lunedì 30 settembre 2013

Continuità (mortale) post-Monti e post-Letta?

Il Colle: se salta Letta tocca a Saccomanni. Napolitano manda il premier a caccia di voti. Il piano B? Governo di scopo per salvare i conti e rassicurare Ue e mercati di Massimiliano Scafi

Roma - «Non ho più voce», dice rauco Giorgio Napolitano alle sei di sera scendendo dal treno che lo ha riportato a Roma. Poco male, la ritrova più tardi, quando Enrico Letta sale al Quirinale per concordare «la successione dei passi». La linea è questa. Primo, il premier andrà in Parlamento, chiederà la fiducia e, chissà, potrebbe pure strapparla. Secondo: comunque vada, scordatevi le elezioni a novembre. «Il presidente della Repubblica concede lo scioglimento delle Camere quando non c'è la possibilità di dar vita a una maggioranza e a un governo per il bene del Paese».

Terzo, niente governicchi, il percorso «deve essere lineare». Sintetizzando, se Letta cade, si va verso un esecutivo di «piccole intese» guidato da Fabrizio Saccomanni, più conosciuto in Europa di Grasso, con l'obbiettivo di varare la legge di stabilità e magari anche la riforma del Porcellum. Poi si vedrà. L'incontro al Quirinale dura un'ora e mezzo. Nel comunicato finale non si parla di dimissioni del premier, ma di verifica in aula: «Il succedersi di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del Pdl e dello stesso presidente Berlusconi ha determinato un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica». Da qui «la decisione di illustrare in Parlamento, che la sede propria di ogni risolutivo chiarimento, le valutazioni sull'accaduto e sul da farsi».

I partiti litigano, la strana coppia è esplosa. Ma al dunque, come Re Giorgio spiega in mattinata a Napoli, è tutta una questione di matematica. Se ho fiducia nel Pdl? Il presidente non è che si fidi di una forza politica o dell'altra, ma valuta e agisce in base ai numeri determinati dagli elettori. «Valuterò tutte le opzioni, senza preconcetti. Vedrò se ci sono le possibilità per il prosieguo della legislatura». Insomma, contano i rapporti di forza in Parlamento, cioè quanti moderati o centristi decideranno di sostenere Letta. Presto per fare ipotesi, «siamo in una fase un po' criptica». Però, in caso di crisi, Napolitano non vuole battezzare un governino qualsiasi, un esecutivo esposto a tutti i refoli dello Zodiaco. Userà lo stesso metro, sostiene, di quello della primavera scorsa, quando Bersani inseguiva a vuoto i grillini e dopo il suo flop sono nate le larghe intese: «I numeri rendevano impossibile la formazione di altri governi».

E ora, i numeri ci sono? Le prossime ore saranno decisive. Nel frattempo Napolitano tiene a rapporto Letta e rallenta la corsa della crisi. «Ho avuto come tutti la notizia sabato sera dal presidente del Consiglio e da una telefonata di cortesia di Alfano - racconta - Vedremo quale sarà il percorso possibile. Procederò a un'attenta verifica dei precedenti di altre crisi, a partire da quella del secondo Prodi». Dopo due anni sul filo, nel gennaio del 2008 il Professore in difficoltà cercò un'avventurosa fiducia. Sconfitto, restò in carica per gli affari correnti mentre Napolitano affidò l'incarico a Franco Marini. L'esplorazione fallì e un mese dopo Re Giorgio sciolse le Camere. Da qui si capiscono due cose. La prima è che Napolitano non vuole ripetere l'esperienza Prodi, l'altra è che la finestra elettorale di novembre è chiusa. E poi c'è la legge di Stabilità da approvare entro l'anno. L'Italia, teme il Colle, ha già il fiato sul collo delle agenzie di rating e dei mercati, non reggerebbe una crisi al buio. Napolitano ripete il suo mantra, «continuità e stabilità politica» e cerca in ogni modo di svelenire il clima.

Gli imbroglioni dello spread

Torna l'imbroglio spread: così sinistra e poteri forti si oppongono alle elezioni. Una fiammata emotiva iniziale spinge lo spread a ridosso dei 300 punti. Pd e poter forti all'attacco: "Berlusconi fa saltare in aria il Paese" di Andrea Indini

Era già tutto scritto. Niente di cui stupirsi, perciò. Il grande imbroglio dello spread, la fregnaccia raccontata dalla sinistra nei salotti buoni per incatenare gli italiani a governi mai votati, l'improbabile equazione tra crisi di governo e fibrillazione sul mercato secondario dei titoli di stato. Era già tutto pronto non appena Silvio Berlusconi ha deciso che, dopo lo strappo del premier Enrico Letta sull'aumento dell'aliquota Iva, non si poteva andare oltre, che Forza Italia non potevano e non dovevano assumersi la responsabilità dell'aumento della tassa sui consumi o, comunque, di qualsiasi altro balzello proposto dal ministro Fabrizio Saccomanni. E così è stato: non appena il differenziale ha sfiorato i 300 punti base, la sinistra e i poteri forti sono saltati alla gola del Cavaliere tacciandolo di irresponsabilità.

Già ieri, in ampie interviste sui quotidiani, il ministero dell'Economia aveva iniziato a lanciare l'allarme fino a paventare un commissariamento dell'Italia da parte della Troika. Il viceministro Stefano Fassina parlava di uno scenario "abbastanza realistico" che prevede un rialzo fino a 300 punti base rispetto ai 264 punti della chiusura di venerd, comunque già aumentato dai 240 punti dell’apertura di giovedì, quando ancora la crisi non si stava manifestando nella sua pienezza. Non è quindi un caso che, ieri sera, mentre Letta stava salendo al Quirinale, Berlusconi lanciava ai microfoni di Studio Aperto un segnale molto chiaro: "Non mettiamola giù dura con questa affermazione della continuità, è un imbroglio, come quello dello spread". D'altra parte il Cavaliere sa molto bene come funziona. Ha fatto l’imprenditore per tanti anni, quando i governi duravano in media undici mesi. "Quando cadeva un governo - è il ragionamento del leader di Forza Italia - l’economia funzionava benissimo, aumentava la produttività, il Pil e quando un governo cadeva noi imprenditori eravamo felici, perché ci dicevamo tra noi 'meno male che per tre o quattro mesi non c’è più un governo che possa farci danno'". Insomma, e qui il messaggio veniva indirizzato a viale dell’Astronomia, "un imprenditore sa benissimo che il massimo che i governi possano fare, in un’economia moderna, è non fare troppi danni". Oggi, in apertura di contrattazioni, il differenziale tra Btp decennali e Bund tedeschi ha segnato, nei primissimi scambi, un forte rialzo che lo ha portato a toccare i 289 punti base per un rendimento del 4,62%. Così, mentre il differenziale tra i Bonos spagnoli e i titoli di Stato della Germania si sono attestati a 267 punti per un tasso del 4,42%, le agenzie di stampa si sono affrettate a far notare che i livelli toccati questa mattina non si registravano dallo scorso giugno. Ed è subito iniziato uno scontato bailamme di anatemi e minacce da parte della sinistra e dei poteri forti. "Gli italiani unici tra i Paesi euro, sono stati riluttanti ad assumersi responsabilità per i guai della Nazione", ha commentato il Wall Street Journal accusando Letta e Berlusconi di "suonare la cetra mentre Roma brucia". Anche il segretario del Pd Guglielmo Epifani è partito alla carica: "Il centrodestra sta facendo saltare in aria il Paese ed era evidente che lo spread sarebbe ripartito". A rileggere le dichiarazioni sembra di fare un salto indietro nel tempo, a quando lo spauracchio dello spread è stato usato per cacciare Berlusconi da Palazzo Chgi e mettere al suo posto Mario Monti, l'uomo dei poteri forti. "La decisione di Berlusconi di dimettere in massa tutti ministri e parlamentari del Pdl fa pagare immediatamente costi altissimi agli italiani", ha tuonato il responsabile Economia del Pd Matteo Colaninno paventando "rischi e tassi più elevati per le prossime aste che finiranno nelle tasche degli italiani".

I grafici, in realtà, dicono tutt'altro. Dopo una fiammata emotiva iniziale, Piazza Affari ha subito accantonato i timori per l’instabilità politica. Il differenziale di rendimento si è attestato in area 273-274 punti base con il rendimento al 4,51%. "Lo spread dimostra una discreta tenuta nonostante la mossa di Berlusconi abbia colto un po' di sorpresa", ha spiegato un trader a Radiocor facendo notare che in giro ci sono solo compratori. Non solo. Bisogna anche tener presente che parte dell’allargamento dello spread registrato in apertura va legata al roll del decennale di riferimento che da oggi è il marzo 2024, mentre fino a venerdì era il maggio 2023. Eppure ancora oggi l'andamento del differenziale tra Btp e Bund viene ancora letto come cartina di tornasole per capire se i mercati puntano contro Berlusconi. Lo stesso Franco Frattini oggi incontrato il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e Michel Barnier a Bruxelles. "Abbiamo condiviso la preoccupazione che le fibrillazioni politiche in Italia abbiano anche  conseguenza economiche - ha spiegato l'ex ministro - abbiamo espresso grande preoccupazione per le prospettive di una crisi al buio e per l’ipotesi di instabilità, ma ancor più di elezioni anticipate, con una campagna elettorale durante la quale l’Italia sarebbe vittima delle scorribande dei mercati".

Scafisti impuniti e falsi "migranti"

... li chiamano "migranti" e invece fanno parte di una rete mafiosa e corrotta atta a destabilizzare prima e a distruggere poi l'italia.

Sbarco a Siracusa, 13 morti sul barcone. Sull'imbarcazione 200 migranti. Fermati due sospetti scafisti

Almeno 13 migranti sono morti annegati questa mattina nel ragusano mentre cercavano di scappare da un barcone che si è spiaggiato a Scicli. Secondo le prime ricostruzioni, gli immigrati sono stati presi a colpi di cinghia dagli scafisti e costretti a lanciarsi in mare. Lo ha raccontato uno dei bagnini che hanno assistito alla tragedia e che sono intervenuti per soccorrere i naufraghi. Un carabiniere fuori servizio che si trovava sulla spiaggia si è lanciato in mare ed è riuscito a trarre in salvo due migranti in difficoltà che stavano per annegare.

PICCHIATI E BUTTATI IN MARE - L'allarme è stato dato dai turisti sulla spiaggia di Sampilieri alle 10 di mattina. Nell'imbarcazione erano stipati almeno 200 immigrati. Quasi tutti sono riusciti a mettersi in salvo. Ma dal mare sono state recuperate le salme delle 13 vittime. I sommozzatori dei carabinieri hanno ispezionato i fondali attorno al natante arenato alla ricerca di altre eventuali vittime. Due extracomunitari presenti sul barcone, di probabile cittadinanza libica, sono stati fermati dagli inquirenti con l'accusa di essere gli scafisti. Due persone, di probabile cittadinanza libica, sono state fermate dopo lo sbarco avvenuto lunedì mattina nel ragusano perché ritenuti potenziali scafisti.

UNA DONNA INCINTA È GRAVE - Secondo le prime testimonianza, i migranti annegati sono tutti uomini. Fino a questo momento le forze dell'ordine hanno rintracciato a terra 70 profughi, tutti eritrei. Tra loro 20 bambini e una donna incinta, che è apparsa in condizioni gravi ed è stata trasportata all'ospedale Maggiore di Modica. Erano a bordo di un grosso barcone che si è arenato a pochi metri dalla riva, in condizioni di mare molto agitato. Alcuni dei superstiti hanno parlato di un quattordicesimo morto, sul quale non c'è al momento conferma da parte delle autorità. Sono in corso le ricerche.

STANOTTE SALVATAGGIO DELLA GUARDIA COSTIERA - Cercavano di raggiungere l’Italia via mare, 14 migranti tunisini naufragati domenica notte sugli scogli di Lampione, un isolotto disabitato delle pelagiche. A dare l’allarme alcuni familiari, che nella tarda serata di domenica hanno contattato la sala operativa della Capitaneria di porto di Palermo che ha inviato sul posto di due motovedette della Guardia Costiera partite da Lampedusa. Nonostante le brutte condizioni del tempo e il buio, la Guardia Costiera ha salvato tutti i naufraghi, trasferiti in buone condizioni di salute sull’isola di Lampedusa.

ENNESIMA TRAGEDIA - Meno di due mesi fa un altro tragico sbarco si verificò in Sicilia: era il 10 agosto scorso quando sei migranti morirono sulla spiaggia del lungomare della Plaia di Catania, nei pressi del Lido Verde, annegando, proprio nel tentativo di raggiungere la riva. Sull'imbarcazione arenatasi a circa 15 metri dalla riva, viaggiavano oltre 100 extracomunitari, soccorsi dalle forze dell'ordine e dalla guardia costiera e trasferiti nel porto di Catania per l'identificazione e i soccorsi.

domenica 29 settembre 2013

Quando la parentopoli è loro... allora è corretto

Nomine e contratti in campidoglio: la cappon chiamata dall'assessore Flavia Barca. E il Comune di Roma assume l'«occupante». Contratto a tempo determinato per Benedetta Cappon (figlia dell'ex dg Rai): era portavoce del Teatro Valle occupato

ROMA - Da portavoce del teatro Valle occupato a impiegata nelle istituzionali e austere stanze del Dipartimento alla cultura del Campidoglio. È il salto professionale di Benedetta Cappon, 33 anni, figlia dell'ex direttore generale della Rai Claudio, assunta con contratto a tempo determinato dall'amministrazione di Roma Capitale su proposta dell'assessore Flavia Barca (e quindi a chiamata diretta, cioè senza bando pubblico). Benedetta Cappon, che prima di diventare la voce degli «occupanti» del teatro Valle era stata capo ufficio stampa dell'Eliseo, è una delle tredici persone assunte con delibere della giunta guidata da Ignazio Marino nell'ultimo mese, paradossalmente proprio mentre all'interno dello staff dello stesso sindaco c'era chi provava a studiare, come misura salva-bilancio, il prepensionamento di circa 5000 dipendenti comunali in esubero. L'ipotesi per adesso è accantonata. I dipendenti però si preparano ad affrontare tempi duri. «Se l'idea è di tagliare chi è entrato con concorso e intanto assumere a chiamata diretta i "figli di" o gli "amici di", non ci siamo» protestano negli uffici comunali. Anche perché quanto accaduto nei giorni scorso proprio al Dipartimento cultura ha destato malumori e preoccupazioni. Appena insediata l'assessore Barca aveva annunciato agli uffici la volontà di «inserire delle nuove professionalità».

Dopo pochi giorni, la prima novità: Rosi Nicolai, dipendente del Comune che lavorava al Dipartimento cultura dai tempi di Gianni Borgna assessore (e che era rimasta con tutte le giunte, compresa quella di Alemanno), tornata da un periodo di ferie non ha ritrovato il proprio posto. Flavia Barca aveva deciso infatti di privarsi della sua collaborazione (dopo aver ricevuto tantissime attestazioni di stima e solidarietà, Rosi Nicolai è stata poi ripescata nella Commissione cultura dell'Assemblea capitolina). A breve giro di posta, dopo la rimozione della collaboratrice storica dell'ufficio, è stata quindi approvata la delibera che prevede l'assunzione a tempo determinato della Cappon e di altre due persone, Valerio Mingarelli e Mariangela Modafferi, selezionate perché - fra i vari motivi - «in considerazione delle numerose e rilevanti funzioni politico-istituzionali assegnate all'assessore, si rende necessario individuare dei collaboratori che, per esperienza, capacità personali e professionali, siano in grado di coadiuvare il medesimo nell'espletamento del proprio mandato». Tutti selezionati «intuitu personae», cioè a chiamata diretta a causa del «carattere fiduciario» dell'incarico. Le retribuzioni per tutti e tre i neo-assunti ammontano a circa 22 mila euro lordi all'anno, più un misterioso «emolumento unico» stabilito con «note protocollari» firmate dall'assessore che però, pur essendo citate, non sono allegate alla delibera (come del resto i curriculum delle persone selezionate, non ancora disponibili sul sito Internet di Roma Capitale).

Ma per favore...

Letta a S.Egidio, pregate per l'Italia. Il premier interviene alla Comunita', "Sicuramente sara' utile"

ROMA, 29 SET - "Permettetemi di dirvi che se vi scappera' qualche preghiera per l'Italia in questi giorni, sicuramente sara' utile...".
Il premier Enrico Letta si e' rivolto con questa battuta alla platea del convegno della Comunita' di S.Egidio sul dialogo fra culture e religioni, in corso a Roma.

Impariamo l'arabo...

Nel regno leghista. Corso di arabo alle elementari Il Marocco colonizza Treviso. Finanziati dal governo nordafricano, insegneranno la lingua, la cultura e la storia musulmana. Cedimento all'Islam in nome dell'integrazione

L’insegnamento della lingua araba nella scuola italiana parte inaspettatamente dalla fortezza del Nordest, la dura e pura Treviso. Proprio gli abitanti della Marca gioiosa, che agognavano al dialetto veneto come lingua ufficiale, manderanno i figli a imparare l’arabo. Infatti, la scuola elementare Coletti inserirà nell’orario scolastico le lezioni di «corso lingua e cultura araba». L’istituto trevigiano è il primo in Italia a implementare un corso di arabo totalmente gratuito, perché pagato dal governo del Marocco. «Un traguardo clamoroso per l’associazione Intermedia» commenta il professore marocchino residente a Treviso ZinounBouchra «…i bambini dalla terza alla quinta avranno la possibilità di imparare l’alfabeto arabo, la storia e la cultura da cui provengono tanti loro compagni. E tutto durante l’orario scolastico. Treviso batte un colpo nel campo dell’integrazione e l’iniziativa è assolutamente gratuita». 

Comprendiamo la gioia del prof marocchino per il traguardo raggiunto, ma ci permettiamo di dubitare dell’utilità didattica dello studio dell’arabo per ragazzi in tenera età. Anche se, a dirla tutta, l’innovazione appare un avvicinamento, o più maliziosamente un indirizzamento alla cultura islamica più che un corso finalizzato all’apprendimento di un idioma.  Così i fioi de Treviso conosceranno poco o nulla della Repubblica Serenissima, delle mutilazioni e del martirio eroico di Marcantonio Bragadin, generale della Repubblica veneta, torturato e trucidato in nome dell’Islam, il cui cadavere fu issato sul pennone di una galea ottomana e portato a  Costantinopoli, dopo giorni di prigionia con naso e orecchie mozzate. Poitiers, Lepanto, millenni di storia e battaglie spazzati via dai sussidiari di scuola in cambio del Corano e della Mecca. Non essendo riuscita la conquista con le armi, oggi, in nome del falso mito dell’integrazione razziale, la colonizzazione araba parte dalla scuola elementare. Complimenti alla lungimiranza del governo marocchino che, dopo aver favorito lo sbarco clandestino di migliaia di marocchini in Italia, riesce a istituire e sovvenzionare corsi di cultura araba nella roccaforte del leghismo e della razza Piave. E noi che facciamo? Subiamo sempre.

Miopi e ipocriti  Siamo abbindolati da questa barzelletta dell’integrazione razziale senza renderci conto che avviene sempre e solo a senso unico. In Alto Adige sta sparendo l’italiano per far largo al tedesco e il Veneto vuole andare oltre: marocchino gratuito a 7 anni. Così formiamo le classi dirigenti del futuro capaci di competere sul mercato globale, insegnando alla nostra gioventù come si rivolge il tappetino alla Mecca e i dogmi maomettani. Rifinanziamo la missione dei militari italiani per proteggerci da Al Qaeda, all’Onu discutiamo sulla guerra alla Siria, ma a Treviso blandiamo l’Islam che così s’insinua subdolamente nel nostro tessuto sociale. E non voglio immaginare l’espressione del viso di quei genitori che un giorno, in luogo del Pater noster, sentiranno recitare la preghierina dell’ora di pranzo dal proprio figlio: Allah Akbar!

I vermi e il letta-bis

Le trame. Letta-Bis, e la cena a casa Scalfari

Una cena a casa di Eugenio Scalfari per "apparecchiare" il Letta-bis. Un secondo mandato che dovrebbe vedere la luce a metà della prossima settimana grazie ai senatori "responsabili" e ai senatori a vita appositamente nominati da Napolitano. D'altronde sono molti i senatori azzurri che stanno via via prendendo le distanza da Berlusconi e a dimostrarsi disponibili a dare la fiducia a un Letta o a un Letta-bis. Un governo sostenuto da Pd-Scelta civica-autonomie con il sostengo dei quattro senatori a vita we dei dissidenti grillini, potrebbe contare su 150 voti. Dieci in meno per arrivare alla maggioranza ma centrodestra cominciano i malumori, non tutti hanno preso bene la decisione delle dimissioni di massa, non tutti sono pronti a sacrificarsi nel nome di Silvio e così il Letta-Bis non è più solo un'ipotesi.  Secondo Dagospia la possibilità di un Letta-bis si sarebbe configurata proprio a casa di Eugenio Scalfari con gli invitati eccellenti: il premier Enrico Letta, il presidente della Bce Mario Draghi e niente meno che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che avrebbe benedetto l'accordo. Secondo il sito Dagospia il Letta due ci propinerà altre tasse che saranno tutte ricondotte alla politica di Berlusconi che ha preferito "staccare la spina" al governo piuttosto che accettare la decadenza. "Se il banchiere Draghi non ha sbagliato i propri calcoli, ci aspettano un paio di settimane di turbolenza politica, ma i mercati ci risparmieranno perché Francoforte è con noi ed è pronta ad aiutare il Letta-bis sul fronte dello spread", scrive Dagospia.

Segnali di allarme - Come dicevamo, i numeri ci sono tutti per un altro Letta. Ci sono già alcune prese di posizine pubbliche come quella di Paolo Naccarato di Gal che ha messo in guardia Berlusconi annunciando tradimenti insospettabili (Gaetano Quagliariello e Carlo Giovanardi non hanno firmato le dimissioni e non hanno alcuna intenzione di farlo adesso). E poi altre ai quattro senatori grillini che hanno lasciato Beppe ci sono quelli che davanti a un governo che abbia la posibilità di riscrivere l'odiata legge elettorale potrebbero anche accettare di votare la fiducia. Ci sono poi i sette senatori Sel, con Nichi Vendola che ha parlato della necessità di "cancellare il Porcellum e avviare l'Italia verso la ripresa".

sabato 28 settembre 2013

L'hanno fatto!

Mentre qualcuno ha finalmente avuto le palle di dimettersi, il nipote dello zio accusa gli avversari di essere folli... la verità è che folli siamo stati noi italiani ad aver sopportato tutto ciò. L'arrivo di Monti, la stracciatura della costituzione e l'arrivo di Letta e tutto lo schifo della criminale Ue che non sto ad elencare ora. Nel frattempo, si vocifera che la nazista si sia invaghita di Fonzie-Renzi e lo vorrebbe a capo del governo... (l'ennesimo mezzo democristiano e mezzo comunista) E, in tutto questo, c'è il fantasma della troika direttamente in casa (finora era travestita da Monti prima e da Letta poi) o di un Letta bis. E dopo questo ennesimo completo fallimento ideato dal rincoglionito Re Giorgio, che, per vergogna dovrebbe indire subito nuove elezioni e successivamente, togliersi dai coglioni e ritirarsi nelle proprie tenute a giocare coi nipotini. Invece, che fa? Ha la faccia come il didietro a dire che bisognerebbe fare una amnistia mentre parla di fiducia. E' proprio vero che ad una certa età, il cervello non funziona più come dovrebbe. E Re Giorgio ne è la prova lampante.

Napolitano a Napoli: "Il futuro è incerto ma bisogna avere fiducia". Il Colle, a Napoli per l'anniversario delle Quattro Giornate: "Futuro incerto, ma ci sia fiducia" di Lucio Di Marzo

In un parallelismo tra le Quattro giornate di Napoli, di cui oggi si celebra il 70esimo anniversario e l'attuale situazione italiana, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato oggi "l'esempio e l'impulso offerti alla riconquista dell'unità e dell'indipendenza nazionale" dall'insurrezione avvenuta durante la seconda guerra mondiale, episodio che deve "dare convinta fiducia in quello che di qui può ancora avvenire". Il ricordo del Capo di Stato pensa al futuro della "causa comune dell'Italia e dell'Europa", ma anche a Napoli, che ha "necessità di un incoraggiamento, ma anche necessità di riconoscimento e di attenzione sul piano nazionale". Un allarme bomba è scattato al carcere di Poggio Reale, dove il Presidente era atteso. A preoccupare la presenza di un'auto sospetta a lato della prigione. L'allarme è cessato dopo un intervento tempestivo degli artificieri. Durante la sua visita alla prigione il Capo di Stato ha detto di avere pronto un messaggio per chiedere al Parlamento di valutare la possibilità di un indulto o un'amnistia, non soltanto per rispettare "la sentenza di Strasburgo", ma per "un imperativo umano e morale". A chi chiedeva se il provvedimento svelenirà il clima delle Camere, ha risposto di augurarsi che "il clima sia già sufficientemente svelenito affinchè la mia richiesta possa avere un’accoglienza serena".

Riforma Fornero e donatori di sangue

Le follie della ministra. Riforma Fornero, pensione tagliata ai donatori di sangue. I giorni di assenza dal lavoro per donare sangue o midollo, vanno recuperati per raggiungere il tetto di giornate lavorative necessarie al pensionamento di Antonio Castro

La solidarietà si paga. In giorni di lavoro in più alla scrivania o in fabbrica. L’ultimo regalo della riforma Fornero è indirizzato a donatori di sangue, di midollo, ma anche (forse), a mamme che usufruiscono dei permessi maternità e ai familiari o congiunti che assistono i disabili (legge 104). Ad un anno dall’applicazione dell’ennesima riforma delle pensioni, si scopre che i giorni di assenza dal lavoro per donare sangue o midollo, vanno recuperati per raggiungere il tetto di giornate lavorative necessarie al pensionamento. Il tam tam allarmistico è partito nei giorni scorsi sui social network. Ed è stato un caso inciampare nelle nuove norme introdotte dalla legge. Chiedendo i conteggi per andare a riposo, alcuni donatori si sono sentiti rispondere: i giorni di permesso (retribuito al 100%) per donare il sangue (massimo 4 all’anno per gli uomini, 2 per le donne), non sono validi per maturare il diritto pensionistico. Insomma, sono andati a sbattere contro gli effetti perversi della riforma i lavoratori più anziani. Ovvero chi ha quasi raggiunto l’età pensionabile (anche con le nuove norme), e che, contando anche sulle giornate di permesso, in teoria avrebbe avuto il diritto a mettersi a riposo. Invece no: per non incappare nell’eventuale penalizzazione (che può arrivare fino a una decurtazione del 2% dell’assegno pensionistico),  bisogna fare i conti sulle giornate richieste e continuare a restare in servizio fino a quando non saranno stati “recuperati” i giorni di permesso goduti. In Parlamento - dove c’è una piccola pattuglia di parlamentari donatori - la mina a scoppio ritardato è arrivata solo da 48 ore e c’è già chi chiede al ministro dell’Economia e a quello della Salute (così come al collega del Welfare), di correre ai ripari per evitare che un atto di generosità vada a penalizzare quell’esercito di italiani (sono circa 1 milione e 600mila), che ogni anno consentono trapianti, operazioni,  interventi salva vita.

Il paradosso, stando ai dati di una ricerca Censis del 2012, è che gli italiani hanno un cuore generoso e la percentuale di cittadini che vanno a fanno periodicamente la fila per donare il sangue è addirittura in crescita negli ultimi anni. Tendenza che nell’immediato consente di fare fronte alle richieste di ospedali e cliniche.  Certo - stando alle indagini Fidas sulle motivazioni che spingono a donare  - anche se venisse confermata la penalizzazione pensionistica, la spinta che porta a farsi prelevare il sangue non è quella di usufruire del permesso lavorativo (solo lo 0,81 ha indicato questa facoltà come motivazione). Al ministero della Salute, il gabinetto del ministro Beatrice Lorenzin, è già al lavoro per di rimediare al caos creato dall’ex ministro del Lavoro. Sensibilizzato dalle associazioni dei donatori, si sta cercando di tamponare la falla anche perché senza il sangue dei donatori sporadici sarebbe quasi impossibile garantire l’approvvigionamento nazionale, dovendo pietire da altri Stati i quantitativi necessari.

Non si tratta neppure di un gran risparmio per le casse dell’Inps scomputare le giornate dei donatori. Stando al bilancio 2012 le giornate lavorative (e i contributi figurativi) dei donatori costano circa 79 milioni. Che su un bilancio di spesa previdenziale e assistenziale di oltre 261 miliardi è una percentuale infinitesimale. Basti considerare che il mancato invio dei Cud ai pensionati quest’anno ha fatto risparmiare all’Istituto ben 50 milioni (tra carta, allestimento e spese postali). Il problema, semmai, è la più estesa interpretazione della norma. Se, ai fini del conteggio previdenziali, varranno (dopo il 2017), soltanto le giornate effettivamente lavorate (e non i periodi di accredito figurativo dei contributi), potrebbero incappare nella penalizzazione anche le lavoratrici che usufruiscono dei permessi maternità, gli studenti lavoratori che chiedono i giorni di permesso per sostenere gli esami, ma anche i militari in ferma breve. Così come i dipendenti che - avendo un congiunto riconosciuto invalido (legge 104) - usufruiscono dei permessi mensili per assisterlo. All’Inps non sanno se interpretare in modo estensivo la norma capestro ideate per i donatori di sangue, oppure se attendere che Lorenzin, Giovannini e Saccomanni,  si pronuncino. E infatti nei mesi scorsi l’Istituto ha chiesto ai dicasteri competenti come comportarsi per l’accredito dei contributi e il conteggio delle giornate. L’Inps attende una risposta, e milioni di italiani di sapere se dovranno lavorare ancora qualche mese in più per compensare le giornate passate nei centri per donare il sangue. Proprio un bel regalo. Degno di Dracula.

venerdì 27 settembre 2013

Ce lo chiede la criminale ue

La bozza del decreto. Tensioni nel governo, rimandata la decisione sullo slittamento: aumento Iva «inevitabile». Senza un intervento prima di martedì l'aliquota salirà al 22%

L'ipotesi era che l'aumento Iva slittasse da ottobre a gennaio. Ora, con il passaggio del governo alle Camere tra lunedì e martedì per un nuovo voto di fiducia, del decreto che sanciva il passaggio dal 21% al 22% (e che doveva essere approvato in Consiglio dei ministri) si parlerà la settimana prossima. È stato il premier Enrico Letta a chiedere di non esaminare il rinvio. Il Cdm non ha approvato quindi alcun provvedimento prima del chiarimento in Parlamento. Sarebbe quindi «inevitabile», come ha detto il ministro degli Affari regionali Graziano Delrio al termine del Consiglio dei ministri, l'aggravio che scatterà martedì - a meno che non arrivi prima di lunedì una schiarita al momento improbabile.

IRES E IRAP - Lo slittamento dell'aumento dell'Iva emergeva dalla bozza del decreto legge secondo cui le coperture per il mancato rialzo arriveranno dall’aumento dell’acconto dell’Ires e dell’Irap per il 2013, oltre che dall’incremento delle accise sui carburanti. Si tratterà di un aumento di 2 centesimi al litro fino a dicembre 2013 e poi fino al 15 febbraio 2015 di 2,5 2,5 cent al litro.

CASSA INTEGRAZIONE - Rifinanziata, almeno secondo il testo della bozza, la Cassa integrazione in deroga per il 2013 con un’ulteriore somma di 330 milioni di euro «da ripartirsi tra le regioni». Le notizie sull’Iva hanno subito attirato le critiche dei consumatori. «Sono provvedimenti disastrosi - ha fatto sapere il Codacons - che, se varati, avranno effetti pesantissimi sulle famiglie. Solo queste due misure determinerebbero, a regime, una stangata pari a 275 euro a famiglia: 66 euro circa per i maggiori costi complessivi legati ai rifornimenti di carburante; 209 euro per l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%. Senza contare gli effetti indiretti sui prezzi al dettaglio, considerati arrotondamenti e aumento dei listini dei prodotti trasportati. Aumentare l’Iva e le accise sulla benzina - ha precisato il Codacons - vuol dire impoverire ulteriormente i cittadini, con conseguente calo dei consumi, una ondata di chiusure nel settore del commercio, incremento della disoccupazione e danni immensi per l’economia nazionale».

Vietate le opinioni... (e del non avere altro da fare)

... ma del fatto che forse, e dico forse, questi progressisti radical-chic (comprese le madonne boldrini), non si rendono conto che hanno rotto le palle. E se loro hanno opinioni moralmente superiori, anche gli altri possono avere opinioni diverse. E non mi pare che Barilla abbia espresso una opinione negativa riguardo a gay e lesbiche. Il fatto è che LORO possono parlare come e quanto vogliono, gli altri invece no. E blaterano di libertà di pensiero e parola, eppure la loro, somiglia molto ad una dittatura della minoranza.

Roberto Vecchioni: "Barilla un poverino cretino, tesi inconsistenti". Il cantante critica le parole del presidente di Barilla sulla famiglia omosessuale di Luisa De Montis 

"È un povero cretino, sono tesi inconsistenti". Il cantautore Roberto Vecchioni commenta così le parole di Guido Barilla, al centro della polemica da ieri dopo le sue dichiarazioni alla Zanzara. Il presidente della società italiana aveva spiegato che "non faremo pubblicità con omosessuali, perché a noi piace la famiglia tradizionale". Sottolineando di essere comunque a favore dei matrimoni omosessuali, Barilla aveva spiegato che probabilmente non vedremo fai uno spot con una famiglia gay come protagonista, al posto della coppia "tradizionale". Vecchioni, a margine della presentazione di un libro a Milano, ha definito oggi le parole di Barilla tesi "che non so se fanno ridere o piangere". Ha poi aggiunto: "Conosco la famiglia Barilla, e mi sembra strano che possano avere questo tipo di opinione". In una lettera indirizzata a Guido Barilla, il premio Nobel Dario Fo ha ricordato che "oggi il nostro Paese è fatto di tante famiglie unite solo dall'amore delle persone che ne fanno parte" e che "può nascere tra un uomo e una donna, due donne, due uomini".

Dopo le polemiche sulle famiglie gay. L'appello di Fo a Barilla: «Nei prossimi spot rappresenti tutte le famiglie». Il premio Nobel ricorda all'imprenditore lo stile del padre Pietro. E lancia una petizione su Change.org

Non si fermano le polemiche sull'infelice uscita di Guido Barilla sulle famiglie gay. Ora da Dario Fo gli lancia un messaggio: «Il gruppo Barilla rappresenti nelle prossime campagne pubblicitarie la famiglia nelle sue infinite e meravigliose forme di questi nostri tempi». L'appello arriva in una lettera aperta in cui sottolinea come l'azienda rappresenti l'Italia «nel nostro Paese e in tutto il mondo. Un'Italia che è fatta di coppie di fatto, di famiglie allargate, di famiglie con genitori omosessuali e transgender». «Oggi - scrive il premio Nobel - il nostro Paese è fatto di tante famiglie unite solo dall'amore delle persone che ne fanno parte».

LA PETIZIONE - Fo ricorda i primi spot tv di Barilla a cui aveva lui stesso partecipato, avendo modo di conoscere Pietro Barilla «una persona piena di creatività ed intelligenza, appassionato di arte e cultura»; quindi chiede al figlio Guido di «ritornare allo spirito di quegli spot degli anni '50» dove lui interpretava «uno spaccato della società in profondo mutamento». «Ecco perché le chiedo - aggiunge - di uscire dalla dimensione delle polemiche e farsi ambasciatore della libertà di espressione di tutti». La lettera è iniziata a circolare sui social network sotto forma di petizione. L'appello è stato pubblicato anche sul sito Change.org e ha raccolto in pochissimi minuti oltre 7.700 firme.

giovedì 26 settembre 2013

Il moto d'orgoglio che manca

Napolitano deve dimettersi

Giorgio Napolitano è il presidente della Repubblica Italiana da maggio 2006, attualmente al suo secondo mandato. E’ nato a Napoli nel 1925. Come uomo politico si distingue per possedere una rara coerenza. Da giovane militò nella Gioventù Universitaria Fascista, nel 1944 aderì al Partito Comunista e si distinse per forti posizioni filo sovietiche, verso fine degli ottanta si schierò per posizioni più riformiste e filo americane e venne definito da Kissinger, “il mio comunista preferito”, infine concluse la sua carriera politica come presidente della Repubblica sostenendo una linea filotedesca e filoamericana. Egli è inoltre il secondo più anziano capo di stato dei paesi del G20, dietro il Re dell’Arabia Saudita.

Ora, in questo nostro articolo, sosteniamo che sia il momento per Giorgio Napolitano di rimettere il suo mandato. Il motivo di questa richiesta è che come presidente della Repubblica ha puntato tutta la sua credibilità sul dogma che per uscire dalla grave crisi economica e politica sia necessaria prima di tutto la stabilità a discapito di qualsiasi altra cosa. Dopo la caduta del governo Berlusconi ha usato tutta la sua autorevolezza per far eleggere dal Parlamento Mario Monti come presidente del Consiglio. Per agevolare questo processo lo ha prima nominato senatore a vita, con un atto decisamente criticabile, dato che l’attuale senatore Monti non aveva nessun merito così speciale da potersi seriamente meritare l’anacronistica carica di senatore a vita. Quindi Napolitano lo ha fatto per motivi politici ed ora però la collettività dovrà onorare il lauto stipendio del professor Monti fino alla sua morte. Per esaudire le volontà degli Eurocrati e dei mercati, Napolitano è riuscito attraverso Monti a garantire tredici mesi di stabilità politica che hanno prodotto come unico risultato l’abbassamento dello spread, mentre non hanno ottenuto nessun risultato nell’economia reale dato che la recessione è continuata, la disoccupazione è aumentata, la pressione fiscale è stata incrementata e il debito pubblico è continuato a crescere. Quindi la prima cura di Napolitano è fallita e non ha dato nessun risultato reale. La seconda cura Napolitano si chiama governo Letta. Per attuare questa cura Napolitano è stato “costretto” a farsi rieleggere dal Parlamento, al limite della costituzionalità, di nuovo presidente della Repubblica, dato che i nostri politici non riuscivano per la prima volta nella storia repubblicana ad eleggere un presidente. E inoltre ha usato di nuovo la sua autorevolezza per creare un governo che garantisse la stabilità. Ora questo governo non sta garantendo nessuna stabilità dato che rischia di cadere un giorno si e l’altro pure, l’unico risultato è quello di tenere a bada lo spread, ma come per il precedente governo nessuna ripresa, chiusura di moltissime imprese grandi e piccole, disoccupazione sempre in aumento, pressione fiscale in procinto di aumentare e debito pubblico in continua crescita e deficit che rischia di sforare la soglia del 3%.

Quindi la scommessa di Napolitano, che la stabilità politica a tutti i costi dovesse portare una ripresa economica, sembra non funzionare ed al contrario la crisi è peggiorata e i conti pubblici anche. E la cosa grave è che questo è già il secondo governo targato Napolitano che ha un presidente della Consiglio non eletto direttamente dai cittadini ma frutto di inciuci politici. Gli Italiani hanno quindi un presidente della Repubblica al suo ottavo anno non eletto direttamente da loro e dal 2011 non hanno un presidente del Consiglio eletto direttamente. In Egitto Morsi che era stato eletto direttamente dal suo popolo è stato destituito, qui abbiamo le due più alte cariche dello Stato non direttamente elette da popolo e poi ci dicono che siamo in democrazia. Ora probabilmente Napolitano pensa che finché il governo Letta tiene, anche lui sia legittimato a restare, ma dal nostro punto di vista la linea della stabilità filo banche e filo tedesca ha fallito miseramente, Re Giorgio dovrebbe lasciare. Inoltre se dovesse dimettersi il ministro dell’Economia o addirittura cadere il governo Letta, tutta la credibilità di Napolitano sarebbe volatilizzata e l’unica soluzione sarebbero le dimissioni. Rimanere ancora al Quirinale dopo un fallimento così completo sarebbe un oltraggio a tutti gli Italiani.

Libertà di pensiero e parola...

La difficoltà di essere normali e di dichiarare, senza insultare nessuno, cose che fanno incazzare (senza alcun motivo) una esigua minoranza. Qui.

mercoledì 25 settembre 2013

Roma, a scuola...

Un paio di commenti: "L'integrazione razziale è la più grande panzana che ci viene propinata ogni giorno da finti perbenisti, giornalisti radical chic, sindacalisti e altri. Nessuno si vuole integrare con chi è diverso, israeliani e giapponesi ne sono il perfetto esempio:gli stessi extra comunitari che arrivano in Italia vogliono vivere e interagire (al di là degli orari di lavoro) solo con i loro stessi simili o connazionali. Vi è differenza tra un tedesco ed un austriaco, tra un italiano del nord ed uno del sud, figuriamoci tra un cingalese ed un marocchino. O tra un nigeriano ed un italiano. Nessuno in passato ci ha chiesto se volevamo vivere e soprattutto integrarci con un nigeriano, un cingalese o un serbo. Ci è stato semplicemente imposto. Qualcuno ha deciso per tutti, sostenendo che l'integrazione multietnica avrebbe portato ricchezza tanto economica quanto culturale. Ci avevano per questo promesso, che sarebbero entrati a lavorare in Italia tecnici, docenti, dottori, ricercatori, architetti, informatici, scienziati. Purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi vediamo solo escort, badanti, spacciatori, balordi disperati e manovali generici privi di particolare professionalità."

"Ma come vi permettete cari genitori di diffidare una preside!! E' tutto in linea con il pensiero dei sinistroidi che hanno abolito le distinzioni tra padre, madre, maschio e femmina, omosessuali e trans. Siamo solo esseri viventi, amebe grigie ed intelligienti, lanciate verso una evoluzione da film di fantascienza, che ci trasformerà in grigie masse pensanti in grado di comunicare ed agire con il solo pensiero. Che diamine!"


Una sola bimba in una classe di maschi (e stranieri): i genitori diffidano la dirigente. La famiglia chiede «più femminucce nella stessa aula: la sproporzione inaccettabile e limita la stessa alunna»

ROMA
- Una prima classe elementare deprivata della «metà del cielo rosa». O quasi. Succede alla scuola Guicciardini di via Merulana, dove la sezione A è composta da tredici piccoli e una sola bimba. Una combinazione che ha sollevato le proteste di alcuni genitori, contrariati dall'idea che i figli debbano confrontarsi in un mondo dal sapore «ottocentesco». E così ieri è partita la diffida al preside affinché provveda ad aumentare il numero delle bambine, pena la denuncia in procura. Sono le ore 16 del 10 settembre quando l'istituto pubblica in bacheca come saranno formate le quattro classi della prima elementare che avvieranno il ciclo scolastico. Dalla lettura dell'elenco emerge subito che nella sezione A c'è uno sbilanciamento del «sesso forte»: ci sono tredici maschietti e cinque femminucce, che tradotto in termini statistici significa il settanta per cento contro il trenta.

Ma quando il 19 settembre comincia la scuola, delle cinque bambine ne rimane soltanto una. Le altre quattro hanno preso strade diverse. Una condizione anomala che stride con le altre tre sezioni dove il rispetto delle «quote rosa» è quasi perfetto: nelle sezioni B e C le donne rappresentano poco più del quaranta percento e nella sezione D addirittura i maschietti sono la minoranza (dodici bambine contro dieci). La sproporzione per i genitori è inaccettabile e ieri attraverso l'avvocato Romana D'Ambrosio è partita la diffida indirizzata al preside affinché intervenga. Nell'atto inviato al dirigente Rosetta Attento, il legale osserva come «in ambito scolastico si può asserire che tra i sei e i dieci anni i bambini tendono a costituire gruppi di amici per genere: mentre le bambine amano l'intensità della relazione, i maschi vivono legami più estesi che si concretizzano nella partecipazione ad attività e giochi di gruppo. La presenza di un'unica bambina è limitante per la stessa, che ha bisogno di relazioni con persone dello stesso sesso». Qualche malumore nella sezione A lo solleva anche la proporzione italiani-stranieri poiché il cinquanta percento degli alunni della classe non è nato in Italia, con la conseguenza - secondo la D'Ambrosio - che «possono sorgere problemi didattici legati alla lingua».

martedì 24 settembre 2013

I criminali (della UE) che scoprono i loro crimini

Ue, vera deindustrializzazione in Italia. Calo 20 punti dal 2007. Anche Spagna migliora e ci supera

BRUXELLES, 24 SET
- L'Italia sta vivendo "una vera e propria deindustrializzazione", con l'indice della produzione industriale che "ha perso 20 punti percentuali dal 2007". E' quanto emerge dal rapporto sulla competitivita' Ue che sara' presentato domani. La competitivita' dell'Italia sul costo del lavoro "si e' erosa in modo considerevole negli ultimi 10 anni", e anche la sua produttivita' - con Francia, Finlandia e Lussemburgo - e' peggiorata. Migliora la Spagna che passa al gruppo dei paesi Ue piu' virtuosi.

Bergoglio, l'immigrazionista e l'invasione dell'italia

Immigrazione: nuovo messaggio di Papa Francesco. Il Pontefice fa appello alla cooperazione internazione e dice no al lavoro che rende schiavi

Il Papa torna a parlare di immigrazione e lo fa in un messaggio diffuso in vista della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata domenica 19 gennaio 2014. "Nei fenomeni migratori", dice Bergoglio, "alla solidarietà e all'accoglienza si contrappongono il rifiuto, la discriminazione e lo sfruttamento". E ciò che preoccupa soprattutto il Pontefice sono le condizioni di schiavitù a cui vengono ridotte le persone che cercano un futuro migliore. "Il lavoro schiavo oggi è moneta corrente!" scrive nel messaggio. Papa Francesco si rivolge alla politica e alle istituzioni internazionali. Per affrontare il fenomeno globale delle migrazioni è necessaria "una cooperazione internazionale e uno spirito di profonda solidarietà e compassione" dice ancora Bergoglio che aggiunge: "è importante la collaborazione ai vari livelli, con l'adozione corale degli strumenti normativi che tutelino e promuovano la persona umana". Poi un appello anche ai mezzi di comunicazione: "Hanno una grande responsabilità - dice Francesco - devono favorire un cambio di atteggiamento nei confronti dei migranti e non alimentare sospetti e paure" e auspica "il superamento di pregiudizi e incomprensioni nel considerare le migrazioni". 

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Bhe, si direbbe che venga accontentato giorno per giorno... visto che gli sbarchi continuano e continuano e l'accoglienza in italia è più che... misericordiosa. Ovviamente, lasciando indietro tanti, troppi italiani che non ce la fanno e non facendo cenno degli ultimi due atti criminali perpetrati sui cattolici, in Kenya e in Pakistan.

Immigrazione: 83 approdati nel siracusano. Abbandonati su isolotto riserva Vendicari salvati da Forestale

SIRACUSA, 24 SET - Sono 83 i profughi approdati questa mattina sulle coste siracusane a conclusione di una complessa operazione di salvataggio nella riserva di Vendicari. Nonostante le avverse condizioni meteo e i bassi fondali gli uomini del corpo Forestale si sono tuffati in acqua ed hanno salvato i migranti, che erano stati abbandonati su un isolotto distante dalla costa. I profughi, tra cui 7 donne e 16 minori, sono stati poi trasferiti con le motovedette della Guardia Costiera al Porto di Siracusa.

Facce come culi

Prima cerca di chiedere soldi su facebook per pagare le spese legali. Poi, poraccio, va a rilassarsi ai caraibi per smaltire (preventivamente) lo stress del prossimo processo che lo vede protagonista (nonchè imputato). E Meredith? Bhe, Meredith è morta, no?

Quando non si conosce vergogna

Il disegno di legge. Finanziamento ai partiti, non c'è accordo tra Pd e Pdl. I nodi delle donazioni dei privati e della depenalizzazione. M5S, proposta di legge: «Al massimo 5.000 euro l'anno»

Il disegno di legge sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti rischia quindi, di arrivare in aula alla Camera mercoledì col solo testo base, quello uscito dal Consiglio dei ministri. La maggioranza, lunedì, dopo una riunione durata fino alle 23, non ha infatti trovato l'accordo. I relatori del provvedimento, Mariastella Gelmini (Pdl) e Emanuele Fiano (Pd), hanno pertanto comunicato di avere bisogno di più tempo per mettere a punto i pareri sugli emendamenti più spinosi. Il tetto alle donazioni dei privati (che il Pd chiede sia di 100 mila euro) e la proposta del Pdl per depenalizzare il finanziamento illecito sarebbero i nodi più spinosi.

TESTO IN AULA NON FINITO - Il presidente della Commissione, Francesco Paolo Sisto, ha confermato che «il dissenso all'interno della maggioranza provoca l'impossibilità» di concludere l'esame del ddl sul finanziamento ai partiti in commissione. Il testo arriverà quindi in Aula "non finito", cioè con le modifiche già apportate, ma senza completare il voto sugli emendamenti, una quarantina, che potranno però essere ripresentati. A favore della proposta di Sisto hanno votato Pd, Pdl e Sc mentre M5S, Lega e Sel si sono astenuti. Di fatto è risultato inutile il rinvio in commissione del ddl, che era già approdato in Aula ma, proprio per l'assenza di un accordo, aveva subito un nuovo rinvio in commissione.

DEPENALIZZAZIONE, RICHIESTA OFFENSIVA - Lo stallo, ha spiegato Andrea Mazziotti, deputato di Scelta Civica e membro della commissione, è dato dal fatto che «il Pdl insiste sul rifiuto di inserire un tetto alle donazioni private ai partiti e chiede di depenalizzare le violazioni delle regole sul finanziamento pubblico. Sono posizioni inaccettabili». In particolare, «la richiesta di depenalizzazione, con i precedenti che ci sono in Italia, è offensiva per i cittadini, oltre a comportare il rischio di mandare assolti molti inquisiti».

M5S: SOLO DONAZIONI PRIVATI - E proprio in relazione al tetto alle donazioni il Movimento 5 Stelle intende presentare una «proposta di legge alternativa» dove verranno previste «solo le donazioni dei privati ai partiti con un massimale annuo di 5.000 euro». Lo ha annunciato Danilo Toninelli, vice presidente della Commissione Affari costituzionali nel timore «che questa maggioranza faccia dei danni immani ed approvi una legge addirittura peggiore di quella attuale».

lunedì 23 settembre 2013

Ci sono problemi più gravi... e loro firmano cazzate

Razzismo, 17 paesi Ue firmano un appello a Roma in onore della Kyenge. Documento per "un'Europa tollerante". L'evento in Italia contro gli "attacchi inaccettabili" subiti dal ministro italo-congolese

Diciassette paesi dell'Unione Europea a Roma contro il razzismo e in sostegno a Cecile Kyenge, ministro italiano per l'Integrazione. E' di oggi la firma della dichiarazione congiunta per "sfidare l'intolleranza e l'estremismo" e per chiedere alla Commissione Ue e ai suoi stati membri un "Patto 2014-2020 per un'Europa delle diversità". L'intenzione dei promotori è sensibilizzare le istituzioni europee contro ogni forma di razzismo e xenofobia.

Il sostegno alla Kyenge - A volere la firma a Roma del documento è Joelle Milquet, vicepremier, ministro degli Interni e delle Pari Opportunità del Belgio. Perché la capitale italiana? Perché qui lavora la Kyenge. "Dobbiamo reagire alle manifestazioni di razzismo" ha detto Milquet , definendo "inaccettabili" gli attacchi subiti dal ministro italiano dell'Integrazione. "Era importante reagire e agire - ha ribadito il ministro belga ha insistito -. In tutta l'Europa ci sono movimenti politici che predicano il rifiuto dell'altro, dello straniero".

Il ringraziamento della Kyenge - "Ringrazio tutti per aver risposto alla chiamata - è la risposta della titolare italiana del dicastero all'Integrazione -, è un modo forte per affermare alcuni principi. Questo problema non riguarda solo me - prosegue -, sono atteggiamenti che stanno riaffiorando ovunque". La Kyenge, commentando la firma della dichiarazione, allarga il respiro dell'evento perché non risulti un'iniziativa dedicato a lei: "Bisogna cercare di reagire non solo in quanto sostegno alla mia persona - dice -, ma cercando di riaffermare i valori dell'Europa. Il nostro messaggio oggi è quello che vogliamo riaffermare la cultura della solidarietà".

Ostaggi di criminali

L'Italia ostaggio di quel 3% che ci ha spinto nel baratro. La croce che portiamo del rapporto deficit/Pil imposto dall'Ue è troppo pesante e cancella le speranze di ripresa. Una moneta unica per mercati così diversi non poteva funzionare di Ida Magli

Penso che siano molti gli italiani che oggi vorrebbero, come me, poter scrivere una lettera confidenziale ad Angela Merkel, alla «donna» Angela Merkel che ha in mano, con il potere politico, il destino presente non soltanto dei tedeschi, ma di tutti coloro che sono legati a Maastricht e alla moneta euro. Perché vorremmo scrivere alla donna Merkel, più che al capo del governo della Germania? Perché l'euro, Maastricht e la «dittatura del 3%» hanno portato terribili sofferenze a coloro che vi sono stati coinvolti; perché la crisi che ha investito l'Europa è dovuta, in modo diretto tanto quanto in modo indiretto, ai parametri di Maastricht e alla sua moneta; perché le migliaia di suicidi di Francia (chi potrà mai dimenticare i 57 suicidi dei dirigenti di France Telecom?), di Grecia, d'Italia, sono stati provocati da questa crisi, così come le migliaia di disoccupati, di imprenditori falliti, di aziende costrette a chiudere. Faccia un giro nella Lombardia, motore dell'economia produttiva italiana, cara Signora Merkel, e vedrà il risultato del grande mercato promesso da Maastricht e dalla sua moneta: le fabbriche sono tutte chiuse.

Non creda ai politici che vengono a trovarla, inclusi quelli italiani, come Monti prima e ora Letta e i suoi ministri, Saccomanni e Zanonato, tutti a portare la croce del 3%, in ginocchio davanti a questo totem: lei lo sa bene che le loro verità non sono verità. Se dicono, come dicono, da oltre tre anni, che si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel, è perché questo tunnel non è un tunnel, ma la realtà. Si affidi al suo cuore e capirà, sentirà quanta disperazione è accumulata dietro le macerie di ogni fabbrica chiusa, di un'Europa che era nel pieno della rinascita industriale, commerciale, culturale quando Maastricht e l'euro hanno spazzato via a poco a poco ogni speranza di vedere risorgere un grande mercato italiano ed europeo. Ma soprattutto si è spenta l'anima dell'Europa, la sua vera ricchezza. L'anima dell'Europa non è mai stata il mercato, ma la creatività, la scienza, la filosofia, l'arte, la musica, la poesia, la cultura: era questo che portava con sé, quasi come un inevitabile prodotto, anche il mercato e la ricchezza. Maastricht e i suoi parametri sono sbagliati; una moneta unica per mercati diversi e prodotti diversi non può funzionare: l'ha affermato, insieme a molti altri famosi economisti, anche il Premio Nobel Amarthya Sen. Ma per chi è abituato a fare scienza, quello che conta sono i risultati di un esperimento. Ebbene, consideriamo la situazione dell'Europa come il risultato di questo esperimento: è evidente che i calcoli erano sbagliati. Ci troviamo ormai davanti a dei nuovi martiri: quelli che si sono sacrificati e che debbono sacrificarsi per rimanere nel sacro parametro del 3% del Pil e mantenere in vita l'euro. Ci troviamo davanti, infatti, all'abbandono di ogni razionalità, di ogni possibilità umana di dubbio, di alternativa, di scelta, ossia davanti a un puro fenomeno di «sacralità»: sacrificarsi, morire, ma non venire meno.

E, se non si vuol credere all'instaurarsi del Sacro nel pieno di un discorso mercantile e finanziario, allora siamo costretti a ripiegare sulla patologia fobica. Quando il Signor Saccomanni afferma che, se si sfora il 3 % del Pil, lui dà le dimissioni, ebbene appare abbastanza evidente che ci troviamo fuori dalla normalità razionale e che una qualche fobia sta comparendo all'orizzonte dei tutori della nostra economia. Coraggio, coraggio, cari economisti e banchieri: non lasciatevi prendere pure voi dalla disperazione dei parametri, dopo averla imposta a noi in tutti questi anni come un infallibile dogma teologico. È vero che sono una vostra creatura, ma tutti possono sbagliare e l'importante, come afferma un vecchio adagio, è non persistere nell'errore.

Dal nulla, nel nulla...

Bray, il ministro del nulla raccomandato da D'Alema. Il titolare dei Beni culturali, paracadutato dal Salento al governo, ha un curriculum indecifrabile e amici nei salotti progressisti di Giancarlo Perna

Mentre mi accingo a scrivere di Massimo Bray, neo ministro pd dei Beni Culturali, ho come la sensazione che, per parlarne, dovrò spesso ricorrere alla parola: nulla. Per cominciare, è dal nulla che proviene. Nessuno, tranne la cerchia dalemiana che lo ha prodotto, ne conosceva l'esistenza fino al debutto da deputato in febbraio e alla nomina a ministro il 28 aprile. Il ministro ai Beni culturali, Massimo BrayDue en plein in un paio di mesi per un uomo di mezza età - Bray ha 54 anni - che, toccato dalla bacchetta di Max D'Alema, ha emulato il cavallo promosso senatore da Caligola. Se n'è indignato Ernesto Galli della Loggia, in genere cauto commentatore del badiale Corriere della Sera, al punto da vergare un corsivo al gas nervino. «Mentre nessuno - scrisse il giorno stesso in cui Bray divenne ministro - avrebbe mai osato nominare all'Economia o all'Istruzione, un illustre sconosciuto, o qualcuno dalle competenze inesistenti, per i Beni culturali, si è potuto benissimo. È bastato che così abbia voluto un ras politico... per bassi calcoli di potere correntizio». Questo - concluse l'Ernesto furioso - è «cosa inaccettabile. Destinata a segnare un distacco ulteriore tra il Paese... e la politica». Ferocia forse eccessiva - alle mezze figure i Beni culturali sono abituati, dalla bella Melandri, ai diplomati Rutelli e Veltroni - ma il curriculum del neo ministro conferma che nulla lo destinava all'incarico se non il divin capriccio di D'Alema, ras del Salentino di cui il Nostro è nativo.

È di Lecce, infatti, Massimo Bray, cognome che da quelle parti si pronuncia con l'accento sulla ipsilon, Braì, rampollo di uno stimato cardiologo, oggi ultranovantenne. Dopo il liceo, il giovanotto traslocò a Firenze dove, a 25 anni, si laureò in Lettere. Ebbe il suo primo lavoro a 31 anni, assunto dall'Enciclopedia Treccani come redattore per le voci di Storia moderna. Come e perché sia stato reclutato in veste di storico, non è dato sapere. La biografia ufficiale nel sito del governo è avara di dati concreti, mentre largheggia in fronzoli. Non si capisce, per esempio, se sia laureato nel ramo storico o abbia approfondito la materia in studi successivi, così da giustificare l'assunzione. Neanche si afferra cosa abbia combinato dalla laurea nell'84 al primo impiego nel '91. La biografia parla per questi sette anni di «un itinerario da borsista», espressione mondan-turistica che evoca l'immagine di un chierico vagante per le strade d'Europa. Secondo il sito, ha usufruito di borse di studio a Napoli, Venezia, Parigi e Simancas. Per cosa e conto di chi è un mistero. Le borse di studio, che si sappia, si ottengono da università, Cnr e simili istituzioni culturali. Chi le ha date a Bray per consentirgli di trotterellare a lungo prima di guadagnarsi da vivere con un normale lavoro? Ha per caso messo a frutto le ricerche con libri, saggi, articoli? Vattelapesca. Solo il soggiorno a Simancas, villaggio castigliano di tremila abitanti, ci dà una traccia. Costà ha sede, infatti, l'Archivio di Stato spagnolo che, ovviamente, ha attinenza con la Storia.

Massimo è tuttora dipendente della Treccani, dove ha collaborato alla digitalizzazione delle enciclopedie treccanesche. Quale sia stato, in quest'ambito, il suo reale contributo è, al solito, indecifrabile. Secondo la nota scheda, «ha seguito l'apertura al web con grande entusiasmo». Significa che ha materialmente fatto qualcosa o si è limitato a gridolini e salti di gioia? Vai a saperlo. Alla Treccani il forse storico ha frequentato Giuliano Amato, che presiedeva l'Istituto fino a una settimana fa quando è passato alla Consulta. Amato inoltre era socio della fondazione di D'Alema, Italianieuropei. Così, con la doppia protezione di Max e Giuliano, Massimo è diventato anche direttore dell'omonima rivista. Poi, come una ciliegia tira l'altra, Lucia Annunziata - che avendo in D'Alema il proprio faro, pensava di fargli cosa grata - ha offerto a Bray una rubrica sull'Huffington Post, il giornale digitale, affiliato alla catena dell'Espresso debenedettiano, che dirige. Collaborazione che Massimo ha proseguito imperterrito dopo la nomina ai Beni Culturali. Quindi, oggi abbiamo un ministro schierato con un gruppo editoriale e, se non scrive gratis, a libro paga del medesimo. Si è invece dimesso da un'altra curiosa prebenda ottenuta grazie al milieu pugliese di D'Alema: la presidenza de «La Notte della Taranta», fondazione che organizza nella Grecìa salentina un danaroso Festival di musica popolare, dedicato - nientemeno - che al recupero della pizzica. A dargli l'incarico anni fa furono i cacicchi locali di Baffino - Sergio Blasi e Salvatore Capone -, gli stessi che in febbraio lo hanno catapultato in Parlamento. Assurto a ministro, Bray ha dato il meglio di sé come piacione. Su diversi siti, su Facebook ecc., dice ininterrottamente la sua sulla cultura - «salviamola per salvare il Paese»; «su questo ci giochiamo tutto» -, infarcendo ogni riga di «fruizione», «nicchie di ricezione», «turismo consapevole» che danno la chiara sensazione del nulla. Tanto più che considera il bene culturale monopolio statale, con esclusione degli aborriti privati, in un momento in cui le casse pubbliche sono a secco. Ai pistolotti politici in rete, alterna citazioni, poesie di suo gusto, brevi cenni sull'universo che mandano in sollucchero le signore sue fan le quali, come Maya Santo commentano: «Fantastico, il mio ministro preferito» o come Alessandra che gli spedisce via web un fumettistico: «Smack».

Non inquietatevi se un giorno, visitando un museo o una dimora storica, vi troverete accanto un tipo bizzarro, con zainetto e auricolare, che pare sfuggito a un sorvegliante. È il Nostro in una delle sue incursioni a sorpresa nei luoghi d'arte, dove controlla che il personale sia efficiente e i sovrintendenti degni del ruolo. È già successo a Pompei dov'è andato in treno - ma senza riuscire ad arrivare perché a metà viaggio la Circumvesuviana fu manomessa da vandali -, alla Reggia di Caserta dove è giunto in bici e in altri luoghi. Inquietatevi invece se tornerà al Teatro Valle di Roma, dove ha trascorso una serata per assistere alla pièce della collega di Repubblica, Concita De Gregorio, del suo stesso gruppo editoriale. Il Valle, come si sa, fu occupato due anni fa alla maniera dei no global da borghesi e suffragette e vive illegalmente a spese della collettività. Diversi trovano chic andarci per sentirsi progressisti in trincea. Passi per Stefano Rodotà che deve dare un senso ai suoi ottant'anni. Ma se lo fa anche Bray, amoreggiando da ministro con l'illiceità, del ruolo che ricopre non ha capito nulla. E se il premier Letta fosse serio, il nulla dovrebbe tornare nel nulla.

sabato 21 settembre 2013

La marchetta di Delrio

La proposta di Delrio: "Voglio un ministro di colore all'Economia". Il ministro agli Affari territoriali vuole un ministri "neri e gialli" nei dicasteri chiave: "Solo così l'Italia può essere un Paese normale..."

"Cècile Kyenge dovrebbe guidare il ministero dell'Economia, solo così l'Italia può diventare un Paese normale". Il ministro per gli Affari Territoriali, Graziano Delrio ha già iniziato il suo personalissimo "rimpasto" di governo. Secondo Delrio sulla poltrona di via XX settembre dovrebbe sedere un ministro di colore. "Siamo molto felici di avere un ministro all'Immigrazione come Cecile Kyenge, ma questo Paese sara' ancora piu' normale quando avra' un ministro nero o giallo, all'Economia o in un altro dicastero simile", ha affermato Delrio. A giudicare da come il ministro dell'integrazione sta gestendo il suo mandato, qualche perplessità sulle sue capacità di guidare un dicastero chiave come il Tesoro, è lecita.

Marketing Kyenge - La Kyenge ha interpretato il suo mandato come una grande operazione di "marketing". Viaggi e visite in ogni città o piccolo comune d'Italia. Una sfilza impressionante di cittadinanze onorarie, e una serie di proposte di legge che , va detto, hanno trovato poco consenso nel mondo politico. Lo ius soli ha subito spaccato la maggioranza, poi è arrivata l'idea di abolire sui moduli scolastici le parole "padre" e "madre" con "genitore1" e "genitore2" (il tutto per aprire un varco per le adozioni degli omosessuali), infine è arrivata anche la proprosta di dare "uno status giuridico" ai rom. Se queste sono le premesse, date qualunque ministero alla Kynege ma non quello dell'Economia o del Lavoro. Il ministro italo-congolese potrebbe ad esempio destinare risorse maggiori, come assegni familiari, oppure sussidi di disoccupazione agli immigrati. Ovviamente dimenticando, come spesso fa, le esigenze e soprattutto i bisogni degli italiani. L'integrazione deve esserci. Nessuno lo mette in dubbio. Ma come processo naturale, storico e socio-politico. Non per imposizione a colpi di decreti legge. O magari dando il ministero dell'Economia a un ministro solo per il colore della pelle.

Punti di vista

Piero Ostellino: "Forza Italia un sogno che torna. Il Lodo Mondadori? Una porcata, è stato un regalo a De Benedetti" di Stefano Zurlo

«Ho parlato con un magistrato del penale di altissimo livello». E che le ha detto? Piero Ostellino, ex direttore del Corriere della Sera, saggista, autore di numerosi libri, non si fa pregare: «Lui ha letto la sentenza della Cassazione con attenzione e mi ha spiegato che non si capisce perché abbiano condannato il Cavaliere».

Non è chiaro? «Non ci sono le prove. L'Italia è zeppa di imprenditori, grandi imprenditori, che potevano non sapere, lui invece non poteva non sapere».

Allora il videomessaggio del Cavaliere la convince? «Un attimo. Ha ragione nel denunciare questi vent'anni di processi, accuse, avvisi di garanzia e tutto il resto. L'obbligatorietà dell'azione penale contro Berlusconi, e glielo dice uno che non vota il Cavaliere e osserva la vita del Palazzo con distacco, è scattata quando è sceso in politica. Mi pare non ci siano dubbi. Sul piano umano ha ragione».

E su quello politico? «Io, fossi stato al suo posto, avrei parlato prima e in Parlamento».

Perché? «Per denunciare le ragioni per cui non si riesce a riformare questo Paese. Per dare un nome alle corporazioni che bloccano lo sviluppo e ci tengono incatenati ad un modello ormai superato».

Il videomessaggio arriva tardi? «Certo. Se a fermare il cambiamento sono stati i partitini, come dice lui, i Casini e company, perché a suo tempo non ha parlato chiaro davanti alle Camere?».

Oggi ripropone Forza Italia. «Forza Italia è un po' il sogno della gioventù, il fulgore dell'origine, l'inizio spumeggiante».

Operazione nostalgia? «Molta».

Allora è troppo tardi per il Cavaliere? «No, non ho detto questo. Berlusconi stravincerà alle prossime elezioni».

Addirittura? «Sì. Perché i voti glieli porterà direttamente la sinistra che è burocratica, è reazionaria, guarda con sospetto gli imprenditori, come insegna il caso dell'Ilva, ed è alleata della magistratura».

Berlusconi è ossessionato dalla magistratura. «Ma lei li ha letti i documenti di Magistratura democratica? Lì sono scritte cose incredibili: questi magistrati hanno teorizzato l'avanzata dei diritti dei ceti più deboli e la trasformazione in chiave progressista della nostra società, insomma gli stessi slogan con cui il vecchio Pci ha cercato in tutti i modi dal 45 in poi di far diventare l'Italia una fotocopia della Germania Est. Questi giudici hanno affermato nei loro documenti che in un'aula di tribunale un lavoratore vale più di un imprenditore: inquietante. Il cittadino Piero Ostellino si sente in pericolo davanti ad affermazioni di questo tenore».

La sentenza che condanna la Fininvest a pagare 500 milioni a De Benedetti per la vicenda Mondadori? «È una porcata. Il Lodo Mondadori fu un accordo e De Benedetti ne fu soddisfatto».

E dov'è la porcata? «La magistratura ha ripagato De Benedetti che sui suoi giornali le ha sempre dato ragione e dà sempre del delinquente al Cavaliere, qualunque cosa faccia o dica».

Le sue sono affermazioni pesantissime. «Ma sono la verità».

Dunque, Berlusconi ha di nuovo ragione? «Se ha commesso un errore è di aver appiattito la questione giustizia sui suoi problemi. Lo capisco, però lui è un politico, dovrebbe, anzi doveva andare oltre. Ha promesso il cambiamento e il cambiamento non è arrivato».

Chi ci porterà fuori dalla crisi? «Monti era stato chiamato per risolvere i problemi che Berlusconi non aveva affrontato e invece ha massacrato il Paese. Il suo è stato il peggior governo del dopoguerra, un diluvio di tasse».

L'Italia era sul ciglio del baratro: il Professore che poteva fare? «E me lo chiede? Ridurre le spese, o meglio la spesa della macchina statale che è costosissima, e poi tagliare le tasse per far ripartire il Paese. Naturalmente ha fatto il contrario e ci metteremo vent'anni per riprenderci. Novantaduemila contribuenti spariti nel nulla, perché non hanno più redditi da denunciare, migliaia di imprese chiuse, i suicidi degli industriali. Un disastro. Peraltro questa valanga di tasse era stata impostata già da Tremonti che se non erro era il ministro dell'economia nel governo del Cavaliere».

Letta? «È la fotocopia del governo precedente. Non riesce a tagliare di un centesimo la spesa pubblica, che continua a salire insieme al debito pubblico, e allora per recuperare un miliardo si aumenta l'Iva di un punto. Così i consumi già depressi si deprimeranno ancora di più. Geniale in un momento drammatico come questo».

Aspettiamo sempre la rivoluzione liberale? «Le rivoluzioni si fanno e non si annunciano. Comunque, Berlusconi continuerà a fare politica come prima. Questo tema dell'agibilità non ha alcun senso: lui è il leader del centrodestra e continuerà ad esserlo. Dentro o fuori dal Parlamento. Almeno finché questo Paese resterà libero».

Tutta colpa della stabilità...

... e un anno fa, la colpa era dello spread e, prima ancora la colpa era del cavaliere... Mai che dicano che la colpa è della loro incapacità o dell'aver perso completamente la sovranità nazionale e monetaria. Mai che dicano che la colpa è della criminale UE.

Governo, Letta: “Deficit al 3,1%? Non è colpa nostra, ma dell’instabilità”. Il presidente del Consiglio: "Sui conti pesano l'interruzione della discesa dei tassi e la ripresa delle tensioni nella maggioranza". Ma assicura che entro la fine dell'anno si arriverà sotto il limite fissato dall'Ue. Bondi (Pdl): "Non è vero, la discussione tra i partiti non c'entra niente"

Il rapporto deficit/Pil è oltre il 3 per cento, ma la colpa non è certo del governo. E’ ciò che dice il presidente del Consiglio Enrico Letta che spiega l’impossibilità di rientrare entro il limite fissato dall’Unione Europea con “l’interruzione della discesa dei tassi” e “la ripresa dell’instabilità politica” che “pesa sui conti”: “Oggi – chiarisce – non siamo in grado di scrivere 3% e questo è figlio del fatto che i primi mesi di vita del governo hanno avuto una stabilità che non ha avuto seguito nelle altre settimane”. D’altra parte resta il fiato sul collo dell’Unione Europea: “Un impegno senza ambiguità per conti pubblici sani – dice il portavoce del commissario agli affari economici Olli Rehn – è fondamentale per ricostruire la fiducia dei mercati nell’Italia e per gettare le basi per una ripresa sostenibile”. E il suo portavoce aggiunge: “Aspettiamo di vedere i dettagli delle misure che andranno prese chiaramente nelle prossime settimane in modo tempestivo, siamo già a fine settembre”. Letta ha comunque confermato “l’impegno a stare sotto il 3% alla fine dell’anno”. Un obiettivo che è “alla portata” e che “non necessiterà di interventi particolarmente rilevanti”. A proposito della nota d’aggiornamento del Documento di economia e finanza, peraltro, il capo del governo ha spiegato che “dentro c’è anche l’impegno, confermato, a mantenere tutti i commitment (impegni, ndr) presi con Bruxelles”. Nella nota di aggiornamento, aggiunge il presidente del Consiglio, “emerge un quadro che vogliamo indicare come un quadro positivo per il futuro: ci sono elementi che ci consentono l’anno prossimo di avere stabilmente il segno più per la crescita e di avere a fine anno segnali già positivi”. Nel frattempo “è alla nostra portata convincere i mercati e i nostri partner a darci fiducia e far calare tassi interesse”. Un concetto – quello della stabilità – che Letta ribadisce a più riprese: i percorsi contenuto nel Def sono “ambiziosi ma raggiungibili, a patto che ci sia la volontà e la stabilità politica. La volontà nostra c’è, è piena e totale e lo si è visto anche nel consiglio dei ministri di oggi dove c’è stata una partecipazione corale e un impegno che mi conforta”. Il pareggio di bilancio, invece, potrebbe essere raggiunto “a partire dal 2015”. Il risultato viene raggiunto con il deficit netto strutturale, che tiene conto dell’andamento dell’economia. Il governo nel Def prevede un deficit netto strutturale allo 0,4% quest’anno e allo 0,3% nel 2014, prima di scendere allo zero. Ma anche il 2013 e il 2014, in base ai criteri europei per il pareggio di bilancio, sono considerati un close to balance perché interni ad una flessibilità dello 0,5%.

Il prodotto interno lordo per il 2013 è stimato dal ministero in riduzione dell’1,7% rispetto al 2012 (-1,3% la stima precedente ndr), si legge nella nota di aggiornamento al Def, che ha ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri. “Tenuto conto delle riforme adottate in passato e delle recenti iniziative tese a supportare la ripresa – si legge in un comunicato stampa del Governo – per il 2014 e il 2015 viene prefigurata una crescita pari rispettivamente all’1% e all’1,5 per cento”. Dalle tabelle contenute nel Def relative al 2015-17 risulta che nel 2014 saranno utilizzati 3,2 miliardi di maggiore spesa per finanziare, tra l’altro, cassa integrazione e missioni di pace. Mentre dal 2015 sono previste manovre per complessivi 20 miliardi in tre anni, da realizzare con la riduzione della spesa pubblica. Il ministero delle Infrastrutture ha fatto inoltre sapere che le esigenze finanziarie necessarie nel triennio 2014-2016 sono più di 11 miliardi di euro in tre anni per realizzare cinque priorità funzionali, tra cui rientrano tra l’altro interventi per le reti stradali e ferroviarie, Tav, Mose, completamento Salerno-Reggio Calabria. Nessuna risposta sulle questioni più complicate, peraltro, proprio dal punto di vista dell’instabilità politica, originata certamente non solo per il riverbero delle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi, ma anche per il confronto serratissimo tra Pd e Pdl sul nodo dell’aumento Iva. “Affronteremo e discuteremo di tutte le questioni aperte” a partire da quelle fiscali, come l’Iva, sostiene il presidente del Consiglio: “Ne discuteremo con la nostra modalità, attenti alle cose concrete, alle cifre, ai dati”. Letta ha fornito anche alcuni dati, rivendicando l’impegno dell’esecutivo: “Dodici miliardi di interventi nel triennio che sono serviti e servono per rilanciare l’economia e far sì che il nostro Paese possa avere il segno più davanti agli indicatori giusti, vale a dire la crescita”. Una replica, sottolinea, a “chi dice che non é stato fatto nulla”. Accanto a questo il capo del governo ricorda “un intervento molto significativo” sulla spesa pubblica: “Nel 2013 – dice – abbiamo fatto 1,7 miliardi di tagli alla spesa pubblica. E’ una scelta significativa, importante”. Inoltre, secondo il presidente del Consiglio, gli incentivi in campo edilizio,quelli per il lavoro dei giovani e l’accelerazione sul pagamento dei debiti della Pa “daranno i loro effetti alla fine dell’anno e questo mi porta a pensare che il dato, moderatamente ottimista contenuto nel Def” sul Pil all’1% nel 2013 “sia effettivamente a portata di mano”.

Previsioni colorate di rosa alle quali si aggiungono quelle del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni: è possibile prevedere – sostiene – “la ripresa dell’economia” già a partire dal “quarto trimestre” del 2013 “che sarà positivo”. ”Prevediamo per il 2014 – conclude – un tasso di crescita, grazie all’impatto positivo delle riforme, dell’1%: non è una valutazione euforistica o trionfalistica, ma realistica”. Pronti-via e il presidente del Consiglio prende subito gli scappellotti del Pdl. “Sostenere che il superamento del 3 per cento nel rapporto deficit/pil sia la conseguenza dell’instabilità politica non fa onore a Enrico Letta – interviene il coordinatore Sandro Bondi – Il superamento del 3 per cento era ampiamente prevedibile a causa della recessione che quest’anno si attesta a meno 1,7 mentre le previsioni ottimistiche per l’anno venturo sono semplici vaticinii”. Il capogruppo a Montecitorio, Renato Brunetta, fa meglio: “L’Europa non c’entra. L’Imu sulla prima casa e i terreni agricoli non sarà pagata per tutto il 2013 e l’Iva, l’aumento dell’Iva di un punto, non scatterà ad ottobre. Questi erano e sono gli impegni di governo e così sarà”.

Toh, serve una nuova stangata

Def, deficit-Pil Italia al 3,1%. Letta: "Rientriamo entro l'anno". Via libera dai ministri. Il premier: "Colpa della discesa dei tassi e dell'instabilità politica. Ma rispetteremo i patti con l'Ue". Sarà vero?

L'Italia sforerà il rapporto del 3% deficit/Pil per pochi giorni, ma poi riaggiusteremo tutto. Come dire: sì, sbandiamo, usciamo di strada ma torniamo in carreggiata. Niente incidente, per ora, ma dal meccanico (dall'Ue) forse ci dovremo passare comunque. Il governo ha dato il via libera alla nota di aggiornamento al Def ed è il premier Enrico Letta ad annunciare: "Trovate il deficit al 3,1% che a legislazione vigente è l'attuale deficit, e confermo l'impegno a stare sotto il 3% alla fine dell'anno. Il passaggio riguarda un aggiustamento di uno 0,1% che è assolutamente alla portata e che non necessiterà interventi particolari". In sostanza: l'Unione europea si fidi, i patti verranno rispettati. "L'interruzione della discesa dei tassi e la ripresa dell'instabilità politica pesa sui conti e per questo non siamo stati in grado di scrivere oggi il 3%". Nessun errore nei conti, dunque, la colpa è degli altri. Meglio, del mondo intero. Nell'attesa, assicura Letta, sono garantiti "12 miliardi di euro nel triennio di interventi in corso per rilanciare l'economia, aiutare l'occupazione, riuscire a far sì che il nostro Paese abbia il segno più davanti agli indicatori giusti".

"Al 3% entro fine anno" - Il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni è naturalmente in linea con il premier. "Crediamo che il lieve scostamento registrato venga corretto rapidamente, si tratta di un dato monitorato attentamente dalle stanze europee". "Il 3% - continua - è il dato su cui noi intendiamo collocarci da qui a fine anno ed è il presupposto per soffocare gli elementi di tensione dei mercati finanziari". Dalle ultime indicazioni, ha spiegato parlando dello spread, emerge che "il sosrpasso della Spagna è stato di breve durata", mentre l'obiettivo alla fine del periodo è di arrivare a quota 100 rispetto ai Bund tedeschi. "I dati riportati su questo documento - precisa poi Saccomanni - si inscrivono nel contesto delle raccomandazioni Ue". Il quadro comunque non è positivo: come conferma il ministro degli Affari regionali Graziano Delrio, le stime del Pil per il 2013 sono riviste al ribasso rispetto ad aprile, -1,7 per cento. Come farà il governo a recuperare quello 0,1% in eccesso da qui ai prossimi 3 mesi resta un mistero. L'ipotesi già prospettata nelle ultime ore da più ambienti, soprattutto vicini al Pd, è la solita: rivedere l'abolizione dell'Imu sulla prima casa, reintroducendo la tassa e facendola pagare al 10% rappresentato da proprietari di abitazioni di pregio. Tanto più che proprio oggi i Comuni hanno avvertito che se non verranno rimborsati entro domenica prossima i 2,4 miliardi delle prima rata, i sindaci non avranno soldi per pagare i dipendenti. "A fine settimana arriveranno i rimborsi", giurano da Palazzo Chigi.

venerdì 20 settembre 2013

Altri 400 nuovi italiani

Un paio di commenti: "Non c'è più nemmeno la voglia di commentare. C'è solo una grande frustrazione nel vedere che l'Italia ha ufficialmente dichiarato la sua RESA di fronte agli invasori. Ne arriva qualcuno morto? Affari loro. Il problema, se permettete, non ci riguarda. Se non fosse per le nostre motovedette che da anni corrono in mezzo al mare a raccoglierli, allo squillo dei satellitari degli avidi scafisti, sai quanti sarebbero finiti in pasto ai pesci. Devono sono ringraziarci. Personalmente il mio atteggiamento di fronte a tutti questi sbarchi illegali è profondamente cambiato nel corso del tempo. La pena ha lasciato il posto ad un'insofferenza palpabile. Vedo il mio Paese invaso e questo mi irrita. In casa mia vorrei che entrasse solo chi è legalmente autorizzato a farlo DA NOI. Trovo intollerabile che siano i clandestini a decidere come, quando ed in quanti arrivare. Ma la colpa è essenzialmente della Politica, di quegli incapaci ed inetti che ci governano. Gli STOLTI hanno pensato che riempirci di immigrati clandestini favorisse l'integrazione. Sono riusciti solo a scatenare il sentimento opposto: l'insofferenza."

" Gli argini hanno ceduto, non vi è più alcun freno all'immigrazione selvaggia il messaggio partito dall'Italia tramite il ministro Kyenge è arrivato forte chiaro, dall'altra parte del mediterraneo. I trafficanti di esseri umani hanno capito che siamo il ventre molle dell'Europa, la favoletta degli immigrati come risorsa non la raccontano più neanche i terzomondisti più convinti. "

Barcone con 400 migranti soccorso nel Canale di Sicilia. A bordo una donna morta. Quasi tutti di nazionalità siriana, decine di minorenni: intervento delle Guardia Costiera

Ancora sbarchi di migranti in Sicilia. E ancora una tragedia. C'è anche il cadavere di una donna sul barcone soccorso nel pomeriggio di venerdì nel Canale di Sicilia e sul quale viaggiavano circa 400 migranti siriani, tra cui donne e un'ottantina di minorenni. Sul posto sono intervenute due motovedette della Guardia costiera. L'imbarcazione è giunta poco prima delle 20 al porto di Siracusa. In corso le operazioni di sbarco. Il corpo privo di vita è stato trasportato sulla banchina dai marinari della Guardia Costiera. A bordo è salito il medico legale Francesco Coco che eseguirà l'ispezione.

C'era un tempo...

Ero piccola e, ogni paio di settimane, ci andavo coi miei, sia di sabato che di domenica. Mi piaceva andarci. C'erano dei negozi bellissimi. Il centro era stupendo coi suoi vicoli medievali, i palazzi signorili e la piazza coi caffè antichi e le logge, il corso, tutto molto pulito e curato e nel periodo natalizio era ancora più bello coi suoi addobbi particolari. La gente non aveva mai fretta, si attardava seduta davanti a quei caffè coi tavolini eleganti. Gli alberi di natale ai lati degli ingressi dei negozi, le luci a pioggia. Un tempo era un salotto. Un tempo, appunto. Ora, ogni volta che ci torno, tutta quella magia di quando ero piccola, non c'è più. In realtà, sono parecchi anni che quella magia è sparita. Da quando sono iniziate le chiusure dei negozi storici... e adesso? Bhe, adesso faccio a meno di andarci. Perchè non c'è più niente da vedere. Nè il centro, nè lo Sferisterio e nè tantomeno i giardini. E non è l'unica città ad aver fatto questa fine. Ma pare che nessuno, razzisti a parte, voglia aprire gli occhi e fermare tutto questo schifo.

Macerata: per FN è in atto una ‘sostituzione etnica’

C’era una volta Macerata, una tranquilla città marchigiana, italiana ed europea. Sembrerebbe l’inizio di una favola, in realtà il finale è tutt’altro che rassicurante e non c’è un lieto fine. Perché oggi Macerata non c’è più. Basta fare un giro in Piazza Mazzini, in Corso Cairoli, in piazza Garibaldi o alle Fosse per rendersi conto che questa simpatica città del Centro-Italia assume ogni giorno di più le sembianze di una casbah. Nel giro di un decennio gli extracomunitari regolari residenti in città sono triplicati, senza tener conto dell’imponente flusso dei clandestini, arrivando a rappresentare oltre il 10% della popolazione. E’ in atto una vera e propria sostituzione etnica: dove prima c’erano negozi storici, oggi stanno aprendo attività cinesi; dove prima c’era l’alimentari di fiducia, oggi proliferano bazar e kebab; ogni giorno ci arrivano segnalazioni di cittadini, diventati “ospiti sgraditi” nella propria città, costretti a subire angherie e soprusi da parte di immigrati senza che l’autorità politica/poliziesca locale muova un dito per risolvere la faccenda e senza che loro stessi possano reagire (se “osassero” farlo rischierebbero ritorsioni o magari la galera per eccesso di legittima difesa). Si continuano a promuovere costose politiche di accoglienza con la consapevolezza che non c’è lavoro per gli stessi italiani, che le nostre imprese stanno delocalizzando all’estero e che nelle condizioni in cui è ridotto il Paese non potranno che andare ad arricchire le file del lavoro nero e della criminalità. E infatti negli ultimi due anni lo spaccio di droga è triplicato, i furti sono raddoppiati e in provincia iniziamo ad assistere a episodi che fino a poco tempo fa guardavamo lontani in televisione, come il duplice omicidio dei coniugi di Montelupone. Insomma, le manie di integrazione a tutti i costi della nostra classe politica, locale e nazionale, stanno trasformando Macerata in una città di frontiera. E certo non sarà la sola, ne tantomeno la prima, è già stata preceduta e si trova in buona compagnia. E’ la sorte che toccherà a tutta l’Europa se non ci sarà un’inversione di rotta.

Tommaso Golini
FN Macerata
forzanuovamacerata@yahoo.it

giovedì 19 settembre 2013

Quante stronzate, miss Carrozza

Le proteste per le classi dove ci sono molti alunni non italiani. Carrozza e la quota stranieri a scuola. «In certe aree non si può rispettare». Il ministro: «Il tetto del 30 per cento? Per ora non lo elimino»

ROMA - Ministro Maria Chiara Carrozza, il tema dell'integrazione dei bambini stranieri a scuola si ripresenta ogni volta che si verificano casi come quello di Costa Volpino, nel Bergamasco, o di Landiona, in provincia di Novara. I genitori si rifiutano di iscrivere i propri figli in classi dove c'è una presenza massiccia di compagni stranieri. La scuola è razzista?
«No, non è razzista, non lo sono i ragazzi, non lo sono le famiglie, non lo sono gli insegnanti. Penso al contrario che la scuola italiana stia facendo tantissimo per l'immigrazione, per l'accoglienza, per l'integrazione. Tutto sommato fatti come questi sono un po' estremi, avvengono in alcune realtà particolari e si possono affrontare senza paure caso per caso».

Facciamolo allora un esempio concreto, del tutto ipotetico, ma non dissimile da quelli citati. C'è una classe con 20 bambini stranieri e 5 italiani. Che si fa? «Si parte dalla premessa che il diritto allo studio è universale, che spetta a tutti i bambini, che provenienze diverse, lingue diverse, culture diverse sono un'opportunità, non un disvalore, rappresentano una ricchezza. Detto questo è ovvio che quando ci sono eccessivi squilibri bisogna intervenire. Ma non sarà il ministero a farlo con provvedimenti generali, si interverrà caso per caso, come è stato ben fatto altrove. In Emilia-Romagna, in Toscana, a Prato per esempio».

Un provvedimento c'è, è la circolare della Gelmini del gennaio 2010 che prevede, come indicazione, un tetto del 30 per cento di bambini stranieri in classe. Lei ha intenzione di cancellarla? «Per il momento non ho intenzione di cancellarla, è un'indicazione generale che nei casi particolari, e già succede, può non essere rispettata date le oggettive condizioni socio-territoriali. Inoltre occorre fare una distinzione tra i ragazzi che arrivano in Italia già grandi e magari non conoscono ancora bene la lingua, e possono aver bisogno di un supporto maggiore per l'integrazione culturale oltreché linguistica. Non possiamo considerare allo stesso modo degli altri i figli di immigrati che nascono in Italia o che sono arrivati piccolissimi da noi e conoscono la lingua quando cominciano le primarie. E possiamo considerare totalmente stranieri i bambini che vengono dalla patria comune, l'Europa? Questi bambini per me sono uguali a tutti gli altri bambini, non ci sono differenze. I nostri istituti di valutazione hanno verificato che spesso le performance degli allievi con cittadinanza non italiana sono simili a quelle degli italiani. Nella scuola italiana ci sono 736 mila alunni con cittadinanza straniera ma la metà sono nati in Italia. Sono stranieri?».

Che cosa dire ai genitori che comunque temono un rallentamento del percorso didattico dei loro figli in classi con troppi stranieri? Perché la «fuga» dalle scuole continua. «Posso capire le preoccupazioni dei genitori, è chiaro che le classi vanno formate con equilibrio, non ci possono essere classi con troppi stranieri o con zero stranieri ma ripeto che i casi singoli vanno trattati singolarmente, resta alla scuola e al ministero il compito di investire nella formazione degli insegnanti perché possano dare un supporto ai ragazzi e alle famiglie e continuare il cammino verso l'integrazione. Una parte dei fondi che il decreto scuola votato dal governo destinerà alla formazione degli insegnanti andrà speso in questa direzione. L'Italia deve avere il coraggio di imparare dalla nostra scuola, i Paesi che vincono sono quelli che stanno vincendo la sfida dell'integrazione e della multiculturalità a partire dalla formazione scolastica».

Sul buttare soldi e sugli psicocrimini*

No femminicidio, corso Consiglio regione. Assemblea toscana: per prevenire fenomeno, rivolto a dipendenti

FIRENZE, 19 SET
- Un corso di formazione, per il contrasto del femminicidio, rivolto ai propri dipendenti. A lanciarlo il Consiglio regionale della Toscana che, si spiega, e' la prima istituzione pubblica in Italia a varare una simile iniziativa. Il progetto e' intitolato 'Pre.Fem prevenire il femminicidio', ed e' stato presentato oggi. Il corso iniziera' il 23 settembre per concludersi il 21 ottobre e interessera' 34 dipendenti.

La Camera dice sì alle aggravanti per l'omofobia. Al termine di un dibattito molto acceso in Aula, le larghe intese dell'esecutivo si sfaldano sul voto

La Camera approva il provvedimento che estende le aggravanti della legge Mancino ai reati di omofobia e transfobia, al termine di un dibattito molto acceso in Aula. Le posizioni restano distanti e le larghe intese dell'esecutivo si sfaldano sul voto: il provvedimento passa con 354 voti a favore e 79 contrari. La legge Mancino condanna azioni, slogan, gesti, che hanno per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o di nazionalità. Il testo che estende le aggravanti anche alla discriminazione sull'omosessualità, passato grazie ai voti di Pd e Scelta Civica, attira critiche da destra e da sinistra: troppo ideologizzato per il Pdl, troppo timido per Sel e Cinque Stelle. Ora la legge passa, in seconda lettura, a Palazzo Madama. Secondo la Lega: "Tutti già sanno che al Senato la legge, che rimane un primo passo verso i matrimoni gay, non passerà". In aula il Movimento 5 Stelle inscena un bacio collettivo come protesta contro il testo sull'omofobia. Esposti anche cartelli con la scritta "Più diritti per tutti". 

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Psicocrimine, psicocriminale*: È l'unico crimine esistente in Oceania e si riferisce all'avere anche solo un pensiero discordante dai dettami del partito. Lo psicocriminale è colui che si macchia di psicocrimine.