venerdì 13 agosto 2010

La norvegia e l'islam (2)


Nel mio Paese, la Norvegia, è illegale dire certe cose. Per esempio "fare dichiarazioni" contro l'Islam, come recita la legge contro la discriminazione varata nel 2005, e sostenuta da una ridda di organizzazioni di sinistra. Chi infrange la legge può essere multato, e se lo fa insieme ad altre due persone (tipo uno scrittore con il suo direttore editoriale e il suo editore) rischia una pena detentiva fino a tre anni. In Norvegia certi omicidi hanno pene meno severe... Pubblichiamo la seconda puntata di questa preoccupante disamina di come vanno le cose in Norvegia, cartina al tornasole della diffusione dell'islamismo in Nord Europa. L’atto più grave commesso da HRS, sembrerebbe, è quello di avermi assunto. Io personalmente sono l’oggetto di non meno di tre paragrafi sotto la dicitura “islamofobia”. Il primo paragrafo osserva che quando il mio libro “While Europe Slept” venne scelto tra i finalisti del National Book Critics Circle Award del 2006, il presidente dell’associazione lo definì un’espressione di “islamofobia” e un giurato (che, come poi si scoprì, il libro non lo aveva neanche letto, al di fuori del titolo e del sottotitolo) ne parlò come di una cosa che propone “il razzismo come critica” (qualunque cosa ciò voglia dire).

Il secondo paragrafo a me dedicato recita come segue: “Bawer stesso afferma nel libro che il tasso di nascita dei musulmani, in costante crescita, unito al ‘rifiuto’ di integrarsi permetterà loro di dominare la società europea entro un periodo di trent’anni, e che l’unico modo di evitare un tale disastro è abolire il politicamente corretto e la multiculturalità di cui, secondo Bawer, l’Europa è sommersa. Suggerisce quindi una soluzione fisica per il problema da lui percepito: ‘I funzionari europei hanno una chiara rotta da seguire in mezzo a questo incubo. Dispongono di eserciti, di forze di polizia, di prigioni. Sono nella posizione di deportare interi carichi di gente ogni giorno. Possono iniziare a recuperare l’Europa sin da domani”.

La verità è che quella citazione non è presa da “While Europe Slept”. Si tratta di un post scritto il 26 gennaio 2007 per il mio blog, nel quale paragonavo la situazione dell’Europa, che si ritrova faccia a faccia con i suoi nemici interni – gli imam musulmani e coloro che condannano la libertà e reclamano la sharia – con quella di una persona affetta dalla sindrome di Stoccolma: “L’Europa – scrivevo – è tenuta prigioniera. Eppure proprio come Shawn Horbeck, che aveva un telefono cellulare e un computer, era in teoria perfettamente in grado di sfuggire ai suoi rapitori o di contattare i suoi genitori, così i funzionari europei hanno una chiara rotta per uscire da questo incubo. Dispongono di eserciti, di forze di polizia, di prigioni. Sono nella posizione di deportare interi carichi di gente ogni giorno. Possono iniziare a recuperare l’Europa sin da domani. Ma come hanno risposto invece ai gangster che ci tengono in ostaggio? Esattamente come Shawn Horbeck: come prigionieri sotto chiave. Sono stati incredibilmente docili, accomodanti, sottomessi”.

Come capita – sia detto tra parentesi, ma è una curiosità che muoio dalla voglia di farvi conoscere – ho visto quello stesso estratto citato numerose volte dai giornalisti norvegesi negli ultimi tempi. Sui media norvegesi, quelle poche righe dal mio blog sono ormai usate per definirmi. Per mesi mi sono chiesto: perché i giornalisti di questo paese continuano a citare sempre quel vecchio brano, invece di – per esempio – aprire uno dei miei libri e vedere cosa c’è scritto? E anche – mi chiedevo – come sono arrivati a quel brano? Forse che qualche giornalista norvegese – in quanto tale, appartenente a una categoria ben nota per pigrizia e mancanza d’iniziativa – si sia messo a visionare anni e anni di post del mio blog, che contano chissà quante centinaia di migliaia di parole, per poi alla fine trovare la citazione giusta?

Ovviamente no. E’ saltato fuori che quel brano è riportato sulla pagina di Wikipedia a me dedicata. E’ lì che loro trovano tutto: su Wikipedia. Questo è, in Norvegia, il giornalismo investigativo. Comunque, torniamo allo “Shadow Report”. L’ultimo dei tre paragrafi a me dedicati ritorna all’argomento Geert Wilders, e cita una singola frase che scrissi su HRS in merito al suo processo: “In verità, Wilders non ha fatto altro che dare visibilità ad importanti verità di un’ideologia assai pericolosa”. E questo è tutto. Per riassumere: due membri dell’NBCC pensano che io sia un razzista; ho una certa idea dell’Islam; ho biasimato il fatto che Geert Wilders sia sotto processo per avere espresso grosso modo le mie stesse idee. Tutti questi miei “reati” sembrano sufficienti per farmi definire a livello ufficiale – prendo a prestito il titolo di un’opera del più grande commediografo norvegese – un “Nemico del popolo”.

Una cosa sono le critiche. Ho scritto a livello professionale per trent’anni, e sono da tempo abituato alle critiche – abituato ad essere messo in discussione anche aspramente, a vedere le mie parole citate in modo impreciso e le mie opinioni travisate, ad essere attaccato a mezzo stampa e a replicare. Ma qui si tratta di qualcosa di completamente diverso. Stiamo parlando del governo di una nazione suppostamente libera che entra in campo, mi batte un dito sulla spalla e mi dice: non dovresti dire quello che stai dicendo. Si tratta di un fatto raggelante, e più ci penso più mi raggelo.

La domanda è: cosa verrà dopo? Sono stato segnalato come un fomentatore dell’islamofobia in un rapporto commissionato e pagato dal governo del paese in cui vivo. I capitoli che mi riguardano compaiono sotto il titolo “Proibire ed eliminare tutte le forme di discriminazione razziale e assicurare a tutti l’uguaglianza di fronte alla legge”. E come, esattamente, il “Reale ministero per i bambini, l’uguaglianza e l’inclusione sociale” proporrebbe di eliminare questa presunta “discriminazione razziale” di cui io sarei responsabile? Sarò arrestato e processato in base alla Legge sulla Discriminazione del 2005? Sto forse per unirmi al gruppo di coloro che sono stati trascinati in tribunale per aver osato dire la verità sull’Islam, Maometto e il Corano? Cosa ne dici, Herr Lysbakken? (Fine)

Tratto da Panjamas Media - Traduzione di Enrico De Simone

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