Franceschini silurato. Via all'era Bersani. Il Pd ha il suo nuovo leader, quello della bocciofila. Nuovo per modo di dire, trattandosi di Bersani. Già ministro e parlamentare europeo, Bersani è in politica da una vita, uomo di partito più di chiunque altro. «Farò il leader, ma lo farò a modo mio», ha detto appena saputo che la base del Pd aveva scelto lui e rispedito al mittente Franceschini. Al comitato, in piazza SS. Apostoli, Bersani ha aspettato le proiezioni con Massimo D'Alema, Enrico Letta e Rosy Bindi. E quando, poco più di un'ora dopo la chiusura dei seggi, i dati lo davano sopra il 50%, è scattato il brindisi. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro e pochi errori, ora ricordiamoci che da oggi portiamo in giro la mia faccia», è stato l'invito alla buona politica rivolta ai più stretti collaboratori. Franceschini ha abbozzato e gli ha reso l'onore delle armi. Una telefonata cordiale, seguita da un incontro di 15 minuti nella sede del partito prima di presentarsi alle telecamere. «È una vittoria di tutti e nella vittoria di tutti c'è la mia vittoria», sono le prime marzulliane parole rivolte a chi, fino alla fine, ha espresso la sua estraneità e dubbi nel caso in cui il partito virasse a sinistra. Poi però Bersani ha indicato subito la rotta in una direzione diversa dal passato: «Farò il leader del Pd, ma lo farò a modo mio. Non il partito di un uomo solo ma un collettivo di protagonisti», ha annunciato richiamando il modello del partito bocciofila, radicato e popolare. Così come è subito archiviata la vocazione maggioritaria: «Il Pd deve essere il partito dell'alternativa più che dell'opposizione» è l'annuncio che prelude alla priorità di avviare da subito il confronto con le opposizioni. Domani, come primo atto, l'ex ministro incontrerà i lavoratori di Prato. Poi si metterà al lavoro sulla squadra: l'esecutivo, la direzione, i capigruppo (Finocchiaro e Soro dovrebbero rimettere presto il mandato come segno di rispetto al neosegretario). «Con Franceschini e Marino lavoreremo insieme», è l'annuncio subito dopo la vittoria. Ma la collaborazione tra tutti, nelle intenzioni di Bersani, non deve tradursi in una trattativa estenuante tra capibastone e correnti. Per questo motivo l'ex diessino puntava alla vittoria sopra il 50% anche per togliersi quella patina, appiccicatagli dai rivali, di essere il candidato degli apparati e non del popolo delle primarie.
lunedì 26 ottobre 2009
Primarie Pd
Franceschini torna a casa. Il Pd sceglie la bocciofila di Bersani
Franceschini silurato. Via all'era Bersani. Il Pd ha il suo nuovo leader, quello della bocciofila. Nuovo per modo di dire, trattandosi di Bersani. Già ministro e parlamentare europeo, Bersani è in politica da una vita, uomo di partito più di chiunque altro. «Farò il leader, ma lo farò a modo mio», ha detto appena saputo che la base del Pd aveva scelto lui e rispedito al mittente Franceschini. Al comitato, in piazza SS. Apostoli, Bersani ha aspettato le proiezioni con Massimo D'Alema, Enrico Letta e Rosy Bindi. E quando, poco più di un'ora dopo la chiusura dei seggi, i dati lo davano sopra il 50%, è scattato il brindisi. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro e pochi errori, ora ricordiamoci che da oggi portiamo in giro la mia faccia», è stato l'invito alla buona politica rivolta ai più stretti collaboratori. Franceschini ha abbozzato e gli ha reso l'onore delle armi. Una telefonata cordiale, seguita da un incontro di 15 minuti nella sede del partito prima di presentarsi alle telecamere. «È una vittoria di tutti e nella vittoria di tutti c'è la mia vittoria», sono le prime marzulliane parole rivolte a chi, fino alla fine, ha espresso la sua estraneità e dubbi nel caso in cui il partito virasse a sinistra. Poi però Bersani ha indicato subito la rotta in una direzione diversa dal passato: «Farò il leader del Pd, ma lo farò a modo mio. Non il partito di un uomo solo ma un collettivo di protagonisti», ha annunciato richiamando il modello del partito bocciofila, radicato e popolare. Così come è subito archiviata la vocazione maggioritaria: «Il Pd deve essere il partito dell'alternativa più che dell'opposizione» è l'annuncio che prelude alla priorità di avviare da subito il confronto con le opposizioni. Domani, come primo atto, l'ex ministro incontrerà i lavoratori di Prato. Poi si metterà al lavoro sulla squadra: l'esecutivo, la direzione, i capigruppo (Finocchiaro e Soro dovrebbero rimettere presto il mandato come segno di rispetto al neosegretario). «Con Franceschini e Marino lavoreremo insieme», è l'annuncio subito dopo la vittoria. Ma la collaborazione tra tutti, nelle intenzioni di Bersani, non deve tradursi in una trattativa estenuante tra capibastone e correnti. Per questo motivo l'ex diessino puntava alla vittoria sopra il 50% anche per togliersi quella patina, appiccicatagli dai rivali, di essere il candidato degli apparati e non del popolo delle primarie.
Franceschini silurato. Via all'era Bersani. Il Pd ha il suo nuovo leader, quello della bocciofila. Nuovo per modo di dire, trattandosi di Bersani. Già ministro e parlamentare europeo, Bersani è in politica da una vita, uomo di partito più di chiunque altro. «Farò il leader, ma lo farò a modo mio», ha detto appena saputo che la base del Pd aveva scelto lui e rispedito al mittente Franceschini. Al comitato, in piazza SS. Apostoli, Bersani ha aspettato le proiezioni con Massimo D'Alema, Enrico Letta e Rosy Bindi. E quando, poco più di un'ora dopo la chiusura dei seggi, i dati lo davano sopra il 50%, è scattato il brindisi. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro e pochi errori, ora ricordiamoci che da oggi portiamo in giro la mia faccia», è stato l'invito alla buona politica rivolta ai più stretti collaboratori. Franceschini ha abbozzato e gli ha reso l'onore delle armi. Una telefonata cordiale, seguita da un incontro di 15 minuti nella sede del partito prima di presentarsi alle telecamere. «È una vittoria di tutti e nella vittoria di tutti c'è la mia vittoria», sono le prime marzulliane parole rivolte a chi, fino alla fine, ha espresso la sua estraneità e dubbi nel caso in cui il partito virasse a sinistra. Poi però Bersani ha indicato subito la rotta in una direzione diversa dal passato: «Farò il leader del Pd, ma lo farò a modo mio. Non il partito di un uomo solo ma un collettivo di protagonisti», ha annunciato richiamando il modello del partito bocciofila, radicato e popolare. Così come è subito archiviata la vocazione maggioritaria: «Il Pd deve essere il partito dell'alternativa più che dell'opposizione» è l'annuncio che prelude alla priorità di avviare da subito il confronto con le opposizioni. Domani, come primo atto, l'ex ministro incontrerà i lavoratori di Prato. Poi si metterà al lavoro sulla squadra: l'esecutivo, la direzione, i capigruppo (Finocchiaro e Soro dovrebbero rimettere presto il mandato come segno di rispetto al neosegretario). «Con Franceschini e Marino lavoreremo insieme», è l'annuncio subito dopo la vittoria. Ma la collaborazione tra tutti, nelle intenzioni di Bersani, non deve tradursi in una trattativa estenuante tra capibastone e correnti. Per questo motivo l'ex diessino puntava alla vittoria sopra il 50% anche per togliersi quella patina, appiccicatagli dai rivali, di essere il candidato degli apparati e non del popolo delle primarie.
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