venerdì 21 agosto 2009

Provocazioni islamiche

Il caso. «Tornerò in piscina col burkini fa paura ai genitori, non ai bimbi». Najat: a Bibione nessun problema. La donna è una mediatrice culturale marocchina. E parla per la prima volta

VERONA — «Tanto ci ritor­no».
Parla. E lo fa con il sorri­so, Najat Rezki, la donna ma­rocchina che entrò in piscina, qualche giorno fa (alle «Santi­ni»), con quel costume che nessuno (o in pochi) ricono­sceva come tale: il burkini (un'unione tra i termini biki­ni e burka). Scalpore. Polemi­che. Pure lo spavento di qual­che bambino secondo i re­sponsabili della piscina che le chiedono di mostrare l'eti­chetta «perché deve seguire le norme igienico-sanitarie». Lei, musulmana, deve se­guire i dettami della propria religione, che le impone di co­prire il corpo sempre. Anche in piscina. Parla, e lo fa per­ché vuole, una volta per tutte, chiarire la situazione. Elimina­re equivoci o problemi. Najat, quel giorno, voleva solo fare un bagno in piscina. Indossan­do il suo burkini. Vittima? «Ma chiariamoci - dice la pro­tagonista ai microfoni di Tele Arena - il termine burkini non esiste. Io lo chiamerei so­lo costume. Perché è quello che è. Nient'altro». Entra in ac­qua, ma dopo poche braccia­te, le prime voci. I mugugni, le proteste. «I bambini si spa­ventano» dicono alcune mam­me, chiedendo di allontanar­la: «Macché spavento - ribat­te ora lei - è stata solo una mossa per venirmi contro a tutti i costi». «La nostra sorella ha sba­gliato a presentarsi in una pi­scina vestita in quel modo, non si deve assolutamente provocare nessuno - aveva detto in tempi non sospetti Mohamed Guerfi, il portavo­ce del Consiglio Islamico vero­nese - . Se c’è una regola che vieta di fare il bagno con i ve­stiti, va rispettata e invito la sorella a contattarmi perché le vorrei dare personalmente il mio parere». Parla, Najat. Ma con il sorriso, il suo italia­no sciolto perché vive a Vero­na dal '96 e lavora come me­diatrice culturale. E’ rimasta sorpresa dal clamore suscita­to da questa vicenda. Tiene in mano il «costume della discor­dia». «Allora, ve lo descrivo questo burkini. Il mio è azzur­ro, un tre pezzi normalissi­mo: pantaloni, giacchetta e co­pri capo. E come scritto sul­l'etichetta - racconta - è fab­bricato con gli stessi materiali di tutti gli altri costumi in ven­dita: 70% tra acrilico e nylon, perfetto per entrare in pisci­na, nessuna controindicazio­ne, anzi. Ma non solo per la pi­scina». Già, non solo. Perché dopo la polemica delle mamme alle piscine San­tini, Najat se n'è andata a nuo­tare a Bibione. Lì nessun pro­blema, anzi. «Al mare nessu­no ha detto nulla. Certo, c'era curiosità perché mi rendo conto che non si veda tutti i giorni un costume simile, ma non si sono spaventati o sono rimasti sconvolti. Ed è pro­prio questo l'atteggiamento corretto da tenere, a mio avvi­so - dice - . Bambini spaventa­ti? Questa è solo un'invenzio­ne per giustificare quello che è successo a Verona - dice - . A Bibione i bambini mi nuotava­no vicini e non si facevano problemi. Se la gente vuole co­noscere dev'essere curiosa». E ancora: «I bambini non c’entrano niente. Io con i bam­bini, anche alla "Santini" mi sono divertita e con loro ho scambiato sorrisi. Ci lavoro con i bambini, non ho proble­mi a rapportarmi con loro che ragionano in modo semplice e vedono le diversità come qualità, non difetti. Lo spa­vento dei bambini è solo una scusa per coprire la parte raz­zista delle mamme. E poi non siete voi che dite che le donne musulmane sono chiuse e non escono di casa, che do­vrebbero integrarsi? Ma come possiamo fare se non abbia­mo la libertà di fare ciò che possiamo fare, rispettando co­munque i nostri valori senza urtare i vostri? Nessuna pau­ra, nessun timore, quindi. Ma solo curiosità. Perché è quella che dovrebbe muovere le menti. In piscina? Beh mi sembra ovvio: certo che ci tor­no Non vedo il motivo per cui dovrei rinunciarci» Della se­rie: il problema è vostro. Do­vrete abituarvici.

Matteo Oxilia

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1 commenti:

Maria Luisa ha detto...

e viene pure pafgata da noi per il "lavoro" che svolge.
Artemisia