di guerra

Inutile ripetere che è la solita storia delle armi chimiche, vero? Ma forse, è più facile dimenticare piuttosto che ricordare che i criminali veri sono coloro che si elevano a portatori di democrazia. Così in kossovo, così in iraq, in afghanistan, in libia e in molti altri luoghi.

Siria, Usa pronti all'attacco. Nbc: raid da giovedì. Bonino: Italia fuori senza ok Onu. Salta il bilaterale Usa-Russia. Per i media americani, l'attacco durerà pochi giorni. Bonino: "L'Italia si muove solo con l'Onu". L'Iran avverte Obama di Luca Romano

Ormai l'attacco alla Siria sembra imminente. Tutto è pronto. Il Dipartimento di Stato Usa ha rinviato l'incontro con i diplomatici russi in programma a L'Aia previsto per il 28 agosto, una decisione messa in relazione alla necessità di elaborare una risposta adeguata all'uso delle armi chimiche in Siria. Le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell’eventualità di una risposta militare al presunto attacco chimico in Siria. "Qualsiasi decisione deve essere presa rigorosamente in un ambito internazionale. Qualsiasi uso di armi chimiche è completamente e assolutamente aberrante e la comunità internazionale deve rispondere", ha dichiarato il portavoce di David Cameron. Intanto il presidente Obama sta valutando un attacco militare contro Damasco "di portata e di durata limitate". Secondo fonti citate dal Washington Post, l'attacco potrebbe durare non più di due giorni e sarebbe un attacco "punitivo" con azione deterrente. L'attacco, secondo fonti i media americani, prenderebbe di mira obiettivi militari non direttamente legati alle armi chimiche.

Si pensa a intervento lampo: Secondo il New York Times, inoltre, sebbene Obama debba optare per un’azione militare, le operazioni sarebbero limitate: ciò comprenderebbe, per esempio, il lancio di missili cruise dalle navi americane nel Mediterraneo contro obiettivi militari siriani, secondo fonti dell’amministrazione americana citate dal giornale. Non si tratterebbe di una campagna prolungata per destituire il presidente siriano Bashar al Assad o per cambiare l’equilibrio della guerra, ha aggiunto il Times. Nei prossimi giorni, gli uomini dell’intelligence americana forniranno ulteriori informazioni a sostegno della tesi che la Siria è ricorsa ad armi chimiche.

Russia e Iran avvertono gli Usa: Il presidente americano continua intanto a consultarsi con gli alleati e avrebbe abbandonato le speranze di ottenere un'autorizzazione all'azione da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu, dato il veto della Russia.

Siria, bimba si sveglia dopo l'attacco: A tal proposito, Alexander Lukashevich, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha fatto sapere che "i tentativi di aggirare il Consiglio di Sicurezza Onu creano per l'ennesima volta pretesti artificiali infondati per un intervento militare nella regione, gravidi di nuove sofferenze in Siria e conseguenze catastrofiche per Medio Oriente e Nord Africa Nord". Anche l'Iran minaccia gli Usa. "Un attacco alla Siria avrebbe gravi conseguenze in tutta la regione mediorientale", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, aggiungendo che "serve una soluzione politica".

"L'Italia non interviene senza il sì dell'Onu": "L’Italia non prenderebbe parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Non è un modo di scaricare le responsabilità, ma un’assunzione di piena responsabilità nei teatri in cui già operiamo. Vi sono altre strade percorribili, come il deferimento dei responsabili dell’uso di armi chimiche alla Corte penale internazionale o spingere di più verso una soluzione politica, come l’esilio dei vertici di quel regime", ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni Esteri congiunte.

I 4 criminali di guerra

I 4 dell'apocalisse di Piero La Porta

La minaccia di bombardare la Siria anche senza mandato delle NU ha almeno due scopi: 
1) saggiare la capacità/volontà di reazione di Russia e Cina; 
2) presentarsi alla conferenza di pace sulla Siria col colpo in canna. 
La messa in scena degli attacchi col gas è successiva e strumentale a un piano più ampio preparato sin da luglio (leggi qui) rivelato da Foreign Policy (leggi qui). Siamo alle manovre preliminari alla battaglia, quando il condottiero cerca di conquistare una posizione più favorevole sul campo, dalla quale sparare più agevolmente sul nemico allo scoperto e, in questo caso, arrivare da una posizione di forza alla conferenza di pace – se si farà – per la Siria. Dopo aver cercato inutilmente una risoluzione favorevole nelle NU, vista  l’opposizione russa e cinese, dicono che si possa fare a meno della benedizione onusiana e, per questo scopo si sarebbero accontentati anche solo del cuore della pubblica opinione, come avvenne per bombardare Belgrado, infettando le coscienze degli europei con una massa di false notizie.

Questa volta tuttavia e ben prima di quanto si attendevano – a parte il gregge di imbecilli nel giornalismo italiano – il dubbio s’è fatto strada. Così nel web vengono a galla vecchie complicità della CIA con Saddam nel gasare le truppe iraniane (leggi qui) e persino uno come Colin Powell  (quello delle patetiche fialette piene di nulla, mostrate balbettando al Consiglio di Sicurezza per giustificare l’attacco all’Iraq) persino Powell prende le distanze (leggi qui) dal condottiero, Hussein Barak Obama, premio Nobel per la pace su cauzione, che ha fatto più morti lui in cinque anni che Augusto Pinochet in venticinque. E non gli bastano. I quattro cavalieri – Obama, Cameron, Hollande e la Merkel – sognano un ordine mondiale i cui effetti sinora sono: disordine economico, disordine sociale, disordine politico e guerra alle viste. Nessuno di questi effetti è loro sgradito né inatteso: come tutti i grandi criminali politici della storia sono convinti di poter cavalcare l’Apocalisse e uscirne trionfanti. Dei quattro la più furba è la culona ex funzionario della Germania comunista, la cui solida formazione politica è ben evidente, nella sua capacità di evitare ogni coinvolgimento di immagine e purtuttavia tenere dietro ai tre cavalieri che le fanno da battistrada. La Germania, in cambio d’un prezzolato ruolo proconsolare in Europa, svende gli interessi della UE alla costellazione anglosassone, riconoscendo agli Usa quello che un tempo fu la prerogativa del papato: l’unzione dell’Imperatore. La Francia è scherano della Germania. Obama e Cameron perseguono lo scopo strategico di assicurare l’incontrastato potere del sistema dollaro/sterlina e la sua esclusiva centralità nel mercato dell’energia.

La tensione nel nord Africa, nel vicino Oriente, in particolare in Siria, è dunque funzionale al quadruplice scopo di: 
1) rendere più difficoltosi i commerci euromediterranei con la Cina; 
2) tenere artificiosamente alto il prezzo del petrolio, tendenzialmente verso i 200 dollari al barile, per rendere concorrenziali le scisti canadesi-statunitensi e i giacimenti del mare del Nord; 
3) imporsi come protettori delle pipeline verso l’Europa; 
4) mettere le mani sui giacimenti nel Mediterraneo orientale.

Ciò che non hanno calcolato i quattro delinquenti – o piuttosto hanno calcolato benissimo – è che i loro piani hanno come esito finale una terza guerra mondiale che farà impallidire le precedenti due messe insieme. In realtà, questa strategia di tensione, continuata e crescente, logora prima di tutto proprio gli Stati Uniti. La politica estera di Obama ha bruciato ogni credibilità e ogni credito morale accumulato in precedenza dagli Usa. Nello stesso tempo il premio Nobel per la pace non è in grado di mantenere le promesse elettorali di coesione sociale interna, da quando il consueto dilemma “burro o cannoni” si è risolto a vantaggio di Goldman Sachs e del sistema militare industriale, potente, incontrastato, trasudante hitech, tuttavia incapace d’una visione politica che vada oltre la spallata, la cannonata o il colpo di lupara dal drone che vola a 16mila metri. Non di meno chi si augura un crollo degli Stati Uniti non trova le mie simpatie, sebbene io sia convinto che questo crollo, avanti di questo passo, è più prossimo di quanto si possa immaginare, così come accadde per l’Unione sovietica. L’impero sovietico finì con qualche guerricciola locale. La fine dell’impero statunitense sarebbe una sciagura incalcolabile; scatenerebbe quantità di appetiti da farci rimpiangere largamente quello che stiamo vivendo ora. Fameliche ambizioni si manifesterebbero in Asia e in Africa,  come in  Europa orientale e centrale, nel Mediterraneo come nel Golfo persico, in America latina come ai Poli: un caos globale. Tutto perché quattro imbecilli sono giunti al potere, osannati da un mondo che aspira a essere corrotto con loro e almeno quanto loro. 

Scarcerati 6 mafiosi

Mafia, sei boss palermitani scarcerati in anticipo. Scarcerati dalla corte d’appello che ha ricalcolato la pena inflitta escludendo la recidiva: una rideterminazione, imposta dalla Cassazione di Luca Romano

Porte del carcere spalancate per sei boss palermitani, scarcerati in anticipo dalla corte d’appello che ha ricalcolato la pena inflitta escludendo la recidiva. Il tutto è frutto di una rideterminazione, imposta dalla Cassazione. Hanno lasciato il carcere Salvatore Gioeli, Nunzio Milano, Settimo Mineo, Rosario Inzerillo, Emanuele Lipari e Gaetano Badagliacca. Ma la stessa sorte potrebbe toccare, a breve, ad altri imputati del processo Gotha. Si tratta di personaggi di spicco dei clan del capoluogo condannati a pene pesantissime - superiori a 10 anni - nel processo Gotha, l’atto d’accusa contro i padrini delle famiglie palermitane nato da mesi di intercettazioni nel box in cui Nino Rotolo, padrino all’epoca ai domiciliari, riceveva gli uomini d’onore. Il primo a impugnare la condanna è stato Salvatore Gioeli, condannato nel 2010 a 15 anni di carcere per mafia. La pena definitiva era il cumulo dei dieci anni inflittigli per l’associazione più cinque per la recidiva. Un calcolo contestato dai suoi avvocati che hanno citato una sentenza della stessa Cassazione secondo la quale "la recidiva è circostanza a effetto speciale quando comporta un aumento di pena superiore a un terzo e, pertanto, soggiace, in caso di concorso di circostanze aggravanti dello stesso tipo, alla regola dell’applicazione della pena prevista per la circostanza più grave". Ragionamento che in questo caso prevede l’esclusione dell’aumento di pena per la recidiva e quindi condanne meno pesanti. I sei scarcerati sono tutti fedelissimi del boss Nino Rotolo.

lunedì 26 agosto 2013

Ciao...

... questo è ciò che vedo dal terrazzino di casa dei miei...


... e questa sono io in un momento di cazzeggio libero sul divano di casa mia. Si, lo so, ho la faccia da schiaffi, le occhiaie (difetto di famiglia) e la tinta da rifare.

I lavori che gli italiani non vogliono più fare

Un commento: "Vogliono trasformare l'Italia in una macro regione dello stato europeo. Per far questo devono eliminare tutto ciò che resta dell'Italia come nazione: i confini nazionali vanno aboliti (la clandestinità non è reato), le radici cristiane vanno cancellate, la sovranità monetaria l'abbiamo persa con l'ingresso nell'euro e da un pezzo siamo praticamente commissariati in tutto. il nostro voto non conta più nulla e siamo già al secondo governo di nominati: noi votiamo e ci troviamo sempre i fantocci di Napolitano mandati da Bruxelles. La Kyenge, con l'appoggio di Letta e degli altri eurocrati che l'hanno nominata, sta attuando il progetto di rimpiazzare il popolo italiano con un ammasso multietnico privo di identità. E' una specie di genocidio bianco quello che stanno facendo. Quando avranno finito, e ci manca poco, l'Italia sarà solo un'espressione geografica. Siamo noi, a questo punto, che dovremmo fare la Resistenza, quella vera, per salvare il nostro paese dalla distruzione."

 ... a proposito, dove stava il pdl quando si stava decidendo per un (ennesimo) simile orrore?

L'idea della Kyenge ora è legge: "Accesso all'impiego pubblico per chi ha il permesso di soggiorno". Nel silenzio dell'estate è passata la modifica alla legge per l'accedere all'impiego pubblico. Ora rifugiati, immigrati senza cittadinanza potranno lavorare in scuole e ospedali

Immigrati docenti nelle scuole, infermieri negli ospedali e magari anche impiegati comunali. Nel silenzio generele dell'estate agostana è stata modificata la legge per l'accesso agli impieghi pubblici. Con due semplici modifiche a partire dal prossimo 4 settembre, chiunque sia in possesso di un permesso CE per soggiorno di lungo periodo o sia riconosciuto come rifugiato politico potrà avere accesso ai concorsi per essere assunto nella pubblica amministrazione.

Ecco cosa prevede la legge -  Lo prevede la legge numero 97 del 6 agosto, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20 agosto che recepisce la legge europea 2013. Potranno quindi essere assunti pure stranieri che non hanno la cittadinanza italiana. Leggendo il testo della legge non ci sono dubbi a riguardo. Ecco cosa prevede la legge su "Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni": "All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo le parole: 'Unione europea' sono inserite le seguenti: 'e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente'; b) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti: '3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria". Traduzione: chiunque abbia un permesso di soggiorno e non ha la cittadinanza può accedere all'impiego piubblico. Insomma ora gli immigrati faranno lavori che "gli italiani vogliono fare".

L'idea della Kyenge è legge - A lanciare la proposta era stata, manco a dirlo, il ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge che era in pressing da tempo perchè l'Italia approvasse la legge europea 2013: "Serve una legge organica sul diritto di asilo. Questa è una delle proposte che intendo portare avanti che sarà la garanzia di accesso per i migranti ai posti nella pubblica amministrazione, su esempio di ciò che furono in le americane “affermative action”, politiche già applicate in Gran Bretagna. "L’Emilia Romagna già applica in parte queste possibilità, ma anche molte grandi aziende estere hanno compreso che i migranti possono essere un volano per l’economia nonché referenti privilegiati per dialogare e creare partnership commerciali con i paesi di origine anche nel settore privato", aveva scritto sul suo sito qualche mese fa. Ora le parole della Kyenge sono legge. Le affermative action a cui si riferisce il ministro sono delle misure di tutela per le minoranze. Quote di impiego bloccate per chi appartiene ad una minoranza. In un momento di crisi come quello che l'Italia sta attraversando, e con una disoccupazione galoppante pensare a dare un posto fisso agli immigrati lasciando indietro gli italiani potrebbe scatenare una bufera senza precedenti.

Integrazione...

Maltratta moglie e figlia: "Vogliono vivere all'occidentale". L'uomo, senza lavoro da tre anni e dedito all'alcool, è stato arrestato per violenza domestica e resistenza a pubblico ufficiale di Rachele Nenzi

Tre anni fa ha perso il lavoro e si è buttato sull'alcool. Da allora un 47enne marocchino, A.Z., residente a Santarcangelo di Romagna (Rimini) ha iniziato a maltrattare la moglie e la figlia 20enne, accusandole di voler vivere all’occidentale. Vessazioni che andavano avanti da mesi e a cui ha messo fine la telefonata al 112 da parte della ragazza avvenuta questa notte. Tutto era iniziato nel pomeriggio, quando madre e figlia sono tornate a casa insieme agli altri figli (22, 7 e 4 anni) dopo una giornalta al mare. L'uomo avrebbe dato in escandescenze e sarebbe andato via urlando per poi tornare solo a tarda notte completamente ubriaco. A quel punto avrebbe minacciato di morte la moglie e insultato la figlia che, esasperata e impaurita, ha chiamato i carabinieri. Sotto casa, una pattuglia ha trovato la macchina della figlia completamente danneggiata: il 47enne, con un forcone, aveva rigato la carrozzeria e infranto tutti i vetri. Quando i carabinieri sono arrivati a casa, lui, vedendo la figlia, ha continuato a inveire contro la ragazza e le ha lanciato un accendino in faccia. A quel punto i militari hanno cercato di ammanettarlo ma lui ha opposto resistenza. Alla fine sono riusciti a bloccarlo e portarlo in caserma. L'uomo è stato arrestato per violenza domestica e resistenza a pubblico ufficiale. I familiari hanno raccontato che la situazione andava avanti da tre anni, quando l’uomo, bracciante agricolo, aveva perso il lavoro. Erano i due figli maggiorenni, la figlia di 20 e il figlio di 22 anni a lavorare per mantenere la famiglia composta di sei persone (padre, madre 45enne e quattro figli). In due portano a casa 1.500 euro al mese e una buona fetta (650 euro) se ne va nel canone di affitto. Prima di ieri sera non avevano mai osato denunciare il capo famiglia per paura che la situazione potesse peggiorare. La procura di Rimini valuterà se considerare anche l’accusa di maltrattamenti in famiglia.

domenica 25 agosto 2013

La siria

E con questo, mi aggancio prima al post di Johnny Doe e poi anche a questo post, ancora tratto dal sito Comedonchischiotte.

Potrebbe avere conseguenze ancora peggiori delle “solite” l’attuale, ancora virulenta, campagna condotta da numerosi media mainstream (in testa, ovviamente, le “anime belle” della “sinistra”) sull’uso di gas nervini da parte del governo Assad. Le solite stantie “notizie” sulle “Armi di distruzioni di massa” in mano al Saddam di turno per giustificare un ennesimo intervento dell’Occidente, una guerra? Forse, questa volta, non è così. Partiamo dalle considerazioni più ovvie. Intanto, Cui prodest? Che interesse avrebbe oggi Assad, sotto gli occhi degli osservatori dell’ONU appena arrivati in Siria, a usare i gas alla periferia di Damasco? E poi per ottenere militarmente cosa? Dopo due anni di guerra l’esercito siriano sta riconquistando tutte le roccaforti prese dai “ribelli” (che, tra l’altro si stanno, letteralmente, scannando tra di loro ) e gli stessi media mainstream occidentali sono costretti a riprendere, sempre di più, il vero volto di questa guerra di invasione. Per non parlare poi dei cattolici che si stanno finalmente mobilitando contro questa guerra di invasione (si veda a tal riguardo, la presentazione del video dell’ottimo Micalessin al Meeting di Comunione e Liberazione). Tra l’altro, per Assad sferrare un attacco con i gas (incomprensibile dal punto di vista militare, considerata l’area che secondo i media sarebbe stata colpita) avrebbe significato superare quella “linea rossa” minacciata da Obama oltre la quale ci sono fly zone e bombardamenti: una conseguenza certamente fatale per lo stato siriano, ma che lo stesso Occidente (si vedano a tal riguardo, dopo le prime dichiarazioni iperbelliciste, le macchiavelliche reazioni di Hollande), dopo il sostanziale fallimento della sua guerra alla Siria e, sopratutto, la sua débacle in Egitto, sembrerebbe oggi disdegnare. Ma allora, perché questa nuova bufala dei gas nervini, così diversa da altre più articolate campagne finalizzate all’ottenimento di precisi obiettivi, e per la quale il solitamente bellicista Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto solo una generica “chiarezza” senza dare il via a nessuna farloccata Commissione di inchiesta? Una ipotesi. Perché questa volta la campagna sulle Armi di Distruzioni di Massa è stata gestita, non già dalla Hill & Knowlton o altre agenzie di pubbliche relazioni strapagate dal Pentagono, ma direttamente dai “ribelli” per spingere (o minacciare) l’Occidente ad agire più risolutamente. Non a caso, dopo un “boom” iniziale, la campagna sta già languendo sui mass media.

E anche la “qualità” della bufala questa volta propinata sembrerebbe confermare questa ipotesi. Intanto, a suffragarne la “veridicità” testimonianze anonime. Fa eccezione Repubblica che, in mancanza di meglio si affida a quella del presidente di una oscura associazione fondata nel marzo del 2013, la quale, riportando la testimonianza telefonica di alcuni medici della sua associazione (1300 morti!), ripete ciò che tutti sanno sugli effetti dei gas nervini sui sopravissuti: incontenibile rilascio di urine e feci. Peccato che nessuno degli innumerevoli video che affollano la Rete mostrino questo effetto sui vestiti (evidentemente non cambiati) delle presunte vittime; per non parlare, poi delle altre sintomatologie ascrivibili ai gas nervini che si pretendono rappresentate qui o qui; per non parlare delle terapie che si pretenderebbe di dare ai colpiti, come l’iniezione ad un bambino “morto”, ripresa in questo altro video. Bufale. Bufale realizzate malissimo, in economia. Con sceneggiature, cast e scenografie davvero improvvisate. Che, tra l’altro, mostrano evidentissime incoerenze: Perché non compaiono mai i genitori dei bambini? Perché non ci sono donne nel film? Perché sono spogliati tutti i ragazzi e le ragazze vestite? Perché, addirittura, molti di questi video risultano caricati su internet il giorno prima della data del presunto attacco? Ma su questo rimandiamo ad una già dettagliata analisi riportata su   Sibialiria. E ora una precisazione, che mi sento di fare, essendomi occupato per molto tempo di Difesa Civile NBCR. Verosimilmente in Siria, in questi due anni di guerra, sono stati usati gas tossici: probabilmente gas antisommossa (verosimilmente per stanare o uccidere qualche combattente asserragliato in edifici o in tunnel), che in alta concentrazione sono velenosi, o gas letali di produzione “artigianale”. Ma mai gas nervini, che hanno una letalità abominevole (basta una gocciolina sulla pelle e si muore), che permangono nell’ambiente per moltissimo tempo (sono, quindi, facilmente evidenziati da analisi sul campo), che sono impiegati lanciandoli dall’alto (nebulizzatori di quota, bombe d’aereo, missili…) e che necessitano, non già di una “maschera antigas”, ma di una vistosissima tuta – solitamente in TYVEK C-3 rinforzato per uso militare -, mai vista nei pur innumerevoli video e foto provenienti dalla Siria. Non credo, perciò, che l’esercito di Assad (che pure ha dichiarato di possedere un consistente stock di armi chimiche) abbia mai fatto uso di gas nervini e non credo, nemmeno, che i “ribelli siriani” (con buona pace di quanto dichiarato dalle autorità russe o dalla ">Del Ponte) lo abbiano mai fatto. Perchè questa precisazione? Perchè ora, con l’allentamento con i loro vecchi sponsor, con gli arsenali di stati – quali, poniamo, il Quatar o la Turchia – e con la pur modesta campagna di opinione che sono riusciti a creare, qualcuna delle tante formazioni dei “ribelli” – invece, o prima. di tornarsene a casa – potrebbe veramente utilizzare gas nervini in Siria. La stessa logica che, su direttiva del Quatar, ha spinto i Fratelli Mussulmani in Egitto a prendere per prima le armi nella speranza (oltre che delle famose 72 vergini in Paradiso) di essere ricordati non già come inetti perdenti ma come martiri.

La colpa di tutti... tranne che dei genitori

Cercasi colpevoli per la morte di Tito. Il 12enne scalatore è caduto nel vuoto. Nel mirino chi ha prodotto l'attrezzatura, ma anche chi l'ha assemblata di Simona Lorenzetti

Torino
- Una «grave carenza tecnica» e tanta «superficialità» avrebbero provocato la morte di Tito Traversa, il dodicenne campione di free-clymbing, precipitato il 2 luglio scorso da una parete di roccia alta 20 metri ad Orpierre, in Alta Provenza. Ne è convinto il procuratore Raffaele Guariniello che ha indagato cinque persone per omicidio colposo. L'avviso di garanzia presto verrà notificato al titolare della ditta che produce i gommini di plastica che si sono spezzati durante la scalata, al titolare del negozio che ha venduto i gommini, al titolare della palestra B-Side che avrebbe organizzato la scalata e ai due istruttori che accompagnavano i ragazzi.

Ma la lista degli indagati è destinata ad allungarsi nei prossimi giorni, non appena verrà fatta luce su chi materialmente quel giorno assembló l'attrezzatura usata dal giovane talento: chi lo ha fatto avrebbe eseguito il montaggio senza le necessarie istruzioni e competenze. Si tratterebbe di un parente della bambina a cui apparteneva l'attrezzatura, che nell'occasione l'avrebbe prestata a Tito chiedendogli di prepararle la strada lungo la parete. L'iscrizione nel registro degli indagati è maturata dopo che in procura è giunta la prima relazione della gendarmeria francese sull'incidente. Secondo il magistrato, infatti, il ragazzino sarebbe morto perché i ganci e i moschettoni usati per ancorarsi alla parete non erano assemblati in modo corretto. Nel gergo tecnico vengono chiamati «rinvii» e sono l'unione di due moschettoni e una fettuccia fermata da un gommino in plastica. I rinvii di Tito però erano stati montati in modo errato: in particolare sembra che la fettuccia, invece di passare nei moschettoni e di essere fissata con i gommini, fosse stata inserita solo nei gommini, a loro volta poi agganciati ai moschettoni. Non appena il giovane ha iniziato la discesa i gommini non hanno retto al peso e si sono spezzati uno dopo l'altro. Su dieci rinvii otto sono risultati difettosi, gli unici che non si sono spezzati erano quelli montati in modo corretto e ancorati nel punto più basso della discesa.

Da qui i cinque indagati: la ditta milanese che ha prodotto i gommini e li ha messi in commercio senza istruzioni sul loro utilizzo e il proprietario del negozio che li ha messi in vendita. Con loro sotto accusa il titolare della scuola e i due istruttori che hanno accompagnato i ragazzi a scalare, per non aver preso tutte le misure necessarie per garantirne la sicurezza. Istruttori che, secondo la procura, non erano preparati per scalate in parate in esterna, ma solo per le cosiddette scalate indoor, ossia in palestra. L'indagine è ancora in corso e rimangono alcuni punti da chiarire. Resta il fatto, secondo il magistrato, che l'intera giornata ad Orpierre, per la scalata, era stata organizzata in maniera superficiale. Il padre di Tito, Giuseppe Traversa, per voce del suo legale Michele Chicco fa sapere che il suo interesse è che si restituisca verità al dramma che li ha travolti. «Da troppe parti - spiega il legale - sono stati espressi giudizi improvvisati e disinformati. Abbiamo assoluta fiducia nel lavoro della magistratura. Siamo certi che il procuratore Guariniello e i suoi collaboratori riusciranno a fare luce su quanto è successo e sulle rispettive responsabilità».

Senza patente e senza assicurazione...

Calabria, travolto da un suv. Morto un ragazzino di 12 anni. È accaduto a Sellia Marina. Il conducente guidava con la patente sospesa. Ferito un altro automobilista

Drammatico incidente in Calabria, a Sellia Marina. Un ragazzino di 12 anni, che stava sistemando delle cassette di frutta e verdura davanti al negozio dei nonni sulla strada statale 106 a Sellia Marina, è stato investito da un suv ed è morto sul colpo. L'uomo, fermato nella serata di sabato, guidava con la patente sospesa da qualche mese.

L'INCIDENTE - La vittima è Matteo Battaglia, di 12 anni, morto sul colpo, davanti agli occhi della madre che si trovava nel negozio assieme agli anziani genitori. In pochi secondi, il dramma: il fuoristrada fuori controllo, condotto da un operaio ventiseienne domiciliato a Botricello, altro centro della costa ionica catanzarese poco distante, è piombato come un razzo centrando il 12enne. La folle corsa del mezzo, che ha travolto il tendone del negozio, si è arrestata solo a poche decine di metri di distanza, all'altezza di un bivio che conduce nella frazione di Calabricata, nello scontro con un'altra vettura in attesa di immettersi sulla statale. Nell'impatto il suv è praticamente salito, schiacciandola quasi, sull'altra vettura a bordo della quale c'era un uomo di 49 anni del luogo. Quando sul luogo dell'incidente, davanti alle scene strazianti dei familiari del bambino, sono giunti i soccorsi, per il piccolo Matteo non c'era più niente da fare. Due i feriti: oltre al conducente del suv con una ferita alla spalla, anche e soprattutto l'altro automobilista che ha riportato seri danni ed è attualmente in coma farmacologico anche se non dovrebbe essere in pericolo di vita. Entrambi sono stati ricoverati nell'ospedale civile di Catanzaro.

SENZA PATENTE - Dalle indagini dei carabinieri, che sono giunti sul posto assieme a due ambulanze del Suem 118, è emerso che al ventiseienne romeno alla guida del suv, nei mesi scorsi, era stata ritirata la patente perchè risultato positivo all'alcoltest. Sempre secondo quanto accertato dai militari non sarebbe chiara al momento la proprietà del fuoristrada che risulta essere in una fase di passaggio dal concessionario all'acquirente. I risultati degli esami emato-chimici cui il giovane romeno è stato sottoposto si sapranno solo lunedì prossimo, ma intanto, il pm Vincenzo Russo, dopo gli accertamenti compiuti dai carabinieri della Compagnia di Sellia Marina, ha emesso un provvedimento di fermo nei confronti dell'uomo. L'uomo è adesso piantonato in ospedale per omicidio colposo e guida senza patente per il pericolo di fuga, visto che non è residente in zona e perchè l'auto non era coperta da assicurazione. All'origine dell'incidente, secondo gli investigatori, potrebbe esserci stata l'alta velocità ed una distrazione.

sabato 24 agosto 2013

Firenze e gli zingari

I rom invadono Firenze e il sindaco non fa nulla. Nelle più belle piazze di Firenze rom ed extracomunitari lavano i panni sporchi e si fanno il bidet nelle fontane storiche accanto a turisti esterrefatti. Mentre Renzi pensa a pedonalizzare e a mettere i vasoni pieni di fiori in centro e il ministro Kyenge allo ius soli. Torselli (FdI): "Quel tabernacolo del '500 diventato vasca da bagno e lavanderia" di Fabrizio Boschi

Chissà cosa avrebbero detto Girolamo e Giovanni Della Robbia, autori della vasca cinquecentesca con fontana del Tabernacolo delle Fonticine sull'asse di via Nazionale, a pochi passi dal mercato di San Lorenzo. Due zingare, come se fossero al chiuso di una lavanderia, sciacquano una secchiata di panni. Non contente, li stendono, incuranti, di occupare un luogo pubblico. Un uomo, con totale indifferenza, prima l'ha fatta "fuori dalla tazza" e poi ha utilizzato la fontana come un bidet. L'ennesimo fermo immagine di questo album delle figuracce che Firenze sta regalando al mondo. Alcuni commercianti della zona postano su Facebook anche foto di chi si fa lo shampoo e chi si lava i denti. "Una vergogna - racconta una esercente-. Sta per partire una raccolta firme, una situazione del genere è intollerabile". A fare da cornice anche l'odore: disgustoso. "Spesso chiamiamo l'azienda di pulizie Quadrifoglio - sottolinea l'esercente - ma serve a poco: questo angolo è stato scambiato per un wc". Intanto il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, di ritorno dalla sua vacanza in America, pensa a cambiare il simbolo della città di Firenze. Di questo passo sarà costretto a scegliere una toilette. Mentre il ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge si è fissata sullo ius soli, col rischio di un'invasione di stranieri in Italia. "Si metta fine allo scempio del tabernacolo dei Della Robbia in via Nazionale usato come bagno pubblico dai rom", tuona in Palazzo Vecchio il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Francesco Torselli. "Chi può anche solo immaginare di possedere una stanza da bagno o una lavanderia realizzata da Girolamo e Giovanni Della Robbia? Nessuno. Eppure il tabernacolo di via Nazionale, le cosiddette Fonticine pare proprio abbiano assunto tali, svilenti, funzioni per alcuni rom ed extracomunitari della zona", denuncia Torselli. "Alcuni commercianti e lavoratori della zona mi hanno segnalato il problema - spiega Torselli - ma ho stentato a crederci fino a quando non ho visto coi miei occhi alcune donne rom avvicinarsi in pieno giorno alle Fonticine e con la massima disinvoltura, prima spogliarsi e lavarsi parti del corpo utilizzando addirittura bottiglie d'acqua (?) prese dalle loro borse, poi addirittura sciacquare nel tabernacolo del 1522 i propri abiti". "La cosa grave è che - prosegue il consigliere di centrodestra - in risposta a chi faceva notare alle donne il cattivo gusto del loro gesto, abbiamo ricevuto solo offese e sfottò. Ci dispiace che la parola degrado urti la sensibilità del nostro sindaco, ma noi conosciamo pochi altri termini per definire simili comportamenti. Possiamo dire scempio, offesa o mancanza di rispetto verso Firenze, i fiorentini e la nostra storia, ma a prescindere dalle parole, pretendiamo una sola risposta: che si ponga fine a questi deplorevoli comportamenti veramente disgustosi nel pieno centro di Firenze, di fronte agli occhi di tutto il mondo". E oltre al danno, c'è sempre la beffa. Dal 2004 ad oggi il centrosinistra ha speso 14 milioni e 703.819 euro per la gestione dei campi rom a Firenze. A cosa sono serviti tutti questi soldi dei fiorentini? Il Comune di Firenze ha in vigore un regolamento per la gestione dei due campi: è stato rispettato, o il Comune non ha fatto ciò che è previsto? I soldi sono serviti per accogliere i rom e integrarli e superare in maniera graduale la logica dei campi, o soltanto a dimostrare una falsa accoglienza e a far lavorare le cooperative? Tutte domande che per il momento non hanno una risposta.

giovedì 22 agosto 2013

Congratulazioni al pedofilo (e al giudice, soprattutto)

Roma, il giudice rimanda a casa il vicino-pedofilo. Così Francesca (13 anni) torna a vivere l'incubo. La Corte d'appello revoca il divieto di dimora per l'uomo da cui era stata a lungo abusata. "Avevi promesso di mandare via l'orco", urla alla madre dopo averlo rivisto sulle scale di Attilio Bolzoni

ROMA - Lo "zio" Pino è tornato. E sta ancora lì, nella casa sopra quella della bimba che per lungo tempo ha sofferto le sue violenze. In nome della legge, lo "zio" Pino l'hanno riportato sul luogo del delitto. Accanto a lei, la piccola Francesca. È uno dei piccoli grandi "capolavori" della giustizia italiana. Il carnefice e la vittima uno vicino all'altra in un palazzo della Roma borghese, quartiere a nord della città, un condominio silenzioso dove dal 2005 al 2010 - è allora che Francesca (oggi ha 13 anni, il nome è di fantasia) ha avuto il coraggio di raccontare tutto - un militare in pensione "costringeva la minore, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, a subire atti sessuali". Faceva finta di "giocare", la prima volta Francesca non andava ancora a scuola. Lo "zio" Pino, in primo e secondo grado è stato condannato a tre anni di reclusione. E fin qui è "solo" la spaventosa storia di Francesca violata nella sua intimità. Al resto ci hanno pensato in queste settimane i giudici della Corte di Appello che hanno graziato il vecchio orco riaprendogli le porte di casa - senza nemmeno avere un solo piccolo dubbio sugli effetti psicologici patiti dalla bimba - , quella stessa casa dove lui aveva scatenato la sua crudeltà e dove ancora Francesca vive al piano di sotto con la madre. Tre righe di provvedimento per trascinare un'altra volta una vita in un tormento, tre righe dettate dal codice ma senza buonsenso. Vi raccontiamo i fatti, che cominciano otto anni fa. Francesca ha perso il padre, la madre Emilia lavora fino a tarda sera e qualche volta anche la domenica. Così ogni tanto lascia Francesca dallo "zio" Pino e da sua moglie Wanda, che abitano un piano più su. Passano alcuni mesi e Francesca inizia a stare male, tachicardia parossistica. La bambina cerca ogni scusa per non farsi portare dallo "zio" Pino, capisce però che è inutile. Passano altri mesi e passano anche gli anni fino a quando Francesca, più grande - è il 22 aprile 2010 - confessa alla madre i "giochi" con il vicino di casa. Emilia ne parla a una psicologa, poi presenta una denuncia contro l'orco del piano di sopra. Parte un'indagine per verificare l'attendibilità della bimba, la testimonianza è credibile, gli esperti escludono che il suo racconto sia influenzato da notizie su abusi di minori ascoltate in tivù. "Il fatto non me lo dimenticherò mai", confida Francesca alla madre. Finisce un incubo.

Lo "zio" Pino viene processato con rito abbreviato e condannato, il 21 dicembre del 2011, a tre anni di reclusione. Già sei mesi prima, un giudice aveva ordinato il "divieto di dimora" del militare nell'appartamento che ha in affitto nel quartiere a nord di Roma "e nelle vie vicine". Lo "zio" Pino viola la disposizione giudiziaria e il provvedimento di "divieto di dimora" viene così esteso in tutto il Lazio "ad esclusione di Vitinia", dove lui ha una casa di proprietà. Meno di due anni dopo, il 9 maggio 2013, la condanna in primo grado a tre anni di reclusione viene confermata in secondo grado. Ma a luglio, il 4, la Corte di appello - con il parere negativo della procura generale - revoca il "divieto di dimora" e fa tornare il carnefice a un passo dalla sua vittima. Divieto di dimora revocato per "il tempo trascorso dall'adozione della misura" e divieto di dimora revocato per "l'età avanzata dell'imputato". Sono cadute le esigenze cautelari. Lo "zio" Pino non può più fare male a Francesca. Fisicamente. Solo fisicamente. Ricomincia l'incubo. È il 20 luglio quando Francesca se lo trova improvvisamente davanti. Poi comincia a sentire i rumori che hanno trasformato la sua vita di bambina in un inferno - la sedia a dondolo che si muove, la televisione accesa fino a tarda notte, i rintocchi dell'orologio a pendolo - e ritorna l'angoscia degli anni prima. Francesca si sente spiata. Le finestre al primo piano della casa del militare in pensione affacciano sul giardino della casa della bambina, il balcone dello "zio" Pino è proprio di fronte all'appartamento di Emilia. "Mi avevi promesso di mandare via l'uomo cattivo", grida alla madre. Emilia chiama subito i suoi avvocati. Sono i primi di agosto. Emilia è disperata, porta sua figlia lontano da Roma. "Il rientro a casa del ... che abita proprio sopra il suo appartamento, ha portato ad un nuovo, improvviso e grave peggioramento del suo stato emotivo ... si rifiuta di uscire da casa, ha disturbi del sonno, ha paura di vederlo e di incontrarlo nel timore che possa farle ancora del male...", scrive in una memoria la neuropsichiatra che dopo le violenze ha in cura Francesca da due anni e mezzo.

Ma la legge è legge. La parola passa un'altra volta agli avvocati che, ai primi di agosto, presentano un'istanza al procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma. Chiedono che presenti un'impugnazione contro l'ordinanza che ha permesso allo "zio" Pino di tornare sul luogo del delitto, spiegano che la decisione dei giudici "si pone in evidente contrasto con la politica giudiziaria e con le norme espressamente disposte in relazione ai reati di natura sessuale", raccontano come Francesca sia stravolta per la decisione presa dai giudici, impaurita, consapevole "dell'inutilità della sua sofferta denuncia". Dopo le violenze. E nonostante la condanna di colpevolezza di primo e secondo grado dello "zio" Pino. Ma il 9 agosto la Corte di Appello rigetta il nuovo ricorso della procura generale. "Non emergono, neanche dall'istanza del difensore della parte civile allegate alla richiesta del procuratore generale, elementi per ritenere la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione del delitto oggetto di condanna". In sostanza, i giudici non vi ravvisano sopravvenute esigenze cautelari rispetto alle decisione di un mese prima. È considerato del tutto normale che "l'uomo cattivo" stia accanto alla piccola. Lo "zio" Pino può tornare.

In barba agli italiani

Pubblica amministrazione. Da settembre assunti anche gli immigrati. Devono avere la carta di soggiorno e non possono aspirare a posti dove si esercitano pubblici poteri o si tutela l’interesse nazionale. La novità grazie alla legge europea 2013

Roma – 22 agosto 2013 – Dal 4 settembre i diritti dei lavoratori stranieri faranno un passo avanti importante nella rincorsa a quelli degli italiani. Anche chi non ha ancora la cittadinanza tricolore potrà essere assunto dalla Pubblica Amministrazione. Lo dice la legge europea 2013, appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale, fissando, però, due paletti importanti. Innanzitutto, i cittadini extracomunitari potranno partecipare ai concorsi pubblici solo se sono titolari di un permesso ce per lungo soggiornanti (la cosiddetta carta di soggiorno), dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria. Inoltre, potranno aspirare a posti che non implicano esercizio  diretto  o  indiretto  di  pubblici  poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale. Insomma non ci saranno certo poliziotti, magistrati o militari stranieri, ma sarà possibile, ad esempio, trovare immigrati a insegnare nelle scuole pubbliche italiane, a fare gli impiegati negli uffici comunali, a curare i malati, come medici o infermieri, negli ospedali.

Una piccola rivoluzione, anticipata dalle sentenze di diversi tribunali, con la quale l’Italia si allinea alla normativa dell’Unione Europea. E lo fa in ritardo, tanto che a Bruxelles si stava aprendo una procedura di infrazione. Si poteva fare anche di più. La Convenzione Oil 143/1975, ratificata dall’Italia, parifica i lavoratori stranieri legalmente soggiornanti e i lavoratori nazionali, quindi molti esperti chiedono di far accedere ai posti della pubblica amministrazione anche chi ha un “semplice” permesso di soggiorno, purchè valido per lavorare. Queste considerazioni sono entrate nella discussone alla Camera sulla legge europea 2013, ma non sono riuscite a modificarla. Ci sono solo un paio di ordini del giorno accolti dal governo lo scorso 31 luglio, ma con una formula piuttosto blanda: l’impegno a “valutare la possibilità” di allargare ulteriormente le maglie delle assunzioni pubbliche. Intanto, quindi, le nuove opportunità riguardano solo per gli immigrati di lungo corso, quelli che hanno in tasca la carta di soggiorno. E comunque dovranno spettare che la Pubblica Amministrazione assuma, evento sempre più raro nel periodo di vacche magre che sta attraversando il Paese.

Elvio Pasca

LEGGE 6 agosto 2013, n. 97.  Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013.
(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.194 del 20-8-2013)

Art. 7
Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai  posti  di  lavoro   presso le pubbliche amministrazioni. Casi EU Pilot  1769/11/JUST  e   2368/11/HOME.

1. All'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:      
a) al comma 1, dopo le parole: «Unione europea» sono inserite  le seguenti: «e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del  diritto  di soggiorno permanente»;
b) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:      «3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano  ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo  periodo  o  che  siano  titolari  dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.      3-ter. Sono fatte salve, in ogni caso,  le  disposizioni  di  cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26  luglio 1976, n. 752, in materia di conoscenza della  lingua  italiana  e  di quella tedesca per le assunzioni al pubblico impiego nella  provincia autonoma di Bolzano».

2. All'articolo 25, comma 2, del decreto  legislativo  19  novembre 2007, n. 251, dopo la parola: «rifugiato» sono inserite le  seguenti: «e dello status di protezione sussidiaria».


... e si può dire con somma gioia della congolese che c'è riuscita (grazie alla ue, al governo precedente e all'aiuto peloso del Pdl)

Quando Kyenge prometteva il posto fisso agli immigrati. Incontrando le comunità migranti bolognesi la Kyenge sosteneva di volersi impegnare per favorire quote riservate nel pubblico impiego per gli immigrati

Sab, 18/05/2013 - 08:21- Il consigliere regionale toscano di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, accende la spia. Il 16 febbraio scorso durante la campagna elettorale, l'allora candidata alle Politiche oggi ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge incontrando le comunità migranti bolognesi sosteneva di volersi impegnare per favorire quote riservate nel pubblico impiego per i migranti «su esempio di ciò che furono le americane “affermative action”».


Donzelli se lo ricorda bene e oggi chiede conto di quei buoni propositi: «Ma davvero il ministro immagina gli italiani a fare i concorsi e gli stranieri con il posto garantito? I concorsi si vincono per la bravura non per la razza».

Banca delle Marche e Pd

Il caso Banca delle Marche e il potere locale dei partiti

Le notizie di stampa sulla vicenda Banca delle Marche, piuttosto numerose in questa prima metà di agosto, dicono molto su come la partitocrazia trasforma, in una regione italiana, la democrazia in una oligarchia di comitati di affari che gestiscono come propria la cosa pubblica e, quel che è forse ancora più grave, condizionano potentemente l'economia locale, sottraendo risorse alla collettività e creando privilegi e rendite di posizione, disegnando un nuovo feudalesimo. La premessa è che le Marche sono una regione italiana laboriosissima, con il più alto tasso di iniziativa imprenditoriale d'Italia; si aggiunga una tradizionale tendenza a non confliggere con il potere costituito, retaggio forse di secoli di dominio della Curia romana, per cui all'autorità vigente è meglio sottomettersi, purché in cambio si possa lavorare; un'area nella quale, fin dagli anni Sessanta, si è affermato il celebratissimo "modello adriatico", imperniato su di un tessuto di piccole imprese a bassissima conflittualità sociale, con elevata capacità di innovazione ed attenzione alla qualità; una regione infine che, trent'anni fa, uno studio Fininvest considerava la regione italiana con maggiore accumulo di risparmio. Su questo tessuto si è instaurato un sistema partitico immobile, nel quale persino la ventata di Mani Pulite ha semplicemente accentuato un trasformismo capace di perpetuare una classe dirigente di professionisti della politica, saldamente alimentata da un clientelismo omnipervasivo, che però è sempre riuscito ad evitare scandali di grosse proporzioni, garantendo una pluridecennale, assoluta stabilità degli equilibri politici.

Le gravissime difficoltà di Banca delle Marche, il maggiore istituto bancario della Regione, suonano quindi come un serio campanello d'allarme per questi equilibri, soprattutto perché, dietro i gravissimi dati di bilancio della banca, vengono a galla informazioni rivelatrici di come, all'ombra di un narcotizzante immobilismo politico, gruppi affaristici ben radicati nel malgoverno del Paese abbiano potuto operare tranquillamente a danno dell'economia reale, vale a dire del lavoro delle imprese e dei cittadini. Il sistema dei partiti comincia a rendersi perfettamente conto del pericolo che la crisi di Banca delle Marche rappresenta per la propria continuità di potere: lo dimostra, come ultimo esempio, la quasi esilarante intervista di un esponente dell'establishment marchigiano, nonché senatore della Repubblica, il quale commenta come segue gli ultimi eventi: "Banca Marche ha quasi una funzione sociale nella nostra regione, mi verrebbe da dire istituzionale. Questo significa che i comportamenti debbono essere adeguati. Quindi adesso bisogna comprendere bene ciò che è successo durante la gestione passata. Bisogna capire bene dove sono stati commessi gli errori e perseguire i responsabili. Parlare genericamente di "politica" non ha senso, non aiuta a individuare le responsabilità" (1). La linea adottata è dunque ben chiara: evitare ad ogni costo il naturale collegamento con il potere politico locale. Anche se subito dopo il senatore è costretto a toccare la questione, ovviamente e del tutto politica, delle Fondazioni bancarie che anche qui, dal 1994, rappresentano la stanza dei bottoni di Banca delle Marche, dato che controllano il 55% del pacchetto azionario globale e tutte le nomine dei vertici dell'istituto. Per cui sorge spontanea la domanda: ma non è allora invece proprio "politica" la principale responsabilità di quanto accaduto, o lasciato accadere? Vogliamo essere ancora più precisi: non è responsabilità specifica dei partiti che hanno espresso i vertici delle Fondazioni quello che è accaduto o che si è lasciato accadere?

A questo punto, la tattica dell'establishment è chiamare in soccorso, come già avvenuto a livello nazionale, i cosiddetti "tecnici", in questo caso un accademico di chiara fama che, a suo dire, è stato richiesto di intervenire per iscritto addirittura dal presidente della Regione. Un accademico che, per di più, è ora presente anche nel consiglio di amministrazione della Banca delle Marche: situazione del resto molto frequente nel sistema italiano, in cui evidentemente non ci si pone il problema dell'opportunità del fatto che chi, con ogni garanzia di indipendenza, dovrebbe fare ricerca e analisi scientifica sia invece allo stesso tempo fra gli amministratori di aziende su cui quella ricerca e quell'analisi dovrebbero concentrarsi, nel solo interesse di verità e scienza. L'accademico di turno se la cava benissimo, del resto, con un'analisi che anche in questo caso farebbe sorridere, se non venisse da un esimio docente universitario: la Banca delle Marche va male perché tutte le banche italiane vanno male. Sì, è vero che Banca delle Marche ha un risultato peggiorativo di ben 6,5 volte superiore al previsto, rispetto ad una media dell'1,5 a livello nazionale, ma ciò dipende senza dubbio da una sfortunata serie di fattori negativi. "Le esorbitanti perdite su crediti vanno interpretate - aggiunge il professore - come una profonda azione di risanamento che ha creato le premesse per la messa in sicurezza e il rilancio consistente e sostenibile di BM. Lo slogan che mi viene alla mente è "non gettare via il bambino con l'acqua sporca". Questa azione di pulizia e di selezione tra ciò che non ha funzionato e ciò che funziona va vista in prospettiva con fiducia e sostegno da parte di tutti i portatori di interessi della banca. Vanno opportunamente vagliate le responsabilità di ciò che non ha funzionato, ma sapendole circoscrivere entro i precisi confini di ciò che è individuabile lasciando eventualmente questo compito alle sedi competenti" (2). Anche in questo caso, ci si limita quindi ad un filosofico "chi ha dato ha dato, chi ha avuto avuto", senza che l'impulso alla conoscenza ed alla verità ponga altri problemi allo studioso: l'essenziale è circoscrivere il problema e confortare la pubblica opinione sull'eccellenza del sistema. Né più né meno del senatore poc'anzi citato. Da un docente di economia politica avremmo sperato qualche approfondimento in più, per esempio, su quali siano le ragioni di un -75% sulla raccolta dalla clientela large corporate, che ha comportato una riduzione di 679 milioni di euro di fatturato; sulle ragioni e sugli effetti di una strategia di credito che concentra il 48,3% dell'accordato sul 3,5% dei clienti; su quale sia la relazione fra le cosiddette "rettifiche di valore per il rischio creditizio", con cui a bilancio si giustifica l'enorme perdita di esercizio, e le singolari vicende che stanno arrivando agli onori della cronaca. Vicende che hanno portato, a quanto pare, in un crescendo rossiniano, ad una serie di esposti da parte della nuova direzione di Banca delle Marche nei confronti di ben sedici società e gruppi, primari clienti dell'istituto, esposti scaturiti, così dice cautamente la stampa locale, in relazione a "presunte anomalie riscontrate nel sistema di istruttoria, erogazione, gestione e controllo del credito ed all'analisi delle eventuali responsabilità dei precedenti dirigenti apicali della banca".

In soldoni anche i non-professori possono capire che la perdita di 526 milioni (in realtà di oltre 650 milioni, contando anche l'azzeramento dell'utile della gestione 2011) così determinatasi è, in qualche modo e misura, in relazione con una condotta non propriamente trasparente ed illuminata da parte della banca. Condotta che, anche solo stando alle indiscrezioni su talune operazioni dell'ex direttore generale Massimo Bianconi riprese dalla stampa nazionale, è stata originata ai massimi livelli della banca. Per tacere di tutta una serie di presenze non propriamente qualificate negli organi direttivi, delle quali un pesante intervento di Bankitalia del settembre 2012, oltre a somministrare una severa multa, ha chiesto l'immediata sostituzione. Rispetto a tutto questo, ci sembra quindi davvero difficile pensare che "la politica" possa chiamarsene fuori, semplicemente facendo appello ai tecnici; così come che i tecnici possano semplicemente appellarsi alla crisi generalizzata del sistema bancario mondiale, in una catena di scaricabarile che non fa onore né ai politici di lungo corso né agli accademici di alto bordo. Troppo facile per la "politica" chiamarsi fuori anche dalle altre conseguenze, di carattere più ampio, per esempio in termini di effetti sul patrimonio delle tre fondazioni bancarie (Pesaro, Macerata, Fano), patrimonio che, come sappiamo, è di interesse collettivo - dato che è stato costruito con più di cento anni del lavoro dei cittadini marchigiani: un patrimonio la cui amministrazione è da tempo affidata proprio al sistema politico, vale a dire al sistema dei partiti. La perdita in questione, infatti, eguaglia quasi i 687 milioni di euro di valore delle quote azionarie delle tre fondazioni che detengono la maggioranza del capitale della banca: un dato abbastanza impressionante.

Ma non basta. Scopo dell'articolo del ricordato docente universitario, infatti, è lanciare un accorato appello al coraggio degli imprenditori marchigiani a seguito della nuova, urgente richiesta di capitali con cui sostenere il patrimonio di Banca delle Marche: appello che pare ad oggi non avere raggiunto nemmeno lontanamente l'ammontare deliberato col "piano industriale" approvato ai primi di agosto, che esige l'apporto di ben 300 milioni di euro entro la fine del 2013. Alla luce di quanto accaduto, quali garanzie di trasparenza, indipendenza e autonomia questa classe dirigente intende offrire a quegli imprenditori che avessero il coraggio e la determinazione di intervenire? Chi ancora, tra le imprese e i risparmiatori del territorio marchigiano, può affidare il proprio denaro ad un sistema di gestione controllato da una "politica" che ha fatto così scadente e sospetta prova di sé? Senza dimenticare il fatto che, nello stesso "piano industriale", il previsto risparmio di 120 milioni di euro di costi di funzionamento dell'istituto comporterà in pratica anche robusti tagli ai ben 3.000 dipendenti, forse cresciuti troppo rispetto a quello che la banca poteva effettivamente permettersi. Riuscirà il sistema di potere locale a far digerire alle organizzazioni sindacali, per altro abbastanza facilmente addomesticabili, i tagli al personale che dovranno sicuramente essere praticati in velocità? Sono quindi ben chiare le ragioni per cui la vicenda di Banca delle Marche è diventata negli ultimi mesi una questione strategica per la difesa del potere locale dei partiti marchigiani, per i quali rappresenta uno strumento fondamentale di quella che Michel Foucault chiamava la "microfisica del potere", vale a dire il modo con cui concretamente il potere agisce sulla gente nella vita quotidiana della comunità.

Proprio analizzando questa "microfisica", si vede bene come non sia affatto qualunquistica la generale insoddisfazione che va crescendo anche nelle Marche nei confronti del sistema di potere dei partiti: gli operatori economici che lavorano, rischiano e producono, hanno ormai chiarissima percezione del danno che quotidianamente produce la patologica commistione fra interessi economici e amministrazione politica che caratterizza il sistema partitocratico, bene evidenziata non solo dal caso Banca delle Marche, ma anche da quelli più noti del Monte dei Paschi e dello "scandalo Ligresti", solo per citare i più recenti. Sarebbe un serio problema per la sclerotizzata classe dirigente marchigiana se la gente cominciasse a reclamare un modello di organizzazione sociale nel quale fosse impedito alle forze finanziarie di acquisire potere politico e ai partiti di influenzare in modo determinante le scelte economiche. Eppure se non si arriva a questo passo decisivo, la malattia profonda della società italiana continuerà ad erodere, oltre che quelle economiche, le sue risorse più importanti e, ci si lasci dire, determinanti: la voglia di costruire non per se stessi ma per il futuro del nostro Paese.