domenica 11 ottobre 2009

Sharia

"E se la sharia arrivasse prima da noi?" di Ugo Volli

Cari amici, vi ho raccontato qualche giorno fa delle mirabolanti imprese della saudita Commissione per la Promozione della Virtù e per la Repressione del Vizio, anticipando che presto sarebbe arrivata anche in Europa e in Italia. Mi sbagliavo. La sullodata Cmmissione forse c'è già, almeno nelle intenzioni di alcuni, anche se ha un nome dimesso – ma la modestia, lo sappiamo, è una Virtù. Si dovrebbe chiamare Partito Democratico, se abbiamo capito bene e al posto dei bastonatori sauditi sembra che possieda (o ne è posseduta? mah) un combattivo organo di stampa, dal nome altrettanto modesto di "Repubblica". E poi c'è qualche magistrato diciamo idealmente solidale, ma questo è un altro discorso. Non sto dicendo che tutto il PD sia una Commissione saudita, questo no, sarebbe troppo bello; ma diciamo che alcuni stanno lavorando seriamente in questo senso e che se ci riescono presto la Virtù sarà Promossa e il Vizio Represso per davvero, come tutti auspichiamo anche nella nostra modesta periferia euraraba. Per esempio, ai politici sarà presto proibito fare feste in Sardegna, oppure di accompagnarsi con ragazze che vengano da Bari; essi comunque dovranno essere moralmente inappuntabili, rispondere rispettosamente a tutte le domande che gli fanno i giornali sulla loro vita privata, non mettersi le dita nel naso e non commettere mai un adulterio sgradito alla Commissione (ci sono anche quelli graditi... se volete ve li elenco.) Soprattutto dovranno perdere le elezioni quando non siano moralmente degni di vincerle: questa è una democrazia, no? Dunque deve vincere il Migliore, non quello che futilmente raccoglie maggior consenso. Ma la Commissione non Reprime solo i Vizi dei politici, bensì Promuove anche le Virtù private dei suoi cittadini o futuri tali (la Commissione è molto inclusiva sull'immigrazione), soprattutto se di sesso femminile. Sto parlando della faccenda del burka. Lo sapete, l'altro giorno la copertura integrale è stata condannata come un "costume tribale" (evidentemente irrilevante e sciocco) persino dall'imam Muhammed Tantawi, sceicco della scuola coranica Al Ahzar del Cairo, la più eminente autorità religiosa dell'Islam sunnita. Chi resta dunque a difendere la lugubre scatola di panno in cui gli islamisti nostrani pretendono di seppellire le donne? Ma è chiaro, la nostra Commissione, che per bocca della sua capogruppo PD alla Commissione giustizia della Camera dei Deputati, tal Donatella Ferranti, la quale ha decretato che la proposta di legge per proibire nel nostro paese il burka è «una norma incostituzionale che lede la libertà religiosa. Si vuole colpire gli immigrati islamici nel loro intimo». Nel loro intimo, giusto: le donne, per la fedele Donatella, che forse da donna elegante frequenta molte mercerie, sono in sostanza un pezzo dell' "intimo dell'immigrato" e dunque devono stare in scatola. Ci sono quelli che hanno le mutande sotto i pantaloni, e quelli che hanno invece il burka accanto al camicione islamico. L'uno e l'altro indumento coprono sempre delle "vergogne", no? Le mutande per noi nascondono il sesso, il burka per loro copre le donne. Se non lo sapete, le donne per l'islamismo sono ufficialmente definite "vergogne" come i genitali maschili per noi, una volta. Questioni di gusto, no? Meglio: di libertà religiosa. La libertà di mettere in scatola le donne. O di "cultura" come si scrive pretestuosamente. La cultura dell'intimo: slip, boxer... e burka. Presto, le trasformeranno in carne in scatola, in apposite lattine. Che volete, anche nel mondo islamico c'è il progresso. C'è la Commissione politica e quella intellettuale: entrambe Reprimono e Promuovono. A quest'ultima, la Commissione intellettuale che Promuove, appartiene per esempio la voce storica della Lietta Tornabuoni, la quale sostiene che in fondo il Burka è come il casco, indossato dalle motocicliste. Anzi, quest'ultimo nasconde molto di più. Profondo pensiero estetico, brillante intuizione sociologica; se non fosse che il burka non aiuta granché negli incidenti stradali, come studi approfonditi hanno rivelato. Tant'è vero che il regime islamista di Gaza ha proibito alle povere donne di quella eroica caserma terrorista, naturalmente tutte ben velate, di salire su motocicli di sorta: come passeggere, naturalmente, perché non è islamicamente concepibile che guidino. La proibizione è stata decisa, asseriscono gli islamisti, "per ridurre gli incidenti stradali". Non per reprimere le donne, naturalmente e nemmeno perché, come forse qualcuno ritiene, gli uomini si potrebbero conturbare al pensiero di condurre dietro di sé una donna fino a perdere il controllo del mezzo; ma per il bene delle donne, perché studi approfonditi del ministero islamico della salute hanno dimostrato che in caso di caduta il burka non attutisce l'urto e si rischia di farsi male. Bravi governanti di Hamas, così si fa. Pensare al popolo, innanzitutto. Badate, è una notizia vera, non me la sono inventata, se proprio avrei dovuto inventarmi qualcosa avrei preferito creare la dolce ingenuità di Lietta, che mi appare un po' come Liala: quest'ultima credeva che gli aviatori servissero a sposare le contessine, Lietta, invece, più progredita, crede che i caschi da motociclista servano a proteggere il pudore delle donne e che dunque non siano diversi dal burka. Angelica visione. Far parte della Commissione aiuta a sviluppare la creatività letteraria, sapete. Ma anche il Tornabuoni-pensiero è autentico, ve lo garantisco, non l'ho inventato io purtroppo, l'avete letto l'altro giorno su IC, se siete stati attenti. Ma c'è una cosa da raccontare. Vi è un'altra donna politica, dalle cui idee in genere mi separa un abisso, Daniela Santanchè che vorrei ricordare qui perché questa volta è nei guai. La sua colpa è aver tenuta una manifestazione contro il burka praticamente da sola di fronte alle migliaia di islamici che al venerdì si ritrovano in Via Jenner a Milano, facendosi anche un po' malmenare. Chi la indaga per "turbativa di una riunione religiosa autorizzata" non è la Commissione per la Promozione della Virtù, sia pure in versione italica, non sono né Donatella né Lietta (anche perché lei si vanta di aver rifiutato i comportamenti immorali che le suggeriva il Viziosissimo presidente del consiglio, il che la rende certamente Virtuosa) ma il potere costituzionale della magistratura italiana, nella persona del PM Marco Ghezzi e del procuratore aggiunto Armando Spataro. Vi dice qualcosa quest'ultimo nome? Ma sì, è il rigoroso magistrato che di recente ha chiesto 13 anni di galera per l'ex capo dei servizi segreti italiani reo di aver collaborato con gli alleati americani a catturare e mandare all'estero un tale (islamico naturalmente) che rappresentava una grave minaccia alla sicurezza pubblica, agendo con l'avvallo dei governi successivamente in carica, sia di destra che di sinistra. Se fossi la Santanché, mi preoccuperei... Insomma magari in Egitto il burka sparirà, ma in Italia lo faremo fiorire, a maggior gloria della virtù. Chissà forse un giorno Eurabia supererà i suoi maestri... Sogno quel giorno e gioisco preventivamente: magari daranno anche a noi, alle magnifiche Lietta e Donatella, a tutta l'Italia euraraba, un Nobel per la pace, per aver protetto la tranquillità domestica egli immigrati, impedendo adulteri virtuali attraverso il velo. Un Nobel per la pace intima, intesa come quella delle mutande.

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