domenica 29 marzo 2020

European standoff


Ieri, alla domanda di un giornalista che, con una certa ingenuità, aveva il coraggio di chiedere: "Se dovesse spiegare a cosa serve l'Europa agli italiani, cosa direbbe?" l'attuale presidente del Parlamento Europeo, l'ex conduttore televisivo David Sassoli, è diventato paonazzo e si è messo a balbettare che "l'Europa serve a difenderci", che "abbiamo finalmente capito il senso della nostra interdipendenza" e che "nessuno può farcela da solo". Eh, niente, questi sono personaggi che messi in catene a remare in una galera ti spiegherebbero che ci sarebbe andata assai peggio se non ci avesse difeso l'Europa. Le catene sarebbero meno oliate. Il problema rappresentato da questa classe dirigente purtroppo è immenso. Non hanno la formazione sufficiente per capire quello che sta succedendo, né per riuscire ad immaginare che c'è ossigeno al di fuori della serra in cui sono stati allevati. Ma dall'alto delle posizioni in cui sono stati collocati per la loro fedeltà continuano a rimestare la medesima minestra, impermeabili ad ogni tentativo di revisione degli schemi (persino quelli suggeriti da soggetti del loro stesso establishment, come Draghi).

Il problema di questi personaggi è che non avranno mai il coraggio di sostenere soluzioni diverse da quelle cui sono stati pavlovianamente addestrati. Rimarranno lì, aggrappati ad un sasso, immobili come iguana, fino alla fine. Sarebbe inutile spiegare loro che oggi l'Unione Europea ci potrebbe difendere (è ancora assai incerto che lo farà) essenzialmente dai problemi generati dall'Unione Europea stessa. Ci potrebbe difendere dalla speculazione sui titoli di stato grazie ai poteri di banca centrale di cui ci siamo deprivati, delegandoglieli, e che ora ci vengono restituiti occasionalmente, per brevi periodi, e con un contraccambio. Ci potrebbe difendere (ma di fatto non lo sta facendo affatto) dalla scarsità di capitali per operazioni emergenziali, dopo averci sottratto i mezzi finanziari per produrli. Ci potrebbe difendere (ma non lo sta facendo) dai blocchi nazionali degli scambi in un momento di emergenza. Come al solito il libero scambio fluisce ubertoso quando di merci e capitali c'è già abbondanza, ma quando ne hai davvero bisogno si rileva essere il proverbiale ombrello che ti viene consegnato nelle giornate di sole per essere ritirato quando inizia a piovere.

E' curioso come non si veda che nel momento del bisogno l'UE, lungi dall'essere una 'difesa' è semplicemente una difesa potenziale, claudicante o assente, dai danni che essa stessa arreca (un po' - mi si consenta la malignità - come quei brutti ceffi che ti 'danno la protezione' proprio dai brutti ceffi che loro sono.) Detto questo, visto che nella storia si parte sempre nell'azione dalle opzioni realmente disponibili, in questo momento, la posizione di fragilità dei singoli paesi europei, anche i più forti, è un dato obiettivo. Gli USA saranno colpiti durissimamente, ma hanno una struttura economica e un territorio che può essere facilmente riportato a condizioni di autosufficienza. Per i paesi europei, in cui l'intera produzione è stata concepita per massimizzare i profitti e la competitività sui mercati esteri, è stata creata ad arte una situazione terribilmente fragile: l'Europa è il regno del terziario e di produzioni ad alto valore aggiunto con filiere di produzione immense e planetarie. Siamo lontanissimi dall'autosufficienza alimentare o energetica. E questo sia come singoli stati che come loro sommatoria. Dunque è vero, in un certo senso, che oggi in Europa 'nessuno stato può farcela da solo'. Solo che il problema non viene davvero risolto aggiungendovi altri stati europei, né intensificando gli scambi con essi. La soluzione sarebbe stata da un lato l'accettazione di una minore specializzazione (una minore fedeltà alla ricardiana 'teoria dei costi comparati'); e dall'altro una maggiore autonomia nazionale nei rapporti bilaterali con stati complementari (multilateralismo).

Ma con le opzioni mancate ci possiamo riempire la saggistica sugli universi possibili, non guidare la politica corrente. Di fatto ora non possiamo reinventarci una situazione che richiede anni per essere reistituita. Dobbiamo intervenire nell'immediato per impedire un massacro sia del tessuto produttivo (industriale, agricolo, zootecnico) che del potenziale umano. Per farlo l'alleanza con altri paesi europei è oggi sia utile che disponibile. E un intervento di sostegno anticliclico e durevole all'economia che fosse supportato da una comune volontà da parte di paesi pesanti come Francia, Spagna e Italia sarebbe di principio più efficace di un intervento unilaterale a seguito di uno strappo (Italexit). Dunque cosa conviene fare in questo momento è chiaro. Ogni tentativo di far rientrare le nuove esigenze all'interno delle demenziali pastoie delle vecchie regole europee è fallimentare e controproducente. Si parla spesso di 'piano Marshall' per l'economia europea, ma solo un cretino può credere che qualcosa come un 'piano Marshall' posso essere attivato nei confini dei trattati attualmente in vigore. E' qualcosa di talmente chiaro che possono ammetterlo simultaneamente soggetti con interessi tradizionalmente del tutto divergenti, sia politicamente che in termini di classe.

Dunque la strada parrebbe obbligata. E invece la strada è sbarrata. Quali che siano le concessioni che obtorto collo potranno essere (forse) estorte al blocco tedesco-olandese, si tratterà di una corsa coi ceppi ai piedi. Più probabilmente ancora, non verrà concesso niente se non qualche chiacchiera simbolica, nella speranza che i vari Sassoli nei paesi europei riescano a rivendersela come 'coraggiosa mediazione'. Siamo in una fase di stallo. Uno "stallo alla Messicana", o forse meglio "all'Europea", in cui ci si guarda in faccia attraverso il mirino, pronti a far fuoco, ma con nessuno che abbia il coraggio di fare il primo passo. Purtroppo, diversamente dagli "stalli alla Messicana" della cinematografia, quello europeo non è tale da massimizzare i benefici per tutti se nessuno si muove. Lo stallo perdurante equivale di fatto alla vittoria del blocco tedesco-olandese e alla catastrofe per gli altri. Come in un classico di Sergio Leone, il carillon suona e continuerà a suonare. Finché uno dei duellanti cadrà esanime. Senza che un colpo sia stato sparato.

lunedì 23 marzo 2020

Io odio

Lo so, ci hanno insegnato che odiare è brutto. Soprattutto in questo momento così tragico per il paese, ci sentiamo costantemente ripetere che non bisogna fare polemica, che bisogna restare uniti. Ma io non ce la faccio. Non ce la faccio a non odiare coloro che per anni ci hanno raccontato che bisognava tagliare il welfare, la scuola, la sanità, la ricerca, le pensioni ecc., che non si poteva fare nulla per i disoccupati, per i poveri, per i lavoratori, per i piccoli imprenditori, per gli ultimi, perché "non c'erano i soldi", e che adesso "scoprono" che i soldi, in realtà, si creano dal nulla in quantità potenzialmente infinita (tutte le banche centrali del mondo hanno annunciato che da un giorno all'altro tireranno fuori dal cappello trilioni di euro/dollari/sterline ecc.).

Non ce la faccio a non odiare coloro che per anni ci hanno raccontato che non si poteva fare deficit perché altrimenti "i mercati ci avrebbero punito facendo schizzare in alto lo spread", e che adesso "scoprono" che lo spread dipende unicamente dalla BCE e che uno Stato che ha le spalle coperte da una banca centrale può fare tutto il deficit che vuole senza preoccuparsi dei mercati. Non ce la faccio a non odiare coloro che per anni ci hanno costretto a sacrifici e sofferenze di ogni sorta per abbattere "il macigno del debito pubblico" e che adesso "scoprono" che tanto i deficit quanto i debiti pubblici si possono tranquillamente monetizzare senza alcun costo per i cittadini.

Non ce la faccio a non odiare coloro che per anni ci hanno raccontato che lo Stato ed il pubblico sono fonte di spreco, di inefficienza, di corruzione ecc., che per anni hanno elogiato il mercato ed il privato, e che adesso "scoprono" che in realtà lo Stato ed il pubblico sono gli unici strumenti in grado di proteggerci in tempo di crisi. Non ce la faccio a non odiare coloro che hanno sacrificato un'intera generazione di giovani italiani - condannandoli alla disoccupazione, al precariato, all'emigrazione, in alcuni casi spingendoli al suicidio - sull'altare di regole europee che adesso "scoprono" non avere alcun senso, al punto che possono essere stracciate da un giorno all'altro. Lo so, sono una brutta persona. Ma io non ce la faccio a non odiarvi. Non ce la faccio a perdonarvi. Non ce la faccio a dimenticare.

Dal web

lunedì 16 marzo 2020

Andrà tutto bene? No

Un paese nel dramma è un governicchio anti Italiano, incapace perfino di procurare le mascherine agli ospedali (ma in febbraio, le regalarono ai cinesi) di Antonio Socci

Circola sui social l’autoconsolatorio slogan “andrà tutto bene”. Lo speriamo, ma temiamo che invece con questo governo possa andare tutto sempre peggio. Infatti l’Italia vive già una tragedia gravissima che sembra passare nella disattenzione generale: il record di morti (ormai quasi 2 mila!). Con tanti saluti allo spot di febbraio con cui il ministero della salute voleva fare informazione sanitaria spiegando (testualmente) che “non è affatto facile il contagio” (lo abbiamo visto). D’altronde a quel tempo sostenevano che il problema era il razzismo…

C’è voluto del tempo (tempo prezioso perduto) perché capissero che invece il problema era il coronavirus e bisognava averne paura. Ancora a febbraio, quando sapevamo già da settimane che stava per arrivare in Italia lo tsunami dell’epidemia, il governo non ha pensato di attrezzarsi preventivamente con grandi dotazioni di mascherine sanitarie, per gli ospedali e per i cittadini. Eppure ha avuto un mese di tempo. Anzi, questo incredibile esecutivo, il 15 febbraio, attraverso il ministero degli Esteri guidato da Di Maio, con la Cooperazione internazionale, ha spedito in Cina, con un volo dell’Onu partito da Brindisi, 2 tonnellate di materiale sanitario di cui facevano parte molte mascherine. Regalate. Oggi in Italia ce n’è una drammatica carenza, pure negli ospedali, e finiamo col doverle comprare. Da chi? Da quegli stessi cinesi… E tre giorni fa il solito Di Maio ha ringraziato la Cina per questa vendita come se ci facesse – lei – beneficienza. Dimenticando pure le enormi responsabilità del regime di Pechino nel dilagare dell’epidemia.

Il dramma non è solo avere per ministri dei dilettanti, degli improvvisatori: è un governo del tutto scollegato dalla realtà italiana e questo “scollegamento” si è evidenziato in modo drammatico nello scontro di queste ore con la Regione Lombardia che sta affrontando eroicamente l’emergenza. Un governo scollegato perché è stato messo insieme tra nemici che volevano solo evitare le elezioni e conservare le poltrone ed è un governo di minoranza che non rappresenta il Paese, che non ha basi sociali. Purtroppo i media, invece di essere i sensori di questa drammatica spaccatura fra Palazzo e Paese, invece di spingere a coinvolgere l’opposizione (maggioritaria fra la gente), per unire l’italia nell’emergenza, sono ormai del tutto dentro quelle stesse logiche di Palazzo. Lontani dal paese reale quanto il governo. Perfino gli osservatori più attenti portano fuori strada. Sabato scorso, sul “Corriere della sera”, Paolo Mieli ha concluso il suo editoriale con una considerazione surreale, spiegando che questo è uno dei “governi (frutto di combinazioni parlamentari) che, per loro stessa natura, sono pressoché indifferenti alle opzioni degli elettori, dalle quali non dipende la loro vita. Cosa che però” concludeva Mieli “in un frangente come questo può rivelarsi un pregio”.

Un pregio? Oltre ad essere un’anomalia democratica, proprio in questo frangente si dimostra devastante avere un governo di minoranza nato nel Palazzo. E’ per questa lontananza dalle “opzioni degli elettori” infatti che Conte – per inseguire un consenso elettorale che non ha mai avuto – è stato convinto a far finta di essere Winston Churchill e si è inventato condottiero, mettendosi a fare quello che nessun presidente del consiglio ha mai fatto prima. Invece di delegare a un tecnico come Bertolaso la gestione dell’emergenza, uno esperto e capace di prendere decisioni immediate, senza problemi di immagine e di consenso, ha fatto tutto in prima persona cercando un protagonismo improprio. Così in queste settimane abbiamo visto continui decreti, correzioni, precisazioni, informazioni mancanti e bozze anticipate che hanno provocato il caos. Il finale è il decreto di ieri che invece di presentare poche e chiare decisioni per affrontare l’emergenza – con un grande impegno di spesa come la Germania (che ha messo in campo 550 miliardi) – è una specie di “milleproroghe”, un’inverosimile legge di bilancio fatta per decreto (Borghi l’ha definito “200 pagine di marchette”). Così di nuovo abbiamo un governo più attento a cercare il consenso che ad affrontare la tragedia in corso. E – ovviamente – l’opposizione non è stata coinvolta, se non a parole. Intanto il Paese affonda e vive in un incubo.

sabato 14 marzo 2020

Christine Lagarde e la Ue


Disegno di Pubble

La propaganda cinese, il virus nel virus


Sta già accadendo. Oltre al coronavirus, sta circolando in Italia il virus della propaganda cinese, che punta a riabilitare l’immagine di Pechino presentando il “caso Wuhan” come una storia di successo nella lotta al Covid-19 e, quindi, il suo sistema totalitario come un modello in contrapposizione all’inefficienza e alla confusione delle democrazie occidentali. La posta in gioco è alta per il Partito comunista cinese e il suo leader, Xi Jinping: il mondo è avviato verso una recessione economica globale le cui cause potrebbero essere facilmente ricondotte ai ritardi e alle decisioni sbagliate da parte di Pechino nelle prime settimane di diffusione del nuovo coronavirus a Wuhan. Una relazione di causa-effetto che il regime comunista cinese è determinato a contrastare fin da subito, prima che prenda piede. Ha quindi lanciato una controffensiva propagandistica – magistralmente descritta già qualche giorno fa su Atlantico da Enzo Reale -volta a riscrivere, ribaltandola, la storia del coronavirus. La controffensiva è globale, ma al momento l’Italia sembra essere il solo Paese occidentale dove fa presa. Ma quali sono i punti forti che vengono “spinti” dai diplomatici e dai media cinesi nel dibattito pubblico occidentale?

Primo, il coronavirus potrebbe non aver avuto origine in Cina. “Anche se scoperto per la prima volta in Cina, non significa che abbia avuto origine in Cina”, ha osservato Zhong Nanshan, uno scienziato, lo scorso 27 febbraio. L’ambasciata cinese di Canberra ha avvertito i giornalisti che sostenere che il coronavirus sia originato in Cina significa “politicizzare” la questione. Ma l’apparato propagandistico del regime non si accontenta di mettere in dubbio l’origine cinese del virus. No, sta spingendo con forza una teoria cospirazionista, già messa in circolazione da settimane sui social media cinesi, secondo cui sarebbe tutta opera degli Stati Uniti. Un portavoce del Ministero degli esteri, Lijian Zhao, ha ipotizzato dal suo profilo Twitter che sia stato l’esercito americano a portare il virus a Wuhan e diffondere l’epidemia, in occasione dei Giochi militari dell’ottobre 2019, quando proprio a Wuhan arrivarono 300 atleti militari statunitensi. Un altro portavoce del Ministero degli esteri, Geng Shuang, non ha commentato i tweet di Zhao, ma ha dichiarato che “la comunità internazionale ha opinioni diverse” sulle origini del virus, “si tratta di un problema scientifico”. Laddove per “comunità internazionale” intende, ovviamente, la Cina… Il sito delle Forze armate cinesi, Xilu.com, in un articolo sostiene apertamente che il coronavirus sarebbe “un’arma biochimica prodotta dagli Stati Uniti contro la Cina”. Insomma, l’accusa è di un atto di guerra virologica. Anche il Global Times, testata in lingua inglese del Partito comunista cinese, allude nei suoi articoli agli Stati Uniti come origine del virus.

Rimosso prima di essere sottoposto a revisione scientifica, invece, uno studio pubblicato lo scorso 6 febbraio da Botao Xiao, specialista cinese di Dna della South China University of Technology, che in passato ha lavorato presso il laboratorio biochimico di massima sicurezza che si trova proprio a Wuhan, in cui si denunciavano falle negli standard di sicurezza presso il laboratorio, dove venivano condotti studi proprio su ceppi di coronavirus trasmessi da pipistrelli, ipotizzando che il virus possa essere uscito per errore da quella struttura. Vedremo fino a che punto la pandemia di coronavirus e le responsabilità della sua diffusione entreranno nella nuova Guerra Fredda tra Washington e Pechino, ma la sensazione, soprattutto se dovesse profilarsi una grave e prolungata crisi dell’economia globale, è che il tema possa diventare un nuovo terreno di scontro ai massimi livelli tra le due potenze. Un altro argomento sostenuto da Pechino è che la sua tempestiva risposta e le misure drastiche adottate abbiano permesso di “comprare tempo”, dando modo alla comunità internazionale di prepararsi. Qui siamo al vero e proprio ribaltamento della realtà. Il tentativo di insabbiamento della nuova emergenza sanitaria da parte di Pechino, già ricostruito da Enzo Reale per Atlantico citando coraggiosi giornalisti cinesi, ha invece permesso al virus di diffondersi a Wuhan nelle prime cruciali settimane, senza che nemmeno i cittadini fossero informati e messi nelle condizioni di prendere le minime precauzioni. È ben noto ormai il silenziamento dei medici che già a fine dicembre avevano dato l’allarme e altresì nota la censura subito scattata sui social nei giorni successivi. Le autorità cinesi hanno parlato per la prima volta di una possibile trasmissione del virus tra esseri umani il 21 gennaio e l’emergenza è stata dichiarata dopo il Capodanno cinese, quando circa 5 milioni di residenti a Wuhan avevano ormai potuto viaggiare liberamente e ignari di tutto nel resto del Paese e all’estero.

La Casa Bianca si è opposta a questa narrazione di Pechino: il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien ha dichiarato mercoledì scorso che l’iniziale insabbiamento e cattiva gestione da parte delle autorità cinesi “probabilmente è costata alla comunità internazionale due mesi” e aggravato l’epidemia a livello globale. “Se avessimo potuto sequenziare il virus e avere la cooperazione necessaria dalla Cina, se i team dell’Oms e i Cdc Usa fossero stati sul campo, avremmo potuto ridurre drasticamente quello che è successo in Cina e accade nel mondo”. Secondo documenti governativi visionati dal South China Morning Post, il primo caso di coronavirus diagnosticato in Cina, un 55enne della provincia di Hubei, può essere fatto risalire al 17 novembre scorso, e non all’8 dicembre come il governo cinese aveva riferito all’Oms. Al 31 dicembre erano almeno 266 le persone che avevano contratto il nuovo coronavirus ed erano sotto supervisione medica, già 381 al primo di gennaio, mentre ancora l’11 gennaio le autorità sanitarie di Wuhan dichiaravano solo 41 casi confermati. Secondo una testimonianza, la prima diagnosi di un nuovo coronavirus risalirebbe invece al 16 dicembre. Quindi, tra tentativi di comprendere l’origine della malattia e di insabbiamento, sarebbero da un minimo di uno a due pieni i mesi persi.

La terza arma della propaganda cinese è la narrazione delle eroiche gesta del Partito, uscito vittorioso sul virus con il popolo unito e disciplinato dietro di sé. Se la dichiarazione di vittoria appare prematura e, soprattutto, i numeri dichiarati da Pechino non sono in alcun modo verificabili, questa consente al regime di proporsi come modello nella lotta al virus proprio mentre l’epidemia esplode nei Paesi occidentali. Ma più riguardiamo i numeri italiani di questi giorni (ed europei, a questo punto), più si rafforza il sospetto che i numeri cinesi siano del tutto irrealistici, fuori scala (come sostenuto tra gennaio e febbraio in autorevoli articoli scientifici). Possibile che il 23-24 gennaio Pechino abbia messo in lockdown totale 40 milioni di persone e parte della sua produzione nazionale, mettendo a rischio una crescita economica decennale, per 897 casi e 26 morti allora dichiarati? Possibile che il regime comunista cinese abbia così a cuore la salute dei suoi cittadini? O forse casi e vittime erano già nell’ordine delle migliaia? Se oltre ai ritardi e al tentativo di insabbiamento, i numeri ufficiali cinesi fossero stati più fedeli alla realtà, rappresentando la reale dimensione del contagio e delle vittime (probabilmente da moltiplicare per 10, se non per 100), il resto del mondo avrebbe avuto una diversa percezione della minaccia… Molti dubbi anche sulla reale portata della ripartenza dell’economia cinese, i cui dati sarebbero affidabili quanto quelli dei decessi. Secondo Caixin, leggiamo sul settimanale Tempi.it, “il governo centrale calcola la ripresa economica di fabbriche e aziende in base al consumo di energia. Per questo, chiede a tutti i segretari locali del Partito comunista di rispettare certe quote di elettricità consumata. I segretari si rifanno sui proprietari delle aziende, che a loro volta azionano e fanno andare anche tutta la notte macchinari, luci e condizionatori. Le aziende però restano vuote e i dipendenti a casa per mancanza di lavoro. Così le quote sono rispettate e l’economia riparte sulla carta anche se nella realtà non cambia niente”.

Sembra però che questa narrazione del “modello Wuhan”, cui seguono offerte di aiuto e dichiarazioni di “amicizia e solidarietà”, sia particolarmente efficace con i Paesi più in difficoltà, come l’Italia. E qui Pechino ha avuto gioco facile, sia per l’influenza nel nostro Paese del “partito sino-eurofilo”, che per la latitanza dell’Ue. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono arrivate tardivamente, o non sono mai arrivate, le parole di solidarietà di Bruxelles e dei leader degli altri stati membri, mentre di aiuti concreti non s’è vista nemmeno l’ombra. Un vuoto in cui si è abilmente inserita la Cina, facendo arrivare preziosissime forniture sanitarie (mascherine, ventilatori, persino un team di medici), dopo che per giorni il ministro della salute Speranza si era aggirato mendicante per l’Europa ricevendo al più alzate di spalle. “L’Italia ha già chiesto di attivare il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea per le forniture di dispositivi medici. Nessun Paese europeo ha risposto”, ha ricordato l’ambasciatore italiano presso l’Ue. Peggio, c’è chi non solo non ha risposto all’sos, ma ha persino bloccato l’esportazione. Una mossa dal forte significato geopolitico, ma anche soprattutto propagandistico da parte cinese. Sta dando i suoi frutti a Pechino anche l’accordo tra la principale agenzia di stampa italiana, l’Ansa, e quella ufficiale cinese, Xinhua. Quotidianamente infatti l’Ansa fa arrivare sui terminali dei suoi clienti numerosi lanci firmati Xinhua, con risultati comici, se la questione non fosse dannatamente seria, tanto la retorica da propaganda totalitaria è smaccatamente in contrasto con lo stile asciutto e sobrio consono ad un’agenzia di stampa secondo gli standard occidentali… “Covid-19: Cina modello globale per lotta ai contagi”, è il titolo di una Ansa-Xinhua di 7 lanci di giovedì scorso: “Il suo impegno, ampiamente riconosciuto da tutto il resto del mondo, offre un esempio di come costruire una comunità umana unita dal futuro condiviso”. L’Italia, purtroppo, detiene il record mondiale di casi di coronavirus attivi e di decessi (questi secondi solo alla Cina, per ora), ma molti esponenti di governo e commentatori sembrano trovare soddisfazione nel dare dei criminali al premier britannico Johnson e al presidente americano Trump, sputando sentenze premature sui loro piani di contenimento del contagio (dall’alto dei nostri successi…), mentre esaltano il modello cinese e ringraziano Pechino per i doni – che doni non sono, ma forniture regolarmente acquistate – dimenticando le terribili responsabilità del regime comunista cinese nella diffusione globale del contagio. Dovremmo considerare le forniture consegnate ieri solo un piccolo anticipo del risarcimento danni.

venerdì 13 marzo 2020

La rivolta del carcere di Modena

LA RIVOLTA NEL CARCERE DI MODENA E SUOI INVISIBILI EROI.

Di me sapete che amo i gatti, la buona tavola, il buon vino. Ciò che ignorate invece, è che la mia vita non è solo mestoli, fusa e degustazione; io indosso anche la divisa blu notte della Polizia Penitenziaria. E il senso del dovere ha voluto che la indossassi anche l’otto marzo, durante la rivolta nel carcere di Modena. Non so come dirlo, quindi lo dico e basta: in quella sommossa ero certa morire. Oggi muoio qui, ho pensato udendo le loro urla di giubilo mentre spaccavano vetri, porte e finestre. Che morte stupida, mi ripetevo. Ero di riposo e sono tornata in ufficio per far telefonare i detenuti anziché starmene a casa. Idiota io e il mio senso del dovere, continuavo a ripetere a me stessa mentre avvertivo la mia fine farsi sempre più vicina. Può sembrare una frase da film o da romanzo, ma la sensazione era questa, ed era reale. Provate a immaginarla, se volete. Ignoro come tutto sia iniziato, so solo che a un certo punto ho udito le urla dei colleghi che mi ordinavano di chiudermi in ufficio perché era in corso una rivolta. Non hanno nemmeno avuto il tempo di terminare la frase che gli allarmi hanno iniziato a suonare, le luci a spegnersi, le linee telefoniche a non dar più segni di vita. Ero impietrita dal terrore. Oggi muoio qui, ho pensato, e la mia angoscia più grande non era perdere la vita, ma lasciare i miei adorati gatti al loro destino in un gattile. Folle a dirsi, ma è la verità. Il tempo pareva non passare mai. Udivo urla, vetri infrangersi, tutto era confuso e ovattato. Era impossibile capire chi stesse avendo la meglio, ed è stato così non per pochi minuti, che già sarebbero sembrati eterni, ma per ore.

A un certo punto hanno bussato alla porta e sono trasalita. “Apri, Fulvia, siamo noi” ha detto finalmente una voce amica, ma non era ancora finita, anzi. “Dobbiamo barricarci tutti insieme dentro la terza stanza”. Ho spalancato la porta, e quando ho visto che oltre ai colleghi, era presente anche il personale medico e infermieristico, ho capito che la situazione era davvero grave. Abbiamo messo quanti più ostacoli possibili tra noi e loro, abbiamo chiuso tutti i cancelli, aspettando barricati in ufficio i rinforzi. Tutti in quella stanza avevamo la certezza che non ne saremmo usciti vivi, ma nessuno aveva il coraggio di ammettere tale nefando pensiero. “Resistete ragazzi, vi tireremo fuori di lì”, ci ripeteva il Comandante Mauro Pellegrino tramite radio, “non vi abbandono, tranquilli” ribadiva spesso con tono accorato. L’angoscia di quelle ore non può essere descritta. Quando le urla hanno iniziato a sovrastare i rumori degli allarmi, delle sirene e degli elicotteri, abbiamo capito che i detenuti si stavano avvicinando sempre di più a noi. Nel momento in cui abbiamo cominciato a percepire odore di fumo e rumore di sbarre fresate, abbiamo capito che ormai ben pochi metri ci dividevano. Il carcere era perduto, i detenuti erano ovunque. Se non fosse stato per il nostro Comandante, dubito che saremmo usciti sani e salvi da quella situazione. “Uscite ragazzi” ci disse dopo quelli che erano sembrati secoli. “Sarete scortati da una delegazione di detenuti, non vi faranno nulla. Voi però non parlate e non cedete alle provocazioni”. Abbiamo aperto la porta, ci siamo consegnati. Abbiamo formato un cordone al centro del quale abbiamo posizionato i civili, e ci siamo avviati verso l’uscita. Quei 400 metri mi sono parsi chilometri. Quando abbiamo varcato l’ultima porta lui era lì, a sincerarsi personalmente che tutti stessimo bene ed è stato in quel frangente che ho capito perché lo chiamano Capitano: un Comandante così, lo segui fino alle viscere dell’inferno se occorre, e così è stato.

Io non ho mai visto così tanti uomini e donne stringersi tanto calorosamente intorno al proprio Comandante; come lui non aveva abbandonato noi, noi ora eravamo con lui, come un solo individuo.
Ho visto ragazzi di nemmeno 23 anni entrare e lottare a mani nude contro detenuti armati fino ai denti, ho visto uomini che non hanno mai indietreggiato un sol attimo nonostante la schiacciante inferiorità numerica. Se non lo faccio io, chi racconterà la storia di questi eroi silenziosi che tutti ignorano? Ci vuole coraggio a entrare in un carcere posto a ferro e fuoco con pochi scudi ed elmetti, tra l’altro dismessi, di almeno 40 anni fa. Eppure lo hanno fatto, senza indugio. Metro dopo metro ci siamo ripresi il carcere e abbiamo salvato non solo noi stessi, ma anche coloro che non avevano partecipato alla rivolta. Perché, è il caso di dirlo, non tutti i ristretti erano d’accordo con la sommossa.
Non ho mai compreso perché un criminale venga sempre giustificato, mentre morire per lo Stato è dato per scontato. Nessuno racconterà la nostra storia perché noi siamo gli invisibili, coloro che non contano, che non interessano; ecco perché, da sopravvissuta, sento forte il bisogno di rivendicare il rispetto che meritiamo.

Non potete giustificare questa apocalisse minimizzando azioni di tale nefandezza, asserendo che avevano paura del contagio del Coronavirus, o tirando in ballo, senza conoscere i fatti, la sospensione dei colloqui. La sospensione dei colloqui si era resa necessaria per via dell’emergenza sanitaria, non era certo un capriccio. Inoltre non è stata un taglio netto, perché in sostituzione era stata data la possibilità di effettuare telefonate e videochiamate via Skype ai propri cari ed è per questo motivo che pur essendo di riposo sono stata richiamata in servizio domenica. Nonostante ci fossimo ampiamente prodigati per far chiamare gli interessati anche tre, quattro volte in una settimana, era palese che ai più facinorosi nessuno sforzo bastasse, che cercassero una scusa per fomentare la rivolta. Non potete minimizzare o giustificare, mi spiace. Altro non è stato che un pretesto per porre tutto a ferro e fuoco.

Provate a immaginare la situazione che ho descritto quando ci apostrofate come sbirri, guardie, secondini. Avete per noi solo appellativi dispregiativi come se, per via della professione che svolgiamo, non fossimo capaci di essere portatori di bellezza, eccellenza, umanità. È per questo motivo che scrivo dalla pagina di Biscotto Clandestino: per dimostrarvi quanto siete in errore. Infine, e mi rivolgo soprattutto ai professionisti della comunicazione, sono passati 30 anni dalla promulgazione della 395/90, Legge con la quale è stato sciolto il Corpo degli Agenti di Custodia e istituito quello della Polizia Penitenziaria; se proprio non riuscite a stimarci, almeno abbiate la compiacenza di chiamarci in maniera corretta. Smettetela di indicarci come guardie carcerarie o secondini, noi siamo la POLIZIA PENITENZIARIA. Onore a noi e tutti coloro che ci sono stati accanto in quei giorni infernali.

La bestia

La comare secca all’attacco dello stato ai tempi del covid di Pino Cabras

La Comare Secca non è nuova ad aprire la bocca e mostrare settecento denti ai giornalisti nel momento più difficile di un paese in crisi per aggravarne subito la situazione. Lo fece anche il 27 gennaio 2015 in un’intervista a Le Monde e la Repubblica, chiudendo ogni porta alla Grecia, quella volta da direttrice del Fondo Monetario Internazionale. Contribuì, assieme a classi dirigenti europee ottuse, disumane e predatrici, ad aggravare la condizione del popolo greco fino a imporgli in pochi mesi un massacro sociale e una svendita di attività strategiche con effetti disastrosi sulla sovranità ellenica e sulla vita quotidiana di milioni di persone. I denti della Comare Secca sono gli stessi anche in un infausto 12 marzo 2020, ora che ricopre (credo ancora per pochi giorni) la carica di presidente della Banca Centrale Europea. Nel bel mezzo di una epidemia con tassi di crescita esponenziali, mentre la Repubblica italiana blocca tutto in un modo senza precedenti in Occidente per evitare il crollo del sistema sanitario (un asset strategico primario) e scongiurare un’ecatombe catastrofica, in mezzo all’«ora più buia» dell’Italia, la Comare Secca sceglie di pronunciare una frase che espone la gola di un paese intero come quella di un agnello nel macello della finanza speculativa. Mi pare abbastanza oggettivo che la Comare Secca abbia insidiato a freddo diversi beni costituzionali di precipuo rilievo: dalla salute pubblica al risparmio, dalle condizioni primarie dell’ordine pubblico, ai mezzi che possono essere usati dagli organi dello Stato per la propria continuità operativa.

La Comare Secca la prima volta non fu punita. Ma questo non significa che questa volta per lei non si debba considerare il contesto oggettivamente criminale in cui è maturata la sua prima grande esternazione da capo della banca centrale, fino ad avere lo stesso effetto di un attentato contro la Costituzione del nostro Stato. Un contesto come questo può creare l’obbligatorietà dell’azione penale, anche se il reato dovesse provenire da un organo protetto da mille cavilli che dovrebbero cadere di fronte a una ragione superiore? C’è qualche magistrato interessato a scoprirlo? Non parlo solo di indagare su chi ha guadagnato grazie alle parole uscite da quei settecento denti, ma chiedo di più: chiedo di indagare sul danno costituzionale diretto a carico dello Stato italiano, sull’intento ostile di peggiorarne la sua vulnerabilità nel momento più difficile. Tutti abbiamo assistito a un fatto diretto a mutare in modo materiale la costituzione dello Stato o la forma del governo, con mezzi non consentiti dall’ordinamento costituzionale dello Stato. Per costituzione non intendo solo la carta costituzionale in senso stretto, ma tutte quelle norme che statuiscono il modo in cui si esercita la sovranità attraverso i vari organi dello Stato, nonché l’insieme dei diritti e interessi che sono riconosciuti e tutelati dalla sovranità nei singoli cittadini.

Sto dicendo che nel momento in cui l’epidemia del COVID 19 ha gli stessi effetti dirompenti di una guerra mondiale, un atto cinico e irresponsabile come quello che proviene dall’apice della BCE va trattato e combattuto come un atto ostile contro lo Stato, come un atto di guerra. I pigolii del ministro Gualtieri che si attende pietà da chi ci ha già pugnalato non servono a nulla. Il Capo dello Stato Mattarella si è pronunciato in modi infinitamente più felpati dei miei, ma mi pare una presa di posizione senza precedenti, per uno statista che ha sempre professato un europeismo molto ortodosso: «In un momento difficile l'Italia attende solidarietà, non ostacoli». Ecco, l’avv. Christine Madeleine Odette Lagarde è un ostacolo ben noto. Il problema naturalmente non è solo la sua persona, ma un’istituzione che sceglie da anni il lato oscuro della Storia e ora può essere travolta in pochi giorni dalla Storia stessa in uno dei suoi passaggi catastrofici. O pensate che la crisi del coronavirus sia ordinaria amministrazione e placidi calcoli berlinesi? Se la BCE continua a essere un problema e non la soluzione, ne sarà travolta. Deve cambiare tutto, deve essere assicurato ogni mezzo affinché lo Stato italiano possa essere la risorsa per salvare un intero popolo.

giovedì 12 marzo 2020

Una storia?

Una storia di fantascienza, (ma non prendeteci gusto)...

Bill Gates annuncia (forse gli scappa) nel 2015 e nel 2017, che tramite i vaccini si potrà ridurre la popolazione mondiale del 10%. Stessa affermazione fa Rockefeller dal podio nel 2016. Ritiratosi da Microsoft, Bill Gates investe quasi solo in mineraria e farmaceutica. Rockefeller abbandona il petrolio e, insieme a Rothschild è il Deus ex machina della farmaceutica. La Bill & Melinda Gates foundation è il più grosso finanziatore dell'OMS. A ottobre Bill Gates annuncia che una pandemia a breve (di Coronavirus) provocherà 30 milioni di morti a livello globale. Darpa, la sezione BIO del Pentagono, la più importante finanziatrice e fabbricante di Armi batteriologiche finanzia l'Università di Berkeley per la ricerca di un Corona "gestibile" e lo crea. Lo brevetta. A Wuhan francesi e cinesi creano un laboratorio di alto livello per lo studio e creazione di virus patogeni. A Gennaio si manifesta il Coronavirus in Germania ma viene insabbiato. A febbraio scoppia a Wuhan ed è il panico. La Cina contiene con metodi draconiani e vince. La Russia addirittura si dichiara esente. La via della seta è però distrutta essendo sotto pesante attacco Iran e il terminale, l'Italia. L'Italia viene additata dal mondo come untore planetario e viene isolata, L'economia italiana è distrutta. I marines in forze sbarcano in Europa. Israele annuncia di avere il vaccino, però ci vogliono minimo 6 mesi, di solito un anno e mezzo di prove su umani, prima che sia autorizzato. L'OMS dichiara pandemia globale e allora il vaccino verrà iniettato senza test. Vedremo se obbligatorio per tutti e da quando. La gestione del tutto ora passa in mano all'OMS, di cui , appunto Bill Gates è il più grande finanziatore. Ve la state facendo addosso ? Ci sta.

dal post di Francesco Neri

C’è solo un piccolo errore: l’infezione, in Cina, era già cominciata tra settembre ed ottobre. 

martedì 10 marzo 2020

Primo caso

Primo caso di contagio nella mia cittadina. Si è saputo stamattina tramite un post sul Facebook del comune. Non sappiamo chi sia per questioni di privacy. Deve comunque fare il secondo tampone ed al momento, pare sia in quarantena nel proprio domicilio. Prima o poi, doveva arrivare ed è arrivato. Con la speranza che non ci infetti tutti e 16 mila. 

Ultime notizia

L’Italia dichiarata interamente zona rossa. Nel frattempo, i carcerati scappano e i ministri della difesa e dell’interno, non sono pervenuti.

lunedì 9 marzo 2020

Le belle notizie...

Rivolta in molte carceri italiane

Morti e razzie a Modena. Carcerati sul tetto a San Vittore. Caos totale a Foggia. Rivolta a Poggioreale. Tentativi di evasione a Palermo. Altri penitenziari in subbuglio. Situazione esplosiva e la situazione degenera di ora in ora. Tutta la solidarietà in questo momento delicato e terribile alle nostre forze dell’ordine. La bomba sociale a orologeria è stata innescata, era questione di tempo e quel tempo è arrivato, nel momento peggiore. Forza povera Nazione mia. In Iran a causa delle mancate contro misure sono stati liberati 70 mila detenuti, giusto per prendere appunti.

Dalla bacheca di Lorenzo Capellini Mion

Ci si chiede anche se ancora abbiamo e dove siano i ministri dell’interno e della difesa.

sabato 7 marzo 2020

La dannosità della ue

Comunque, persino per un euroscettico, la prova che sta dando di sé l'Unione Europea è inferiore alle più pessimistiche aspettative. Rispetto all'emergenza sanitaria ogni paese agisce in ordine rigorosamente sparso, ciascuno cerca di ottenere qualche piccolo vantaggio per sé e di guadagnare un po' di tempo, sperando di capitalizzare questi vantaggi comparativi a crisi passata. (La situazione emergenziale viene peraltro sfruttata come fattore di distrazione per cercar di far passare iniziative letali come il MES 2). Una volta di più il motto dell'Unione si dimostra essere "mors tua vita mea".

Il tentativo di addossare la "colpa" al vicino e di mostrarsi più affidabile (ai 'mercati') è praticato sistematicamente (qui il gioco giocato dalla Germania è oramai scoperto: ad oggi con 670 infetti ufficiali il sistema tedesco non ha dichiarato alcun decesso. A occhio e croce o i malati gravi vengono giustiziati un po' prima del decesso, oppure le autorità mentono come se non ci fosse un domani).

Neppure la gestione di cose banali come il materiale sanitario necessario per il contenimento, come le mascherine, è minimamente coordinata e ciò palesa plasticamente a tutti (tranne al nostro ceto politico) che esiste solo l'interesse nazionale. Nel frattempo, i problemi relativi agli spostamenti migratori vengono trattati secondo un format oramai classico: accusando di inumanità chi regge l'urto, e stanziando un po' di fondi sottobanco per continuare a reggere l'urto esattamente come prima. L'essenziale è che il casino e la sporcizia restino lontani dagli occhi della borghesia benpensante centroeuropea, consentendole di continuare a sentirsi moralmente superiore.

Lo specifico caso della Grecia, peraltro, grida vendetta al cielo. Il paese, dopo essere stato sottoposto a waterboarding finanziario per dieci anni, dopo aver visto la sua classe media scomparire, i pensionati raccattare nell'immondizia, la mortalità infantile esplodere, il sistema sanitario collassare, ora, mentre a tutto ciò si aggiunge un'epidemia globale, si trova ad affrontare un'invasione di centinaia di migliaia di disgraziati di varia provenienza, forse infiltrati da islamisti, e con dietro i corpi speciali turchi. In sostanza si tratta di un atto di guerra non dichiarata.

E in questo contesto, l'Unione Europea, dopo aver spolpato la Grecia per 'dare l'esempio' (bisognava scoraggiare il 'moral hazard' diceva Schauble), dopo averla messo in ginocchio e alla mercé del nemico storico (formalmente Grecia e Turchia non hanno mai stipulato un trattato di pace), ora pensa di discuterne l'emergenza in termini di ammonimenti morali, magari tirando fuori qualche articolo dell'UDHR. (Spero per voi che non ci sia un Dio, altrimenti non vi vedo bene a fornire spiegazioni.)

L'Unione Europea si è dimostrata in questi anni e, tragicamente, continua a dimostrarsi anche oggi, politicamente utile quanto un frigorifero al Polo nord. Quanto alla dimensione economica, l'utilità sociale dell'UE invece è chiara, ed è quella dell'usuraio, di chi quando sei in difficoltà si mostra disponibile a "dare una mano", purché possa metterti una catena al collo e toglierti pian pianino tutto quello che hai.

Dalla bacheca di Andrea Zhok

martedì 3 marzo 2020

La banca mondiale e il covid 19

Pandemia, epidemia? Per Oms e Banca Mondiale non è questione di vittime, ma di soldi. La vicenda dei bond-catastrofe di Mauro Bottarelli

Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il coronavirus non è ancora ufficialmente una pandemia globale ma per i bond che la Banca Mondiale ha emesso come assicurazione da una catastrofe naturale come quella del Covid-19, sì. O quasi. Perché allora questa discrasia di valutazione? Questione di cinque mesi. Passati i quali, i bond venduti nel 2017 dalla Banca Mondiale al fine di racimolare fondi per i Paesi poveri chiamati a fronteggiare pandemie globali andranno a maturazione, garantendo ai loro possessori privati lauti guadagni, visto che già oggi il rendimento è dell’11% superiore al tasso Libor per quanto riguarda la tranche obbligazionaria più rischiosa.

Cosa c’entra l’Oms? Tutto, di fatto. Perché proprio la classificazione dell’epidemia in atto opererà da primo discrimine fra il placido arrivo a scadenza di quei bond oppure l‘innesco della clausola che annullerebbe gli investimenti garantendo ai Paesi colpiti lo stanziamento dei fondi che fanno riferimento a quell’emissione. Di per sé, già un qualcosa che risulta decisamente bizzarro. Ma se l’elenco di quelle che possiamo definire estrosità appare lungo in questa vicenda, un posto sul podio lo merita di diritto il fatto che, ottenuta la luce verde dall’Oms riguardo il riconoscimento della pandemia, per permettere ai Paesi che ne hanno bisogno di entrare in possesso dei fondi occorrerà il via libera della Air Worldwide Corporation, un’azienda privata con sede a Boston.

L’intera vicenda ha avuto inizio appunto nel 2017, quando la Banca Mondiale ha emesso due tranches di catastrophe bonds (o Cat-bond) per finanziare il progretto Pandemic Emergency Financing Facility: in totale il controvalore andato in asta è stato di 425 milioni di dollari, scadenza luglio 2020 e diviso in due tranche. La prima, più sicura e per questo di classe A ammontava a 225 milioni  con una cedola annuale del 6,9%, mentre la seconda, più rischiosa e per questo di classe B, aveva valore totale di 95 milioni e staccava una rendimento dell’11,5%. Entrambe avevano due livelli raggiunti i quali scattava la clausola di default, quella che si sostanziava nella perdita di tutto l’investimento da parte dei detentori: nel primo caso, stando al prospetto informativo, occorreva arrivare a 2.500 morti nel Paese epicentro della pandemia più altri 20 in un Paese terzo. Nel caso della classe B, invece, il livello di morti era molto più basso: d’altronde, ad alto rendimento deve corrispondere un rischio più alto per l’investitore. Peccato che si parli di vite umane.

E già oggi, numeri alla mano, il Covid-19 ha superato il livello di decessi “necessari” per mettere a rischio la maturazione di quei bond, facendo scattare anticipatamente la clausola di default, in caso l’Oms sciogliesse le riserve nominalistiche e proclamasse la pandemia globale.

Non a caso, se la tranche di classe A viaggia ancora poco sotto la parità sul dollaro come valore facciale, i bond di fascia più rischiosa veleggiano fra i 60 e i 70 centesimi sul dollaro. Di fatto, una bandiera rossa che sembrerebbe segnalare l’ingresso in campo dell’Oms in tempi brevi. Oltretutto, queste obbligazioni dalla dubbia moralità – ancorché formalmente emesse per una buona causa – non sono trattate su piattaforme regolamentate ma si basano pressoché unicamente sulle quotazioni offerte da un gruppo di dealers specializzati. E, come anticipato, vedono la Air Worldwide Corporation come giudice ultimo riguardo l’attivazione o meno della clausola di default. Interpellata da Bloomberg, una portavoce dell’azienda ha preferito trincerarsi dietro un dignitoso ma molto eloquente no comment. E come se questo non bastasse a garantire la pressoché certezza di monetizzare l’intero investimento da parte dei detentori, quei bonds sono regolati da una serie infinita e molto complessa di termini da soddisfare perché da Boston arrivi il via libera all’identificazione del cosiddetto covered peril, ovvero la proclamazione di una pandemia globale in questo caso.

Ad esempio, si può sindacare sull’esatta collocazione geografica del primo focolaio dell’epidemia oppure sul tasso di crescita dei livelli di infezione e contagio. Ad oggi, le due tranches di bond viaggiano tranquille verso la maturazione del prossimo luglio, non essendo scattata alcuna clausola. E non si tratta di una novità, perché un precedente ci è stato offerto non più tardi della scorsa estate da altrettante pandemic securities emesse in relazione all’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, i cui cat-bonds arrivarono infatti a 40 centesimi sul dollaro di valore facciale senza che fosse però proclamata la pandemia globale.

Risultato? I 320 milioni di obbligazioni emesse garantirono lauti guadagni ai loro detentori, nonostante gli oltre 1800 morti accertati. All epoca, l’accaduto scatenò polemiche, tanto che Olga Jonas, senior fellow all’Harvard Global Health Institute, dichiarò che “quanto fatto dalla Banca Mondiale attraverso l’emissione di quei bond è stata soltanto propaganda mediatica. Volevano solo annunciare una nuova iniziativa che impressionasse il mondo”. Più che altro che lo ingolosisse nei suoi settori più attenti alle opportunità finanziarie, visto che con i rendimenti obbligazionari di tutto il mondo ai minimi storici, l’11% di cedola appariva quasi come un’oasi nel deserto: non a caso, l’asta registrò una sovra-iscrizione del 200%, stando ai dati ufficiali forniti dalla stessa Banca Mondiale.

Questi due grafici








mettono in prospettiva la logica che sovrintende l’intera operazione: il primo mostra la formula utilizzata per calcolare la ratio pandemica e decretare che il banco delle scommesse è saltato, garantendo ai Paesi che li necessitano i fondi a garanzia dell’operazione; mentre il secondo mostra l’aumento del payout in base alla contabilità dei decessi, fondamentale per l’attivazione o meno delle clausole di default.

E non basta, perché al di là della natura da novelli Einstein di questa conditio sine qua non che regolamentava i cosiddetti Ebola bonds (la quale contemplava il numero minimo di morti in una specifica finestra temporale, cui andava a unirsi anche un incremento minimo dei contagi nel medesimo lasso), occorre sottolineare come il prospetto dell’investimento fosse composto da qualcosa come 386 pagine. Detto fatto, lo scorso luglio chi aveva scommesso sull’epidemia di Ebola è passato all’incasso dalla Banca Mondiale. In Congo, nel frattempo, si è continuato a morire in silenzio, causa mancato raggiungimento del numero minimo richiesto di decessi. Accadrà anche per i Covid-19 bonds? Quando un sito di informazione serio ed establishment come Bloomberg – non un blog complottista – arriva a mettere sotto i riflettori certe dinamiche, quasi a chiedere implicitamente a istituzioni di livello mondiale un sussulto di dignità, il rischio che la morte si stia tramutando in fiches di un lugubre casinò appare tutt’altro che remoto o frutto di impostazione preconcetta.

lunedì 2 marzo 2020

Antonello Caporale e la risoluzione

Indignano veramente le proposte per risolvere l'emergenza coronavirus ideate da certi noti politici ed economisti. L'ultima è quella di Antonello Caporale, firma del Fatto Quotidiano che propone che sia abolita Quota 100 per dirottare le risorse risparmiate sulla Sanità. Qualcuno spieghi a questo imbecille che medici (specializzati e non) e infermieri non si comprano su Amazon ma sono persone che hanno bisogno di anni e anni di studio e di esperienza pratica per essere pronti. Idem per gli ospedali che hanno bisogno di tempo per essere costruiti e approntati. Idem per le apparecchiature mediche come le sale di rianimazione e i medicinali che vengono prodotti troppo spesso dall'altra parte del mondo in paesi che peraltro stanno bloccando l'esportazione per tenerli per le esigenze interne (ultimo esempio l'India). Nessun mea culpa da parte di nessuno. Per decenni ci hanno letteralmente sfrantumato le gonadi con la retorica della siringa a Reggio Calabria che costava di più che a Milano e che giustificava qualunque taglio su quel carrozzone inutile e verminaio di malaffare che secondo loro è la sanità. Per decenni ci hanno decantato sulle magnifiche sorti e progressive della sanità fondata sulla concorrenza pubblico-privato, panacea ad ogni inefficienza, come in Lombardia. Per decenni ci hanno blandito sulla correttezza del taglio di centinaia e centinaia di reparti di piccoli ospedali quando non decine di ospedali interi nel nome del futuro radioso che ci garantiva l'Europa con il suo Erasmus. Per anni e anni ci hanno fatto la lezioncina dell'inutilità degli studi in Medicina e sulla bontà della scelta del numero chiuso e della penuria di borse di specializzazione per dirottare risorse sulla nouvelle vogue del dirittoumanismo, degli esperti di asterischi, dei profeti delle teorie di genere e su ogni altro tipo di pagliacciata.

Ora, per favore, non rompete i coglioni. E se vi viene il coronavirus appellatevi ad un esperto di asterischi. A proposito il fatto che questo virus si chiami corona è un chiaro segno che il patriarcato internazionale ha scelto un nome femminile per opprimere le donne, o no? Fanculo.

Di Giuseppe Masala 

domenica 1 marzo 2020

Minima moralia

Con un intervento su twitter, T. M. professore ordinario di Economia all’Università Bocconi di Milano ha spiegato come abbia pienamente senso che il prezzo delle mascherine si sia impennato in concomitanza con l'epidemia di Covid-19: “I prezzi più alti" - ci spiega - "servono ad allocare le mascherine a chi ne ha veramente bisogno. E a scoraggiare quelli meramente ansiosi. Non e’ sciacallaggio. E’ razionalità.”

Ecco, per carità di patria avrei lasciato correre un'uscita così improvvida, se non fosse che gironzolando sui social si finisce per trovare un buon numero di persone (anche sedicenti 'di sinistra') che sostengono che il professore ha ragione, che è proprio così, o addirittura che 'si tratta di leggi naturali'. Ora, siccome quel giudizio ha dietro di sé il principio di autorità, e siccome la confusione nelle italiche menti è già ben oltre ogni livello di guardia, una breve puntualizzazione è opportuna.

1) L'idea che la 'razionalità' delle leggi di mercato serva ad 'allocare i beni a chi ne ha veramente bisogno' è un'idea che circola nei dipartimenti di economia e talvolta sui manuali.

Trattasi, per dirla con moderazione, di una schietta idiozia.

L'idea, derivata come mille altre, dalle idealizzazioni astratte di cui campa la scienza economica neoclassica, sarebbe che la gravità del bisogno si ripercuote in intensità del desiderio, e l'intensità del desiderio si ripercuote in innalzamento dell'offerta (della disponibilità a pagare). Ergo, chi ha più bisogno di mascherine, o Amuchina o altro finirà per offrire di più e portarsele a casa.

Ovviamente, chiunque non abbia appaltato il cervello per esperimenti in vivo, capisce subito che il mercato NON esamina i 'gradi di bisogno', e che NON ci si reca in farmacia o altrove, con attestati o cestini di bisogno. Ciò cui il mercato è interessato è solo la DOMANDA REALE, non quella 'psicologica' o 'fisiologica', e la domanda reale è dettata da chi ha il denaro per fare l'acquisto. E se ha abbastanza denaro per acquistare un ettolitro di Amuchina solo per il piacere di pulire la piscina, a ciò il mercato è del tutto cieco. (Il presupposto ideale che renderebbe la variabile 'bisogno soggettivo' determinante è l'esistenza di una distribuzione uniforme dei redditi; quanto questo dato abbia a che fare con la realtà può giudicarlo ciascuno da sé.)

2) Chi parla in questi casi di 'razionalità' fa parte di quella significativa parte della popolazione che, vittima di una dieta unilaterale a studi economici, ha introiettato l'idea che la cosiddetta 'razionalità economica' sia una forma di ragione umana. Naturalmente sul piano proprio della stessa razionalità il comportamento più razionale di chi abbia bisogno di X, e non possieda il denaro per accedervi, è di munirsi di un bastone nodoso e abbattere, in un angolo buio, il detentore di X, appropriandosene senz'altro. Per grande fortuna dei detentori di capitale, e dei loro intellettuali accademici di riferimento, la maggior parte delle persone non ragiona secondo i parametri dell'Homo Oeconomicus.

3) Una nota infine a chi parla a proposito di queste come di altre ferree leggi dell'economia' in termini di 'leggi di natura'. Ecco, chi fa questi discorsi è talmente interno al sistema, da non riuscire più nemmeno ad immaginare che qualcosa possa esistere all'esterno. La "naturalità delle ferree leggi del mercato" è la stessa 'naturalità' di consegnare sette vergini in pasto al Minotauro, o di torturare e squartare sulla pubblica piazza i tentati regicidi, o di fucilare dieci civili per ogni soldato tedesco ucciso. E' la naturalità di qualcosa che, nel contesto dato, abbiamo buone ragioni di credere che accadrà. E che tuttavia qualunque possessore di ragione umana, a dispetto di ogni 'razionalità economica', continuerà a ritenere ributtante.

Dalla bacheca di Andrea Zhok