Brescia - Un matrimonio che non s’ha da fare finito con un sequestro di persona. L’ennesima storia d’amore in cui culture, religioni in «guerra» e tradizioni tribali trasformano l’idillio in un gorgo di violenze. Stavolta, almeno, non c’è scappato il morto, un sms ha salvato la vittima prima che fosse troppo tardi. Arriva dalla provincia di Brescia quest’ultimo racconto di integrazione mancata, di convivenza impossibile, dove le colpe sono, forse, solo quelle di appartenere a «razze diverse». Ecco il riassunto: loro, musulmani, non volevano che lei italiana, in stato di gravidanza, abbandonasse il compagno musulmano. A lei la scelta: o abortire o rassegnarsi a lasciare il bebè, una volta nato, al padre perché crescesse secondo i dettami dell’Islam. Sono state settimane da incubo quelle vissute da una ragazza di 27 anni sequestrata dalla famiglia del compagno in una casa in provincia di Brescia. Il fidanzato tunisino, Saidani Slah e i suoi parenti la tenevano rinchiusa in una stanza e, nel caso di visite inattese, la nascondevano su un balcone. Un calvario durato fino a qualche giorno fa quando la giovane è riuscita a inviare con il telefonino un messaggio alla madre, che vive in provincia di Lecce. Un sos rimbalzato immediatamente ai carabinieri di Gallipoli che hanno richiesto l’intervento dei colleghi di Brescia. È scattata l’indagine, per fortuna a lieto fine. I militari sono riusciti a liberare la ragazza e ad ammanettare i suoi sequestratori, tra cui una tunisina di 35 anni, agli arresti proprio presso quel domicilio. Un racconto da incubo quello fatto dalla prigioniera. La vicenda risale ai primi di agosto quando lei dopo aver conosciuto a Voghera, in provincia di Pavia, il magrebino rimane incinta. Saidani, a questo punto, la convince a seguirlo nel piccolo centro di Castelmella, nell’abitazione di sua nipote Rafi Ahlem e del marito Nabil Adelaziz, lui marocchino. Qui per la giovane comincia il calvario. Maltrattata, umiliata, costretta a vivere da schiava. E quando, esasperata, prova ad andarsene ecco innescarsi la miccia. Da questo momento tutto si è complica. Ora è sorvegliata a vista, il terzetto la obbliga a non allontanarsi dall’abitazione, a subire angherie di ogni tipo, in particolare da parte del suo compagno che la minaccia di morte o di mutilarle gli arti. E quando è ubriaco non lesina le botte. Lui e i suoi parenti non possono accettare che il nascituro possa essere allevato da italiani. Per essere liberata la giovane avrebbe dovuto, secondo quanto lei stessa ha raccontato ai militari, abortire o lasciare il bebè al padre. nel frattempo comincia nei suoi confronti una sorta di violenza psicologica. Vogliono farle cambiare idea, la devono convertire, le ripetono che sono loro quelli dalla parte della ragione. Le minacce la pongono di fronte a un bivio crudele: abortire, oppure partorire e poi andarsene, lasciando il bambino nelle loro mani. L’altro giorno finalmente la salvezza. Sono bastate poche ore ai carabinieri per individuare la prigione della ragazza, nell’appartamento di Castelmella. Quindi dopo aver circondato il palazzo, l’irruzione. Lei, prostrata, era in stato di shock. Per i tre aguzzini sono invece scattate le manette: ora si trovano nel carcere di Brescia. Devono rispondere di sequestro di persona.
domenica 18 ottobre 2009
Dettami islamici
Ragazza incinta rapita dal compagno tunisino: "Se mi lasci devi abortire"
Brescia - Un matrimonio che non s’ha da fare finito con un sequestro di persona. L’ennesima storia d’amore in cui culture, religioni in «guerra» e tradizioni tribali trasformano l’idillio in un gorgo di violenze. Stavolta, almeno, non c’è scappato il morto, un sms ha salvato la vittima prima che fosse troppo tardi. Arriva dalla provincia di Brescia quest’ultimo racconto di integrazione mancata, di convivenza impossibile, dove le colpe sono, forse, solo quelle di appartenere a «razze diverse». Ecco il riassunto: loro, musulmani, non volevano che lei italiana, in stato di gravidanza, abbandonasse il compagno musulmano. A lei la scelta: o abortire o rassegnarsi a lasciare il bebè, una volta nato, al padre perché crescesse secondo i dettami dell’Islam. Sono state settimane da incubo quelle vissute da una ragazza di 27 anni sequestrata dalla famiglia del compagno in una casa in provincia di Brescia. Il fidanzato tunisino, Saidani Slah e i suoi parenti la tenevano rinchiusa in una stanza e, nel caso di visite inattese, la nascondevano su un balcone. Un calvario durato fino a qualche giorno fa quando la giovane è riuscita a inviare con il telefonino un messaggio alla madre, che vive in provincia di Lecce. Un sos rimbalzato immediatamente ai carabinieri di Gallipoli che hanno richiesto l’intervento dei colleghi di Brescia. È scattata l’indagine, per fortuna a lieto fine. I militari sono riusciti a liberare la ragazza e ad ammanettare i suoi sequestratori, tra cui una tunisina di 35 anni, agli arresti proprio presso quel domicilio. Un racconto da incubo quello fatto dalla prigioniera. La vicenda risale ai primi di agosto quando lei dopo aver conosciuto a Voghera, in provincia di Pavia, il magrebino rimane incinta. Saidani, a questo punto, la convince a seguirlo nel piccolo centro di Castelmella, nell’abitazione di sua nipote Rafi Ahlem e del marito Nabil Adelaziz, lui marocchino. Qui per la giovane comincia il calvario. Maltrattata, umiliata, costretta a vivere da schiava. E quando, esasperata, prova ad andarsene ecco innescarsi la miccia. Da questo momento tutto si è complica. Ora è sorvegliata a vista, il terzetto la obbliga a non allontanarsi dall’abitazione, a subire angherie di ogni tipo, in particolare da parte del suo compagno che la minaccia di morte o di mutilarle gli arti. E quando è ubriaco non lesina le botte. Lui e i suoi parenti non possono accettare che il nascituro possa essere allevato da italiani. Per essere liberata la giovane avrebbe dovuto, secondo quanto lei stessa ha raccontato ai militari, abortire o lasciare il bebè al padre. nel frattempo comincia nei suoi confronti una sorta di violenza psicologica. Vogliono farle cambiare idea, la devono convertire, le ripetono che sono loro quelli dalla parte della ragione. Le minacce la pongono di fronte a un bivio crudele: abortire, oppure partorire e poi andarsene, lasciando il bambino nelle loro mani. L’altro giorno finalmente la salvezza. Sono bastate poche ore ai carabinieri per individuare la prigione della ragazza, nell’appartamento di Castelmella. Quindi dopo aver circondato il palazzo, l’irruzione. Lei, prostrata, era in stato di shock. Per i tre aguzzini sono invece scattate le manette: ora si trovano nel carcere di Brescia. Devono rispondere di sequestro di persona.
Brescia - Un matrimonio che non s’ha da fare finito con un sequestro di persona. L’ennesima storia d’amore in cui culture, religioni in «guerra» e tradizioni tribali trasformano l’idillio in un gorgo di violenze. Stavolta, almeno, non c’è scappato il morto, un sms ha salvato la vittima prima che fosse troppo tardi. Arriva dalla provincia di Brescia quest’ultimo racconto di integrazione mancata, di convivenza impossibile, dove le colpe sono, forse, solo quelle di appartenere a «razze diverse». Ecco il riassunto: loro, musulmani, non volevano che lei italiana, in stato di gravidanza, abbandonasse il compagno musulmano. A lei la scelta: o abortire o rassegnarsi a lasciare il bebè, una volta nato, al padre perché crescesse secondo i dettami dell’Islam. Sono state settimane da incubo quelle vissute da una ragazza di 27 anni sequestrata dalla famiglia del compagno in una casa in provincia di Brescia. Il fidanzato tunisino, Saidani Slah e i suoi parenti la tenevano rinchiusa in una stanza e, nel caso di visite inattese, la nascondevano su un balcone. Un calvario durato fino a qualche giorno fa quando la giovane è riuscita a inviare con il telefonino un messaggio alla madre, che vive in provincia di Lecce. Un sos rimbalzato immediatamente ai carabinieri di Gallipoli che hanno richiesto l’intervento dei colleghi di Brescia. È scattata l’indagine, per fortuna a lieto fine. I militari sono riusciti a liberare la ragazza e ad ammanettare i suoi sequestratori, tra cui una tunisina di 35 anni, agli arresti proprio presso quel domicilio. Un racconto da incubo quello fatto dalla prigioniera. La vicenda risale ai primi di agosto quando lei dopo aver conosciuto a Voghera, in provincia di Pavia, il magrebino rimane incinta. Saidani, a questo punto, la convince a seguirlo nel piccolo centro di Castelmella, nell’abitazione di sua nipote Rafi Ahlem e del marito Nabil Adelaziz, lui marocchino. Qui per la giovane comincia il calvario. Maltrattata, umiliata, costretta a vivere da schiava. E quando, esasperata, prova ad andarsene ecco innescarsi la miccia. Da questo momento tutto si è complica. Ora è sorvegliata a vista, il terzetto la obbliga a non allontanarsi dall’abitazione, a subire angherie di ogni tipo, in particolare da parte del suo compagno che la minaccia di morte o di mutilarle gli arti. E quando è ubriaco non lesina le botte. Lui e i suoi parenti non possono accettare che il nascituro possa essere allevato da italiani. Per essere liberata la giovane avrebbe dovuto, secondo quanto lei stessa ha raccontato ai militari, abortire o lasciare il bebè al padre. nel frattempo comincia nei suoi confronti una sorta di violenza psicologica. Vogliono farle cambiare idea, la devono convertire, le ripetono che sono loro quelli dalla parte della ragione. Le minacce la pongono di fronte a un bivio crudele: abortire, oppure partorire e poi andarsene, lasciando il bambino nelle loro mani. L’altro giorno finalmente la salvezza. Sono bastate poche ore ai carabinieri per individuare la prigione della ragazza, nell’appartamento di Castelmella. Quindi dopo aver circondato il palazzo, l’irruzione. Lei, prostrata, era in stato di shock. Per i tre aguzzini sono invece scattate le manette: ora si trovano nel carcere di Brescia. Devono rispondere di sequestro di persona.
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2 commenti:
Questa è stata 'salvata' prima che il lavaggio del cervello avesse effetto... però mi chiedo perchè 'sta cretina si è fatta riempire subito dopo aver conosciuto il suo 'amore'... certe idiote se le vanno proprio a cercare, e con tutto quello che si sa oggi sugli islamici, non hanno scusanti di sorta, sono idiote e basta.
Sono daccordo con te e quelle donne che si invaghiscono degli islamici sono vittime anche di se stesse e della propria stupidità. Perchè ormai, non c'è più alcun dubbio che molti islamici siano bestie.
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