martedì 6 ottobre 2009

Ah, bhe allora...

Per gli immigrati irregolari il “tasso di criminalità” eguaglia quello degli italiani. Presentata stamane la ricerca “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi” realizzata dal Dossier Caritas/Migrantes e dall'Agenzia Redattore Sociale.

Nonostante condizioni sociali e normative sfavorevoli, il “tasso di criminalità” degli immigrati regolari in Italia è solo leggermente più alto di quello degli italiani (l’1,4%, contro lo 0,75%) e, se si tiene conto della differenza di età, questo tasso è uguale a quello degli italiani. A influire al riguardo, infatti, sono le fasce di età più giovani, mentre è addirittura inferiore tra le persone oltre i 40 anni. Gli stranieri regolari inoltre, incidono sulle denunce all’incirca nella stessa misura percentuale in cui incidono sulla popolazione residente. Sono i risultati dello studio “La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi”, realizzato dal Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes e dall'Agenzia Redattore Sociale e presentato stamane a Roma presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa. Secondo i ricercatori non esiste alcuna corrispondenza tra l’aumento degli immigrati regolari e l’aumento dei reati: tra il 2001 e il 2005, mentre i primi sono cresciuti di più del 100%, le denunce nei loro confronti hanno conosciuto un aumento del 45,9%. Il coinvolgimento degli immigrati in attività criminose è invece legato in maniera preponderante alla condizione di irregolarità, con la quota di immigrati illegali denunciati che oscilla tra il 70% e l'80%. Avvalendosi di quella che viene definita la “circolarità delle fonti”, in base a nuove correlazioni e a confronti su periodi temporali omogenei e sufficientemente lunghi, l'indagine ridimensiona in modo netto la portata di alcuni studi e di numerose affermazioni che in questi anni hanno contribuito ad alimentare l’allarme per “l’emergenza criminalità” degli stranieri. La ricerca mette in evidenza come il contributo degli immigrati alla criminalità, pur essendo visibile in alcune fattispecie gravi, è prevalentemente limitato a episodi di microcriminalità (i cosiddetti soft crimes). Sempre secondo l'analisi è molto alta l’incidenza di immigrati come vittime di reati da parte di altri immigrati. In particolare, per i reati violenti tale incidenza oscilla a seconda delle fattispecie tra un quarto e un sesto del totale.Nel testo i ricercatori indicano innanzitutto alcune “chiavi di lettura” che permettono di interpretare i dati sulla criminalità e confrontarli con quelli di altri paesi. Anzitutto – a livello statistico - esiste un gap dovuto allo status di cittadinanza. In Italia infatti, la stragrande maggioranza dei reati ascritti agli immigrati sono classificati come “reati di stranieri”, in quanto sono pochissimi gli immigrati che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. In altri paesi, dove il tempo di ottenimento della cittadinanza è più breve o il fenomeno è più antico, sono invece molti di più i reati commessi da “immigrati” che finiscono nelle statistiche della criminalità locale. In Germania, ad esempio, gli stranieri sono il 9% della popolazione e quelli di origine straniera il 18%. Le statistiche giudiziarie dell’Istat inoltre non registrano la variabile della titolarità o meno del permesso di soggiorno da parte delle persone straniere denunciate, che però sono registrate dal Ministero dell’Interno: bisogna, pertanto, incrociare i due archivi. Nel testo vengono approfondite le denunce del periodo 2001-2005, incidenza dei reati commessi nelle diverse fattispecie, il “tasso di criminalità”, l'irregolarità ed i reati ad essa connessi e gli stranieri detenuti.

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