domenica 31 maggio 2009

L'arcano del PD

Dal Blog di LEO. E' importante leggere l'articolo con le dovute attenzioni.

Forse nessuno ci ha fatto caso ma non eravamo riusciti ancora a sapere come si sarebbero posizionati i parlamentari europei del PD nel Parlamento Europeo. I giornalisti (e per fortuna che dicono che in Italia non c'è libertà di informazione) non hanno MAI OSATO di fare la domanda diretta: DOVE SI SIEDERANNO I NUOVI PARLAMENTARI DEL PD IN EUROPA? Perchè non l'hanno mai fatto? E' stato chiesto il silenzio per la paura di sapere che molti dall'amato PPE passa al concorrente PSE? Non sarebbe diverso se uno in Italia passasse dal PD al PDL o viceversa. Secondo le dichiarazioni dell'amico Bruno, emigrato da una vita a Londra, ci sarebbe addirittura da parte del PD dell'utilizzo proprio dei CONSOLATI, questo sarebbe molto ma molto grave, almeno tanto grave come l'eventuale utilizzo del Premier degli aerei di stato per trasportare i propri ospiti in Sardegna. Ed ecco, riservato SOLO agli elettori residenti all'estero, il DEPLIANT che risolve l'arcano: Comunque Bruno nel suo commento scrive: Questo volantino pubblicitario del Partito Democratico, che si dichiara puro,onesto, social/comunista, nello stesso tempo, inginocchiato in chiesa, detentore della morale Italiana, ne è la lampante dimostrazione della presa per i fondelli. 1) Si legge in calce che loro sono nel partito socialista Europeo, con il piccolo dettaglio che non specifica in quanti aderiscono del PD Franceschini in primo. 2) Si legge in calce che detto volantino è stato spedito via posta, è falso come lo sono tutti del PD, questo volantino è inserito, unico e solo, nell’interno della busta inviata dal Consolato Italiano ai residenti in Inghilterra, in netto contrasto con tutte le norme e decenza. 3) È evidente che si tratta di un vero solito imbroglio all’Italiana di questi sinistri intellettuali di sinistra che si credono sopra ogni norma e legge, vogliono ripetere la truffa dell’altra volta. Questa è la veritá, ma non credano, questi Signori sinistri che la gente ci caschi un’altra volta. Attenti vi vogliono pecorare ancora... buona domenica. Poi continua: Guardare la verità vera, di Mr, Di Pietro e soci, altro che scandalo o illegalità, qui c’è tutto e di più. A proposito di “errori”, orrori e legalità, ti do una dritta per un tuo possibile, “se vuoi”, articolo sul tuo blog, riguardano le prossime elezioni per l’Europa e direttamente l’amato, perfetto e sopra le parti PD e suoi dirigenti Franceschini in testa. Come saprai gli Italiani residenti all’estero possono votare nella sede estera ,dove abitano, per mezzo servizio postale locale. La cosa sembrerebbe ben fatta, “SE”, un bel SE c’è sempre quando si parla di furbetti all’Italiana, in breve ti spiego il garbuglio che sta anche per imbroglio. Dopo decenni d’impossibilità per gli Italiani di votare all’estero, questo per una sola ragione, a noi emigrati ,quei puri e duri di sinistra, non ci vogliono perché sanno che al 99% votano per la destra, improvvisamente per una svista dei parlamentari, è stata fatta la legge che permette votare all’estero, tutti felici, hanno dato perfino una medaglia a Mirko Tremaglia, quasi alla memoria data l’età, comunque non è lui che ha scritto la legge ma, udite udite: (Legislatura 13º - Disegno di legge N. 3839 d'iniziativa dei senatori DI PIETRO, OCCHIPINTI e MAZZUCA POGGIOLINI). Si è stato proprio il nostro “sfascia persone” Di Pietro a fare questa porcheria, e per miracolo avere una maggioranza di sinistra. L’inghippo, perché è d’inghippo che si deve parlare, sta’ appunto nel voto via posta all’Italiana, ora ti spiego: I Consolati ubicati nei vari paesi hanno un elenco anagrafe (AIRE) degli Italiani residenti, questo elenco è totalmente approssimato, ci sono persone iscritta da decenni di cui una buona parte è deceduta, altri hanno cambiato residenza e addirittura paese, altri ancora sono rientrati in Italia ma mai nessuno si è preoccupato di debellarne la presenza all’estero, ecc, ecc., appurato questo, i Signori che “dovrebbero” lavorare nei consolati sono perfettamente a conoscenza del problema, ma è troppo faticoso aggiornare le liste, così dall’Italia super pagati arrivano consulenti per esplicare le pratiche, queste consistono a: Assemblare una grande busta principale dove viene copiato il nome e l’indirizzo presunto della persona ricavato appunto dal famoso elenco anagrafe, dentro la busta viene collocata una seconda busta senza intestazioni che contiene le schede da votare, e una terza busta con l’indirizzo del consolato. L’utente Italiano intestatario, quando riceve il tutto, deve votare, mettere le schede sulla busta bianca, il tutto dentro la terza busta con l’indirizzo del consolato e spedirla di ritorno. Solo la fantasia distorta dei nostri parlamentari potevano inventarsi una cosa del genere. Adesso ti spiego cosa succede in realtà, e ti parlo della sola e privilegiata Inghilterra, per quanto riguarda il servizio postale, pensa cosa succede in Brasile o Cile o in Marocco o similare: qui Un buon 55% delle buste inviate dal consolato in Inghilterra, ritornano come sono al mittente, o perché la persona e introvabile o semplicemente è morta, un altro 5% va totalmente perso. Risultato nella privilegiata Inghilterra un 60% di voti sono nelle capaci mani delle persone c/o il consolato, che non fanno altro che votare per chi vogliono, e siccome sono tutti di sinistra del PD, di certo non votano per Berlusconi. Se non bastasse, completamente fuori legge, dentro la grande busta vi è infilato un bel volantino del PD con una chiara indicazione di voto. È una vera porcheria, e non sono chiacchiere, ti posso inviare la copia via mail a indiscussa prova, per questo dovresti scrivere sul tuo blog, dammi un tuo indirizzo mail e ti mando il tutto. Questo si che è informazione vera e non le porcherie che va a raccontare Franceschini appoggiato dai vari quotidiani, solo fumogeno per nascondere le troppe verità nascoste. Buona Giornata Bruno ps. devi considerare che con questo inbroglio Mr. margherita Prodi & soci PD, che sono talmente tanti da riempire un libro, hanno "diciamo rubato invece che vinto" le passate elezioni politiche Italiane.

Le croci

La Croce: le sue origini ed il suo significato: Berry (nella Encyclopedia Heraldica) cita 385 diverse croci. Molte di esse sono semplicemente decorative e d’importanza araldica (ERE, art. Croci, Vol. 4, pp. 324 e seguenti). Ci sono anche nove tipi di croci che hanno un simbolismo religioso. La croce è stata associata con la Cristianità. Non era, tuttavia, un antico simbolo Cristiano, infatti le Chiese che osservavano il Sabbath sono state tradizionalmente iconoclaste ed hanno generalmente detestato l’utilizzo del simbolo della croce in quanto pagano. Alcuni Cristiani che osservavano il Sabbath sono stati martirizzati per la loro opposizione all’utilizzo delle croci nel simbolismo Cristiano. I Vandali furono subordinazionisti iconoclasti che distrussero gli idoli adorati in Grecia e a Roma. I Pauliciani furono iconoclasti così come tutti i Sabbatati associati o discendenti da essi. Ancora oggi, c’è questa proibizione della croce (così come della pratica del battesimo da adulto) nelle Chiese di Dio che osservano il Sabbath. Il simbolo della croce è più antico ed ha alcuni significati mistici.
Le Croci non Cristiane: La croce ha un significato associato con l’adorazione del sole. Schliemann notò la presenza di croci sulle ceramiche e decorazioni di Troad (la regione di Troia) (ERE, ibid., p. 325). E’ alternata a dei raggi disposti a cerchio nel tempo in cui i due emblemi apparivano in giustapposizione (ibid.). Gli Indiani utilizzarono la croce equilatera alternata al disco di raggi. Le croci si trovavano ai bivi delle strade e quindi divennero un oggetto di venerazione. Durante l’età del bronzo, specialmente tra i Galli, la croca appare in modo frequente sulle ceramiche, sui gioielli e sulle monete. La croce è ritrovata in Messico, Perù e soprattutto nell’America Centrale. In questi luoghi alludono ai quattro venti. Il simbolismo antico della croce era espresso nell’ideogramma Cinese della parola per terra, che è una croce equilatera all’interno di un quadrato. La croce chiusa nel sole sembrava rappresentare i quattro fiumi del paradiso. La Bibbia si riferisce a questo come al fiume, che partì dall’Eden e si divise in 4 parti. Quindi il concetto incorporato nella storia di Genesi (Gn. 2:10), sebbene abbia una precisa geografia attribuita ai quattro fiumi, rappresenta anche un tema basilare dei fiumi dell’acqua vivente che partono da una fonte centrale che era Dio, attraverso la Sua stella mattutina che era Satana. Quindi, nel simbolismo della croce come rappresentazione dell’adorazione del sole, stiamo trattando con una seria forma di idolatria. Non c’è dubbio che l’utilizzo della croce, associata con i simboli della resurrezione e della nuova vita, sono completamente mescolati con la teologia degli antichi. La svastica appare moltissimo nel Buddismo, in Cina ed in Giappone, soprattutto sui piedistalli delle statue di Budda e Bodhisattva del buddismo Mahayana.
La Croce nella Cristianità - Il Segno della Croce: La diffusione del simbolo della croce nella Cristianità si sviluppò molto come la Trinità. Tertulliano affermò che ad ogni passo il Cristiani facevano il segno della croce sulla fronte. L’utilizzo a cui fa riferimento Tertulliano disegnò l’accusa d’idolatria. Gli scrittori Romano Cattolici ammettono che la croce è diventato un vero oggetto di culto. Didron afferma: La croce ha ricevuto un’adorazione simile se non eguale a quella di Cristo; Questo legno sacro è adorato quasi allo stesso modo di Dio stesso (ibid.). L’argomento è difficile da opporre al fatto che la croce fu introdotta nel sistema Cristiano dai culti del Mistero, insieme alle altre forme di adorazione che gradualmente entrarono nel Cristianesimo e che non facevano parte della chiesa antica. Queste forme come l’adorazione della Domenica e le feste della Pasqua e del Natale, vengono dai culti del Sole. Il fatto della questione è che la croce non deriva dalla Cristianità, essendo utilizzata agli incroci, piuttosto la croce fallica era ordinata per conformarsi alle usanze Cristiane e lasciare le figure della dea madre Ecate etc. che fu rinominata Madonna. La distinzione fatta tra il palo e la forca da una parte e la croce dall’altra, era di assegnare al Cristianesimo il simbolo che era così importante nel simbolismo pagano. Il fatto è che la crocifissione, un’antica forma di punizione, avveniva su un albero, che non aveva una forma ben distinta ed il semplice palo fu chiamato croce o crux. Zaccaria 12:10 indica che la causa finale della morte era la tradizione. E’ impossibile dire con certezza se sia stata utilizzata la croce per crocifiggere Cristo o un semplice palo o se ci fosse stato un palo ortogonale, poiché il termine potrebbe indicare entrambi. Ne potrebbe avere importanza se il simbolismo non fosse stato trasferito al culto e legittimizzato. Il secondo Concilio di Nicea (787), convocato per riformare gli abusi e terminare le dispute dell’iconoclastia, definì che la venerazione del fedele era dovuta “alla croce preziosa e vivificatrice” così come alle immagini o rappresentazioni di Cristo, della vergine Benedetta, e dei santi (Encicl. Catt.). Il Concilio sostenne che il culto di Latria appartiene soltanto alla natura divina. Quindi, agli oggetti fu accordata una forma di adorazione differente da quella della natura divina. Ma affermando che l’adorazione delle immagini dei mortali è accettabile è contrario agli espliciti insegnamenti della Bibbia. Quindi il simbolismo era tornato al punto di partenza e le immagini dei misteri avevano preso il controllo della Cristianità ed erano diventati il centro di adorazione. Da quanto detto, l’utilizzo della croce è filosoficamente inaccettabile nella Cristianità – Non soltanto su queste basi, ma anche perché i concetti menzionati, che sono logicamente predicati a Dio e sono la diretta prerogativa di Dio, in questo simbolismo sono attribuiti a Cristo come lo erano agli dei dei Misteri. La resurrezione avviene come un atto della autorità di Dio. Soltanto Dio è immortale (1Tm. 6:16). Cristo esercitò un’autorità obbediente, concedendo la sua vita e conducendola secondo quella autorità. (Gv. 10:1. Cristo, colui che santifica e coloro che sono santificati hanno un'unica origine (KJV) (enos pantes) (Eb. 2:11 RSV). L’uso del termine enos pantes significa che sono un'unica cosa, completamente, in tutto il rispetto, in ogni via (Thayers). Il NIV cerca di minimizzare questo aspetto traducendolo con della stessa famiglia. Soltanto Dio deve essere oggetto di adorazione e preghiera (Lc. 4:8; Gv. 4:23; Ap. 19:10; 22:9). La croce è diventata un simbolo di per se, allo stesso modo in cui l’immagine istituita da Mosè (Nm. 21:8-9) divenne un immagine di per se e quindi idolatra. Il simbolismo che circonda la croce, le opere e le forme d’arte, sono di per se caricate di concetti, che sono stati trasportati nell’adorazione Cristiana. I concetti derivano dalle più antiche forme di adorazione, che sono state trasportate o diffuse attraverso le nazioni e le tribù. L’identificazione delle origini ed i rapporti interconnessi sono trattati nella sezione sopra. La croce come immagine non è un oggetto innocuo o di decorazione. L’attribuire la croce e Cristo ad un immagine oggetto di preghiera è una violazione del secondo comandamento. Il concetto della dottrina, attribuisce il massimo peccato a Cristo per essersi eguagliato a Dio, mentre la Bibbia sosteneva che non lo era (Gv. 14:28, Fil. 2:6). Simili concetti non erano utilizzati nei primi due secoli della Chiesa ed erano infatti visti come idolatria. Molte persone furono martirizzate per essersi rifiutate di accettare le croci come simboli della loro fede.

Ammasso di cretini

Via le croci dal cimitero: danneggiano l’ambiente di Emanuele Conti

A Lugo di Romagna la croce sparisce dalle lapidi. Lo stabilisce una delibera della giunta comunale, datata 6 maggio. Il documento dichiara guerra ai simboli sulle tombe: è vietato l’emblema della cristianità ma son pure vietate la stella di Davide e la mezzaluna islamica così come l’eventuale stemma di famiglia. Bandite dalla nuova area del cimitero anche poesie, motti e dediche varie, fosse anche l’innocuo «la vedova inconsolabile lo ricorda con tanto amore». L’allegato tecnico alla rivoluzionaria seduta di giunta non lascia dubbi. Al punto 3, relativo ai dati anagrafici, stabilisce che «le scritte ammesse sulla lapide sono due». Cioè: «Nome e cognome, data di nascita e morte». Stop. O, meglio, la maggioranza guidata dal sindaco Raffaele Cortesi (Pd) si dilunga sull’altezza dei caratteri, sul carattere tipografico di stampa, sull’allineamento a destra ma niente dice su quelle due assi incrociate che da sempre accompagnano nell’aldilà i lughesi nonché qualche miliardo di esseri umani. Anzi, Cortesi e compagni qualche riga sotto ribadiscono che «la data di nascita e quella di morte non deve essere precedute da alcun simbolo». Una prosa in linea con le disposizioni: contenuto e forma se ne infischiano delle tradizioni, siano religiose e o grammaticali. La fotografia del defunto, quella sì, è ammessa. Per lo meno fino a quando a qualche assessore non verrà in mente che si rischia una violazione della privacy o di chissà che cosa. Ma anche con le immagini c’è poco da scherzare: l’allegato sentenzia che «la cornice che contiene la fotografia raffigurante il defunto dovrà essere rigorosamente in metallo cromato non lucido e di dimensioni massime pari al formato A6 verticale». La massima libertà concessa dalla singolare livella lughese è quella di piazzare una pianta sulla singola sepoltura. «Anche ad arbusto». Consapevoli di essersi spinti un po’ oltre, gli amministratori romagnoli hanno pensato bene di vietare qualsiasi sistema di illuminazione votiva. Il pacchetto di norme, che vale esclusivamente per le tombe a terra della nuova zona del cimitero, ha fatto sobbalzare sulla sedia tutti i religiosi locali, a cominciare dal vescovo Tommaso Ghirelli. Il prelato, per ora, si è chiuso in un prudente silenzio, in attesa di sviluppi. A farsi sentire è stato invece il Pdl locale che per bocca del candidato Franco Della Corte ha bollato la decisione di Cortesi - in corsa per la rielezione a sindaco - come «assurda». «E non è solo una faccenda di libertà religiosa - osserva l’esponente del Pdl - ma di espressione nel senso più ampio». Eppure dopo il patatrac qualcuno ha provato a metterci una pezza. Il progetto, spiega il vicesindaco cattolico Fausto Cavina, andrebbe valutato in termini di «omogenizzazione tipologica», «arredo» uniforme e «funzione». Giusto quella: «La funzione del verde dovrà nel tempo prevalere sull’edificato». Insomma, la croce è stata bandita a causa di una profonda sensibilità ambientalista. Vuoi mettere la spiritualità dell’arbusto? Cavina prova pure a negare l’evidenza: «A nessuno è mai venuto per la testa di mettere un divieto di porre insegne religiose». Il vicesindaco parla di «semplici indicazioni finalizzate a omogeneizzare gli elementi cercando di limitare, per quanto possibile, l’effetto di disomogeneità». Peccato ci sia la delibera di giunta a smentirlo. E soprattutto qualcuno ha già scoperto gli altarini (quei pochi rimasti, naturalmente). A spiegare come in effetti stanno le cose è l’avvocato Alessandra Nannini, dell’Adiconsum della provincia di Ravenna: «Un cliente si è rivolto a noi per protestare verso un regolamento che gli negava di mettere una semplice croce sulla lapide di un familiare defunto». Emblematica la risposta degli addetti comunali: «Dicono che la scelta di evitare segni sia stata presa per non urtare le diverse sensibilità religiose». Intanto il sindaco, consapevole di averla fatta grossa, sta meditando di scrivere una lettera ai parroci per tranquillizzarli sulle sue intenzioni. Perché i morti, croce o non croce, non votano ma i cattolici a Lugo hanno ancora un certo peso elettorale. Specie la settimana prima del voto.

Imbecilli

Protesta alla reggia sabauda. Del Noce: «Il razzismo non c'entra». «Via la bigliettaia con il velo». E a Venaria lo indossano tutti. La ragazza marocchina: «Non ci faccio più caso, sono stati i colleghi a volermi difendere»

TORINO
- Ieri i ragazzi della biglietteria, le guide, gli addetti alla sicurezza — insomma tutto il personale della Reggia di Venaria — si sono presentati al lavoro indossando veli e kefiah. Una protesta e, allo stesso tempo, una manifestazione di solidarietà per una loro collega marocchina, Yamna Amellal, di 35 anni. Il perché dell'iniziativa lo spiega Michele Francabandiera, 29 anni e da cinque uno di responsabili alla reception del castello sabaudo: «Yamna è con noi dal 2007, sempre dietro lo sportello, e fa bene il suo lavoro. Ma il fatto che sia musulmana e indossi il velo ha provocato delle proteste da parte dei turisti». Un susseguirsi di episodi imbarazzanti e, venerdì scorso, una lettera anonima pubblicata sulla Stampa: «Mi sono presentata alla biglietteria della Reggia di Venaria, storica residenza di Casa Savoia e mi ha colpito non poco notare — ha scritto una visitatrice torinese — che fosse presidiata da due donne islamiche, una addirittura con il velo in testa. Non sarebbe più corretto che il personale indossasse abiti d'epoca dei Savoia? Quella presenza, invece, era decontestualizzata, fuori posto». La risposta del direttore della Reggia, Alberto Vanelli, è stata decisa ma articolata: «Io non ci trovo nulla di male, l'integrazione passa anche attraverso queste cose. Però confesso che, la prima volta che l'ho vista, ho avuto un attimo di perplessità. Già in passato ci è stato fatto notare che sarebbe stato più opportuno avere personale con profonde conoscenze della storia sabauda, ma l'assunzione è avvenuta tramite il Collocamento e una cooperativa di servizi». Una guida, Sabrina Soccol, 28 anni, aggiunge: «La donna che ha scritto la lettera non si è neppure accorta che l'altra ragazza da lei indicata come islamica è invece italiana, calabrese...». A gettare acqua sul fuoco, il presidente del consorzio che amministra la Reggia, l'ex direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce: «L'opinione della signora, espressa in toni pacati e non oltranzisti, è da rispettare. Allo stesso modo la manifestazione dei colleghi della ragazza marocchina è stata altrettanto legittima e civile. Insomma, non siamo di fronte a un episodio di razzismo come quando l'intera curva di uno stadio insulta Balotelli». A storcere il naso, però, non è stata solo l'anonima lettrice. I colleghi della ragazza marocchina raccontano di episodi di razzismo («Torna a casa tua»; «Quel velo è una provocazione, sono tutti terroristi») e proteste quotidiane: «Spesso capita che qualcuno, per non acquistare il biglietto da Yamna, cambi fila — confida Sabrina Soccol —. E io, che accompagno i gruppi in visita, lo sento: c'è sempre chi commenta negativamente». Ieri, dunque, la protesta. In biglietteria, le colleghe di Yamna si sono presentate con un velo sul capo, i colleghi hanno indossato la kefiah. Ma i gesti di solidarietà hanno contagiato anche agli altri dipendenti (70 persone) delle due cooperative (la Copat e la Rear) che gestiscono i servizi turistici nel castello. «Noi hostess — dice Michela — abbiamo una divisa che prevede un foulard al collo: ce lo siamo messo tutte in testa». Alla Reggia si è visto il vicesindaco della città, Salvino Ippolito: «Non possiamo discriminare nessuno per motivi religiosi e inoltre la ragazza fa bene il suo lavoro». Lei, Yamna Amellal, sposata con un pakistano, originaria di Khenifra in Marocco, vive a Torino da 5 anni e, per tutta la giornata, è sempre rimasta seduta al suo posto, a staccare biglietti: «A queste cose io quasi non ci faccio più caso, ci sono i miei colleghi a difendermi, è quasi come stare in famiglia. Lavoriamo in un bellissimo luogo e crediamo nella libertà e nella tolleranza. Togliermi il velo? Non ci penso proprio, rappresenta la mia fede. E io sono islamica qui come in qualunque altro posto».

Marco Bardesono

Scontri

Forza Nuova, Ancona, incidenti all'inaugurazione della sede

(AGI) - Ancona, 29 mag.
- Incidenti ad Ancona per l'inaugurazione della sede di Forza Nuova situata lungo corso Carlo Alberto, nel quartiere del Piano, quello con piu' alta densita' di stranieri. All'inaugurazione hanno preso parte Roberto Fiore, eurodeputato e segretario nazionale del partito di estrema destra, il coordinatore regionale Marco Gladi e il candidato a sindaco per il capoluogo dorico, Elisa Gasparroni. Fin da subito vi sono stati momenti di tensione. Sul posto era gia' presente la Digos ed il reparto della celere della polizia che ha fatto da muro e ha chiuso cosi' la strada gia' a 300 metri di distanza dall'ingresso della sede per evitare che potessero verificarsi degli scontri tra i militanti di Forza Nuova ed il gruppo di ragazzi dell'Ambasciata dei Diritti e delle Comunita' Resistenti delle Marche che hanno dato luogo ad una contromanifestazione. Quest'ultimo gruppo, composto da una quarantina di giovani, ha pero' iniziato a lanciare alcune bottiglie di birra contro gli agenti di polizia. Ne e' scaturita una carica durata alcuni minuti. Un'auto e' stata danneggiata. I negozianti, per timore che potesse accadere qualcosa di piu' grave, hanno abbassato le saracinesche. Il traffico e' stato deviato. Intorno alle 19.30 tutto e' tornato alla normalita'. Nessun ferito.

sabato 30 maggio 2009

Turchia

Perché questa Turchia è costituzionalmente inadatta all’UE di Maurizio De Santis

Lo scorso mese di settembre il commissario all'allargamento, Olli Rehn espresse la propria ottimistica opinione sull’adesione della Turchia all’UE. Nel dettaglio, dichiarò allegramente che una riforma costituzionale avrebbe considerevolmente accelerato il processo di adesione della Turchia all'Unione Europea, ponendo fine al pernicioso ciclo delle crisi politiche sfociate in una discreta teoria di colpi di Stato militari. A far tornare con i piedi per terra il tecnocrate euro-oltranzista ha provveduto l’ex ministro degli esteri turco (dal 1° maggio agli affari economici), Ali Babacan, negoziatore principale nel quadro del processo d'adesione all'Unione Europea. Per il ministro di Ankara, allo stato attuale delle cose, non solo la costituzione turca non aiuterà il paese a fare avanzare di un’acca il programma delle riforme, ma non vede tempi e clima politico maturi per “partorirne” una nuova.La presente costituzione, entrata in applicazione sotto il regime militare turco nel 1982, è stata all'origine di una lunga serie di rompicapo giuridici. Più di una voce qualificata in Turchia evidenzia quanto la presente costituzione limiti i diritti e le libertà fondamentali, comprese quelle di parola, di religione, di espressione e di associazione. Queste voci minoritarie (in qualche occasione ridotte al silenzio per vie spicce), hanno comunque aperto un serio dibattito incentrato sull’opportunità della creazione di una nuova costituzione, che funzionasse più democraticamente e garantisse maggiormente i diritti e libertà di tutti i cittadini turchi. Tuttavia, la quantità dell’esecutivo di Erdogan rende questo traguardo piuttosto improbabile. Dal successo del 2007, il partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP), ha certo profuso alcuni sforzi per redigere un progetto preliminare di una nuova costituzione. Ma in modo “furfantino”. Dapprima Erdogan (e soci) hanno tentato di redigere in segreto un progetto preliminare senza consultare le altre parti politiche o istituzioni. Questo nel chiaro intento di favorire un piano di celere islamizzazione del paese (è stato il periodo nel quale la Turchia ha partecipato ai lavori della Lega araba, come invitare un libico a Pontida). Progetto successivamente attuato consentendo il velo nelle università. Quindi, contestualmente, si è avuto un giro di vite brutale contro il PKK (non dimentichiamoci che i soldati turchi hanno operato persino in Iraq), degno della peggior Repubblica delle banane. I conservatori sostengono che, essendo la presente costituzione già stata modificata in 79 articoli (in soli 26 anni) ed emendata per ben 13 volte, essa si presterebbe a lievi modifiche per essere pronta ad affrontare la prova europea. In verità non è così. Non basta garantire la libertà religiosa ad una sola fede (l’islam, of course) e lasciare che le altre vengano pure bastonate. Non è possibile porre il bavaglio alla libertà di stampa lasciando intatta la spada di Damocle della “lesa turchicità”. E’ indispensabile un nuovo progetto che rafforzi il sistema parlamentare, riduca i poteri del presidente, modernizzi il sistema giudiziario e, soprattutto, definisca chiaramente le libertà individuali.

Gossippando

Briatore: Silvio da anni è come un single. Il team manager Renault: nelle feste sarde nulla di malizioso. I ciondoli? Li ha anche mia moglie

MILANO — «Il presidente? È un sin­gle. Da parecchio tempo. E un single, è libero». Flavio Briatore ha in comune con il premier una passione sconfinata per la Sardegna, e una lunga frequenta­zione che nasce proprio sotto al sole del­la costa Smeralda. E nel leggere i raccon­ti sulle feste a Villa Certosa traboccanti di starlette, il team manager della Re­nault si infiamma: «Vuol sapere la veri­tà? Tutta questa storia nasce dall’invi­dia».

Invidia della sinistra nei confronti del premier? «Appunto. Del resto, che cosa sono di­ventati, è lì da vedere. Un gruppetto che litiga su tutto e si accorda su una cosa soltanto: l’antiberlusconismo. Che poi è odio nei confronti di chi ce l’ha fatta. Guardi il Billionaire: era una discoteca, e grazie al livore è diventata quasi un simbolo negativo. Per pochi, fortunata­mente».

Perdoni. Ma aerei pieni di ragazze che convergono sulla Sardegna non so­no qualcosa di inadatto a un premier? «Il presidente ama circondarsi di per­sone giovani: sono meno noiose, ti dan­no ispirazione, sono il futuro. In più, lui è una persona di una generosità unica. Villa Certosa è una meraviglia del mon­do, ma non un bunker: lui ama condivi­derla. Ci ha invitato anche i camerieri del Billionaire. È vero: Berlusconi ama piacere. Ma non è un reato. Anzi, credo non sia nemmeno un difetto».

Magari succede che qualche ra­gazza scambi la naturale empatia del presidente per qualcosa d’al­tro... «Può accadere. Ma può accadere a tutti. E segnatamente a una persona nella sua posizione. Anche a me, a vol­te, è capitato...».

Ma che cosa succede nelle feste di Villa Certosa? «Ma che vuole che succeda? Sono feste molto carine, molto garbate. Mai visto nulla non dico di trasgres­sivo, ma nemmeno di malizioso. Neanche si strabeve, per dire. C’è il presidente che si dà un gran daf­fare nel far sentire tutti a proprio agio. Individua subito chi è un po’ più rigido, intimidito da una situazione così fuori dal comu­ne, e si fa in quattro per coinvol­gerlo».

Vabbè, ma ci racconti una di queste feste. «Le feste sono il presidente che racconta, c’è la musica, e so­prattutto c’è la visita a questa vil­la sensazionale. E mi creda, io di case belle ne ho viste in tutti i continen­ti... Lui non me l’ha mai detto, ma credo che alla fine la regalerà alla Sardegna. Comunque, lui porta in giro i suoi ospi­ti, racconta, conosce ogni albero, ogni pianta. Spiega certe scelte. Poi, c’è il gio­co del vulcano...».

E come funziona? «Lui chiacchiera del più e del meno, e quando il gruppo si avvicina al laghetto finge di preoccuparsi: 'Il fatto — dice — è che pochi lo sanno, ma la Sardegna è una zona vulcanica, po­trebbero esserci dei feno­meni...' E a quel punto si sente un’esplo­sione pazzesca, ci sono degli effetti tipo fiamme, luci... è un gioco».

Però, a gettare una luce diversa an­che sulle feste di Villa Certosa è stata la stessa moglie del presidente. Il «di­vertimento dell’imperatore», le «vergi­ni che si offrono al drago», persino «l’uomo malato»... «Ripeto. Il presidente del Consiglio è un single. E si comporta da single. Io a Capodanno ho invitato in Kenia 25 ami­ci. Un po’ li ho scelti io, altri sono stati invitati da mia moglie Elisabetta. Nor­male. Ma se uno la moglie non ce l’ha, gli amici se li deve scegliere da solo».

Veramente, il presidente risulta spo­sato. «Lo sanno tutti che da molto tempo non vivevano insieme. Con la moglie il rapporto è formale da anni, non da mari­to e moglie. Senza voler fare gossip, an­che lei si fa la sua vita con i suoi interes­si e le sue passioni. Io credo che Berlu­sconi senta la solitudine del potere».

Perdoni: il presidente sembra tutto tranne che solo. E non è una battuta su meteorine, letterine, veline e quan­t’altro... «E invece penso sia così. I figli stanno crescendo e prendono le loro strade. Mentre la signora nei confronti del mari­to è sempre stata molto assente, anche nella sua vita pubblica: mi pare che lo abbia accompagnato non più di tre vol­te. E a Villa Certosa, lei non ce l’ho mai vista. Una moglie, io credo, dovrebbe es­sere presente. Soprattutto: se non vivi con una persona, cosa ne sai? Non hai elementi per scandalizzarti per quello che fa. E forse, non ne hai neppure il tito­lo... E poi, sempre prima delle elezioni certe uscite. Sembra filoguidata».

E i ciondoli a farfalla? «Ma che c’è da inventare su questo? Sono un regalo alle ospiti. Penso ne avrà distribuiti a migliaia. Quando si va a Vil­la Certosa, per gli uomini ci sono sei cra­vatte e le signore ricevono il ciondolo. Punto. Soltanto mia moglie, non so quanti ne abbia... ».

Marco Cremonesi

Maroni, Schengen e Guantanamo

Maroni: "Sospeso Schengen per il G8. No ai detenuti di Guantanamo in Italia"

Roma - Per questioni di sicurezza torneranno i controlli alle frontiere durante il G8 all'Aquila. Il governo italiano ha proposto la sospensione del trattato di Schengen, con il ripristino dei controlli alle frontiere dal 18 giugno al 15 luglio, in vista del G8 dell’Aquila. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel corso della conferenza stampa a conclusione della riunione dei ministri Giustizia-Interno del G8. "L’altro ieri - ha spiegato Maroni - ho mandato una lettera ai Paesi membri e non credo ci siano problemi ad accogliere nostra richiesta".

No all'operazione Guantanamo. "Io sono personalmente contrario ad accogliere detenuti di Guantanamo, a meno che non ci sia la possibilità di trattenerli in carcere" ha detto ancora il ministro dell’Interno. La richiesta all’Italia è arrivata dagli Usa nel corso di incontri bilaterale con l’attorney general Stati Uniti, Eric Holder.

Tutti rifugiati... in europa

Un dossier di Legambiente. Disastri ambientali, sei milioni in fuga. Sono gli ecoprofughi, hanno come meta i Paesi europei «Per loro lo status di rifugiato». L’iniziativa dell’Onu.

La metà sarà costretta a raccoglie­re in fretta i pochi oggetti sottrat­ti alla furia del cielo e del mare, tallonata nella sua fuga da inondazioni e tempeste, cicloni e uragani. L’altra me­tà avrà più tempo per arrendersi ai de­serti che avanzano, divorando i campi e affamando le bestie, o agli oceani che si alzano, erodendo le coste e distruggen­do gli atolli. Tutti, inesorabilmente, se ne dovranno andare. Questione di settimane, mesi, forse qualche anno. Sono 6 milioni, secondo le stime elaborate da Legambiente. Un dossier, quello dedicato al riscaldamen­to globale come fattore scatenante delle migrazioni, che sarà presentato oggi a Terra Futura (www.terrafutura.it), la mostra-convegno internazionale sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale; la sesta edizione si chiuderà do­mani alla Fortezza da Basso di Firenze. Li chiamano ecoprofughi, e sono l’ul­timo tassello in ordine di tempo che si unisce al complicato mosaico dei muta­menti climatici. Secondo l’Unhcr, l’agen­zia Onu per i rifugiati, il fenomeno è de­stinato a subire un aumento esponenzia­le: nel 2050, il mondo potrebbe ritrovar­si a gestire la migrazione forzata di 200-250 milioni di persone da terre ina­ridite o completamente sott’acqua, de­vastate dal surriscaldamento o dalla de­forestazione. È per questo che Legam­biente ha scelto di lanciare, proprio a Fi­renze, la proposta per il riconoscimento di uno status giuridico ai profughi am­bientali. E non è un caso, forse, che que­sto avvenga in una Regione che si appre­sta a introdurre — secondo il presiden­te del Consiglio toscano Riccardo Nenci­ni, «l’assemblea la varerà lunedì» — la «sua» legge sull’immigrazione, in aper­ta sfida al ddl sulla sicurezza e alla linea politica del governo. Così come non può essere una coincidenza che proprio nei prossimi giorni — come scriveva ie­ri il New York Times — l’Assemblea ge­nerale delle Nazioni Unite si prepari ad adottare la prima risoluzione che colle­ghi ufficialmente il cambiamento del cli­ma al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Sono 18 milioni le persone che ogni anno, nel mondo, vengono colpite da di­sastri naturali; la quasi totalità (98%) si concentra nei Paesi in via di sviluppo. Basta un grande fiume che, gonfiato da un monsone anomalo, esca dal suo al­veo per distruggere case, campi, fonti di sostentamento di intere nazioni. Le piogge torrenziali che hanno flagellato la Namibia dal gennaio di quest’anno so­no le dirette responsabili dell’esodo for­zato di 350.000 contadini e allevatori: il 50% delle strade sono danneggiate, a ri­schio il 63% dei raccolti. Tra il 1997 e il 2020, nella sola Africa subsahariana le stime parlano di 60 milioni di migranti per la desertificazione. «Ma il problema è anche l’Italia che, negli ultimi 20 anni, ha visto il 27% del territorio — Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia... — inaridirsi fino al punto limi­te, con il 10% della Sardegna già deserti­ficato». Maurizio Gubbiotti, coordinato­re della segreteria nazionale di Legam­biente, traccia un quadro italiano che è l’esatto rispecchiamento di un dramma mondiale. «Kyoto ci chiedeva di ridurre del 6,5% le emissioni; noi le abbiamo au­mentate del 13, a livello globale sono cresciute del 37%. Gli scienziati dicono che siamo vicini al punto di non ritor­no, quando il pianeta non avrà più capa­cità di adattamento». Nessuno, dunque, può ritirarsi dalla partita. «Le crisi ambientali sono ovunque, quasi tutte provocate dall’uomo. E se fi­no a qualche anno fa il grosso dei rifu­giati scappava dalle persecuzioni, dai conflitti, da due anni in qua il numero dei profughi ambientali ha superato quello dei profughi di guerra — fa il punto Gubbiotti —. All’inizio è un pas­saggio interno, o tra Paesi confinanti; poi diventa la fuga verso Paesi che pos­sono dare più fortuna». «Sappiamo benissimo che d’ora in poi ci saranno sempre più rifugiati — commenta l’economista americana Su­san George, presidente del Transnatio­nal Institute di Amsterdam —. Per un semplice motivo: anche volendo, non saranno in grado di restare dove sono. Prendiamo l’Africa, dove l’agricoltura ha già subito un tracollo pari al 60%, do­ve tutto ciò che è asciutto diventerà an­cora più secco e tutto ciò che è bagnato diventerà fradicio... Le condizioni di vi­ta saranno insostenibili». Gli eco-profughi bussano alle nostre frontiere, «ed è necessario — afferma Gubbiotti — che la politica generale non sia più soltanto il negoziato per ri­durre le emissioni di gas inquinanti, ma anche, appunto, la ridefinizione dello status di rifugiati». La proposta può sembrare una provo­cazione, ma ha i piedi ben piantati sulla terra; già il 31 ottobre scorso, un docu­mento di lavoro dell’Iasc, il comitato in­ter- agenzia per il coordinamento uma­nitario Onu, aveva sottolineato come «né la Convenzione sui cambi climatici né il Protocollo di Kyoto includano mi­sure per l’assistenza o la protezione di coloro che saranno direttamente colpiti dagli effetti dei mutamenti nel clima»; e i criteri della Convenzione sullo status dei rifugiati, adottata nel 1951, non paio­no abbastanza flessibili per gestire le nuove emergenze. Pochi giorni fa, l’Or­ganizzazione mondiale per le migrazio­ni ha diffuso un rapporto in cui si rico­nosce che «i migranti per ragioni am­bientali non cadono direttamente in nessuna delle categorie offerte dal qua­dro giuridico internazionale». E se è ve­ro, ammette Gubbiotti, che «la proposta può sembrare improbabile dal punto di vista della praticabilità», lo è altrettanto che «sul fronte Onu sono già stati fatti passi avanti. E potremmo arrivare a dei risultati concreti». Nel frattempo, in assenza di una gri­glia giuridica «aggiornata», è necessa­rio agire. Per spezzare questo circolo perverso, che intreccia indissolubilmen­te crisi ambientale e crisi sociale. «E la mia proposta — interloquisce la George — è relativamente semplice: l’Europa cancelli subito il debito ai Paesi più po­veri. Iniziando dall’Africa subsahariana, che continua a pagare una somma pari a 19 miliardi all’anno. A una condizio­ne: che quel denaro venga investito in riforestazione, conservazione delle riser­ve idriche, sviluppo di programmi a tu­tela della biodiversità». Con un monito­raggio costante, «perché è inutile far fin­ta che la corruzione non sia un proble­ma»; ma anche in stretta collaborazione «con associazioni ed esperti locali, met­tendo a disposizione un patrimonio di conoscenze tutto europeo — nella sil­vicoltura, nell’agricoltura sostenibi­le...». E poi, dopo l’Africa, «gli altri Paesi più colpiti dall’emergenza ambientale: solo per le deforestazioni, Indonesia, Brasile, Paraguay... il modello, una volta perfezionato, potrebbe essere esportato ovunque».

Gabriela Jacomella

Arabia Saudita e schiavismi islamici

Arabia Saudita: la polizia religiosa colpisce ancora di Andrea Manganelli

Immaginate di essere donna. Immaginate di essere nata negli Stati Uniti, a Salt Lake City, da genitori giordani e di aver interiorizzato la buona vecchia American Way of Life. Avete trentasette anni, e lavorate nel mondo degli affari anche se vivete da otto anni in un paese come l'Arabia Saudita, a Jeddah, con vostro marito, anche lui un importante imprenditore. Bene. Un giorno, per ragioni squisitamente professionali, vi trovate a Riyad, nella sede della vostra società, quando, nel bel mezzo di un lavoro importante, ecco che va via la luce. Succede, d'accordo, ma c'è il problema che il computer e internet, pur essendo una gran cosa, hanno la censurabile abitudine di non funzionare senza corrente elettrica. Il lavoro che dovete portare a termine è molto urgente, i capi si sa come sono fatti e quando chiedono una cosa c'è ben poco da questionare su black out o invasioni di cavallette. Che fare allora? Fortuna che poco distante dall'ufficio c'è uno Starbuck's, il MacDonald's della caffetteria a stelle e strisce, quello che è riuscito a portare mirabilie come il cappuccino in walky cup da un litro e mezzo nei più remoti angoli del pianeta. E così anche a Riyad, dove, meraviglie della globalizzazione e della tecnologia wireless, esso offre pure la possibilità di connettersi a Internet. Quale occasione migliore per finire il lavoro in tempo sorseggiando con i colleghi un sontuoso caffè lungo? Passiamo alla terza persona, visto che in quel che segue potrebbe non essere gradevole immedesimarsi. La nostra amica Yara (chiamiamola così, con un nome fittizio), fa dunque il suo ingresso a Starbuck's. L'accompagnano alcuni colleghi, tutti uomini. Decidono di sedersi in un séparé, nella cosiddetta "family area" del locale, l'unico spazio nel quale (siamo in Arabia Saudita, non dimentichiamolo, dove la religione di stato è il wahhabismo, la variante più intransigente ed estremista dell'islam) è consentita la mescolanza tra uomini e donne. Per Yara si tratta semplicemente d'una questione di comodità, e non riflette sufficientemente a lungo sul fatto che da quelle parti (le caffetterie, fino a prova contraria, non sono zona franca) il contatto pubblico tra uomini e donne che non siano imparentati è rigorosamente vietato. A un certo punto Yara alza lo sguardo e si trova davanti due uomini vestiti di bianco dal fiero cipiglio e dalle barbe fluenti che, presumibilmente saltando i convenevoli, le chiedono: "Cosa ci fate qui tutti insieme?". Lei - beata ingenuità - prova a spiegare la faccenda del black out, ma i due, con le facce sempre più irritate, la informano senza giri di parole che sta commettendo un peccato gravissimo. Gli irsuti individui in questione, per chi non lo sapesse, fanno parte della famigerata Mutawwa'in, la polizia religiosa del Dipartimento per la Prevenzione del Vizio e la Promozione della Virtù, preposta, tra le altre cose, al controllo dei luoghi pubblici, alla sorveglianza degli spazi religiosi e degli orari della preghiera, alla protezione dei valori islamici e della società da "eventuali derive". La Mutawwa'in, inoltre, "veglia sugli usi e i costumi, reprime i contravventori", controlla che siano "rispettati i segni esteriori" (il velo per le donne, il taglio della barba e il tipo di abiti per gli uomini). Al fine di portare a compimento tale nobile missione, la Mutawwa'in suole avvalersi fin troppo spesso di misure non esattamente ortodosse quali arresti arbitrari, pestaggi, persecuzioni, torture e soprusi assortiti. Il fatto che nei locali di Starbuck's Yara indossasse l'abaya (tipico indumento utilizzato dalle donne musulmane molto diffuso in Arabia Saudita) e tenesse il capo coperto non sembra aver minimamente impressionato gli zelanti custodi delle costumanze islamiche. I quali, dopo averle sequestrato il telefono cellulare, l'hanno trasferita nella prigione di Malaz. Lì Yara è stata interrogata, fatta spogliare, perquisita a fondo e costretta a firmare, con tanto di apposizione delle impronte digitali, una serie di confessioni nelle quali si dichiarava colpevole dell'orrendo crimine contestatole. "Mi hanno portata in una stanza da bagno lurida, con il pavimento pieno d'acqua e di sporcizia, mi hanno costretta togliermi i vestiti, li hanno gettati in mezzo a quella melma e me li hanno fatti indossare di nuovo", racconta Yara al Times. Poi l'hanno portata davanti al giudice e le hanno detto: "Sei una peccatrice e brucerai all'inferno". Yara capisce che le cose rischiano di mettersi male e, con atteggiamento di sottomissione, risponde di sentirsi profondamente contrita. "Mi ero arresa, avevo perso la speranza", spiega. Per sua fortuna, e grazie ai numerosi contatti politici del marito, Yara se l'è cavata con poco ed è uscita a riveder le stelle dopo poche ore. Ma lì dentro ha incontrato altre donne, persone che probabilmente si trovavano dietro le sbarre per 'crimini orrendi' quanto il suo. E che forse si trovano ancora lì. Giova a questo punto - pur se non consola fino in fondo - ricordare che, alla fine, i solerti difensori della morale islamica che volevano lavare l'onta della peccatrice non sono riusciti nell'intento. Nonostante la brutta avventura, infatti, Yara si è detta tutt'altro che disposta a cedere e anzi ha sottolineato con energia la propria intenzione di restare in Arabia Saudita. Nonostante tutto. "Se voglio fare la differenza - ha affermato - è qua che devo rimanere. Se andassi via avrebbero vinto loro. Non posso arrendermi agli atti terroristici di questa gente".

In Arabia Saudita hanno paura di giornaliste, annunciatrici e ballerine.

Clandestini

Treviso, i respingimenti si fanno porta a porta

Treviso
- Accertamenti anagrafici, controlli sulle ospitalità, basta un via vai sospetto in un appartamento e scatta il controllo. La lotta all’immigrazione clandestina a Treviso adesso funziona così. A confermarlo sono le operazioni effettuate dalle forze dell’ordine nell’ultima settimana nella provincia trevigiana. Il «vicesindaco» Giancarlo Gentilini, interessato da sempre alla sicurezza dell’area, intensifica le verifiche facendo battere i palazzi sospetti porta a porta dopo aver valutato, e visionato, le numerose segnalazioni dei cittadini italiani che lamentano un sovraffollamento di immigrati in alcune abitazioni private. «Denunciare i clandestini è un obbligo – ha tuonato Gentilini – e noi vogliamo far rispettare la legge. In forza della recente normativa, chi affitta un alloggio o comunque trae profitto dalla permanenza di uno straniero clandestino è perseguibile penalmente». La prima ad esser stata pizzicata senza documenti è una moldava venticinquenne scovata nel corso di un accertamento anagrafico a domicilio, immediatamente processata ed espulsa nel giro di ventiquattro ore. Anche un marocchino trentenne, clandestino da quattro anni, è stato allontanato perché irregolare: viveva in un appartamento dell’Ater a Fiera occupato da un italiano; è stato portato in un centro di permanenza a Bologna in attesa di un aereo per il Marocco. Negli ultimi casi di sopralluoghi a domicilio, laddove s’è appurato che l’immobile è stato dato in uso da un trevigiano residente a un clandestino, il comando della polizia locale ha fatto sapere di aver avviato ulteriori accertamenti per valutare le conseguenze di carattere penale a carico di queste persone. In caso di «ingiusto profitto», come un affitto in nero, la pena prevista è la reclusione fino a quattro anni e multa di oltre 15mila euro, come stabilito dalla legge Bossi-Fini del 1998. Secondo le stime della questura, a Treviso sono molti gli stranieri clandestini, ma sono forse di più gli immigrati in attesa di ottenere il permesso di soggiorno: una cifra importante, a detta degli esperti dell’ufficio stranieri della questura. Oltre settemila le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorni istituite in solo cinque mesi. Sono più di diecimila gli stranieri convocati in Questura e 7.500 i fotosegnalati. Questi i numeri che il questore Damiano ha voluto fornire personalmente alle associazioni di stranieri di «Cittadinanza attiva», per fare veder che le forze di polizia e il Comune non stanno operando solo delle espulsioni ma, al contrario, si cerca di regolarizzare il più possibile la permanenza su suolo italiano. In particolare se tra gennaio e maggio del 2008 erano state concluse 1.808 pratiche, nello stesso periodo dell’anno in corso ne sono state istruite 6.848. Prevenzione e repressione a Treviso viaggiano dunque in parallelo. E i risultati sembrano dar ragione al sindaco, ovvero al vicesindaco, Giancarlo Gentilini. Il primo a battersi per maggiori poteri ai sindaci in materia di ordine pubblico.

Convertiti

«Attenti alla jihad degli europei». Ora è allarme per i convertiti di Fausto Biloslavo

«Vergogna! Allah è grande!», urlava Barbara Farina, la moglie italiana dell’imam di Carmagnola, quando il marito è stato espulso dal nostro Paese nel 2004. Burqa e guanti per coprire anche le mani, si è convertita all’islam diventando una devota della guerra santa. In Senegal, dove è emigrata al seguito del marito, Abdul Qadir Fall Mamour, si occupa dei quattro figli e di siti estremisti. In rete ha stretto contatti con il «giro» fondamentalista di un altro convertito: Raphael Gendron, francese arrestato a novembre a Bari. Lo accusano d’essere il terminale della rete del terrore in Europa. Attraverso internet ha rilanciato la propaganda di Al Qaida «arruolando» in rete le nuove leve del terrorismo islamico pronte a farsi saltare in aria in Afghanistan. Gendron non è un principe saudita che odia gli americani o un tagliagole algerino, ma un giovane francese che ha cancellato tradizioni e cultura per farsi musulmano oltranzista. I convertiti occidentali che si arruolano nel terrorismo internazionale preoccupano i servizi internazionali. L’esperto italiano Lorenzo Vidino, nel suo libro sul Al Qaida nel Vecchio continente, rivela che le intelligence hanno scoperto «dozzine di europei convertiti arruolati da gruppi terroristici». Secondo le statistiche, l’8% dei jihadisti arrestati in Europa è convertito. I Paesi più a rischio sono Gran Bretagna e Germania. Gendron non è l’unico francese convertito di Al Qaida. In Marocco sconta l’ergastolo Pierre Richard Robert, nome di battaglia Yacoub, soprannominato «l’emiro dagli occhi blu». Nel 2003 organizzò gli attentati di Casablanca che uccisero 45 persone. I fratelli David e Jerome Courtailler, nati in un paesino delle Alpi francesi, furono rigorosamente educati in scuole cattoliche, poi caddero nel baratro della droga. David, a 28 anni, fu il primo a uscirne abbracciando l’islam radicale nella moschea inglese di Brighton, dove si era trasferito nel 1996. Approdò in Afghanistan per addestrarsi alla guerriglia nel famoso campo di Al Qaida di Khalden. Nel 1998 rientrò in Europa entrando in contatto con militanti islamici in Spagna e Marocco, che anni dopo saranno coinvolti negli attentati di Casablanca e Madrid. Anche il fratello Jerome si convertì all’islam. Nel 2001 fu arrestato per avere pianificato un attentato all’ambasciata americana a Parigi. Fra i terroristi che seminarono morte nella metropolitana di Londra nel 2005 c’era anche Jamal, al secolo Germaine Lindsay. Nato in Giamaica aveva vissuto dal secondo anno di età in Inghilterra convertendosi all’islam nel 2000. Il più famoso convertito britannico è Richard Reid, che voleva fare saltare in aria un aereo in volo con l’esplosivo nascosto nelle scarpe, ma fu sopraffatto dai passeggeri. La prima donna kamikaze europea si chiamava Muriel Degauque. Viveva in Belgio e aveva sposato un estremista. Nel 2005 si fece saltare in aria contro un convoglio americano in Irak, senza fare vittime.In Germania, ci sono 4mila convertiti all’islam all’anno. Eric Breininger è un convertito tedesco, 21 anni, combatte in Afghanistan e lancia proclami in video promettendo attentati in patria. Il «talebano» Fritz Gelowicz, finito in manette, voleva compiere un attentato contro una base americana in Germania. Prima dell’11/9 gli occidentali erano indottrinati all’islam nella scuola coranica di Bannu, nell’area tribale pachistana. Da lì passò John Walker Lindh, il famoso «talebano Johnny», americano, catturato in Afghanistan nel 2001.

Torino

L’imam espulso per terrorismo inneggia ancora all’odio in Italia

Torino
- A volte ritornano. A volte non basta cacciarli, per evitare che facciano danni. Come nel caso del sedicente imam di Carmagnola, quell’Abdul Qadir Fall Mamour che era stato espulso dal Paese nel 2003 dopo avere manifestato, in più occasioni, le proprie posizioni intransigenti, specie dopo l’attentato alle Torri Gemelle del settembre 2001, e prodigandosi successivamente in una ambigua attività di giustificazione. Ora, sia Mamour sia la sua compagna italiana, Barbara Farina, convertita all’islam, sono al centro di un’indagine condotta dalla Digos di Torino in collaborazione con la Polizia postale, che ha portato all’oscuramento di un paio di siti internet che inneggiano alla jihad, la guerra santa, e incitano all’odio verso l’Occidente. A gestirli, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stato proprio Mamour, che oggi vive in Senegal con la moglie. Non è la prima volta che sono individuati siti estremisti gestiti dal sedicente leader spirituale: nell’ottobre 2008, quattro blog riconducibili all’imam erano stati oscurati. Proprio come accaduto ieri ai siti «abulbarakat.blogspot.com» e «ummusama.blogspot.com». E non a caso gli agenti hanno chiamato l’operazione «switch off». Le indagini hanno permesso di riscontrare la presenza, all’interno dei due blog, di numerosi documenti - alcuni dei quali in italiano - e file multimediali che, fornendo un’interpretazione estremista e violenta dell’islam, veicolano sentimenti di odio e disprezzo per l’Occidente, fanno apologia della violenza, esprimono compiacimento per le azioni suicide e rilanciano i messaggi dei principali leader di Al Qaida. Fall Mamour e la sua compagna sono ora indagati per istigazione a commettere delitti contro la personalità dello Stato e istigazione a disobbedire alle leggi di ordine pubblico e all’odio fra le classi sociali. Anche la moglie Barbara Farina è più volte stata al centro di indagini per essere tra i collaboratori di un noto sito islamista, dove curava una rubrica in italiano nella quale ha, tra l’altro, pubblicato la traduzione in italiano del libro «Soldati di Luce», scritto dall’estremista belga di origine marocchina Malika El Aroud, vedova di uno dei due tunisini coinvolti nell’attentato suicida al comandante afghano dell’alleanza del Nord, Ahmad Shah Massoud, e arrestata nel dicembre 2008 a Bruxelles, perché sospettata di far parte di una rete attiva nell’invio di mujaheddin nell’area pakistano-afghana.Il sito era da ultimo gestito da Raphael Gendron, arrestato a novembre a Bari con Ayachi Bassam. I due sono accusati di associazione finalizzata al terrorismo internazionale. Sul blog «ummusama.blogspot.com» era anche presente un documento nel quale Barbara Farina invoca la liberazione della «sorella Malika» e di tutti gli altri «fratelli e sorelle prigionieri». Preoccupato il commento del dirigente della Digos torinese, Giuseppe Petronzi: «Un fenomeno come questo è preoccupante nella misura in cui, in maniera serena, dobbiamo capire quanto questo tipo di messaggio sia fine a se stesso o possa essere raccolto sul territorio, per cui si deve decidere di procedere nel momento in cui ci sia motivo di ritenere che il messaggio sia troppo intenso, o di natura violenta o recepibile sul territorio».

venerdì 29 maggio 2009

Il Pd e i gay

A Napoli arriva il Gay Pride. E il Pd si divide

Prosegue il tour elettorale di Dario Franceschini: il segretario del Partito democratico quest’oggi è a Napoli nel giorno in cui arriva il Giro d’Italia con la tappa del Vesuvio, ma dove soprattutto domani si terrà la manifestazione del Gay Pride. Un appuntamento che ha messo a disagio i democratici campani che non sono riusciti a formulare una posizione comune. I gay domandano, Dario non risponde - C’è imbarazzo tra gli uomini del Pd, al punto che lo stesso Franceschini ha cercato di sorvolare. Passeggiando per le vie del centro, è giunto in Pizza Dante quando un militante omosessuale gli si è avvicinato e ha cominciato ad inseguirlo, chiedendogli ad intervalli di dieci minuti di aderire alla manifestazione “contro l’omofobia” e “a sostengo del Gay Pride” organizzata per questa sera dal circolo Pd dell’Avvocata.“Segretario, perché non viene anche lei”, ha domandato insistentemente il giovane gay. Ma Dario non se lo è mai filato. Solo più tardi, quando ad interrogarlo erano i giornalisti, ha risposto: “Ci saranno nostri esponenti, non c’è bisogno di chiedere adesioni”. Il patrocinio della Iervolino - È vero, alcuni volti partenopei del Pd saranno presenti alla manifestazione, ma dietro le quinte i malumori non sono pochi. Qualche giorno fa erano arrivate le adesioni di Andrea Cozzolino, segretario particolare di Bassolino, Antonio Marchiano, Michele Grimaldi, segretario regionali dei Giovani democratici. Nella lista dei “favorevoli” pure il sindaco Rosa Russo Iervolino, al punto che lo stesso Comune ha concesso il patrocinio. Ma uno dei promotori del Gay Pride ha poi rivelato: “Quando li abbiamo chiamati ci hanno detto che l'adesione ufficiale era impossibile dal momento che non si poteva scontentare la componente cattolica del partito”. Bassolino: valuteremo - Il segretario regionale Tino Iannuzzi ha sgombrato il campo da qualsiasi dubbio: “Il partito regionale non ha aderito”, ha lasciato detto sempre ai taccuini dei cronisti. Eppure dai componenti della segretaria regionale del Pd era arrivato questo comunicato: “Noi siamo dalla parte della famiglia, quella vera - avevano scritto nella nota Antonio Marciano, Michele Grimaldi e Valentina Fiorillo - e non quella disegnata da troppe voci ipocrite di chi si erge paladino di giustizie pubbliche. Per questo aderiamo convinti alla manifestazione ‘Napoli Pride 09’, che si terrà il prossimo 30 maggio a Napoli”. Parole che non hanno trovato il pieno consenso del governatore Antonio Bassolino: “Valuteremo nelle prossime ore chi andrà della giunta”, ha sibillato. E Franceschini fa finta di nulla.

No global

No Global, irruzione a Santa Maria Maggiore e assedio 'sonoro' a Ponte Galeria contro il G8

Al via a Roma il G8 sicurezza e i no global si sono fatti subito sentire. La riunione dei ministri della Giustizia e dell'Interno, presieduta dai ministri Angelino Alfano e Roberto Maroni, è stata 'scandita' all'esterno da ripetuti blitz della 'Rete G8 no global'. In mattinata una cinquantina di persone con maschere bianche, verdi e nere ha protestato fuori dall'edificio dell'ufficio Anagrafe. Poi oltre 50 manifestanti no global sono entrati nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma esponendo immagini che ritraggono un immigrato, chiamato "San papier", in ricordo dei "sans papier" francesi che anni fa occuparono alcune chiese a Parigi. Ancora nel pomeriggio circa 100 persone, aderenti alla rete anti G8, hanno dato vita a un 'assedio sonoro' al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma. Blitz No Global davanti all'Anagrafe. La giornata di protesta degli anti G8 è cominciata in via Petroselli. Al grido di "Siamo tutti clandestini" circa una cinquantina di persone con maschere bianche, verdi e nere ha protestato fuori dall'edificio dell'ufficio Anagrafe, in coincidenza con l'apertura dei lavori del G8 dei ministri della Giustizia e dell'Interno. I manifestanti hanno esposto uno striscione con la scritta "Alle nostre identità non serve il permesso di nessuno. No pacchetto sicurezza. No G8". Santa Maria Maggiore occupata. Dopo il blitz all'anagrafe la Rete anti G8 ha occupato la basilica di Santa Maria Maggiore con immagini che ritraggono un immigrato chiamato "San papier". È stato un atto simbolico, non contro la chiesa, hanno spiegato i giovani. L'idea è nata sulla scia di quanto accadeva in Francia negli anni '80-'90 dove gruppi di clandestini, chiamati appunto 'sans papier', occupavano le chiese nella capitale francese. "Santo subito! Oggi nella basilica di Santa Maria Maggiore, all'Esquilino, il quartiere multietnico di Roma, abbiamo portato l'immagine di San papier, il santo dei profughi dei richiedenti asilo, dei migranti che attraversano ogni giorno le frontiere in cerca di un futuro migliore, molto spesso a costo della vita". Il tutto, spiegano ancora, per sensibilizzare e chiedere maggiore impegno alle autorità ecclesiastiche per la denuncia delle leggi razziste contenute nel pacchetto sicurezza. Dopo pochi minuti i manifestanti hanno lasciato il sagrato di Santa Maria Maggiore e in "processione" si sono recati per le vie della zona di piazza Vittorio continuando la protesta. L'assedio 'sonoro' a Ponte Galeria. La protesta è poi proseguita nel pomeriggio al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. "Sono persone che quotidianamente subiscono torture. Non è possibile stare rinchiusi in questi campi di concentramento, che stanno sorgendo in tutte le città, solo perché non si ha un documento. A loro portiamo la musica della loro terra". Così uno delle circa 100 persone aderenti alla rete anti G8 ha spiegato l'assedio 'sonoro'. I manifestanti, che hanno inoltre lanciato slogan anche in lingua araba, hanno ricordato come nei Cie vi siano stati anche suicidi e auto ferimenti. Sul ponte della ferrovia Roma-Fiumicino, non distante dall'ingresso del Cie i movimentisti hanno appeso alcuni striscioni tra cui "no border, non nation, no prison". L'iniziativa è controllata a distanza da alcune camionette delle forze dell'ordine. Denunciati cinque non global. Intanto sono stati denunciati per manifestazione non autorizzata i cinque no global, un romano e quattro immigrati, bloccati in mattinata dalla polizia in via Pisanelli, alle spalle del Ministero della Marina, mentre si dirigevano verso il Lungotevere con volantini e striscioni. I quattro stranieri sono stati poi accompagnati all'ufficio immigrazione per il controllo dei documenti di soggiorno. Uno dei cinque è stato rilasciato. Ne dà notizia Action, l'Agenzia Diritti: "Il nostro compagno è stato fermato e portato al commissariato alle 9 di questa mattina, ben due ore prima che iniziasse la manifestazione. E' stato denudato in commissariato e poi denunciato per manifestazione non autorizzata. Gli altri quattro fermati, tutti immigrati, sono stati portati all'ufficio immigrazione di via Patini".

Il guru dell' FT

Sorpresa, è Gino il guru del "Financial Times" di Claudio Borghi

E così il Financial Times, con un serio e ponderato articolo, ha sferrato una dura critica alla politica economica dell’Italia in generale e di Berlusconi in particolare, definendolo «uno dei peggiori responsabili economici dell’Italia dal 1945». Il primo intento sarebbe stato quello di rispondere nel merito, ma poi uno sguardo più attento all’articolo consente di capire che forse non ne varrebbe nemmeno la pena, perché alla prova dei fatti il testo in questione si rivela essere una farsa, utile al massimo per fare quattro risate o per capire come il Financial Times, azionista di maggioranza del solito Economist, stia dando preoccupanti segni di squilibrio. L’indizio principale delle sciocchezze che scrive il signor Tony Barber (peraltro non nuovo a simili prodezze, dato che di lui si ricordano altri articoli su Berlusconi che sembrano scritti a quattro mani con Santoro) non è nemmeno tanto nascosto: quando in un testo economico si trova per ben tre volte il nome di Gino Flaminio, il testimone bufala di Repubblica sull’economicamente fondamentale «caso Noemi», con relativo collegamento ad un video di YouTube con un’intervista al medesimo Flaminio, dovrebbe suonare ben più di un campanello di allarme. Non va meglio dopo, quando un altro terzo di articolo se ne va per le solite assurdità sul processo Mills e cose che con l’economia non c’entrano nulla. Dopo aver quindi buttato due terzi del testo per simili amenità, ecco arrivare la tremenda accusa di essere il «peggior governante economico» dal 1945. E qui cadono veramente le braccia, perché il testo dal sito del FT rimanda, come fonte di questa pesante affermazione, nientemeno che a un blog italiano curato da tale «Ziobarbero» che riporta nient’altro che un commento dello scorso gennaio di un economista, che afferma che la crisi ha provocato per l’Italia la peggiore recessione da più di trent’anni. Ovviamente se si va a scorrere il sito dell’economista in questione (Edward Hugh) si trovano considerazioni analoghe per tutti gli altri Stati, tant’è vero che la sua analisi più recente è mirata alla Germania e si apre con la considerazione che, secondo lui, l’economia tedesca si trova nella peggiore situazione da quando si registrano i dati. Dobbiamo concludere quindi che per il Financial Times anche la Signora Merkel sia la «peggiore amministratrice dal dopoguerra»? Dato poi che le cose in Inghilterra non stanno meglio, anzi, e che lo stesso giornale economico registra per il Regno Unito «la peggiore recessione degli ultimi sessant’anni», dobbiamo attenderci un articolo dove Barber ci spiegherà che Gordon Brown è molto peggio di Berlusconi? Dovrebbe bastare questo per chiudere la questione, ma vogliamo fare almeno noi i seri portando all’«autorevole» Financial Times qualche numero. Nell’ultimo mandato di Berlusconi, dal 2001 al 2006, il rapporto deficit-Pil italiano, al netto delle una tantum inventate da Prodi, è calato dal meno 3,1 al meno 2,4 per cento, a fronte di un dato medio europeo per lo stesso periodo che ha, al contrario, fatto segnare un lieve peggioramento. Per lo stesso periodo il rapporto debito-Pil del nostro Paese è calato del 2 per cento a fronte di un indebitamento medio dell’Europa che è invece leggermente cresciuto. Anche se consideriamo il momento attuale, il tasso di crescita del debito italiano non è paragonabile a quello inglese che è in via di raddoppio. Può essere che il Financial Times abbia nostalgia dei governicchi italiani che riuscirono a far raddoppiare il debito pubblico dal 62% del 1981 al 124% del 1994 lasciandolo come grazioso regalo proprio a Berlusconi, che in quell’anno vinse per la prima volta le elezioni. Gli italiani stanno ancora pagando il prezzo di quegli anni dissennati, per noi l’unico elemento di nostalgia è che allora il FT era ancora un quotidiano economico serio.

Etnie e stupri

Stupri etnici

Invece che far passare tutto sotto silenzio, le vittime degli stupri e le loro famiglie dovrebbero consorziarsi in una forma di associazione per denunciare i rispettivi governi di favoreggiamento allo stupro, alla violenza, incitazione e favoreggiamento del crimine e soprattutto razzismo etnico, religioso e sociale nei confronti delle donne occidentali che subiscono stupri etnico-religiosi per permettere all'islam di mettere le sue sporche mani sul potere e sottomettere tutto l'Occidente. Siamo del parere che ancora una volta il risveglio dalla barbarie debba venire dalle donne, che da sempre sono vittime di strapotere maschile, della misoginia e delle perversioni di troppi maschi che non meritano di essere definiti uomini. Lisistrata

Violenza contro le Donne in Germania IQ.LYCOS.DE Ignorato dal Pubblico a Causa della Politica partitica e mediatica, è il Fatto che in Europa del nord ed occidentale, come pure in Australia, c’è un Fenomeno in aumento: lo Stupro di Ragazze e Donne locali commesso da Immigrati, in particolare appartententi alla Religione islamica. Ciò ha un Movente fortemente etnico-culturale e razzista da parte dello Stupratore: FrontPageMagazine ha rapportato in 2 Articoli shockanti, apparsi a dicembre 2005, del Problema incurabile e in aumento – il quale è stato totalmente ignorato nella Parte tedesca del Mondo.

Articolo n. 1 di FrontPageMagazine, di Sharon Lapkin, del 27 dicembre 2005 FrontPage magazine. Gli uomini islamici stuprano le Donne occidentali per Motivi etnici. Essi dichiarano apertamente le loro Motivazioni. Le Vittime non hanno alcun Diritto di dire ‘no’, poiché esse non portano alcun velo in testa. In questo Senso, questi uomini vengono incoraggiati dai loro Capi religiosi. A Sydney, lo Sceicco Faiz Mohammed ha chiarito ai suoi Ascoltatori che le Vittime di Stupro non hanno nessun altro da biasimare se non loro stesse. Le Donne scarsamente vestite sono un invito per gli uomini a stuprarle. Le Donne occidentali sono puttane e troie. Già nel 2004 lo Sceicco egiziano Yusaf AlQaradawi insegnava a Londra che le Vittime di Stupro dovevano essere punite, poiché si erano vestite in Modo inadeguato. Per essere priva di Colpa, la Donna deve essersi comportata in modo conforme. A Copenhagen, il Muftì Shahid Mehdi ha detto che le Ragazze che non portano alcun velo in testa, si offrono ad essere stuprate. Molti Stupratori chiariscono che non è male stuprare Ragazze e Donne occidentali. Dichiarano in Tribunale che non ritengono di aver commesso un Crimine. Bisognerebbe che ci fosse qualcuno che si occupa delle Ragazze, altrimenti esse si intrattengono con tanti uomini. Al contrario, le Ragazze islamiche sono pure e devono assolutamente conservare la loro Verginità per il loro futuro Marito, altrimenti causano danno a se stesse e alla Famiglia. La maggior parte dei Giovani islamici ritengono di poter soddisfare i loro Bisogni sessuali con le Ragazze occidentali, ma che comunque più tardi vogliono sposare assolutamente una ‘pura’ Donna islamica ('Many immigrant boys have Swedish girlfriends when they are teenagers. But when they get married, they get a proper woman from their own culture who has never been with a boy. That’s what I am going to do. I don’t have too much respect for Swedish girls. I guess you can say they get fucked to pieces.').

Una programmata Epidemia di Stupri si verifica in Svezia e Norvegia Articolo n. 2 di FrontPageMagazine, del Giornalista svedese Fjordman, del 15 dicembre 2005

FrontPage magazine. Il Giornalista scrive che un nuovo Studio da parte del Crime Prevention Council di Svezia dimostra che gli Stupri commessi da persone di Origine straniera sono il quadruplo rispetto a quelli commessi da svedesi. Immigrati da Algeria, Libia, Marocco e Tunisia dominano queste Cifre. Anche in Norvegia e Danimarca la Cifra degli islamici è preponderante. Nel 2001 i Casi di questo tipo erano 2 su 3, e a Copenhagen addirittura 3 su 4. In queste Statistiche non vengono tenuti in considerazione i Discendenti degli Immigrati. L’Avvocatessa Ann Christin Hjelm ha evidenziato che l’85% dei Casi di Stupro sono stati commessi da Immigrati o dai loro Discendenti, e che essi sono stati perpetrati a danno delle svedesi. La Cifra degli Immigrati islamici che hanno commesso gli Stupri è così alta che Fjordman fa veramente fatica a potere considerare questi Casi come Casi individuali. È veramente come un Tipo di Guerra, in cui i Dominatori islamici considerano Ragazze e Donne come Bottino di Guerra, che sta lì a loro Disposizione. Ci si può immaginare che, nel XXI. secolo, un Gruppo di Adolescenti abbia progettato un Tipo di Cintura di Castità che permetta loro di presentarsi in Pubblico senza Problemi? Le Ragazze intendono così persuadere eventuali Aggressori a lasciarle stare. Dicono di voler produrre la Cintura in larga scala e non per fare soldi ma per evitare ad altre Ragazze di passare attraverso l’orribile Esperienza dello Stupro. Il Problema degli Stupri commessi da uomini islamici dovrebbe essere trattato con l’Urgenza richiesta e che merita, dice Sharon Lapkin. Ma invece i Politici, gli Accademici e i Media ignorano il Problema: in Australia, il Giornalista Paul Sheehan è stato accusato di Razzismo e Istigazione all’Odio razziale perché ha riportato degli Stupri di Gruppo e dell’alta Criminalità a Sydney, perpetrati da persone che vengono dai Quartieri islamici libanesi. Il suo Collega David Marr ha definito il suo Articolo danneggiante. Il Vice-presidente dell’Associazione islamico-libanese ha definito l’Articolo ‘piuttosto scorretto’, per il Fatto che ha reso pubblica l’Origine etnica degli Stupratori. Nel 2004 la BBC ha mandato in onda un Documentario sugli Abusi sessuali a danno di Ragazze bianche inglesi, per opera di pakistani ed altri uomini islamici – anche se la Polizia aveva avvertito l’Emittente del Rischio di Ritorsioni da parte di Gruppi etnici. L’Emittente ha mandato in onda il Documentario dicendo di essere consapevole della sua Responsabilità. Un altro Sguardo poco rassicurante sul Futuro ci viene da Unni Wikan, una Professoressa di Antropologia dell’Università di Oslo. Avverte le sue Compagne di Genere che gli uomini islamici trovano il loro Modo di vestirsi provocante. E finché gli uomini credono che le Donne stuprate sono esse stesse responsabili di ciò, esse dovranno fare i Conti con gli Effetti di questa Società multiculturale. Casi di questo Genere di Stupro si accumulano anche in Austria. Soprattutto a Vienna, quando avviene uno Stupro si sa già dell’alta Probabilità che lo Stupratore sia una persona con Base di Fede maomettana. Nei paesi scandinavi BOOM stupri da arabo-islamici Nei paesi scandinavi è crollata la censura, che ancora tiene in Italia... l'integrazione in moltissimi casi non funziona: il rapporto tra immigrazioni da paesi musulmani e stupri è diretto. La maggioranza degli stupri nei civili paesi nordici ha una matrice arabo-islamica A chi giova la censura mediatica? E' forse giusto mandare al macello giovani ragazze e donne inconsapevoli della reale pericolosità sociale di individui provenienti da sottoculture misogine?

Dal riformista

Dario, il Trinariciuto Bianco di Giampaolo Pansa

Visto a Ballarò. Il segretario si ripete con Belpietro: ha il vizio di dare del servo a tutti. Ci deve essere un falso storico nella biografia di Dario Franceschini. Dappertutto si scrive che il leader del Pd è cresciuto in parrocchia e sin dall’infanzia ha avuto nel cuore lo Scudo crociato della Balena democristiana. In più, quando ha iniziato a fare politica è stato discepolo di Benigno Zaccagnini, diventato segretario della Dc nel 1975. Nel mio lavoro di cronista, ho conosciuto bene “Zac”. Era un vero signore, dai modi cortesi e con una spiccata eleganza intellettuale. Anche per questo si distingueva dalla casta partitica del tempo. Affollata pure allora di tipacci volgari, capaci di una violenza verbale senza limiti. Pronti a gridare le peggio cose nei confronti degli avversari. Chi lavorava con Zaccagnini era altrettanto gentile. La scuola di “Zac” respingeva chi si mostrava rozzo, i burini, la gentuccia e la gentaglia. Dove sta il falso storico nelle note biografiche di Franceschini? Sta nel fatto che, ogni giorno di più, il suo modo di fare contrasta con lo stile del presunto maestro. Come apre bocca, si lascia andare a qualche volgarità nei confronti di chi osa contrastarlo. Lo si è visto anche durante il Ballarò dell’altro ieri. Nel tentativo di annullare quel che stava dicendo Maurizio Belpietro, direttore di Panorama, Franceschini si è rivolto ai telespettatori ringhiando: «Vi avverto che questo signore è un dipendente di Berlusconi!». Franceschini deve godere molto nello sparare quella parola. L’aveva già tirata in faccia a Carlo Rossella durante un Ballarò di qualche settimana fa. Quando il mio vecchio amico Carlo, presidente della Medusa Film, iniziò a parlare, il leader del Pd si mise a urlacchiare, sempre rivolto al pubblico: «Attenzione, questo è un dipendente di Berlusconi!». Rossella gli replicò come meritava. E lo stesso ha fatto Belpietro, ricordandogli di essere il direttore di un settimanale della Mondadori e non un famiglio di Arcore. A questo punto, è giusto chiedersi se Franceschini sia davvero cresciuto nella Democrazia cristiana di Zaccagnini e non in una delle scuole di partito del vecchio Partito comunista di Ferrara. Sappiamo com’erano fatti i maestroni comunisti, soprattutto in aree integralmente rosse. Erano compagni che non andavano per il sottile. Se gli conveniva aggredire, aggredivano. Se dovevano offendere, lo facevano senza risparmio. E il loro primo passo consisteva nel dire che l’avversario era un dipendente di qualcuno più grande e più nefando di lui. Insomma un servo. Il Pci di Togliatti non aveva riguardi per nessuno. Si comportò così persino nei confronti di un big del comunismo mondiale: il maresciallo Tito. Nel primo dopoguerra veniva osannato come il capo della guerra partigiana jugoslava, un grande combattente per la libertà dei popoli. Poi nel giugno 1948 Tito ruppe con Stalin e divenne subito uno sporco fascista, un servo degli Stati Uniti, al soldo dei banchieri di Wall Street, un capitalista tra i più odiosi. Sette anni dopo, Tito fece la pace con l’Urss, guidata da Nikita Krusciov. E ritornò un compagno, un capo socialista, un eroe rosso. Molto più in piccolo, ho fatto anch’io l’esperienza di passare per servo di qualcuno. Alla fine del 1960, quando entrai alla Stampa diretta da Giulio De Benedetti, mi resi subito conto di una seccatura spiacevole. Per il Pci torinese, i redattori del giornale erano tutti servi della Fiat. E come tali andavano trattati. Anche gli intellettuali della rossa Einaudi ci guatavano con disprezzo. Considerandoci dipendenti di Vittorio Valletta, il dittatore che aveva sconfitto la Cgil e metteva i comunisti fuori dalla fabbrica.Quando andai al Giorno, diventai subito un servitore dell’Eni. Arrivato al Corriere della Sera, venni classificato come servo dei Crespi, poi dell’avvocato Agnelli, quindi di Angelo Rizzoli. Evitai per un soffio di finire al servizio della Loggia P2 perché me ne andai in tempo da via Solferino. E il giorno che Carlo De Benedetti diventò il proprietario del gruppo Espresso-Repubblica, eccomi con la livrea di servente dell’Ingegnere.Tutti i politici strillano che la democrazia ha bisogno di un’informazione libera. Ma non hanno rispetto dell’autonomia dei giornalisti. Arrivando così a conclusioni paradossali. Seguendo la logica distorta del segretario del Partito democratico, anche Giovanni Floris, il conduttore di Ballarò, dovrebbe essere ritenuto un dipendente prima di Walter Veltroni e poi dello stesso Franceschini. In quanto proprietari di fatto della Rete3 che la spartizione della Rai in lotti gli ha assegnato.Non so come finirà la battaglia elettorale del 7-8 giugno. Sappiamo che il centrodestra vive giorni d’angoscia per l’affare Noemi. E che il presidente del Consiglio si sente inseguito come non mai dall’incubo di una vittoria dimezzata, molto somigliante a una sconfitta. Ma Franceschini si è già condannato da solo. Meritandosi la medaglia di Trinariciuto Bianco. Un bel guaio per un ex ragazzo tutto casa, famiglia e “Zac”.

Torino

Torino, guerra alla Jihad: oscurati siti fondamentalisti

La guerra al fondamentalismo islamico prosegue sul web. La Digos di Torino in collaborazione con la Polizia postale ha oscurato due siti web che contenevano riferimenti alla Jihad e altri scritti contro i paesi occidentali. Per gli investigatori i siti erano gestiti dal Senegal dall’ex Imam di Carmagnola, Abdul Qadir Fall Mamour, espulso dall'Italia cinque anni fa, e dalla moglie, Barbara Farina. Non è la prima operazione del genere portata a compimento dalla Polizia postale: già lo scorso ottobre erano stati oscurati quattro siti simili. L’importanza di questa parte della guerra la terrorismo l’ha spiegata Hani al Siba'i, direttore del centro studi Al-Maqrizi: "La nuova generazione di Al Qaeda in Occidente non ha uno sceicco o una guida spirituale da cui riceve informazioni. Il loro riferimento non è Bin Laden o Al Zawahri, ma sono le istruzioni per la Guerra santa fornite dai siti fondamentalisti, gli stessi che diffondono le foto dei massacri in Afghanistan, in Iraq e in Palestina. Questa generazione è superiore alle vecchie organizzazioni fondamentaliste proprio perché i suoi membri sono nati in Occidente, maneggiano prodotti chimici, parlano diverse lingue e sono in grado di usare i computer e internet".

Lampedusa

Lampedusa: l’invasione dei clandestini è finita di Manila Alfano


A Lampedusa c’è silenzio. L’isola non è più terra d’invasione. Giorno dopo giorno l’emergenza sta lasciando spazio alla normalità. Così ieri, durante il question time, Maroni ha potuto dire con orgoglio: «Da quando sono stati messi in atto i respingimenti si è praticamente azzerato il flusso di clandestini sulle coste siciliane». È la strategia contro l’immigrazione clandestina che va avanti. Non ci sono più le immagini dei mesi scorsi: duecento, trecento clandestini riversati ogni giorno sulle coste, stremati, affamati e assetati raccattati, carrette ferme tra Malta e l’Italia, corpi gettati in mare. Disperazione contrabbandata. Tre settimane di respingimenti e la situazione è opposta. Gli accordi con la Libia evidentemente funzionano. Il lavoro si divide a metà, come una squadra contro i trafficanti di uomini. L’impegno è condiviso. Per questo Maroni parla di svolta storica. Ora non ci sono più neanche gli attacchi: critiche e insulti erano piovuti da ogni parte. L’opposizione gridava «Governo razzista»: «Scandaloso ributtare in mare chi arriva sulle coste italiane sono state le accuse dall’opposizione». La sinistra gridava «alla vergogna internazionale». Sempre la stessa la risposta di Maroni: «I respingimenti continueranno, sono in linea con le norme internazionali». Finiti anche gli attacchi più pesanti arrivati dalle organizzazioni internazionali per i diritti dei rifugiati. C’era allarme e preoccupazione per tutti quelli che avrebbero potuto chiedere asilo politico. Il primo respingimento il 6 maggio. La marina militare recupera 230 immigrati nel canale di Sicilia. I tre barconi vengono riaccompagnati in Libia. È il primo avvertimento agli scafisti. Il giorno dopo altri 80 clandestini non lontano dalle coste di Tripoli vengono rimorchiati e riaccompagnati a Tripoli. Così il giorno dopo, e quello dopo ancora. Cori di proteste, il Vaticano lancia un monito. Domenica 10 maggio è l’ultimo viaggio. Altre 200 persone non riescono a toccare terra. In pochi giorni oltre 500 immigrati tornano indietro. La collaborazione con la Libia continua, l’Italia consegna alla guardia costiera libica tre motovedette per i pattugliamenti congiunti. Il paese di Gheddafi ha rafforzato il dispositivo contro la partenza di barconi dai suoi porti. È tutto scritto nell’accordo. «Questo è il segno che qualcosa è cambiato. L’impegno del ministro Maroni è stato costante, e non si fermerà ora che le cose vanno meglio». Angela Maraventano è l’ex vicesindaco di Lampedusa, oggi senatrice della lega Nord, che contro «l’invasione» si era sempre battuta. Per questo aveva anche litigato con il suo capo, il sindaco Bernardino De Rubeis. «Oggi la situazione è tornata normale, ma quanta fatica, ci hanno attaccato, ci hanno aggredito con insulti di ogni tipo. Ma siamo andati avanti e ora l’isola è tornata ad essere vivibile». È da quasi un mese che non si vede più nessuno in mare. La capitaneria di porto conferma: «La situazione è migliorata. Non solo rispetto all’anno scorso ma anche rispetto a un mese fa». Negli ultimi mesi il centro di accoglienza ha ospitato molta più gente di quegli 800 ospiti che poteva accogliere. «Ma da un mese a questa parte non arriva più nessuno, spiega la senatrice. Vuole sapere quanta gente c’è ora nel centro? Solo 23 persone che hanno chiesto asilo». Un problema quello degli sbarchi massicci sulle coste siciliane iniziato 15 anni fa. Sei ani fa il picco. Un problema che la Spagna ha risolto prima dell’Italia. Allora le critiche erano per Zapatero, il leader di sinistra con il pugno di ferro in tema di immigrazione. Aveva creato barriere, acquistato radar e installato tecnologie sofisticate per chiedere le strade ai clandestini che arrivavano dall’Africa. Il Marocco era il tallone d’Achille iberico. Solo nel 2008 oltre diecimila persone sono state rimandate indietro. Nessuno allora aveva denunciato la Spagna. E oggi il presidente della commissione europea Jacques Barrot ammette che il problema dell’immigrazione deve essere risolto a monte, nei Paesi di partenza. «Cioè no ai respingimenti sommari, ma la priorità resta una: fermare la carneficina nel Mediterraneo». Oggi a Lampedusa si respira un clima di tregua. La gente ricomincia a vivere nella quotidianità, a reinvestire nel futuro. C’è il turismo ad esempio a cui pensare. «Lampedusa deve tornare ad essere l’isola del turismo». Ha detto Maroni. «Spaventati dal numero massiccio degli sbarchi, i turisti cambiavano meta, dice la Brambilla. I tour operator dirottavano i clienti su altre destinazioni meno insicure». Oggi Lampedusa può tornare a respirare.

giovedì 28 maggio 2009

Guardoni

Noemi, quattro cose ovvie di Beppe Severgnini

Un pesce rosso convinto d'essere un cardinale, gli economisti che ammettono di non averci capito niente, la politica fuori dalla nomine Rai, José Mourinho che lavora gratis. Sono molte le notizie surreali che avrebbero potuto colorare questa torrida primavera, ma è toccato a una ragazzina e ai suoi bizzarri rapporti col presidente del Consiglio. Bizzari: ecco la parola. Potete essere di destra o di sinistra, atei e cattolici, giovani o meno giovani, ma sarete d'accordo: se uno sceneggiatore avesse scritto un film con quella trama, gli avrebbero detto "Ragazzo, hai bevuto?". Invece è accaduto. Noemi, le feste, il papi, i genitori, le smentite, i fidanzati che compaiono e scompaiono. I marziani guardano giù dicendo: "E quelli strani saremmo noi?". Quattro punti ovvii, per ridurre i litigi e provare a ragionare. Il primo: la frequentazione tra un settantenne e una diciassettenne - al di là del ruolo di lui - è insolita. La famiglia Letizia non sembra stupita, decine di milioni d'italiani sì. Una spiegazione plausibile ancora non l'hanno avuta. Se tanti lavorano di fantasia, a Palazzo Chigi non possono stupirsi. Ovvietà numero due. Alcune affermazioni del protagonista sono state smentite. "L'ho sempre vista coi genitori": poi Noemi - ma cosa s'è fatta? era così carina! - salta fuori alla festa del Milan, sbuca al galà della moda, compare in Sardegna. Per cose del genere, nelle altre democrazie, i potenti saltano come tappi di spumante. Noi siamo più elastici - succubi, rassegnati, distratti, disinformati: scegliete voi l'aggettivo - ma un leader politico, perfino qui, dev'essere credibile. Ovvietà numero tre. Le abitudini e le frequentazioni di Silvio B. riguardano solo Veronica L. (che peraltro s'è già espressa con vigore sul tema)? Be', fino a un certo punto. Il Presidente del Consiglio guida una coalizione di governo che organizza il Family Day, mica il Toga Party o il concorso Miss Maglietta Bagnata. Michele Brambilla - vicedirettore del "Giornale", bravo collega e uomo perbene - spiega che, per il mondo cattolico, contano le azioni politiche, non i comportamenti coerenti. Io dico: mah! Ovvietà numero quattro. L'opposizione, in tutte le democrazie, cerca i punti deboli dell'avversario, soprattutto alla vigilia delle elezioni. Dov'è lo scandalo, qual è la novità? Se Piersilvio s'indigna, non ha idea di cosa avrebbe passato suo padre in America, in Germania o in Gran Bretagna (dov'è inconcepibile che i capi di governo possiedano televisioni). Non solo in questi giorni: negli ultimi quindici anni. Bene: quattro cose ovvie, in attesa di sviluppi. Intanto s'è insediato quietamente il governo Letta. Qualcuno che coordini ci vuole. C'è da lavorare, e il Capo è altrove.

Festa dell'africa

Il presidente della Repubblica celebra al Quirinale la Giornata dell'Africa. Napolitano sugli immigrati: «La crisi non cancelli l'accoglienza». «Avviare partenariato coi Paesi africani che permetta di aggredire le cause profonde della povertà»

ROMA
- La crisi economica non può «mettere in discussione i valori di solidarietà e accoglienza, nel rispetto della legge, cui si ispirano le nostre democrazie». È quanto sottolinea il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intervenendo al Quirinale alla celebrazione della «Giornata per l'Africa», alla presenza fra gli altri dei ministri degli Esteri Franco Frattini e dell'Economia Giulio Tremonti.

TRATTA DEGLI SCHIAVI - Il presidente della Repubblica sottolinea con particolare timbro della voce che gli immigrati, spesso clandestini che giungono in Italia «sono essere umani» caduti nelle mani di organizzazione criminali: «Le gravi situazioni di crisi che ancora oggi si registrano in varie parti dell'Africa sono all'origine di emergenze umanitarie e drammatici fenomeni migratori che intaccano la dignità delle popolazioni più svantaggiate, costringendole a diventare vittime di reti criminali che approfittano della loro miseria e si arricchiscono alle loro spalle».

LA STRATEGIA - In questa visione, ha aggiunto il presidente della Repubblica, «si deve considerare il continente africano come l'esempio paradigmatico della povertà bisognosa di sostegno». L'Italia, secondo Napolitano, de deve fare la sua parte considerando l'Africa «sempre più come l'area con la quale concentrare gli interventi dell'Unione europea, che è già il primo donatore. L'obiettivo deve essere favorire l'integrazione del sistema economico africano con quello europeo e tendere a garantire sbocchi adeguati alle produzioni locali». A questo proposito, Napolitano ha citato un documento approvato lo scorso marzo dal Parlamento europeo che sottolinea la particolarità della questione africana e in particolare, il fatto che l'inclusione del continente nella strategia della globalizzazione economica non produca per la sua popolazione sufficienti benefici. «E pertanto è essenziale - ha commentato il capo dello Stato - adottare una strategia per l'Africa che tenga conto della complessità dei problemi ancora da risolvere e consenta di affrontare le nuove sfide globali come quelle imposte dall'approvvigionamento di fonti energetiche, dai cambiamenti climatici, dalla salvaguardia dell'ambiente».

TEMI IN AGENDA - Per inserire questi temi nell'agenda della comunità internazionale, ha concluso Napolitano, la presidenza italiana del G8 ha previsto «un importante momento di incontro con i paesi fondatori della Nepad per un confronto costruttivo e franco sul mantenimento degli impegni del G8 per combattere la povertà e su altri temi di prioritario interesse: sicurezza alimentare, salute, risorse idriche, nonchè misure di sostegno per le economie più deboli».

Mi piacerebbe sapere se in africa ogni anno, specie dove esiste una dittatura estrema, si festeggia la festa dell'italia insieme ad un inutile spreco di soldi dei contribuenti. E mi piacerebbe anche sapere se il signor Napolitano, è disposto ad accogliere in casa propria il maggior numero possibile di migranti così da toglierne un pò dalle spalle a noi. Non ricordo di preciso chi, un africano senza dubbio, disse che la rovina dell'africa prima di tutto è l'africa e poi gli stati che inviano soldi a pioggia. Invece che salvarla, finiscono nelle tasche dei dittatori che rafforzano i loro regimi e che distruggono popoli e territori. Ma di sicuro, non serviva un africano per farci capire una cosa simile.

Terapia del dolore

Terapia del dolore, per gli oppiacei non servirà più un documento speciale. Morfina in farmacia con la ricetta. Un decreto del viceministro Fazio liberalizza la vendita delle medicine che alleviano le sofferenze dei malati.

ROMA — Basterà una ricetta comune, di quelle usate per un anticoncezionale o una pomata, per avere la morfina in farmacia. Cade dunque una delle barriere burocratiche che ostacolavano la prescrizione di antidolorifici, settore dove l'Italia è relegata agli ultimi posti della classifica europea. Un decreto ministeriale alla firma del viceministro al Welfare Ferruccio Fazio prevede infatti che gli oppiacei possano essere consegnati a chi li richiede non più dietro presentazione di una ricetta speciale, a triplo ricalco, che oltretutto il medico aveva difficoltà a procurarsi, ma come qualsiasi altro medicinale. La regola vale per cerotti e pasticche, e per ogni dosaggio, rendendo meno penosa la ricerca da parte delle famiglie con malati terminali. Restano soggette ai limiti attuali le formulazioni iniettabili e i detossificanti (metadone). Fazio si è molto battuto per arrivare a questo risultato e lo ha annunciato ieri nel presentare la Settima giornata nazionale del Sollievo (31 maggio) promossa dalla Fondazione Gigi Ghiotti che si batte per diffondere la cultura delle cure palliative e il modello di ospedali senza sofferenza. «È pronta una norma che consentirà di ricevere più facilmente in farmacia gli oppiacei» ha detto il viceministro. C'è ancora molta strada da percorrere nel nostro Paese per assicurare ad ogni malato una morte libera da sofferenza fisica e psicologica. I fondi stanziati nel '99 per la realizzazione di hospice sono stati spesi solo in parte perché le Regioni non ne hanno fatto richiesta. Quando esistono queste strutture sono in genere sganciate dalla rete sanitaria. Il governo ha impegnato altri 100 milioni proprio per agevolare la creazione di un sistema integrato. È in ritardo però la legge sulle cure palliative che dovrebbe contenere tra l'altro dei meccanismi per indurre le Regioni a utilizzare i fondi. Il provvedimento doveva andare in aula alla Camera la scorsa settimana. Forse sarà in calendario a giugno, spera Giuseppe Palumbo, presidente della commissione Affari sociali. L'opposizione ha duramente attaccato la maggioranza per l'ulteriore ritardo. «La liberalizzazione della morfina è una svolta epocale, un atto di grande coraggio» ne gioisce Guido Fanelli, esperto di cure palliative, rappresentante del ministero al Consiglio superiore di sanità che il 24 aprile ha espresso il parere favorevole per la ricetta più semplice. Gli oppiacei sotto forma di pasticche o cerotti e a qualsiasi dose sono stati tolti dalla tabella che li catalogava come sostanze psicotrope dal punto di vista della prescrivibilità. «Abbiamo dimostrato che col nuovo sistema non c'è rischio di abuso e di spaccio — spiega Fanelli —. In base alla letteratura internazionale le possibilità che la morfina destinata ai malati di tumore imbocchi altre strade sono pari allo 0,3%». La Fondazione Gigi Ghirotti è intitolata al giornalista colpito da tumore che per primo denunciò all'opinione pubblica sulle pagine della Stampa lo scandalo del sollievo negato. Tra le ultime iniziative un numero verde 800 301510 «per affrontare insieme la malattia oncologica e il dolore». Il premio Gerbera d'oro alla struttura sanitaria più efficace sul fronte della lotta al dolore inutile è stato assegnato quest'anno al servizio di terapia del dolore e cure palliative del Santobono Pausilipon di Napoli, per un progetto dedicato all'oncologia pediatrica.

Margherita De Bac