ROMA - «Bisogna riaprire il cantiere dell'Ulivo». Lo ha detto Pier Luigi Bersani nel suo discorso alla convenzione del partito democratico. Il congresso del centrosinistra è il preludio alle primarie del 25 ottobre che sanciranno, a furor di popolo, la nomina del nuovo segretario del partito. Oltre a Bersani, il primo ad intervenire, sono in lizza per la segreteria anche il leader uscente, Dario Franceschini, e l'outsider Ignazio Marino.
LE PRIORITA' DI BERSANI - Il vincitore della prima fase del congresso indica le priorità per il partito: «Adesso abbiamo tre cose da fare - dice - rinnovare e rafforzare noi stessi, riaprire il cantiere dell'Ulivo con movimenti politici e civici disposti al dialogo con noi; lavorare per un quadro ampio di alleanze politiche. Noi - ha aggiunto Bersani che in apertura di intervento ha spiegato di non credere «al partito di un uomo solo» e di voler puntare sulle idee di molti piuttosto che sulla sua figura di possibile segretario - non vogliamo fare da soli nè ci immaginiamo da soli nel futuro. Penso anzi che dobbiamo proporre già con il nostro congresso ampie alleanze democratiche e di progresso per le prossime elezioni regionali».
«RECUPERARE I CETI POPOLARI» - Il candidato alla segreteria sottolinea che il Pd «giunge a questa politica di apertura con un profilo nostro, senza trattini o divisione dei compiti, con un nostro modo di rivolgerci a tutta l'area del centrosinistra e a quella parte dei ceti popolari che fino a qui hanno guardato a destra». Bersani avverte: «Chi» nel Pd «pensasse di fare da solo lucrando qualcosa sulla divisione delle forze di opposizione se ne prenderebbe la responsabilità». Bersani, che ha incassao il sostegno del segretario della Cgil Guglielmo Epifani («Voterò per lui») in apertura del suo discorso aveva rivolto un esplicito apprezzamento all'invito giunto da Romano Prodi «a risvegliare il paese».
«OGGI SIAMO UN PARTITO» - E' stata poi la volta del segretario uscente, Dario Franceschini, che ha spiegato che «oggi siamo un partito, nel senso più autentico della parola. Partito non è una parola di cui vergognarsi. È una parola che trasmette forza, che trasmette energia». «L'onore e l'orgoglio più grande è essere stati chiamati a servire il proprio partito quando tutto sembra perduto - ha detto l'esponente ex popolare -. Quello è il momento in cui fare un passo avanti per dire sono qua, ci proverò e ce la faremo a salvare il nostro partito». Con un paragone storico, Franceschini ha poi sottolineato che è stato come per la battaglia del Piave «che viene ricordata come una vittoria, non come una sconfitta». Allora, ha evidenziato, «il rischio era che il Pd si disegregasse» ma al suo salvataggio «hanno contribuito tutti». Anche lui ha poi parlato della necessità di un'azione unitaria, spiegando che se sarà eletto segretario chiamerà anche Bersani e Marino a lavorare con lui.
«BERLUSCONI? UN OMINICCHIO» - Franceschini ha poi contestato l'azione del governo, in particolare nel modo di fare fronte alla crisi economica («Si è scelto di occultarla, senza mettere in campo misure per affrontarla»). E riferendosi al battibecco con la Bindi dei giorni scorsi (il premier l'aveva definita «più bella che intelligente») ha commentato: «Berlusconi se offende Rosy e tutte le donne italiane è un ominicchio. E non è antiberlusconismo, ma dire la verità».
«NO AL NUOVO CENTRO» - Il segretario uscente ha poi bocciato nettamente l'ipotesi della nascita di un nuovo centro con conseguente abbandono della vocazione maggioritaria «Di tattica si muore», ha detto Franceschini spiegando che c'è qualcuno che «lavora per far nascere un centro» che si prepari a sostituire Berlusconi, ma così questo centro «va stabilmente a destra e noi restiamo all'opposizione per 35 anni». Dunque, ha aggiunto, «non vorrei che il risultato del contrasto alla vocazione maggioritaria fosse di farci diventare un partito a vocazione minoritaria».
«I LEADER NON LITIGHINO» - Ignazio Marino, ultimo dei tre candidati ad intervenire, ha insistito sulla necessità di adottare la laicità come criterio per le scelte del partito. E ha insistito sulla necessità di una formazione che sia ed appaia unita: «I nostri militanti non hanno idee così diverse tra loro, sono i gruppi dirigenti che litigano e che mostrano divisioni che nulla hanno a che vedere con ciò che crediamo e molto a che vedere con le posizioni che ricoprono». «Il mio ruolo e di tutti coloro che mi hanno sostenuto - ha aggiunto - qualunque sarà il risultato del congresso, è quello di contribuire a un rinnovamento radicale io credo che l'antipolitica sia da contrastare, ma dobbiamo iniziare da noi». «Temo ancora oggi - ha aggiunto Marino - un partito che non decide e non incide, perchè troppi sono gli equilibri o gli equilibrismi dettati dalle correnti e dai personalismi». Infine, Marino ha accennato alle polemiche sul tesseramento in alcune regioni del Sud, come Campania e Calabria: «Quel che è successo in alcune zone del Mezzogiorno - ha sottolineato - non ha fatto male a me, ha fatto male a tutti noi, perchè proprio mentre abbiamo bisogno di riaffermare la libertà e chiamare alla responsabilità tutti i cittadini, li invitiamo invece ad abbassare la testa e a rispondere al comando dei capibastone».
VERSO LE PRIMARIE - Con l’elezione di due commissioni, una per la modifica dello Statuto, l’altra per il Codice etico, la convenzione nazionale si è poi conclusa. Il responsabile Organizzazione del Pd, Maurizio Migliavacca, ha comunicato che «le due commissioni avranno un compito istruttorio di definire gli indici delle questioni aperte e preparare materiali utili all’Assemblea nazionale che sarà eletta con le primarie del 25 ottobre che è comunque sovrana». La commissione per la modifica dello Statuto è composta da 40 membri, quella per il codice etico da 20. I nomi proposti sono condivisi da tutti e tre i candidati alle primarie. Primarie che si svolgeranno, appunto, domenica prossima e che coinvolgerannno tutti gli iscritti e i simpatizzanti (VEDI la scheda): solo in quell'occasione si saprà il nome del nuovo segretario.
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