sabato 30 marzo 2013

I saggi...


Altro che dieci “saggi”. Quelli che ha tirato fuori Napolitano dal cilindro per scrivere la road map di riforme essenziali per il Paese sono i soliti noti. Forse il peggio dei soliti noti, se possibile. Eppure, sorprendentemente, saranno loro a dover costituire il “tesoro” di idee e provvedimenti su cui il prossimo Presidente della Repubblica si dovrà basare per formare (forse) un nuovo governo. C’è di che restare senza parole. Sono nomi che rappresentano gli assi portanti di quell’antico sistema politico e istituzionale che ha portato l’Italia nel baratro in cui si trova oggi. Lentamente ma sistematicamente. E adesso siamo di nuovo nelle loro mani. A destare scandalo è soprattutto la commissione cosidetta “politico-istituzionale”. E fatto salvo il nome di Valerio Onida, costituzionalista di area piddina, sugli altri corre rapido un brivido lungo la schiena. A partire da Luciano Violante, con tutto il suo passato partitocratico alle spalle, simbolo della storia più antica (e non sempre limpida) del Nazareno (ma nel suo caso si potrebbe parlare meglio di Botteghe Oscure). E poi Mario Mauro, uomo di Monti (e di Cl vicinissmo a Roberto Formigoni) che qualcuno voleva a presidente del Senato al posto di Pietro Grasso, di cui non si ricordano negli anni particolari exploit legislativi nel segno del cambiamento.

Ma soprattutto Gaetano Quagliariello, ex vicecapogruppo del Pdl al Senato, uomo delle leggi ad personam di Silvio sulla giustizia, dunque personaggio di stretta osservanza berlusconiana, primo tra i soldati di prima fila del Cavaliere e (anche lui) personalità su cui l’intero centrodestra si sarebbe speso per fargli avere una carica istituzionale. Dopo quello che ha fatto per loro. E per il suo Capo. Ecco, Mauro è l’uomo di un Monti che continuerà a governare l’Italia nonostante i disastri economici e le figuracce cosmiche internazionali (i Marò) e Quagliariello è un portabandiera di Arcore. Davvero non c’era nulla di meglio sul mercato? Davvero è questo la summa della intellighenzia politica che Giorgio Napolitano ha saputo esprimere in un momento tanto drammatico per la democrazia? Cosa potranno mai studiare di nuovo queste cariatidi politiche del sistema? Che avranno mai da tessere e rinnovare elementi che mai sarebbero stati eletti davvero dal popolo se non ci fosse stato il Porcellum? L’unica cosa che possono partorire, a ben guardare, è un inciucio codificato sotto forma di programma da servire freddo sul piatto del prossimo presidente della Repubblica come unica via per avere un nuovo governo. D’inciucio, s’intende, non certo di rinnovamento.

Ma anche l’altra commissione, quella chiamata a studiare le emergenze economiche e sociali del Paese, non è meno inquietante. Si parte da Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, istituto che continua a fotografare lo stato del Paese senza aver mai suggerito una misura utile al suo sviluppo neppure per sbaglio e di Giovanni Pitruzzella, presidente del’autorità garante della concorrenza e del mercato, istituto abbastanza inutile se si considera che in Italia, com’è noto, non c’è una legge sul conflitto d’interessi degna di questo nome, per cui l’operato del Garante è stato fino a oggi abbastanza oscuro. Ma si resta ancora senza parole quando lo sguardo arriva ai nomi di due degli altri membri della commissione; uomini strettamente legati uno a Monti e l’altro alla storia del Pci, ovvero ministro Moavero Milanesi e il senatore Filippo Bubbico. E che anche il terzo, Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca D’Italia, è “cresciuto” dopo l’entrata in scena del governo Monti. Insomma, il “sistema” al potere che viene chiamato a rinnovare se stesso. Un paradosso

Napolitano, proponendo questi nomi, ha certamente deluso le aspettative di chi, soprattutto tra i giovani della politica anche in Parlamento (e non stiamo parlando solo dei grillini) si aspettavano una scossa. Invece, Napolitano oggi è tornato ad essere quel “Mofeo” di grillesca memoria, che trovandosi nell’impossibilità di fare alcunchè per partorire un nuovo governo, ha deciso di “addormentare” il sistema con questa sorta di “bicamerale ghiacciata” composta da chi, come si diceva, è in alcuni casi l’emblema di tutti ciò che gli italiani vorrebbero lasciarsi alle spalle. Insomma, il capolavoro di Napolitano è questo: Monti resta al suo posto (e chissà per quanto tempo) e per il resto è stata mandata letteralmente la palla in tribuna, fermando il gioco. Un’astuzia da antico politico, quale certamente Napolitano è, che ha anche archiviato senza scosse l’era Bersani, facendolo uscire di scena in modo netto, senza appello. Per quanto molto morbido. Intanto, si è aperta ufficialmente la crisi del Pd, i cui esiti saranno certamente drammatici, ma non è questo certo il punto. Il vero scontro, quello più acceso, si giocherà sulla successione al Qurinale. E il Parlamento si trasformerà in un Vietnam. Insomma, il Capo dello Stato, ancora una volta, ha messo la sordina al cambiamento, fischiando il “tutti negli spogliatoi” e lasciando la patata bollente di riscattare, in qualche modo, il Paese dal torpore all’uomo del Colle che verrà. I supplementari, se ci saranno, li giocheranno (loro, i partiti) tutti con un altro arbitro. Che si troverà però vincolato al suo predecessore dal patto di sistema che verrà sancito in questa “bicamerale”. E sarà ancora un inciucio. Senza sbocco. Ma il prezzo di questo stallo e di questo “nuovo” che avanza e continua a dettar legge puzzando di polvere e di muffa ci costerà (a noi, cittadini) ancora moltissimo.

Solo voci?


Il governo di Mario Monti è pienamente operativo e a breve varerà una serie di provvedimenti anti-crisi. Queste sono state le parole di Napolitano apparse sui giornali di oggi. Mercato libero ha ricevuto poco fa una telefonata da un amico importante a roma avvisando che mario monti sta pensando ad un blocco della libera circolazione dei risparmi. Ecco una possibile serie di misure su cui si sta lavorando:

1) non sara' possibile trasferire PIU' di 2000 euro al mese all'estero per persona
2) non sara' possibile trasferire all'estero quote di sicav, obbligazioni, azioni etf ne altri strumenti finanziari.
3) non si potra' prelevare piú di 250 euro al giorno con un massimo di 3000 euro al mese.

Queste sono le indicazioni che mi sono arrivate da roma - sembra che ci sia un ristretto comitato al lavoro per verificare le implicazioni negative di una tale decisione. Al tavolo di studio sono state invitate anche le forze dell'ordine che dovranno controllare che non ci siano focolai di rivolta e che dovranno difendere le filiali delle banche da possibili assalti.

Tasse e abitazioni


MILANO - Un conto insostenibile per 3 milioni di famiglie. Non le vacanze, le uscite al ristorante o i diversivi rispetto alla routine quotidiana. C'è una buona fetta di italiani che non riesce ad affrontare i costi per un bene primario come la casa. Spese, bollette, tasse, mutuo o affitto combinati rendono il costo del semplice abitare assolutamente insostenibile proprio per una faetta così ampia di individui. Secondo un report della Cgil, dal titolo "Costi dell'abitare, emergenza abitativa e numeri del disagio", si rileva come la spesa che incide maggiormente nelle famiglie italiane è proprio quella per la casa: in media è infatti pari al 31,2%, ma supera il 40% per oltre tre milioni di famiglie. Il problema è talmente urgente che il sindacato lancia l'allarme: nei prossimi tre anni, "senza disponibilità di abitazioni a prezzi sostenibili e forme di sostegno ai redditi, 300mila famiglie potrebbero perdere la propria casa in proprietà o in affitto, a causa di esecuzioni immobiliari o di sfratti". Dall'analisi del sindacato emerge che le spese mensili per il mantenimento di un appartamento in proprietà e in affitto ammontano oggi, in media, rispettivamente a 1.150 euro nel primo caso e 1.515 nel secondo. "Cifre lievitate negli anni anche a seguito dei continui aumenti delle tariffe (luce, riscaldamento, gas e acqua - che dovrebbero allentarsi da aprile) e della recente introduzione dell'Imu", afferma la responsabile politiche abitative della Cgil Nazionale, e curatrice dello studio, Laura Mariani, secondo la quale, tali costi, "rischiano di lievitare ancora a causa degli aumenti previsti con la nuova Tares e con l'incremento dell'Iva che inciderà sui costi connessi alle spese di manutenzione". Nella sezione "numeri del disagio abitativo" contenuta nello studio Cgil si legge inoltre che nel corso dell'ultimo decennio gli affitti sono incrementati del 130% per i contratti rinnovati (per arrivare alla cifra media di 740 euro mensili nel 2012) e del 150% per i nuovi contratti (1.100 euro mensili), mentre i costi degli immobili hanno registrato aumenti del 50% fino a +100% nei grandi centri.

"Pur a fronte di una significativa flessione delle compravendite di abitazioni, i prezzi non hanno subito un calo equiparabile", spiega ancora Mariani. Incrementi esponenziali si sono registrati anche per gli sfratti per morosità, aumentati del 100%: secondo lo studio infatti gli alti costi legati alla casa hanno concorso ad aumentare le morosità, pari all'87% degli sfratti emessi nel 2011, per un totale di 240 mila negli ultimi 5 anni. I dati evidenziano l'aumento di "morosità incolpevoli", legate a condizioni economiche particolarmente critiche di chi non riesce più a sostenere le spese per l'abitazione. Nel monitoraggio si rileva che i giovani, con età inferiore a 35 anni, rappresentano il 21% del totale delle famiglie con sfratto per morosità. Si tratta perlopiù di lavoratori precari o che hanno perso nel corso dell'ultimo biennio il posto di lavoro. Le famiglie di migranti rappresentano invece il 26% del totale. Infine i nuclei composti da anziani rappresentano il 38% del totale delle famiglie. In generale il 35% dei casi riguarda nuclei in cui il percettore ha perso il posto di lavoro. Ma non c'è solo la dinamica degli affitti. Il report segnala che sono aumentati anche i pignoramenti "perchè diventa sempre più insostenibile il pagamento del mutuo". Tra il 2008 e il 2011 i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari sono aumentati di circa il 75% (arrivando a sfiorare i 38.000). Per ultimo una proiezione contenuta nello studio Cgil prevede che, senza disponibilità di abitazioni a prezzi sostenibili e forme di sostegno ai redditi, 300 mila famiglie potrebbero perdere nel prossimo triennio la propria causa in proprietà o in affitto, a causa di esecuzioni immobiliari o di sfratti.

... se lo dice lui

Cipro, riaprono le banche. Condono ai prestiti milionari dei parlamentari...


MILANO - Wolfgang Schaeuble, l'uomo duro d'Europa che al fianco del suo cancelliere Angela Merkel non si è mai tirato indietro quando c'è stato bisogno di piantare paletti nei confronti dei Paesi periferici dell'Euro, spezza una lancia in favore dell'Italia. Secondo il ministro delle Finanze tedesco, infatti, non esiste il minimo rischio che l'Italia possa diventare una seconda Cipro. Rispondendo a una domanda della Bild, che proprio nel titolo del suo articolo formula questo dubbio: "L'Italia può diventare la seconda Cipro, signor Schaeuble?", Schaeuble dice con fermezza "No, non c'è assolutamente alcuna ragione". Il ministro ha ribadito che "i risparmiatori tedeschi sono al sicuro e in Europa vogliamo migliorare ancora le regole. Cipro è e rimane un caso particolare e unico". Schaeuble ha chiarito un punto molto dibattuto nell'Unione, cioè il fatto che il salvataggio di Cipro - con il prelievo forzoso ai depositi superiori ai 100mila euro per un incidenza del 37,5% - sia o meno replicabile: "Cipro è e continuerà a essere un caso unico e speciale", ha detto il ministro. Il titolare delle Finanze ha spiegato che le due principali banche cipriote erano "di fatto insolventi" e inoltre che il governo di Nicosia non poteva "assicurare il denaro nei depositi" a causa dell'ipertrofia del settore bancario del Paese.

ha aggiunto che la decisione su Cipro non crea un precedente. "I depositi in Europa sono sicuri", ha sottolineato il ministro, chiarendo così anche la posizione del governo tedesco, la cui vaghezza nei giorni scorsi - dopo l'uscita del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Djisselbloem- aveva contribuito a creare turbolenze sui mercati. Ha confermato inoltre che "i depositi fino a 100.000 euro sono protetti ovunque nell'Ue. In Germania e in molti altri Stati la garanzia va molto al di là di questa somma". Sull'isola, intanto, è emerso che i correntisti della Bank of Cyprus con depositi superiori a 100mila euro potrebbero riportare perdite fino al 60% a causa del prelievo forzoso disposto dal governo. Due fonti di governo e banca centrale spiegano che i conti oltre 100mila euro perderanno il 37,5% del loro valore quando saranno convertiti in azioni della banca (questo il livello del prelievo forzoso fissato per l'istituto). A questo si aggiungerà una possibile perdita ulteriore fino al 22,5% a causa del non pagamento degli interessi su quanto rimane nel deposito. Una percentuale che dipenderà dalla valutazione dei funzionari che dovranno determinare l'esatta cifra necessaria a riportare la banca in salute. L'istituto è direttamente coinvolto nella ristrutturazione del sistema finanziario cipriota: accoglierà gli asset "buoni" della Laiki (destinata alla chiusura) e verrà ricapitalizzata.

venerdì 29 marzo 2013

Ancora sbarchi


E' in corso nel Canale di Sicilia una operazione di soccorso di 330 migranti. Quattro motovedette della guardia costiera e una nave della marina militare sono intervenute per trarre in salvo gli extracomunitari, che - secondo quanto rende noto il comando generale della Capitanerie di Porto di Roma - avrebbero lasciato le coste nordafricane per fare rotta verso Lampedusa. Quattro le richieste di soccorso giunte alla Guardia costiera. Stamattina 24 extracomunitari erano stati bloccati nei dintorni di Siculiana Marina da carabinieri e polizia. Una motovedetta della guardia di finanza è riuscita a intercettare anche il barcone di 10 metri con tre presunti scafisti a bordo che dopo avere lasciato i migranti stava per riprendere il largo. Proseguono le ricerche per rintracciare altri eventuali nordafricani. A Siracusa la polizia aveva fermato 70 migranti non lontano dalla costa di contrada Targia, nel siracusano, che sono stati rifocillati, assistiti ed accompagnati presso il centro di assistenza Umberto I di Siracusa. Con molta probabilità si trovavano su un barcone trovato vuoto in mattinata sulla costa. All'1.45 un guardacoste della Guardia di finanza di Messina aveva intercettato a circa 6 miglia da Capo Murro di Porco un motopesca fatiscente con scritte in arabo, diretto verso le coste siracusane con a bordo 128 migranti di varie etnie. Il natante è stato scortato sotto il controllo dei finanzieri di mare presso il porto di Siracusa dove i migranti sono stati affidati alle cure del personale medico. Le operazioni dirette all'individuazione dei responsabili si sono protratte ininterrottamente per tutta la nottata. L'imbarcazione è stata messa sotto sequestro per violazione delle normative sull'immigrazione clandestina. Continuano le indagini di polizia protese all'individuazione di tutti gli scafisti.

giovedì 28 marzo 2013

Morti viventi e pagati...

Eutanasia politica di Vito Schepisi

Direi che la farsa sia durata anche troppo. Non abbiamo un governo da 3 anni, da quando Fini ha rotto gli indugi ed è passato dal sabotaggio mascherato, lento e continuo (il controcanto quotidiano) al sabotaggio evidente (la creazione di Fli ed il passaggio all’opposizione). Gli storici ci faranno capire, se ci riusciranno per quanto è incredibile, come un uomo che aveva avuto successo, e che ne avrebbe beneficiato ancora per lungo, si sia potuto suicidare politicamente in questo modo così indecoroso e banale. Resta e forse rimarrà un mistero capire come sia stato possibile ribaltare le radici, la storia, i riferimenti e persino i debiti di gratitudine per chi era stato tratto fuori dall’emarginazione politica. Il suicidio politico è una costante in Italia. In questa fase, l’attualità si sofferma sul suicidio politico di super Mario Monti, colui che, a suo dire, è stato il “salvatore” dell’Italia. «Mario Monti politiquement mort pour l'Europe» è il titolo di ieri dell’autorevole giornale francese “Le Monde”. La premessa è doverosa: il bocconiano ha un “ego” accentuato. Anche in questo caso ha fatto tutto da solo. Si può solo dire che sia stato aiutato da chi l’ha lasciato fare. La sua è stata un’eutanasia assistita, perché nessuno in democrazia può fare tutto da solo. Non sarebbe stato possibile senza il consenso del Parlamento e delle Istituzioni. I suoi errori, tutti, hanno trovato un colpevole sostegno. A volte anche largo. Per colpa, per dolo, per necessità, per responsabilità, per convenienza, per opportunità, per mancanza di coraggio, per nobili o meno motivi, in troppi e per troppo l’hanno lasciato fare e in troppi e in troppe circostanze l’hanno usato.

La fine di Monti è incominciata da subito. E’ iniziata da quando, con il suo piglio eurocrate, ha pensato di far pagare alla povera gente il conto dell’incapacità della politica italiana di governare l’Italia con il necessario rigore. Il Professore, cavalcando ciò che ha di suo, il suo freddo cinismo, ha fatto ciò che ha ritenuto più facile fare. Come l’uovo di Colombo. Ha colpito le famiglie. Ha colpito gli italiani con l’IMU sulla prima casa ed i lavoratori dipendenti con l’allungamento a 70 anni per l’età pensionabile, invece che colpire gli sprechi, i privilegi, gli abusi e la spesa pubblica. L’altro suicidio annunciato è quello di Pierluigi Bersani che, esaurita la sua scorta di espressioni gergali sui leopardi e sulle bambole, senza una maggioranza, per averla persa per strada in una competizione elettorale surreale, condotta sul vuoto assoluto di proposte e d’idee, si è trovato dinanzi alla necessità di dover ragionare e magari di dover trarre qualche idea, possibilmente lontano da un boccale di birra. Non c’è verso, però, per Bersani! Troppo difficile! Diceva di sé d’essere l’usato sicuro, ma sarà quanto prima rottamato anche lui come un vecchio e inaffidabile catorcio. C’è da essere preoccupati, però, perché l’Italia avrebbe bisogno di un governo solido e stabile in una fase molto difficile. La recessione che nelle previsioni ufficiali per l’anno in corso è data all’1,7%, viaggia invece verso il 2,9%. Il debito pubblico aumenta. La disoccupazione cresce. Al sud la ricerca di lavoro dei giovani ha assunto le stesse percentuali di successo di un terno al Lotto. La crisi si fa sentire. Le famiglie sono in difficoltà. Nei paesi di civiltà democratica le forze politiche più responsabili avrebbero fatto prevalere il senso di responsabilità, trovando un largo accordo di governo per superare le emergenze, ma in Italia siamo in crisi politica anche per incapacità d’essere responsabili. C’è chi si crede furbo. Si sentono tutti Cavour. Bersani vorrebbe andare in Parlamento, senza una maggioranza, in balia degli umori. Tutti superuomini! Basti dire che sono bastati 16 mesi di Monti per metterci contro tutti. Mentre il bocconiano si metteva sull’attenti dinanzi alla Merkel, tutti dall’India, agli Usa, ad Israele, alla Russia scrivevano il nome dell’Italia nel loro libro nero. Stanno suicidando l’Italia.

Del predicare bene...


Alla fine del colloquio al Quirinale tra Pier Luigi Bersani e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato il monito della Cei. "Il paese è stremato. C’è bisogno di risposte urgenti, vorrei dire immediate", ha affermato il cardinale Angelo Bagnasco, a margine della messa celebrata questa sera in Cattedrale per la ricorrenza del Giovedì Santo. Il cardinale ha poi aggiunto che "i problemi sono gravi e sono sempre più gravi" e che c'è bisogno di "risposte urgenti e immediate, concrete". Risposte che devono essere messe in campo "innanzitutto da parte del mondo politico, ma anche di tutti i responsabili, a tutti i livelli, nei vari settori, perché non è questione di un settore che possa salvare tutto quanto, ma ci si salva tutti quanti insieme".

Lo smacchiatore di giaguari...

Un commento: ""Bersani: Condizioni inaccettabili".Condizioni inaccettabili di chi? Le sue? Certo, se dice mi prendo il senato e la camera, il governo, magari il presidente della repubblica e voi mi dovete comunque appoggiare perche' siamo superiori moralmente, i piu' bravi e amenità varie, chi detta le condizioni inaccettabili? Questo mi fa ridere. L'unica cosa positiva e' che adesso sparirà dalla circolazione perche' verrà rottamato da renzi."


«Ho riferito dell'esito del lavoro di questi giorni che non ha portato a un esito risolutivo - ha detto Bersani -. Ho spiegato le ragioni e illustrato gli elementi di comprensione anche positivi attorno ad alcuni punti» ma ho «descritto anche le difficoltà derivate da delle preclusioni o condizioni che non ho ritenuto accettabili».

Ancora sul caso marò


Ecco Monti e il suo governo. Un anno e mezzo di flop. Una lista che messa assieme fa impressione. Vogliamo parlare delle misure economiche, della miriade di nuove tasse e imposte, dei tagli mai fatti alla spesa pubblica? No, non occorre fare l'elenco, lo conosciamo tutti. Respiriamo ogni giorno la recessione, vediamo le imprese italiane morire e i disoccupati crescere senza sosta. E che dire del prestigio internazionale? Siamo diventati un Paese a sovranità limitata e l'esimio Professore più che un premier è sembrato un vice cancelliere tedesco con delega per l'Italia. Vi siete chiesti come abbia fatto in pochi mesi a far perdere all'Italia quell'influenza strategica nello scacchiere mediterraneo? E sul caso marò? Che vergogna. Monti ha giocato sulle pelle dei fucilieri di Marina e delle loro famiglie. Non gli è bastato farci ingoiare per oltre un anno le prepotenze indiane, no. Ha voluto strafare e ha tentato pure il colpo in campagna elettorale, strumentalizzando il rientro in Italia di Latorre e Girone. Poi, visto il miserabile fallimento del suo partito, ha pensato bene di scaricarli perché non gli servivano più. E pensare che poteva avere tutto: essere di nuovo premier o addirittura capo dello Stato, ma la troppa considerazione di se stesso l'hanno relegato ai margini della politica. E addio marò. Che caos. Abbiamo visto alla Camera un ministro dimettersi, un altro tenere la poltrona, un premier che racconta perché uno abbia fatto bene mentre l'altro sia un traditore. Bla bla bla. Tutti si scambiano accuse. Chi ha scaricato i marò? Tu. No, tu. Chi, io? No, quell'altro. No, tutti assieme meno uno. Insomma, più che un governo sembra un pollaio. Ma se la responsabilità di chi ha condannato i fucilieri a tornare in India è chiara, meno chiaro è il perché. Anzi, in due giorni di audizioni in Parlamento, i Professoroni non hanno spiegato un bel niente. Qualche farfuglio sulla pena di morte e le garanzie che in India non sarebbe stata applicata. Figurarsi, rischi e garanzie erano chiari già un anno fa, quando abbiamo permesso che arrestassero Latorre e Girone. Monti va oltre. «Abbiamo rischiato l'isolamento internazionale». E qui casca l'asino, anzi, il Professore. Non aveva sempre raccontato che grazie a lui il prestigio dell'Italia nel mondo era volato in paradiso? Forse era solo una bugia a fin di bene. E poi, perché la vicenda dei marò ci isolerebbe? Dovrebbe essere l'esatto contrario, cioè isolare l'India, che ha violato le convenzioni internazionali e i sacrosanti diritti dei due marò impedendo un giusto, seppure illegittimo, processo. Oppure l'India è diventata improvvisamente il mondo e non ce ne siamo accorti? Il gesto di viltà del governo, che fa retromarcia con Delhi, non sembra una decisione maturata in casa ma il risultato delle pressioni di coloro che in Europa chiamiamo «amici». Qui non c'è onore da difendere (a parte i due marò, non vediamo chi ne abbia) né ragion di Stato, ma solo interessi economici da tutelare, e magari non sono soltanto interessi italiani. Alla faccia del prestigio. In questi quindici mesi, Monti e il suo governo hanno impoverito, svenduto e umiliato l'Italia, ritagliandole il ruolo di repubblichetta velleitaria. Ed escono dalla scena nel peggiore dei modi: con ignominia.

Campagna elettorale Pd


(ANSA) - ROMA - Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, secondo quanto si apprende, sara' ospite della prima puntata del serale di 'Amici' di Maria De Filippi che andra' in onda in prima serata sabato 6 aprile. Renzi sara' intervistato da alcuni ragazzi in studio sui temi dell'impegno politico e amministrativo.

mercoledì 27 marzo 2013

Caso marò...

Su altri marò. Due indiani uccisi dai francesi. Altri indiani uccisi dai tedeschi. Comunque... giusto per curiosità, qui ci sono alcune "esposizioni". E altro qui.

Enrico Bondi e l'Ilva


Enrico Bondi prossimo amministratore delegato dell’Ilva. Il presidente Bruno Ferrante, durante l’incontro di Pasqua con i lavoratori dell’azienda, ha sottolineato l’intenzione di “dare a questa società una struttura nuova: il consiglio di amministrazione sarà rinnovato e aperto anche a professionalità esterne”. Ferrante ha precisato che “ci sarò io come presidente, ma mi affiancherà un professionista esterno di larga fama come il dott. Enrico Bondi che si è occupato di ristrutturazioni di tantissime aziende importanti”. In effetti Bondi non è nuovo a “imprese” di questo tipo: in passato si è occupato del recupero della Montedison e del risanamento della Parmalat. Nel 2002 è stato amministratore delegato di Premafin (holding della famiglia Ligresti), ma il suo incarico è durato poco per via di alcuni dissapori con Salvatore Ligresti. Il suo ultimo incarico, infine, da cui si è dimesso il 7 gennaio 2013, è stato quello di commissario alla Revisione della spesa dello Stato italiano durante il governo Monti con l’obiettivo di razionalizzare gli acquisti di beni e servizi e definire il livello di spesa per voci di costo. Il presidente ha poi spiegato che Bondi ha già un contratto di consulenza che gli sta consentendo “di entrare nei meccanismi aziendali e di entrare come amministratore dopo l’approvazione del bilancio, che avverrà nella metà del mese di aprile”. “Abbiamo pensato – ha proseguito – a nuovi assetti organizzativi della società. Riva Fire possiede l’87 per cento delle azioni di Ilva e questo processo organizzativo ha l’obiettivo di renderla assolutamente indipendente e autonoma rispetto a Riva Fire”. “Dovrà restare Ilva – ha aggiunto Ferrante – con la sua capacità rappresentata da voi, capacità di fare impresa e lavoro, capacità di sostenere gli investimenti”.

Cipro


Se tre indizi fanno una prova, sul caso Cipro il resto d’Europa e dei Paesi Piigs devono preoccuparsi eccome. Non solo la crisi di Nicosia, ma anche una valutazione su più ampia scala internazionale, ha acceso le intenzioni dei membri “di serie A” dell’Eurozona di rivedere radicalmente il modello di salvataggio delle banche in difficoltà. E mettere in gioco anche i depositanti oltre i 100.000 euro. Nelle ore immediatamente successive al salvataggio cipriota molte sono state le dichiarazioni contrastanti (ufficiali e non) di alti funzionari europei che, di fatto, hanno solo aggravato la confusione. Se le parole del presidente dell’Eurogruppo sono state seguite da una smentita (perché sono deflagrate sui mercati aperti), resta come un macigno invece la considerazione che oggi fa Bloomberg sul programma di Cipro che “non è standard, ma che potrebbe essere adattato ad altre situazioni estremamente eccezionali come Cipro”. Aggiungendo particolari interessanti nell’articolo intitolato “Cipro, la terra dei prodotti strutturati”, firmato dall’analista economico Nick Dunbar. Che fu in prima persona avvicinato nel 2007 da una banca francese con la proposta di fare il relatore a una conferenza organizzata dalla Banca di Cipro per i fondi pensione.”Structured Solutions” è una parola in codice utilizzata per la vendita di derivati, cosa che fece con grande successo la banca francese che avrebbe anche partecipato alla conferenza. Dunbar, scrive, si rese conto che i ciprioti vedevano i loro “cugini” della Grecia come quegli abitanti dei villaggi che hanno preferito un asino a una Mercedes. In particolare i ciprioti non erano interessati ad acquistare i propri prodotti strutturati, ma guadagnare commissioni vendendoli ai ricchi pensionati greci, russi, inglesi e tedeschi. Una panoramica utile per comprendere i contorni del sistema finanziario in voga sull’isola.

PRELIEVO FORZOSO. E’di oggi l’annuncio del ministro delle Finanze Sarrys sulla percentuale di prelievo da applicare ai depositi sopra i 100mila euro: potrebbero essere, ha ammesso in un’intervista questa mattina al canale CBC, dell’80% per la Laikì Bank e del 50% per la Bank of Cyprus. Sconvolgendo analisti e correntisti, in quanto instilla il dubbio che le voci di alcuni capitali russi già fuggiti, siano veritiere. Come dire che la Troika troverebbe il forziere del “tesoro” cipriota vuoto, ovvero meno conti del previsto. Inoltre si sta facendo sempre più insistente la vulgata secondo cui il ministro tedesco Schaeuble avrebbe deciso di non rischiare più in questa partita, né un solo euro, né un solo voto in vista delle elezioni teutoniche di settembre. E nonostante in Grecia la Germania non perda nulla, anzi, con gli interessi maturati (e che matureranno) la Deutsche Bank sta incassando molto, oltre agli appalti che il premier greco Samaras ha gentilmente offerto loro. Per cui il suo principale consulente, Clemens, oggi dice che in pratica i grandi investitori devono caricarsi il fardello. A chi si riferiva l’economista tedesco? Ma naturalmente ai russi, perché di fatto i patrimoni più consistenti sono di russi, inglesi, ciprioti e greci (nell’ordine). E qui entra in gioco il nodo che si sta sempre più intrecciando con la Turchia e, a margine, con il South Stream: perché i russi si sarebbero anche detti disponibili a rivedere il primo prestito elargito a Cipro da 2,5 miliardi ma patto di mettere le mani sui giacimenti sottomarini dell’isola, su cui Nicosia aveva già un preaccordo con Tel Aviv, dove il presidente della Repubblica Nikos Anastasiadis si sta affrettando a volare in visita. Ufficialmente per un incontro programmato da tempo, ma di fatto per l’emergenza dei rapporti sempre più tesi con la minacciosa Ankara, il cui ministro degli esteri “consiglia” a Cipro di adottare la liretta turca e di uscire dalle grinfie dell’euro.

RISVOLTI ITALIANI. Che il gas non fosse una cornice secondaria in questa partita lo si era intuito sin dall’inizio, ma oggi arriva una nota ufficiale del governo turco. Che ha deciso di sospendere i progetti avviati con l’Eni a causa della partecipazione del gruppo petrolifero italiano al programma di esplorazione dei giacimenti di gas al largo delle coste di Cipro, che Ankara contesta in una disputa sulle acque territoriali. Il ministro dell’Energia Taner Yildiz contesta al governo di Nicosia il diritto di gestire autonomamente le risorse energetiche al largo dell’isola. Dallo sorso ottobre Ankara ha minacciato più volte di sospendere ogni collaborazione con i gruppi petroliferi internazionali che concludano accordi con il governo cipriota. Anche se, in virtù del diritto internazionale e del fatto che la fantomatica Repubblica turcocipriota del nord non sia riconosciuta dall’Onu, non avrebbe di cosa pretendere da quello spazio marino, in quanto lo ha occupato abusivamente dal luglio del 1974, con ancora oggi 50mila militari turchi in loco e un filo spinato che divide l’isola da ovest a est. Secondo la società americana Noble Energy, che sovrintende all’esplorazione di una delle zone del giacimento cipriota, le riserve presenti ammonterebbero a circa 230 miliardi di metri cubi, per un valore di 100 miliardi di euro. La replica dell’Eni arriva a stretto giro: “Non abbiamo alcuna intenzione di fare uno stop a Cipro”, ha detto l’ad Paolo Scaroni, dicendosi comunque “dispiaciuto” per le dichiarazioni del ministro dell’Energia turco. Si è comunque detto “fiducioso in un punto d’accordo e di intesa nell’interesse di entrambi”. E ha ricordato che il progetto che l’Eni ha in piedi con la Turchia è sostanzialmente “dormiente”. Prende il nome di oleodotto Samsung Ceyhan, destinato a portare il petrolio dal Mar Nero e dal Mar Caspio, che però è al momento congelato. “Il progetto – ha infatti spiegato Scaroni – decollerà soltanto se si renderanno più costosi e contingentati gli attraversamenti del Bosforo”. Si aggiunga infine che secondo un rapporto di Standard & Poor’s il salvataggio di Cipro, col prelievo forzoso sui depositi, sta avendo per il momento “un impatto minimo” sulle banche russe presenti sull’Isola. Secondo l’agenzia di rating, la banca russa più esposta sul mercato cipriota è la Vtb Bank. Cioè la stessa legata a doppio filo con le Assicurazioni Generali. Nel frattempo sull’isola i negozi restano chiusi, i sindacati sventolano una lettera in cui le aziende avvertono che sono a rischio i salari di marzo, manifestanti ancora in piazza per protestare contro lo “scippo europeo” (copyright Medvedev), in attesa che giovedì riaprano le banche. Gettando altra benzina sul fuoco europeo specialmente nei paesi più a rischio, dove non è ancor escluso che accada ciò che è accaduto in Grecia nei giorni drammatici delle trattative ad oltranza tra governo e Troika: con lunghe code di correntisti che in pochi giorni ritirarono cento milioni di euro.

La fortuna di essere incompetenti...


Licenziato dopo un anno e mezzo per aver peggiorato i conti della società. Una storia di ordinaria quotidianità nel mondo del lavoro. Licenziato per incompetenza con una buona uscita di tre milioni e seicentomila euro. Una storia di ordinaria quotidianità se il mondo del lavoro è quello dei super manager in Italia. Se poi il licenziato si chiama Piergiorgio Peluso ed è figlio del ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri si tratta di una storia di ordinaria quotidianità nell'Italia del governo Monti, dove essere raccomandati è cosa necessaria se si vuole fare carriera. La primavera dello scorso anno la seconda società di assicurazione d'Italia, la Fondiaria Sai, era in gravissima crisi finanziaria. Unicredit, che ne deteneva il 6,6 per cento delle azioni, era convinta che solo una fusione tra Fondiaria e Unipol potesse salvare la società dal fallimento. E così, la famiglia Ligresti, proprietaria di Fondiaria, fu costretta ad assumere il responsabile del Corporate & Investiment banking di Unicredit per l'Italia. Nel maggio 2011 il quarantaduenne Piergiorgio Peluso divenne direttore generale di Fondiaria con uno stipendio di centomila euro al mese, un milione e duecentomila euro all'anno. La politica di Peluso, però, non solo non ha convinto la famiglia Ligresti, ma ha peggiorato i già pessimi conti di Fondiaria. Il figlio del ministro si è lanciato in una serie di acquisizioni e di fusioni degni della finanza d'assalto che ha caratterizzato per un decennio le banche d'affari di Wall Street. Nel contratto di assunzione firmato da Peluso era inserita una clausola che asseriva che in caso «di dismissione per giusta causa, comprendente anche il demansionamento e il cambio di controllo della società», la Fondiaria avrebbe dovuto erogare una buona uscita pari a tre anni di stipendio. Ovvero un milione duecentomila euro per tre, pari a tre milioni e seicentomila euro.

martedì 26 marzo 2013

Domandare è lecito... ma rispondere?


PRESIDENTE

SIGNORI MINISTRI

SIGNORI DEPUTATI

Con questo intervento portiamo la voce dei cittadini italiani che in rete hanno partecipato al confronto sul tema. Noi del Movimento 5 Stelle siamo arrivati in questa aula Parlamentare per specifica libera e unica volontà del popolo italiano. Noi siamo nuovi! Siamo nuovi e per questo poco esperti delle vostre abitudini, delle dichiarazioni cavillose e dei doppi e tripli giochi. Siamo deputati ma continuiamo ad essere cittadini e pretendiamo di essere informati in modo chiaro e trasparente. Vi abbiamo ascoltato con attenzione, Signori Ministri, senza preconcetti ne pregiudizi anche perché Voi siete tecnici, non politici, dovreste essere professionisti della tecniche che vi distinguono nelle vostre competenze. Abbiamo ascoltato le vostre spiegazioni e le vostre argomentazioni su questa assurda vicenda e non siamo soddisfatti. Non ci bastano le sue dimissioni Ministro degli Esteri. Noi vogliamo capire e capire bene. Questa dei nostri fanti di marina e' una vicenda oscura, nebulosa, confusa e certamente infelice. E' una vicenda definita da tutti gli osservatori internazionali una “pagliacciata”, criticata da tutti, dalla pubblica opinione, dagli organismi rappresentativi delle Forze Armate e, da ultimo, dai vertici delle stesse.

In questa vicenda ci sono dentro i nostri fanti con i loro destini, ci sono armatori privati con i loro interessi privati, rappresentanti diplomatici, Sottosegretari e Ministri della Repubblica. C'e' dentro un Paese come l'India, a cui ci siamo rapportati prima con supponenza e arroganza e poi, dopo il divieto imposto all'Ambasciatore Mancini di lasciare il Paese, evento senza precedenti nella storia, con arrendevole sottomissione. C'e' dentro la NATO con i suoi programmi. C'e' dentro la dignità di due pescatori morti e delle loro famiglie, vittime dimenticate di questa assurda storia. C'e' dentro soprattutto l'onore del popolo italiano. Pertanto Signor Presidente ribadiamo che siamo assolutamente insoddisfatti delle giustificazioni fornite per questa tragica vicenda e chiediamo ai Ministri Presenti che riferiscano in dettaglio e con chiarezza quanto accaduto dal 15 febbraio 2012 ad oggi. Non vi stiamo chiedendo un favore, la trasparenza e' un vostro dovere nei confronti del vostro datore di lavoro, il popolo italiano, lo stesso popolo che vi ricompensa lautamente per ricevere in cambio pressapochismo e superficialità. Vogliamo sapere se alle ore 17.00 circa la nave “Enrica Lexie” era o non era in acque internazionali. Ad oggi, a quanto ne sappiamo, le uniche certezze sono i dati recuperati dal GPS della petroliera italiana, le rilevazioni del Maritime Rescue Center di Mumbai e l'esame balistico effettuato dai periti indiani che confermerebbero un posizionamento della nave di 20,5 miglia a largo dell'India, ovvero nella zona definita “contigua” e quindi di pertinenza dello stato costiero. Voi Signori Ministri sostenete altro, bene, fornite prove circostanziali e pubblicate online, lo dovete ai cittadini.

Vogliamo sapere se a bordo della stessa nave vi erano solo i due fucilieri della marina, La Torre e Girone o se invece la scorta era composta anche da altri uomini. In tale eventualità vogliamo sapere chi era il comandante responsabile di questo reparto e cosa abbia fatto per tutelare i suoi sottoposti. Vogliamo vedere i documenti che regolamentano l'utilizzo di professionisti militari italiani su navi private. Vogliamo sapere dettagliatamente le “disposizioni d'ingaggio” consegnate ai militari a bordo. Vogliamo sapere, Signori Ministri, quale sia stata l'autorità nazionale che, consultandosi con gli armatori della Lexie ha consentito l'inversione di rotta della nave come intimato dalle autorità indiane, inversione effettuata dopo circa due ore dall'incidente. Inoltre vogliamo conoscere il nome, il cognome e il grado dell'autorità militare che ha ordinato ai nostri due fucilieri di scendere a terra e consegnarsi, di fatto, alle autorità indiane dello Stato del Keralam violando le norme a tutela dei diritti umani secondo cui nessun individuo deve essere consegnato ad un Paese dove rischia di essere sottoposto a pena di morte. Ed ancora Signor Presidente e Signori Ministri, vogliamo sapere se ci sono state dazioni di denaro a favore della autorità indiane o dei loro singoli rappresentanti, l'esatto ammontare di tali eventuali dazioni, le precise motivazioni e se, per puro caso, ci sono stati riferimenti diretto o indiretti con la vicenda FINMECCANICA. Il sospetto e' condiviso. Il fatto che il Ministro della Difesa di New Dlehi abbia sbloccato l'accordo commerciale da 300 milioni di euro con la Wass di Livorno per la fornitura di siluri ad alta tecnologia c'entra qualcosa con la consegna dei nostri soldati? Gli affari sono più importanti delle vite umane Signori Ministri?

Pretendiamo inoltre che il documento scritto dal Ministero degli Esteri Indiano che attesta che non ci sarà la pena di morte per i nostri soldati e che ha visionato il Sottosegretario De Mistura sia reso pubblico immediatamente chiarendo ogni dubbio sulla sua reale esistenza. Per concludere vogliamo sapere chi ha avuto l'originale intuito di ideare e proporre ed articolare questo tipo di soluzione maldestra, ambigua, furbastra e caratterizzata da doppi, tripli e quadrupli giri di valzer. Chi ha avallato tutto ciò? Chi ha avallato tra le nostre autorità diplomatiche, militari e politiche questa meravigliosa strategia che tra parole date e ritirate, promesse fatte e non mantenute, impegni scritti e rinnegati ha sacrificato la libertà e, Dio non voglia, la vita stessa di due soldati obbedienti agli ordini ricevuti? Comportamenti del genere enfatizzano purtroppo le convinzioni, sbagliate, di chi all'estero ci riconosce soltanto come mafia, intrallazzi e irresponsabilità, come anziani corteggiatori di nipoti di capi di stato esteri, come aguzzini diretti o indiretti di Dittatori in fuga che pensavano di potersi fidare dei loro baciamano amici italiani. Comportamenti del genere mettono in pericolo la vita di tanti altri nostri connazionali in India oggi accusati ingiustamente e indiscriminatamente di essere inaffidabili. Approfittiamo inoltre di questo intervento per ricordare al Governo che gli oltre 2900 nostri connazionali detenuti all'estero meritano la stessa attenzione istituzionale e anche mediatica riservata ai nostri fanti della marina. Chi ha avallato ha fatto perdere la faccia all'Ambasciatore Mancini e ha gettato discredito sul nome dell'Italia nel mondo. Chi ha avallato, Signori Ministri, e' responsabile e chi e' responsabile deve andare a casa! Accogliamo con soddisfazione le sue dimissioni. Noi siamo nuovi Signori Ministri, siamo nuovi e siamo giovani. Ci siamo chiesti, in questi primi giorni di lavoro se saremo all'altezza del compito che il popolo ci ha affidato, beh, se voi siete i tecnici, se voi siete i cosiddetti esperti non abbiamo dubbi che i cittadini nelle Istituzioni sapranno fare molto meglio!

I cittadini-portavoce del M5S alla Camera dei Deputati

Fine legislatura...


Roberta Lombardi, capogruppo M5S alla Camera, ieri sera alle 20, ha presentato una video-relazione della giornata trascorsa nei palazzi tra riunioni e incontri, in cui smaschera la porcata di fine legislatura. Di seguito l'estratto del suo intervento.

"Ieri alle 17 si è tenuta la riunione dei capigruppo con tre atti da approvare in tempi brevi per scadenze di legge o per urgenza. Visto che le commissioni non partono per problemi di poltrone, si deve istituire una Commissione speciale. L'atto più importante è la relazione al Parlamento del Governo sull'allentamento del vincolo di bilancio e la revisione (in negativo) dei saldi di finanza pubblica, per un futuro decreto legge che stanzi i soldi creati con nuovo debito pubblico, per i pagamenti dei crediti delle imprese verso la PA.  Si tratta di 40 miliardi: 20 miliardi per il 2013 e 20 per il 2014. Bisogna allentare il Patto di stabilità per un decreto legge visto che la materia è urgente. Fermo restando che siamo assolutamente a favore del pagamento dei crediti alle PMI, non ci hanno convinto due punti della relazione di Grilli".

Il primo: "una parte dei pagamenti alle imprese confluirà immediatamente al sistema creditizio [..] se da un lato questo aspetto diminuisce l'impatto sul sistema economico, dall'altro contribuisce a ridurre le tensioni all interno del sistema creditizio. [...] si attende una riduzione dei tassi d interesse alla clientela e un'attenuazione delle tensioni sull'offerta di credito". Ossia: "i cittadini prendono un impegno per 40 miliardi di debito pubblico, di cui una parte (nessuno sa quanta) andrà direttamente alle banche e da questa generosa, ennesima, regalìa ci si aspetta che subito erogheranno prestiti e finanziamenti alle PMI italiane. L'esperienza di questi anni ci ha reso cauti sugli effetti nell'economia reale dei finanziamenti alle banche".

L'altro punto: "gli interventi programmati prevedono il pagamento di una quota dei debiti relativi alle spese di investimento nell'ordine dello 0,5 punti percentuali di PIL, per cui il livello programmatico dell'indebitamento netto per l'anno 2013 si dovrebbe attestare al 2,9% del PIL, rispettando in tal modo i vincoli di bilancio imposti a livello europeo". Il 2,9% del PIL, come indebitamento netto, è sotto il famoso 3% del rapporto deficit/PIL. Ossia con questo decreto legge, approvato dal Consiglio dei Ministri, presentato in una Commissione speciale che avrà 3 - 4 giorni per curarne la fase istruttoria, presentarlo in aula e votarlo velocemente, ci stiamo giocando tutto l'indebitamento che possiamo stanziare per la crescita per il 2013 e per il 2014. Un decreto fatto in fretta e furia nelle segrete stanze come è solita fare la politica per una porcata di fine legislatura. Noi ci siamo opposti. Questa questione deve venire in aula e seguire un iter normale. Chiediamo alla presidente Boldrini di istituire le Commissioni permanenti e permettere il dibattito in aula in sedute pubbliche, di modo che tutti possano capire cosa sta succedendo con i soldi dei cittadini."

Roberta Lombardi, capogruppo portavoce del M5S alla Camera.

Fine del segreto bancario


Possiamo dire addio alla nostra privacy bancaria. Conti correnti, depositi, ma anche contratti derivati, fondi pensioni e acquisti di oro e preziosi. Arriva l’Anagrafe dei rapporti finanziari: il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ha firmato il provvedimento che rende operativo l’anagrafe. I primi dati inizieranno ad affluire a fine ottobre e saranno relativi al 2011. Poi a marzo 2014 quelli del 2012. Quindi di aprile in aprile quelli dell’anno precedente. In nome della lotta all'evasione, tutte le spese effettuate con la carta di credito finiranno sotto la lente del Fisco. Uno screening a trecentosessanta gradi. In questo modo lo Stato avrà accesso a tutti i dettagli della nostra vita privata, anche quelli più insignificanti. A questo punto manca solo l’indicazione relativa ai controlli sui conti scudati, quelli che nel passato hanno utilizzato la sanatoria per il rimpatrio e la regolarizzazione di fondi esportati illegalmente all’estero. "Una nota aggiuntiva - assicurano i tecnici - arriverà a giorni". Da oggi il Fisco avrà a disposizioine tutti i movimenti delle carte di credito. Ma non si fermerà certo qui. Sul tavolo dell'Agenzia delle Entrate finiranno, infatti, anche i conti correnti, i conti di deposito titoli e obbligazioni, i conti di deposito a risparmio libero o vincolati, la gestione patrimoniale, i buoni fruttiferi postali, le azioni, le cassette di sicurezza, i bancomat, i contratti derivati, le garanzie, i crediti, i finanziamenti, i fondi pensione, le partecipazioni, i prodotti assicurativi e, dulcis in fundo, l'acquisto di vendita di oro e metalli preziosi. Nulla più sfuggira all'occhio indiscreto del Grande Fratello tributario. Ecco cosa prevedono le nuove norme che, in linea con le indicazioni dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, utilizzano per l’integrazione dell’archivio dei rapporti finanziari, il Sid (Sistema di Interscambio flussi Dati), nuovo canale di trasmissione di dati dell’Agenzia delle Entrate.

Il sistema per scambio dati: Ogni singolo operatore finanziario deve avviare la procedura di registrazione al Sid secondo le modalità descritte sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate. Il canale Sid prevede l’interconnessione application-to-application tra sistemi informativi e apposite misure di sicurezza di natura tecnica e organizzativa.

L'invio dei dati: I dati e le informazioni relativi all’anno 2011 vanno inviati entro il 31 ottobre 2013. Quelli relativi all’anno 2012 vanno, invece, inviati entro il 31 marzo 2014. A regime, gli operatori finanziari dovranno effettuare la comunicazione annualmente e trasmetterla entro il 20 aprile dell’anno successivo a quello al quale sono riferite le informazioni. Un successivo provvedimento del direttore dell’Agenzia individuerà i criteri per l’elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.

I dati da comunicare: I dati da trasmettere con la comunicazione integrativa annuale sono quelli identificativi del rapporto finanziario, quelli relativi ai saldi iniziali e finali del rapporto riferiti all’anno interessato dalla comunicazione e i dati degli importi totali delle movimentazioni distinte tra dare e avere per ogni tipologia di rapporto, conteggiati su base annua.

Troppo tardi per le dimissioni

Al ridicolo ministro della... difesa Di Paola direi solo: "Meglio tacere e dare l'impressione d'essere scemo piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio".

Un commento: "Tecnici barzelletta, che continueranno a guadagnare milioni. Questo è un dato di fatto: nel momento più delicato della nostra storia nazionale recente, abbiamo affidato il governo del Paese a questo genere di tecnici del tutto incompetenti, a guardare i risultati ottenuti. Questo grazie soprattutto l presidente Napolitano, non dimentichiamolo. Quello che fa rabbia è che questi tecnici continueranno a guadagnare milioni e uno di loro, Monti, sarà pagato a vita dai contribuenti italiani con stipendio da senatore a vita. Un cittadino viene eletto senatore a vita per dei meriti straordinari verso il Paese: quali sono i meriti straordinari di Monti?"


«Ero contrario a rimandare in India i marò, ma la mia voce è rimasta inascoltata». Alla Camera, al termine dell'audizione urgente riguardante il caso dei marò, il ministro degli Esteri Giulio Terzi annuncia le dimissioni. Un gesto che spiega prospettando anche una pesante divergenza d'opinioni all'interno del Governo: «Mi dimetto perchè per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l'onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perchè solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie».

DI PAOLA: «FACILE ORA ABBANDONARE» La decisione squassa il governo Monti ancora in carica. Conclusa l'audizione di Terzi, alle Camere parla il ministro alla Difesa Di Paola che al collega dimissionario indirizza queste parole: «Sarebbe facile oggi lasciare la poltrona, ma non sarebbe giusto e non lo farò». Frase che viene accolta dall'applauso corale dell'aula di Montecitorio. Terzi non applaude. «Non abbandonderò la nave in difficoltà con Massimiliano e Salvatore a bordo fino all'ultimo giorno di governo, verrei meno al senso del dovere delle istituzioni che ho sempre servito e alle scelte del governo che ho condiviso», dice ancora Di Paola.

POLEMICHE IN AULA - Le dimissioni di Terzi inevitabilmente hanno acceso la tensione in Aula. «Speriamo che Monti sia assolutamente chiaro perchè il fallimento della credibilità internazionale è sotto gli occhi di tutti» è l'attacco del segretario Pdl Alfano a cui si accoda tutto il centrodestra. «Le dimissioni equivalgono a straordinario gesto morale» dice il vice presidente della Camera Lupi mentre l'ex governatore della Lombardia, ora senatore Pdl, Formigoni twitta: «Il governo chiarisca chi ha voluto rimandare i marò in India».

TERZI: «IO INASCOLTATO» - E' al termine dell'audizione alla Camera che Terzi spiega quanto fosse distante dall'idea di rimandare in India (per la seconda volta) i due fucilieri del San Marco. A palazzo Chigi (è la ricostruzione quasi «in diretta» di quei concitati momenti ) «esprimo la mia riserva per la repentina decisione del loro ritrasferimento in India, la mia voce è rimasta inascoltata. Finalmente avevamo in patria i due fucilieri di marina». La voce di Terzi è però rimasta «inascolta», puntualizza in Aula.

«NIENTE PROVE ATTENDIBILI» - «È risibile e strumentale sostenere che la Farnesina ha agito per fatti suoi. Io ho dato informazioni a tutte le autorità di governo sugli aspetti critici del negoziato con l'India» sostiene Terzi che poi senza mezzi termini afferma che l'accusa ai marò italiani di aver sparato e ucciso i due pescatori indiani «non è mai stata suffragata da prove attendibili, mentre loro negano ogni addebito». Mentre riguardo alla recente decisione di trattenere in Italia i marò, approvata da tutti l'8 marzo, «tutte le istituzioni erano informate e d'accordo».

«SULL'AMBASCIATORE RITORSIONE» - Terzi è esplicito anche sulla blindatura dell'ambasciatore Mancini a Delhi: «La decisione indiana di sospendere l'immunità del nostro ambasciatore è stata interpretata come un atto di ritorsione che ha indebolito la legittimità del governo indiano, siamo davanti a una palese violazione della convenzione di Vienna».

Alessandro Fulloni

lunedì 25 marzo 2013

La tragedia dei marinai

Eh, no. Non sono daccordo. Nessuno si dovrebbe dimettere del governo tecnico ancora in carica. Il... signor Monti, il signor Terzi e l'altro compagno, il signor Di Paola insieme alla signora Ashton (che, giustamente ha negato l'aiuto ue all'italia e ai due marinai), dovrebbero scavarsi una buca molto profonda, infilarcisi dentro e chiedere agli italiani di ricoprirla fino a farli soffocare. Perchè meritano solo questo.


"Non ci serve ora di sapere di chi sia stata la colpa, né che le forze politiche si rimbalzino la responsabilità. Quello che chiediamo ora non è divisione: unite le forze e risolvete questa tragedia".  Il messaggio è di quelli accorati. L'appello è di Massimiliano Latorre, uno dei due marò italiani, che ha scritto una email dall’India al giornalista Toni Capuozzo, conduttore del programma Terra! su Rete4, secondo quanto riferisce un comunicato di Mediaset.

"Caro Toni non ci serve ora sapere di chi sia stata la colpa, perché non ci porta a nulla e tanto meno non porta a nulla che le forze politiche si rimbalzino le responsabilità. Quel che vi chiediamo ora è non divisione ma, come i nostri fucilieri, mettetevi a braccetto, unite le forze e risolvete questa tragedia. Come dicono i fucilieri: tutti insieme nessuno indietro. Siamo italiani dimostriamolo, come hanno fatto loro", scrive Latorre.

Nel frattempo, anche Silvio Berlusconi ha fatto sentire la sua voce. Contro il governo. "Monti ha fatto una figura vergognosa con la vicenda dei marò. Ha sbagliato tutto. Hanno fatto tutto di testa loro, non ci hanno chiesto niente, si devono dimettere in gruppo, cacciamo Monti dal Senato, è senatore a vita immeritatamente. Si dimetta".

Le priorità dell'italia secondo il Pd


Roma – 25 marzo 2013 – Le riforma della cittadinanza è già in Parlamento e promette ai figli degli immigrati di diventare subito anche per legge, finalmente, italiani. Il 21 marzo è stata depositata alla Camera dei Deputati la proposta di legge “Disposizioni in tema di acquisto della cittadinanza italiana”. L’hanno firmata Khalid Chaouki e Cécile Kyenge, i nuovi italiani portati in Parlamento dal Partito Democratico, insieme al segretario Pierluigi Bersani e al capogruppo Roberto Speranza.

La proposta: I punti principali della proposta erano stati anticipati dal Pd la scorsa settimana. Sintetizzando al massimo: è italiano chi nasce in Italia da genitori regolarmente residenti da almeno cinque anni, oppure chi arriva qui entro i dieci anni e conclude un ciclo scolastico (scuole elementari, medie o superiori) o un percorso di formazione professionale. La dichiarazione per l’acquisto della cittadinanza è sottoscritta dai genitori, insieme all’impegno ad educare i figli nel rispetto della Costituzione e le leggi italiane. Se i genitori non fanno questa scelta, possono farla i figli una volta diventati maggiorenni, così come possono rinunciare alla cittadinanza tricolore se ne hanno già un’altra. Una norma transitoria, infine, salva le “vecchie” seconde generazioni. La nuova legge si applica infatti anche a chi è nato in Italia o ci è arrivato entro il decimo anno di età prima della sua entrata in vigore, e questo darà un’opportunità a buona parte del milione di figli di immigrati che già vivono in Italia.

Chaouki: “Dialogo con tutti”: L’etichetta di “riforma del Pd” sta stretta a questa proposta e non è un caso che i tre articoli che la compongono non siano usciti, come pure Bersani aveva annunciato in campagna elettorale, da un consiglio dei ministri. “Abbiamo scelto la via parlamentare perché in questo momento e particolarmente su questo tema è importante aprire il dialogo con tutte le forze in campo e cercare la maggiore condivisione possibile” dice a Stranieriinitalia.it Khalid Chaouki. Chaouki, che è figlio di immigrati marocchini, crede in un sostegno trasversale. “Questo è un Parlamento pieno di giovani cresciuti in un’Italia multiculturale, che potranno affrontare la riforma della cittadinanza senza i pregiudizi di chi in passato ne ha fatto solo un punto di scontro sui basi ideologiche. Nei prossimi giorni, appena si saranno costituite le commissioni parlamentari, cercheremo il dialogo con tutti” ribadisce. Il fatto che alla presidenza della Camera ci sia Laura Boldrini, che ieri ha ribadito l’importanza della riforma, può essere un aiuto importante. “Confidiamo nella sua sensibilità, siamo sicuri – conclude il deputato - che potrà offrire un sostegno concreto alla battaglia delle seconde generazioni”.

La faccia come il culo


Caro direttore, ho letto con il consueto interesse, nel Corriere di ieri, l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia («Ciò che il Centro non ha capito»). Concordo con un punto importante: sarebbe stato un errore «contrapporsi frontalmente e sprezzantemente all'elettorato che fino ad allora era stato della Destra». Dissento invece, con grande rispetto verso l'autore, da tutte le altre asserzioni contenute nell'articolo. Esse mi fanno ritenere che l'autore non abbia colto le motivazioni del progetto politico di Scelta civica, né i vincoli entro i quali questa atipica esperienza politica si è collocata. Prima c'è stato, per il governo nato nel novembre 2011, come Galli della Loggia riconosce, il duro vincolo imposto dalle circostanze: salvare l'Italia dalla crisi finanziaria. L'autore ci rimprovera, forse giustamente, di non avere avuto «la capacità di parlare ai cuori più che alle menti». Quella capacità l'avevano, e l'hanno molto esercitata, i precedenti governi di Centro-sinistra e di Centro-destra, che però per 15 anni, sempre pensando alle prossime elezioni, non avevano fatto né le riforme necessarie per la crescita e l'occupazione, né quelle necessarie per una finanza pubblica sostenibile. Poi ci siamo dati noi un vincolo, proponendo agli elettori la prosecuzione di un percorso, capace certo di far fruttare i molti sacrifici in una crescita a medio termine, ma fondato sul realismo e sulla responsabilità, non sulle illusioni. Parrà incomprensibile a un politologo che ci sia chi governa per realizzare non il consenso ma ciò che ritiene essere, in un dato momento, l'obiettivo vitale per la sopravvivenza del Paese e per la sua sovranità, senza cederla a una troika di occupazione (quella sì) tecnocratica. Ma non crede che l'avere spiegato ai cittadini che l'Italia ce l'avrebbe fatta da sola, senza chinare il capo e chiedere prestiti all'Europa o al Fondo monetario internazionale - come la Grecia, il Portogallo, la Spagna - abbia «invogliato al riscatto, mosso alla tenacia, all'orgoglio»? Perché in Italia, a differenza che in quei Paesi, i durissimi sacrifici non hanno portato alla rivolta sociale o di piazza?

Parrà ancora più incomprensibile a un politologo che ci sia chi proponga alle elezioni un progetto che non concede nulla al populismo e alla demagogia, pur in un «Paese percorso dalle performance di Grillo» e di un redivivo, formidabile Berlusconi. E che insiste su riforme, come quelle sul mercato del lavoro, indigeste alla Sinistra ma essenziali, con altre, per dare lavoro e speranza ai giovani. Così come propone di proseguire le azioni contro l'evasione fiscale e la corruzione che hanno trovato ostacoli a Destra durante il governo che sta per chiudersi. Ma questa Scelta civica - penserà il politologo - ha fatto proprio di tutto per perdere le elezioni! Come se non bastasse, è stata così ingenua da rivendicare i «meriti» del governo uscente, che ha dovuto prendere i provvedimenti più impopolari della storia repubblicana, invece di prenderne le distanze come hanno fatto le altre forze che avevano approvato quei provvedimenti, platealmente il Pdl, in modo meno chiassoso il Pd. Chi governa così, chi si presenta alle elezioni così, secondo Galli della Loggia denota «scarsa capacità di leadership». Non tocca certo a chi viene giudicato di giudicare il giudice. Ma sarebbe interessante capire meglio che cosa debba intendersi per leadership. È migliore leader chi cerca, magari facendo molti errori perché è un politico inesperto, di guidare il Paese verso quello che considera l'interesse generale e cerca il consenso degli elettori su ciò che è poco gradevole ma utile a più lungo termine; o chi cerca, magari non facendo nessun errore perché è il più abile dei politici, di assecondare gli elettori proponendo proprio ciò che essi vogliono vedersi proporre perché è più gradevole anche se dannoso a più lungo termine? È meglio, per un Paese, avere dei leader non perfetti o dei perfetti follower? Ai politologi l'ardua sentenza.

Forse, il professor Galli della Loggia ha in mente il secondo scenario, quando emette le sue sentenze liquidatorie: «il fallimento del Centro», «il fallimento del personale di governo alla guida del Paese per oltre un anno», il Centro è diventato «un attore politico di terz'ordine». Siano consentite due osservazioni. Centro. Si direbbe, con l'uso di questo termine come sinonimo di Scelta civica, che l'autore non abbia prestato nessuna attenzione allo sforzo fatto da Scelta civica per spiegare la propria identità. Non si tratta di qualcosa di intermedio tra la Sinistra e la Destra lungo l'asse, a nostro giudizio screditato, di un inconcludente bipolarismo italiano, che alla fine ha avuto bisogno di un governo tecnico per fare alcune riforme che sapeva necessarie, senza mai trovare la forza politica per farle. Si tratta di un impegno nuovo, per unire volontà riformatrici ed europeiste, prima disperse nei due poli contrapposti. Fallimento. Non ho mai parlato di successo di Scelta civica. Trovo però curioso che si parli di fallimento per un'entità politica nuova, costruita nella scia di un governo che non aveva fatto proprio nulla per non essere impopolare, portata avanti dall'impegno generoso di molti ma certo senza l'esperienza e la professionalità dei partiti tradizionali o l'articolazione del M5S; e che tuttavia in cinquanta giorni è riuscita a raccogliere tre milioni di voti laddove il Pd e il Pdl hanno perso molti milioni di voti. Se non vi fossero stati quei voti a Scelta civica, provenuti in particolare dalla Destra, la coalizione Pdl-Lega sarebbe ora in grado di formare il governo e, dal 15 aprile, di eleggere il presidente della Repubblica.

Concludo con il punto, importante, sul quale il mio pensiero coincide con quello di Galli della Loggia. Sarebbe stato un errore «contrapporsi frontalmente e sprezzantemente all'elettorato che fino ad allora era stato della Destra». Ha ragione l'autore quando, pur con cattiveria eccessiva, scrive «Uno stereotipo tanto più potente perché in sostanza pre-politico, attinente al bon ton civil-culturale. Con la Destra dunque l'élite italiana non vuole avere nulla a che fare: per paura di contaminarsi ma soprattutto per paura di entrare nel mirino dell'interdizione della Sinistra». Per parte mia, forse perché ho idee mie ben radicate, non ho mai condiviso la paura di contaminarmi con la Destra. Sono orgoglioso di aver fatto cooperare per il bene del Paese, nella «strana» maggioranza, Bersani e Berlusconi (oltre a Casini). Né temo l'interdizione della Sinistra, che pure ho sperimentato, in alcuni suoi alti esponenti politici e culturali detentori della moralità, per il solo fatto di avere promosso un movimento politico. Ma Scelta civica, caro professor Galli della Loggia, non ha compiuto quello che lei e io consideriamo un errore: non si è contrapposta agli elettori della Destra. Anzi, ne ha sollecitato il voto. E sono sorpreso che tanti abbiano scelto Scelta civica e non il Pdl, che pure recava nella scheda il profumo dei soldi, il rimborso dell'Imu. Quello che non ho fatto, qui lei ha ragione, è accettare l'invito di Berlusconi ad essere il «federatore dei moderati». Per questo invito, che mi ha fatto piacere, ho ringraziato Berlusconi. Ma non l'ho accettato non per sprezzo degli elettori di Destra, ma per due diverse ragioni. In primo luogo, mi sembrava più importante unire i riformatori che federare i moderati. In secondo luogo, avrei forse potuto federare i moderati ma solo se Berlusconi si fosse davvero ritirato dal progetto che cortesemente mi offriva. Non avrei voluto trovarmi nella situazione di Alfano.

Presidente del Consiglio Mario Monti

domenica 24 marzo 2013

La responsabilità dello smacchiatore di giaguari...

Un commento: "è l'ennesima dimostrazione della miopia della sinistra: pur di far fuori berlusconi, sarebbero capaci di far impoverire i 30 milioni di lavoratori... e immancabilmente otterrebbero solo un pugno di mosche."



Quali siano le priorità della coalizione guidata da Pier Luigi Bersani e del Movimento 5 Stelle è apparso chiaro già all'indomani delle elezioni. La sinistra ha in mente di tutto. Dal ddl sull'ineleggibilità per far fuori Silvio Berlusconi alla commissione d'inchiesta per fermare i lavori dell'alta velocità in Val Susa, dal pacchetto sui diritti (cittadinanza agli immigrati e unioni civili) all'abolizione dei rimborsi ai partiti. Tutto tranne che tagliare le tasse.

Mentre Bersani si affanna ad occupare tutte le poltrone possibili in attesa di schiantarsi con un governo che difficilmente riuscirà a formare, i contribuenti italiani guardano timorosi l'avvicinarsi dell'estate e di una serie di scadenze fisccali che rischiano di mettere in ginocchio non poche famiglie, già indebolite dalla recessione economica e dai ssacrifici chiesti l'anno scorso dal governo Monti. Secondo un calcolo fatto dai segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, tra giugno e luglio si rischia una stangata di circa 31,8 miliardi di euro: 11,6 miliardi arriverebbero dall'acconto dell'Imu, 14,4 miliardi dal saldo sull'Irpef, 4 miliardi acconto Tares e 1,8 miliardi dalla tranche dell’aumento dell’Iva. Proprio per questo i sindacati chiedono al futuro governo di spalmare (almeno) il pagamento della Tares, affinché "non pesi eccessivamente sui bilanci della famiglie e delle aziende". E sono proprio le aziende a rischiare il salasso peggiore. Nei mesi estivi i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori saranno, infatti, costretti ad affrontare un vero e proprio stress test fiscale e contributivo. Come ha ricordato ieri la Cgia di Mestre, le scadenze saranno numerosissime. Si va dai versamenti Inps alla tassa annuale di iscrizione alla Camera di Commercio, dal pagamento della prima rata dell’imposta sulla casa e alla Tares. E ancora: l’autoliquidazione Irpef, che prevede il saldo 2012 e l’acconto 2013. Tasse, imposte e balzelli che peseranno sulle tasche di contribuenti fino a 25.700 euro circa. Per segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, il nuovo governo dovrà assolutamente evitare che dal primo luglio aumenti l’aliquota dell'Iva: "Se ciò non avverrà, i consumi subiranno un’ulteriore contrazione, penalizzando proprio le piccolissime imprese che vivono quasi esclusivamente della domanda interna". Anche il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli ha chiesto di "cestinare" l'aumento dell'Iva: "Al centro dell’economia reale devono essere messe le piccole e medie imprese".

L'Italia soffre sotto il peso soffocante delle tasse. Ma Bersani che, dopo aver ricevuto l'incarico da Giorgio Napolitano, si appresta a governare con Nichi Vendola sembra essere sordo al grido d'allarme. Negli otto punti programmatici buttati giù dal leader piddì c'è un velato accenno alla redistribuzione dell'Imu, ma di abbassare la pressione fiscale, che con Mario Monti è arrivata alle stelle, non v'è traccia. Ieri pomeriggio, dal palco di piazza del Popolo, Berlusconi ha annunciato che nei prossimi giorni saranno depositate alle Camere le prime quattro proposte del Pdl per "l'assunzione dei disoccupati, il pagamento dei debiti dello Stato verso le imprese, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa e la restituzione di quanto pagato nel 2012". "Gli altri chiacchierano, mentre noi lavoriamo per il grande cambiamento", ha spiegato il Cavaliere dopo che, in settimana, aveva teso la mano a Bersani proponendogli di lavorare insieme su quei punti in comune al fine di risollevare l'economia del Paese e dare respiro ai contribuenti strozzati dal Fisco. Il segretario democrat ha risposto picche ed è tornato alla carica con i grillini promettendo loro che, quanto prima, presenterà un ddl per rendere ineleggibile il Cavaliere.

Ultime da bankitalia...

Un commento: "Bisogna ricordare a questo signore che la crisi economica che noi subiamo è partita dagli stati uniti per la "truffa" dei derivati. E che questa crisi continua perché le banche hanno chiuso il rubinetto in quanto sono strapieni di quei titoli cosiddetti tossici (cioè i derivati targati usa) che ne vuole e loro non riescono a disfarsene senza mostrare il vero marciume che c'è dietro queste transazioni finanziarie. Bisogna anche ricordare che ad esempio in Gran Bretagna per anni tutta una serie di grandi banche hanno alterato l'indice libor, vi potete chiedere è stato arrestato nessuno? La notizia ha avuto una grande sulla stampa? Questa è la situazione la crisi oggi che è rappresentato dal marcio e che significa grandi perdite per le banche e che si ripercuote nell'economia reale con la negazione dei crediti alle imprese."


MILANO - "La ripresa, pur moderata, prevista per la parte finale dell'anno, è minacciata dall'imprevedibilità del quadro politico interno e dal riemergere di turbolenze finanziarie nell'area euro, che potrebbero incidere sulla fiducia degli operatori e sull'attività d'investimento". Lo ha detto il vicedirettore di Bankitalia Fabio Panetta intervenendo a Perugia a un seminario sulla banche e sottolineando il riemergere delle "incertezze sull'evoluzione dell'economia italiana: senza sostegno finanziario non ci può essere ripresa. Le banche devono fornire il necessario supporto creditizio all'attività produttiva".  E' chiaro però che il sistema creditizio debba trasformarsi, favorendo il ricorso diretto delle imprese al mercato dei capitali e spostando in maniera più decisa, mediante l'utilizzo della tecnologia, l'attività dai canali distributivi tradizionali a quelli più avanzati, conseguendo una decisa riduzione dei costi operativi (fino a -30% nel medio termine). A cominciare dalla riduzione degli sportelli che, in Italia, sono troppo: "Nell'ultimo ventennio - dice Panetta - a fronte di una bassa crescita della domanda di servizi, è quasi raddoppiato. Ognuno movimenta attività per 111 milioni contro i 170 nell'Eurozona". Drammatico il bilancio della crisi tracciato dal banchiere: "Dall'avvio della crisi, il Pil è sceso di 7 punti percentuali, il numero di occupati di 600.000 unità. L'economia italiana - ha proseguito Panetta - sta attraversando una fase di profonda difficoltà, in cui le debolezze strutturali sono acuite dallo sfavorevole momento congiunturale. Nell'arco di un quinquennio essa ha dovuto far fronte alla crisi finanziaria, all'instabilità del mercato del debito sovrano, a due profonde recessioni".

Riforma Fornero


Sono i numeri che parlano. E nessuno dice che la riforma Fornero abbia migliorato il mercato del lavoro. Illustrano il contrario: è cresciuta la disoccupazione (era al 10,6 % nel luglio del 2012, mese di entrata in vigore della legge, è ora all'11,7 % con un aumento più che doppio rispetto alla zona euro), si è ridotta l'occupazione (c'erano 23 milioni di occupati, ce ne sono 22,7, vuol dire 1.641 occupati in meno al giorno, un calo dell'1,3%, il peggior risultato degli ultimi nove anni), la precarietà è rimasta quel che era ma sempre più non c'è nemmeno il contratto atipico per sfuggire dalla disoccupazione. Trimestre dopo trimestre, gli obiettivi sembrano tutti lontani a parte qualche segnale di inversione di tendenza sul lavoro intermittente o a chiamata (job on call) e sui contratti per le partite iva. Certo c'è la crisi, la più grave e più lunga recessione del dopoguerra. Ma se la riforma non è riuscita minimamente a frenare l'emorragia di posti di lavoro cominciata con il crac della Lehman Brothers vuol dire che qualcosa non ha funzionato. D'altra parte questa è una legge che - a parte il governo dei tecnici e poi la Lista di Monti - nessuno ha condiviso. Non le parti sociali, seppur, ma non sempre, per ragioni opposte; non i partiti o i movimenti politici (dal Pdl al M5S, passando per il Pd).

LA BOCCIATURA: L'ultima bocciatura arriva dalla Confartigianato che con l'istituto Ispo ha sondato (tra l'8 e il 12 marzo) un campione dei suoi iscritti. Bene, il 65 % ha dichiarato che la riforma ha avuto effetti negativi sull'occupazione e pure sulla crescita. Anche se poi alla richiesta di indicare i maggiori ostacoli alle assunzioni, il 46 % delle piccole imprese ha dato la colpa alla crisi, il 30 al fisco e solo l'8 % alle regole del mercato del lavoro e alla burocrazia. "Le nostre rilevazioni - ha dichiarato il presidente della Confartigianato, Giorgio Merletti - confermano quanto avevamo temuto e denunciato: la riforma Fornero ha frenato la propensione ad assumere e ad utilizzare contratti flessibili, ha aumentato il costo dell'apprendistato e dei contratti a tempo determinato, senza peraltro alcuna riduzione del costo del lavoro dei cosiddetti contratti standard. Inoltre la confusa formulazione delle norme su partite iva e associazioni in partecipazione, sta determinando un freno anche rispetto al lavoro autonomo genuino e, conseguentemente, al sistema produttivo. Ed ha ulteriormente complicato la normativa sul lavoro. Insomma, tutto il contrario rispetto a ciò che serve".

I JOB ON CALL: La riforma ha reso più gravoso e anche più oneroso il ricorso ai contratti a termine. Il 59 per cento degli artigiani intervistati dice che non rinnoverà i contratti in essere o che è ancora in dubbio su cosa fare. Per quanto l'unico mini-monitoraggio prodotto dall'Isfol per conto del ministero del Lavoro sostenga che l'incidenza degli avviamenti al lavoro con i contratti a tempo determinato è passata dal 63,1 % al 65,8 %, mentre scivola al 6,2 % (dall'8) la quota dei contratti a progetto. Ma la vera débacle si registra per i contratti a chiamata ribattezzati intermittenti: nel primo semestre di applicazione della riforma si sono ridotti del 37,4 % rispetto al secondo semestre del 2011. Crollano pure i contratti parasubordinati (le diverse tipologie di collaborazioni): - 15,3 %. In media entrambe le tipologie scendono del 24,4 %.

IL "TRAVASO": Ma che fine fanno i lavoratori? C'è stata una stabilizzazione dei contratti? In generale no, se si considera che anche le assunzioni di lavoratori dipendenti sono diminuite, nello stesso periodo, del 4,4 %. Un segnale interessante, tuttavia, arriva dal Veneto che, insieme all'Emilia Romagna, ha registrato dal 2008 in poi il maggior utilizzo dei contratti intermittenti. La riforma ha bloccato anche in quelle regioni il ricorso al job on call, secondo quanto riporta Bruno Anastasia in un articolo su lavoce. info. Ma nel 36 % dei casi si è avviato un nuovo rapporto di lavoro. Nel 48% dei casi a tempo indeterminato, nel 39% a tempo determinato. Nella maggior parte dei casi si tratti di rapporti part time.

LE PICCOLE IMPRESE: C'è un ultimo dato che vale la pena considerare. E riguarda il fatto - come sostiene anche un'indagine degli industriali del Piemonte insieme ad Assolombarda - che l'impatto dalla riforma Fornero è molto maggiore nelle piccole imprese nelle quali il peso dei contratti flessibili può superare il 50-60 % dei dipendenti.

sabato 23 marzo 2013

Cipro cede... sotto a chi tocca


Scure pesantissima sui conti sopra i cento mila euro detenuti presso la Banca di Cipro. Il governo di Nicosia e la Toika (Ue, Bce e Fmi) avrebbero concordato un prelievo forzoso del 20% sui depositi bancari di oltre 100mila euro custoditi nella Banca di Cipro e del 4% su quelli per lo stesso ammontare in altre banche. Lo ha riferito la Tv statale Rik. Dalla super tassa pare siano esclusi i fondi pensione: era questa una delle maggiori preoccupazioni dei cittadini. Da lunedì la Bce non assicurerà più la liquidità.

LE IPOTESI - I media ciprioti affermano che molte opzioni sono state discusse per raccogliere i 5,8 miliardi di euro che ancora mancano in cambio del pacchetto di salvataggio. Il prelievo potrebbe avvenire in cambio di una distribuzione ai risparmiatori di titoli pubblici. La tassa potrebbe colpire la persona e non il conto, salvaguardando così chi ha più di un deposito aperto.

REHN: SOLUZIONI DURE - Progressi sono stati fatti, ma il lavoro per trovare un accordo sul piano di salvataggi di Cipro proseguirà nelle prossime ore. «Sfortunatamente» ora restano solo soluzioni «pesanti» ed è comunque «essenziale» che l'Eurogruppo trovi un accordo domenica sera, ha rilevato in una nota il commissario Ue, Olli Rehn. Ad annunciare che «progressi significativi» si erano registrati nelle ultime ore nei colloqui con la Troika durante i quali il governo aveva sottoposto un «piano globale» per il salvataggio dell'isola era stato in mattinata il ministro delle Finanze, Michalis Sarris, il quale aveva comunque ammesso che restavano ancora da risolvere alcune questioni. In tale piano - era questa la novità - si inseriva la possibilità di applicare un prelievo forzoso sino al 25% sui depositi bancari superiori ai 100.000 euro custoditi nella sola Bank of Cyprus, il maggiore istituto di credito del Paese a rischio bancarotta.

PROSSIMI PASSI - Il presidente Anastasiades parte domenica per Bruxelles per partecipare all' Eurogruppo. Dopo il vertice dei leader, tornerà a riunirsi il Parlamento cipriota. Venerdì l' Assemblea aveva approvato tre dei nove disegni di legge approntati dal governo nell'ambito del «piano B» per il salvataggio dell' isola. Tra questi sono diventati legge i progetti riguardanti: la creazione di un fondo di solidarietà in cui raccogliere «asset» statali, fondi pensionistici e gli ingenti beni immobiliari messi a disposizione dalla Chiesa greco-ortodossa; i poteri del governo di imporre restrizioni sui movimenti dei capitali depositati nelle banche prima della loro riapertura (si spera) martedì; la possibilità di creare «bad-bank» per gli istituti a rischio di fallimento, norma che verrà applicata alla Laiki Bank (Banca Popolare), la seconda per grandezza dell'isola. Nel corso della prossima riunione, il Parlamento dovrà esaminare ed approvare altri sei progetti di legge tra cui proprio il prelievo forzoso del 20% sui maxi-depositi.