sabato 30 aprile 2016

Tutto il mondo contro l'austria... noi no!

Santa Austria, speranza d’Europa  – San Fedele – (un tempo, era l’anniversario di nozze dei miei Genitori. Poi, Papà è andato nel Mondo a fianco… ) – a casa, a Taurianova di Nino Spirlì

E, allora, non siamo pazzi, noi, i sognatori della Destra italiana! E non siamo i soli, da Capo Nord a Lampedusa, a sapere che esista un’Europa che si è rotta le balle di essere invasa e conquistata viscidamente  dall’islam. Anzi, dal Nazislamismo, come lo definisce nel suo eccellente saggio giuridico lo scrittore e Maresciallo dell’Arma Riccardo Prisciano (peraltro punito per islamofobia dai suoi superiori). L’Austria, il suo Popolo, ha scelto di confermare la propria lucidità mentale ed intellettuale. Il proprio rigore civile. La propria appartenenza. La Storia dell’Occidente e la Fiducia in un futuro libero e democratico. E, non ultima, la Fede nel Figlio di Dio, Salvator Mundi. Gesù di Nazareth.

Lo ha fatto esercitando il nobile diritto al voto. Entrando nel seggio elettorale, scegliendo di accettare la scheda e segnare con una X la propria scelta. Quella giusta. La stessa che, mesi fa, fecero i nostri cugini Francesi, premiando Marine e Marion Le Pen. Il Loro Amor di Patria. Il coraggio, la tenacia, la chiarezza delle idee e delle decisioni. La difesa dei diritti della gente comune e non delle lobbyes che si stanno arricchendo con gli sbarchi e la falsa accoglienza. Anche i tedeschi, alle ultime tornate amministrative, hanno dato un paio di bordate alla insopportabile extracurvy al gusto di birra, quella Merkel che ridacchia di noi e cerca di farci diventare una sorta di budello pieno di immigrati che nessun altro Paese europeo vuole. Né l’Austria, né la Francia, né la Spagna (che gli spara sui gommoni), né l’Ungheria, la Germania, la Macedonia, la Bulgaria, la Grecia stessa, né i Paesi del Nord Europa, che, adesso e finalmente, li risputano per via aerea… Continuo?

Insomma, siamo i soli, assieme a quei fintoni dello Stato della Città del Vaticano, col loro monarca dalle scarpe sfondate e il cuore marxista, a farci invadere dai migliori attori 2.0. Piangono, piangono, si disperano sui barconi massomafiosi. Ma, appena toccata terra (nostra), cominciano ad urlarci in faccia pretese assurde e minacce. E rubano, ammazzano, spacciano, e, quando sono in festa, sgozzano povere capre sui balconi di casa o in mezzo alla strada. Senza che un solo pezzo di fango animalista e pacifista scriva una sola riga contro quella porcheria. Mentre il mio agnello pasquale me lo avvelenano con le campagne stampa stracolme di foto melense di bambini e capretti intrecciati in grovigli d’amore da immaginetta da beghina. La speranza, oggi, fiorisce a Vienna! Se, al secondo turno, Norbert Hofer, Leader indiscusso del Partito della Libertà, attualmente primo assoluto nella classifica dei più votati col suo 35% e più, vincerà le presidenziali austriache, avremo un bell’esempio da seguire. Una virtù da emulare! Speriamo che il miracolo avvenga. Che i nostri ritrovati Amici Austriaci, fieri difensori della nostra Storia, si uniscano nel voto e ci regalino un Presidente in cui ci riconosceremo anche tutti noi che, Fratelli di Oriana, ne benediciamo profezie e speranze. Per gli invasori non sarà una buona notizia, ma per chi spera di poter dare un futuro cristiano, libero e democratico ai propri figli, sì. Dio lo voglia! (anche se il papa cattolico rema contro). Fra me e me… In cammino verso la Chiesa d’Oriente…

C'è chi spera su questo governo...

Chi difende i suoi confini e chi resta a guardare. L'immigrazione dai Paesi del Mediterraneo meridionale sta distruggendo quel po' di Europa unita che gli europei erano riusciti a costruire di Piero Ostellino

Sta succedendo quello che i pessimisti avevano previsto. L'immigrazione dai Paesi del Mediterraneo meridionale sta distruggendo quel po' di Europa unita che gli europei erano riusciti a costruire. Prevalgono gli egoismi nazionali e ciascuno affronta il problema a modo suo. L'Austria minaccia la costruzione di una sorta di muro di polizia di frontiera che respinga gli immigrati di passaggio in Italia verso i Paesi dell'Europa del Nord, col risultato che il nostro Paese si ritrova con una patata bollente nelle mani e non sa come cavarsela. Se, poi, si aggiunge che l'Austria vorrebbe istituire suoi controlli polizieschi sul nostro territorio, si vede come senza una politica dell'immigrazione l'Italia non possa cavarsela.

La verità è che senza una razionale politica dell'immigrazione, l'Europa appare indifesa e totalmente condizionata dai Paesi del Mediterraneo dai quali gli immigrati partono alla volta della Grecia e dell'Italia per dirigersi, poi, verso Nord, dove sperano di trovare lavoro. Una politica dell'immigrazione l'Italia l'aveva trovata, salvo poi abbandonarla quando l'accoglienza era diventata un colossale affare per politici e cooperative disoneste. Tutto era basato su accordi con i Paesi di provenienza dell'immigrazione: aiuti in cambio della garanzia di trattenere i disperati dall'imbarcarsi. Il nostro Paese che è quello che rischia di fare le spese della mancanza di coordinamento europeo dovrebbe farsi di nuovo portavoce di questa istanza, incominciando con l'investirci un po' di quattrini allo scopo di incoraggiare anche gli altri a seguire l'esempio. Siamo in grado di farlo?

Personalmente ne dubito, per almeno due ragioni. La prima è che non abbiamo le risorse finanziarie. La seconda è che non c'è un governo tanto forte e autorevole da farsi portavoce di una siffatta iniziativa. Così, dopo la Grecia, rischiamo di diventare l'anello debole della costruzione europea. Il governo Renzi invece di sommergerci di chiacchiere perché non si dà da fare e non si fa promotore dell'iniziativa? Se c'è una speranza di salvare l'Europa dall'invasione, questa è di trattenere chi ci vuole arrivare: impedire loro di partire, fornendo l'occasione per restare nei Paesi del Sud del Mediterraneo. Sarebbe l'occasione, per il governo del rottamatore, di distinguersi dai governi che lo hanno preceduto e non hanno saputo risolvere il problema. L'incognita è che lo sappia fare questo governo.

venerdì 22 aprile 2016

Il demente scafista di Dio

Francesco, “scafista” di Dio. Domenica 17 Aprile 2016 – Santi Elia, Paolo e Isidoro, Martiri – a casa, a Taurianova di Nino Spirlì

Sì, dai, facciamoli sbarcare, sia dai canotti che dagli aerei. Accogliamoli, infine, nelle nostre case e, anzi, consegniamo loro devotamente una copia delle chiavi. Volessero uscire a mangiare un kebab…  Tanto, prima o poi, ce le fotteranno comunque, le case nostre costruite col sudore dei nostri Padri. E cerchiamo, mi raccomando, di individuare quelli fra loro che vogliamo ospitare; facciamolo intelligentemente prima che partano dai loro Paesi, e preghiamoli di inviarci, magari con lo smartphone di cui sono dotati anche i loro neonati, la foto delle pietanze che vogliono trovare a tavola all’arrivo e il disegno del tappeto per la preghiera che meglio si intona col colore degli occhi o delle djellaba. Non sia mai ci dovessimo sbagliare di gusto o tonalità. Potrebbero incazzarsi o, peggio, restare delusi dell’accoglienza italiana. Informiamoci su che marca di shampoo per chioma turbantata, smalto per  unghie nascoste e crema per le rughe sottovelate usino le signore e quale sia il calibro di pistola o la lunghezza di lama del coltello più gradita al marito, al nonno, allo zio e al nipotino kamikaze salterello. Non facciamoci riconoscere per quello che siamo: disattenti e superficiali. Confusionari e disorganizzati. Anzi, cominciamo a studiare tutte le loro lingue, anche quelle più sgrammaticate; leggiamo il loro codice e memorizziamolo, soprattutto i capitoli che riguardano gli infedeli (noi) e la giusta fine che devono fare (boom! o anche zac!). Mettiamoli a loro agio, insomma. Come ci ordinano i nostri governanti imposti dalla massoneria e dalle banche. Come ci impone, sputandoci schizzi di coscienza favelera, il papa venuto dalla fine del mondo (cristiano). Come ci consigliano le bavose associazioni (dis)umanitarie, sempre pronte a salvare il culo e la pelle dei migranti for money, mentre se ne strafottono dei CRISTIANI MASSACRATI IN TUTTO IL MONDO IN QUANTO CRISTIANI!

Dai, ragazzi, andiamo a prenderceli, questi milioni di “pacifici fraterni invasori” e porgiamo, durante il comodo viaggio, l’altra guancia per qualche caracca (o papagno). Carichiamo per primi i bambini, così facciamo contenti un po’ di monsignori col vizietto; a seguire, i giovani, quelli che serviranno a far detonare le cariche necessarie per ricostruire stazioni, aeroporti, piazze, scuole, chiese… Non dimentichiamo le stivate di donne, di colore è meglio, per il mercato del piacere da siepe. E, infine, gli imam! Quelli, per favore, non manchino! Anzi, abbondiamo con gli imam. I più ortodossi. Quelli che ci spiegano come si picchiano le mogli, ci si immola per il profeta, si mutilino le bambine, si pieghino a suon di frusta le schiene dei giovani refrattari. Poi, infine dell’infine, carichiamo i vecchi. Anche gli sdentati di cent’anni. Quelli depositari della saggezza popolare. Quelli che stanno accovacciati per intere giornate, come per un’eterna cagata, davanti alla porta di casa o ai giardinetti e ti guardano come se tu fossi l’incarnazione di ogni male, e ti sputano sui piedi appena gli passi vicino. Su, su, diamo retta al popolarmisericordioso papa Francesco, da ieri anche nocchiere  di lusso per famiglie non già cattoliche, cristiane, ma, si dice, autenticamente maomettane. Di quelle che ci mancavano nella collezione. I migranti pontifici. Accogliamoli in questa nostra casa loro, sapendo che, male che vada, entro dieci vent’anni, faranno saltare definitivamente chiese e monsignori, governi e palazzi, sventreranno banche e luoghi del potere. Ma a noi, detto “papale papale” non faranno un cacchio: perché non valiamo e non varremo niente. Al limite, ci daranno un pugno di couscous da mangiare per farsi servire. Una croce. Quella di Cristo fu più pesante e insanguinata.

Fra me e me. Verso il Golgota, grazie al papa traghettatore (per chi fabbrica chiodi per le croci)

Si avvicinano le elezioni...

Pensioni o 20 euro al mese. Offresi mancia elettorale. Arrotondare a 100 gli 80 euro o ritiro dal lavoro flessibile. Renzi cerca la mossa populista in vista delle amministrative di Antonio Signorini

Il governo è alla ricerca del regalo da fare agli italiani. Da settimane si rincorrono ipotesi di misure fiscali o previdenziali da inserire, al più tardi, nella legge di stabilità. Palazzo Chigi fa pressione sul ministero dell'economia: tempi strettissimi per una misura d'effetto. L'ultima ipotesi è stata lanciata ieri dal Messaggero, con un aumento del bonus in busta paga dai famosi 80 a 100 euro tondi. Come noto la misura è stata varata dall'esecutivo Renzi a inizio mandato, in piena luna miele con gli italiani, ed è limitata ai redditi inferiori ai 26 mila euro lordi, sono esclusi i pensionati e gli incapienti. Lo stesso premier nelle settimane scorse ha fatto capire che adesso serve una misura per rendere più inclusivo il bonus, facendolo arrivare ai pensionati con redditi bassi. Questo piano non è tramontato, ma a Palazzo Chigi i consiglieri del premier hanno anche studiato la possibilità di aumentare il vantaggio per chi già lo percepisce, portando il «credito Art. 1 Dl 66/2014» (questa la voce del bonus in busta paga) da 80 a 100 euro.

La giustificazione a questa e a altre ipotesi simili è che bisogna rilanciare i consumi. Ma tutto fa pensare che si tratti di un modo per non perdere il capitale di consensi guadagnato con la prima versione del bonus, che dal punto di vista elettorale è stata un po' un buco nell'acqua, nel senso che la misura è stata approvata lontano da elezioni politiche, peraltro quando i consensi per il nuovo Presidente del Consiglio erano ancora alti. Ma tutti i regali hanno un costo e ieri il governo si è affrettato a smentire. Da New York, dove si trova Renzi, fonti vicine al premier hanno assicurato che «Non c'è alcun piano di portare a 100 gli 80 euro (che restano una misura stabile del governo)». Il problema, manco a dirlo, sono le coperture. Tutta l'operazione costa più di quattro miliardi di euro, che graverebbero su un bilancio, quello del 2017, che è già ad alto rischio di procedura di infrazione europea per deficit eccessivo. Una soluzione è stata indicata giorni fa dallo stesso Renzi con un annuncio che è passato un po' in sordina. Il taglio dell'Ires che era in programma nel 2017 slitterà di un altro anno. Si liberano così 3,7 miliardi che sono già stati messi a bilancio, che passano con un colpo di bacchetta dalle imprese alle famiglie. Il dato certo è che la ricerca di un segnale forte da dare agli italiani è ormai la principale occupazione del governo. Restano in campo le altre ipotesi. Un ritocco alle aliquote Irpef ad esempio. Poi le pensioni. Ma l'intervento per rendere più flessibile i criteri rigidissimi della Fornero e delle altre riforme è sempre più a rischio. Qualsiasi soluzione generalizzata rischia di fare infuriare l'Unione europea.

Probabile che su questo tema alla fine prevalgano le ragioni dei conti pubblici. E che si arrivi a una soluzione che privilegia l'uscita anticipata dal lavoro come scelta individuale e i cui costi ricadono interamente sul pensionando che la fa. Sotto forma di un «prestito», come ha anticipato giorni fa il Giornale, che passi per i fondi pensione, le banche o l'Inps. La previdenza riguarda, per definizione, il futuro. E il consenso elettorale non si guadagna con una riforma delle pensioni, per quanto generosa possa essere. Il centrosinistra abolì lo scalone della riforma Maroni, gravando sull'equilibrio della previdenza italiana per quasi dieci miliardi all'anno. Ma poi perse le successive elezioni. Renzi lo sa.

Sul bonus bebè

 Dal facebook di Forza Nuova

Italia? Tutti benvenuti, tranne gli italiani
Bergamo, i magistrati fanno riferimento ad una direttiva UE, accolgono il ricorso di un'immigrata (certamente ben indirizzata dai patronati pro immigrazione) e condannano l'Inps a pagarle il bonus bebè di 2.000 euro l'anno per tre anni, arretrati compresi: anche gli immigrati con permesso di soggiorno breve vengono così equiparati agli italiani. L'Inps si prepari ad una valanga di richieste. Preferenza nelle graduatorie per casa e asili nido, Sanità gratuita, indennità di accompagnamento, diritto all'istruzione…
I pensionati? Rovistino pure nei cassonetti.

mercoledì 13 aprile 2016

Sul referendum

Probabilmente non servirà a niente così come non è servito a niente quello che fu il referendum per l'acqua pubblica che, pochi mesi fa, Fonzarelli ha definitivamente annullato ma, domenica prossima, io andrò a votare e voterò SI. Fatelo anche voi, non importa se voterete per l'annullamento, per il SI o per il NO, ma presentatevi alle urne. Perchè votare, anche un referendum, è un diritto e un dovere.

Riflessioni sull'italia

L’Italia dell’ISTAT. Si è spezzata la catena di trasmissione di Roberto Pecchioli

A primavera, tornano le rondini e torna la pubblicazione annuale dell’Istat , intitolata ottimisticamente “100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”. Ottimisticamente, perché i dati raccolti dall’istituto non sembrano interessare nessuno, a parte il primo giorno, con gli articoli dei quotidiani ed  i servizi delle televisioni generaliste . Soprattutto, non destano un dibattito culturale vero, né tantomeno, vengono analizzati da chi dirige il Paese. Lo chiamiamo così’ anche noi, oggi, poiché Patria è troppo impegnativo.

La fotografia dell’Istat è impietosa: diminuiscono le nascite, meno di mezzo milione nel 2015, ed è il dato più basso dall’unità nazionale, 155 anni fa: 1,37 figli per donna in età fertile ( solo l’indice tedesco è più basso) e ci vuole una media di 2,1 per garantire il ricambio generazionale. Ci si sposa pochissimo, solo 3, 2 matrimoni ogni mille abitanti. I giovani sono ampiamente superati, in numero, dagli anziani, 100 contro 157, ed è un dato impressionante. Si campa abbastanza a lungo, 80 anni gli uomini, 85 le donne, ma c’è una certa diminuzione della speranza di vita rispetto agli anni scorsi. Gli stranieri, che contribuiscono alle nascite con percentuali ormai a due cifre quasi dappertutto, sono cinque milioni, tanti quasi i disoccupati. Il loro numero è aumentato anche nel 2015, pur se l’aumento è il più contenuto da molti anni (55.000).

Un dato raccapricciante è costituito dal numero- 2,3 milioni- e dalla percentuale (25,7 %) dei giovani che non studiano e non lavorano, oggi classificati con l’acronimo NEET  ( non impegnati nel lavoro, nello studio e che non ricevono formazione) .  Una generazione perduta, afferma pensoso Mario Draghi, che, essendo banchiere, farebbe meglio a chiedersi quali siano le responsabilità della classe dirigente di cui egli è simbolo, che precarizza, flessibilizza, non fa credito, e fornisce un’istruzione da terzo mondo, con l’inflazione delle lauree brevi  e dell’ignoranza lunga. Non a caso, si leggono  pochissimi quotidiani ed ancor meno libri che non siano, così spesso, i cosiddetti “libroidi” scritti, o almeno firmati, dai personaggi dello sport o dello spettacolo. In compenso si divorzia molto, 8,6 divorzi ogni diecimila abitanti e si è vittime di tanti furti e rapine che spesso non si fa neppure più denuncia. Il Prodotto Interno Lordo pro capite segnala un divario Nord Sud che aumenta e che si avvicina al 50%.

Questa è la fotografia, e del resto un istituto di statistica ha l’unica funzione di fornire dati, cifre, percentuali. Per valutare , progettare rimedi, imprimere svolte, dovrebbero scendere in campo altri. E questo è, purtroppo, il punto. Il livello delle nostre classi dirigenti è sotto gli occhi di chi riesce ancora a vedere, non solo guardare: i ministri sono in lotta tra loro, ciascuno rappresenta una lobby o un comitato d’affari, nessuno ha la sguardo rivolto al futuro, o possiede un’ idea di bene comune. L’ultima che ha dovuto dimettersi, la dottoressa Guidi, titolare dello Sviluppo Economico, ceto dirigente dalla nascita, in quanto figlia dei titolari dell’industria Ducati, la quale, tanto per contribuire alla ricchezza nazionale, è una di quelle che ha delocalizzato produzioni in Romania. La bella signora avrebbe fornito informazioni d’ufficio riservate al suo “compagno”, un imprenditore di quelli che alcuni anni fa vennero definiti “furbetti del quartierino”. Messa alle strette, ha affermato che costui è “solo” il padre di suo figlio. C’è tutta l’Italia di oggi, nella signora ministra (si deve dire così). Brigano sin dall’adolescenza per incarichi dirigenziali, si laureano magna cum laudecon l’aiutino, vivono nell’arroganza, la loro vita sentimentale è variabile come il tempo d’aprile, e poi, quello è solo il padre di mio figlio...

Un maestro della mia generazione politica, Beppe Niccolai, ci ammoniva a non guardare alla realtà con le categorie della sociologia, ma con quelle della storia e della filosofia.  Invece, la lezione vincente resta quella di Max Weber, grande sociologo inventore dell’avalutatività come criterio di quella conoscenza, oltreché teorico del “politeismo dei valori” nelle società moderne.

E sia, la sociologia, che si serve della statistica, ha il diritto di essere imparziale, secondo la prescrizione weberiana, e di classificare con cura tassonomica i dati, scomporli e ricomporli secondo modelli matematici stabiliti. Ma la scienza politica no, deve conoscere, ragionare, giudicare, progettare, organizzare. Soprattutto, deve fornire, con l’aiuto della storia , della filosofia e del comune buon senso, un giudizio di valore, a partire dal quale realizzare i correttivi per cambiare rotta. Aveva ragione Massimo Fini a definire questo tempo e le generazioni al comando come un treno che corre senza un macchinista (c’è il mercato) su di un binario che si interromperà, prima o poi. A me viene in mente la celebre scena finale di “Thelma e Louise”, quando le due donne lanciano l’automobile a gran velocità e, consapevolmente, precipitano se stesse nel burrone, dopo l’avventura “on the road” con cui hanno creduto di dare un senso alle loro vite.

Corriamo ridendo verso precipizi, ma nessuno si chiede se sia un bene o un male che non nascono bambini, che i matrimoni non si celebrino o durino pochissimo, che i giovani non lavorino né studino, se gli stranieri siano qui per motivi economici o per distruggere progressivamente , insieme con il mercato del lavoro, il tessuto comunitario delle nostre regioni.  Non ci chiediamo più neppure perché si abortisca, o perché si viva un po’ meno a lungo, o perché la criminalità faccia così paura. Celebriamo ogni giorno, senza saperlo un pezzetto del nostro stesso funerale, intanto abbiamo rimosso la morte e siamo indifferenti al futuro. Se non ho figli, che mi importa del dopo ? Fulminante fu la battuta di Woody Allen, ebreo, americano, progressista, cittadino della Grande Mela, dunque interprete perfetto della cosmopoli odierna: “Perché mi devo preoccupare dei posteri? Che cosa hanno fatto i posteri per me? “ Comunque, pretendiamo diritti, e se conviviamo, respingiamo i doveri del matrimonio, ma rivendichiamo la reversibilità, diritti di successione ed assegni familiari. A questo si riducono, infine, le unioni civili.  I figli sono un ingombro, vanno accuditi, mantenuti, persino educati, ah no, a quello pensi lo Stato, con le tasse che paghiamo ! I vecchi sono troppi, apriamo ospizi e, soprattutto, chiamiamo eutanasia (buona morte) il diritto di toglierceli dai piedi da malati.  Poi magari spargeremo in mare le ceneri, o le terremo sul comodino in un’urna, così il funerale costerà meno e non pagheremo sepolture.

Tante cose ci dicono, a volerle ascoltare, le nude cifre dell’Istat. Ugo Foscolo ci aveva avvertito che la civiltà nacque “dal dì che nozze e tribunali ed are /dier alle umane belve esser pietose / di sé stesse e d’altrui”. Le nozze non si celebrano più, solo unioni effimere , per dividere le spese, andare in vacanza ed avere comodità nei rapporti intimi, dei tribunali non ci si fida, con molte buone ragioni, e non si denunciano più furti, rapine, malversazioni, soprattutto non si percepiscono neppure più come ingiustizia, inciviltà o degrado le mille condotte negative di ogni genere di cui siamo testimoni.  Quanto agli altari, aboliti in nome della ragione umana che tutto può, tutt’al più derubricati ad agenzia assistenziale. Torniamo alla denatalità ed alla crisi drammatica dell’unione matrimoniale. Ascoltiamo distratti dati pesantissimi, e subito passiamo oltre, ci inseguono altre notizie, altre “ultima ora”. Il problema è che uguale comportamento hanno i governi e le élite culturali. L’Istat  dice bene , nel suo titolo “il paese in cui viviamo”. Niente di più: è un paese, un luogo qualsiasi, non la nostra casa, la nostra terra, la nostra civiltà. Ci viviamo e basta, trasciniamo le nostre vite qui , ma se fossimo a Oslo, Timbuctù o Giacarta sarebbe lo stesso. Uno è il mondo, questo paese (lo chiamano proprio così, nelle loro pensose intemerate, quelli “de sinistra”, questo paese) è solo uno dei tanti: ci viviamo, ma solo per caso o per necessità, domani magari saremo a Los Angeles, beninteso dopo una vacanza a Sharm elSheyk, terroristi permettendo.

Come possiamo integrare , o almeno accogliere con la nostra dignità gli stranieri, se non vogliamo offrire un valore che ci distingua, un principio morale qualsiasi, un modello di vita che non sia quello di mangiare, bere e farsi i fatti propri? Non ci chiediamo se sia bene o male che non nascano più figli di “questo Paese”, oggi è così, domani chissà, ci penserà qualcun altro. Se la gente non si sposa e non vuole eredi, non è solo perché la vita non è semplice: nel passato le cose andavano assai peggio, certamente leggi a favore della famiglia aiuterebbero molto, ma ciò che l’Istat non può fotografare, e la sociologia non sa indagare è che un immenso sistema di potere, la cui catena di comando è nelle solite mani sporche di finanzieri, azionisti di multinazionali e persuasori al loro servizio, è sfavorevole alla vita, alla famiglia, all’amore di sé, della Patria, delle proprie tradizioni e cose. Dobbiamo quindi ritornare senza paura a dare giudizi, ad additare colpevoli, a indicare soluzioni. E’ un male l’agonia dell’Italia, è un male terribile che si disfino le famiglie, e si ricompongano a caso, per poco tempo. E’ un male considerare l’aborto un diritto: semmai è una triste necessità in casi particolari e definiti, è un male l’orrore invincibile del nostro tempo per la sofferenza, da nascondere in appositi lazzaretti ed interrompere a richiesta, con domanda online, previa acquisizione del pin per comunicare con l’ufficio competente.

E’ una terribile perdita allontanare da sé l’esperienza concreta della morte: conosco persone che non hanno neppure il coraggio di andare all’obitorio per visitare un parente od un amico morto.Proprio Massimo Fini, che pure si dichiara ateo, ha pronunciato parole semplici e concretissime, al riguardo:  morire è facile, prima o poi ci riescono tutti.  Ed è una carenza di sentimento, dunque di vita, rinunciare volontariamente all’esperienza della paternità e della maternità, che adesso chiamano, con un neologismo orribile e burocratico, “genitorialità”. Ma un potere possente ed immenso come forse mai nella storia (ecco un altro giudizio di valore) ci vuole così. Hanno allentato la catena di trasmissione: quella tra le generazioni, quella della civiltà, della cultura, dell’amore di sé. A spezzarla definitivamente , però, ci abbiamo pensato no, come provano le cento statistiche diramate dall’ISTAT. Spettatori annoiati, obbligati a porre sempre più in alto l’asticella delle emozioni di un attimo, senza padri, nubili, celibi, di stato libero, membri provvisori e rigorosamente part–time di legami  arcobaleno, indifferenti all’idea stessa di un Dio qualunque, senza figli, tanto al mondo alcuni miliardi di soldatini premono per essere i nostri successori a basso costo, imbottiti di medicinali e di ritrovati spesso inutili perché occorre essere, anche dopo gli ottanta, più sani e più belli. Altrimenti, non vale la pena vivere, e tutto si può risolvere con una punturina asettica, tra i camici bianchi edi sorrisi artefatti dei psicologi di sostegno. Goethe, morendo, sembra abbia detto “Più luce”. Noi, lo certifica l’Istat nell’indifferenza dei superiori, indaffarati a fare denaro, cambiare partner che, magari, saranno solo genitori del figlio in comune, desideriamo evidentemente spegnerla la luce di questa Patria rugosa, vizza e cialtrona. Abbiamo voluto, ci hanno dato, la libertà di vivere a nostro gusto, spezzare una catena. Ma l’animo nobile aspira ad un ordine e ad una legge. Il resto è plebe: “questo paese”.

giovedì 7 aprile 2016

L'era del renzismo

Arroganza sprezzante da padrone del Paese. Il Paese è alla deriva. L'economia non riparte, il governo pare un comitato d'affari impegnato ad arricchire ministri e loro familiari, la disoccupazione è agli stessi livelli cui Renzi l'ha trovata; in Europa, conta come il due di picche e nel mondo è a rimorchio degli Stati Uniti di Piero Ostellino

È efficace il paragone, anche se un po' forte, che questo giornale il solo nel panorama nazionale ha fatto fra la risposta di Renzi di fronte all'eventuale interesse della magistratura per l'oscuro affare del petrolio «se mi vogliono interrogare vengano qui, io non mi muovo» e l'atteggiamento che Mussolini aveva tenuto dopo il delitto Matteotti, rivendicandone a sé la responsabilità. Non siamo più nel campo delle decisioni che ci si aspetta da un governo democratico che governi; siamo ben oltre, nella sfera della personalizzazione del potere e nell'arroganza personale che poco si addicono al presidente del Consiglio di una democrazia rappresentativa. L'avevo detto che se Renzi avesse le capacità politiche e di manipolazione che Mussolini aveva mostrato nel 1922, e le circostanze internazionali gli fossero favorevoli, saremmo già al regime... E i fatti mi stanno, purtroppo, dando ragione. Anche chi non è apertamente contrario a questo andazzo, se ne sta rincattucciato nel proprio angolo guardandosi bene dall'aprire bocca... Un Paese senza opposizione, senza, salvo eccezioni, una voce che parli senza timori dei pericoli che comporta e un sistema informativo libero e aperto, è destinato alla rovina.

Dopo aver messo a tacere la stampa, minacciando di chiedere la testa dei direttori che non allineano i loro giornali, e aver occupato la Rai, il presidente del Consiglio non nasconde palesemente di sentirsi, e di comportarsi, come padrone del Paese. Non è stato eletto, ha avuto, finora, il tacito sostegno della maggioranza degli italiani, delusi dai governi precedenti; si avvia a vincere il referendum sulle (poche) cose che ha fatto, tutte nella prospettiva di trarne personali vantaggi elettorali. Perché non dovrebbe esserne soddisfatto? Se mai, se c'è qualcuno che non dovrebbe esserlo sono gli italiani, data l'aria che tira e che contavano su di lui come rottamatore di una tradizione di compromissione governativa, ma che constatano che poco o nulla è cambiato. Si sta facendo passare per decisionismo - anche grazie alla complicità di una parte del sistema informativo - la paralisi del governo non solo nei confronti dell'opposizione di centrodestra che, per parte sua, pare paralizzato, ma anche dell'opposizione interna alla stessa maggioranza. Ci toccherà rimpiangere Bersani e i suoi, anche se parte della responsabilità della situazione in cui ci troviamo è loro e del presidente della Repubblica che appartiene allo stesso Pd.

Il Paese è alla deriva. L'economia non riparte, il governo pare un comitato d'affari impegnato ad arricchire ministri e loro familiari, la disoccupazione è agli stessi livelli cui Renzi l'ha trovata; in Europa, conta come il due di picche e nel mondo è a rimorchio degli Stati Uniti. Come andrà a finire? Se non provvederanno gli elettori alle prossime votazioni, che il buon Dio ci assista!

La coerenza, questa sconosciuta

Vedere e ascoltare "giornalisti" (oddio, chiamarli giornalisti è usare il vocabolo un tantino a sproposito) come Sansonetti, Rondolino, Meli e tanti altri (de sinistra) che per anni hanno difeso giudici e intercettazioni dagli attacchi di Berlusconi, chiamandolo in tutti i modi possibile, difendere il governo a spada tratta oggi, attaccando giudici e intercettazioni, non ha prezzo. Della serie, coerenza, questa sconosciuta.

sabato 2 aprile 2016

Peggio che la mafia

L'associazione a delinquere di governo, va avanti imperterrita ad uccidere l'italia, ad avere conflitti di interesse enormi come palazzi, a legiferare ad personam contro democrazia e cittadini italiani. In pochi reagiscono e quelle reazioni d'orgoglio vengono uccise ancor prima di nascere. Nel periodo Berlusconiano si insorgeva anche per un suo starnuto. Ora non si insorge nemmeno se la cosa è gravissima. Infatti, le dimissioni del ministro Guidi ne sono la riprova. S'è dimessa, ora basta. Non se ne parli più.


"Il caso Guidi? Ora qualcosa in Italia è cambiato. Se prima per qualche telefonata inopportuna non ci si dimetteva, ora si va a casa".
Così il Matteo Renzi pensa di salvare la faccia. (E la Boschi...)
Ps. Non è un pesce d'aprile