Nell’Inghilterra della regina, da qualche anno diventata l’isola dei tribunali coranici – fenomeno che il ministro ombra per gli Affari sociali, Sayeeda Warsi, ha già definito «apartheid legale» –, il processo di islamizzazione che investe l’Europa abbatte un nuovo muro. Le restrizioni ispirate alla legge coranica hanno infatti raggiunto alcune piscine dove, alle specifiche sessioni dedicate ai musulmani, presenti già da anni, si è aggiunto un altro tassello: il divieto di presentarsi in abiti non conformi alle tendenze musulmane è stato esteso a qualunque natante, dunque anche ai non-islamici. A darne notizia è il quotidiano inglese Daily Telegraph, che racconta cosa accade in queste speciali turnazioni, in cui donne e uomini non possono nuotare nella stessa vasca in alcune ore della settimana. Più precisamente, ogni sabato e domenica per circa un’ora e mezza, molte piscine si trasformano in luoghi pubblici dove il codice di abbigliamento proviene direttamente dalla tradizione coranica più intransigente, non consentendo l’esposizione del corpo della donna, anche parziale, al di fuori del contesto privato e matrimoniale. A Sud di Londra, presso il Thornton Heath Leisure Centre, è stato infatti vietato l’ingresso in piscina ad alcune ragazze sprovviste dell’ormai diffusissimo burqini, l’abito che cinge dal collo alle caviglie fino ai polsi; mentre agli uomini che nuotano separati dall’altro sesso è stato richiesto uno speciale abbigliamento che copra il corpo dall’ombelico al ginocchio. Regole simili, secondo il quotidiano britannico, si applicano anche allo Scunthorpe Leisure Centre, nel North Lincolnshire, dove tutti gli utenti devono seguire lo speciale codice di abbigliamento in vigore durante queste sessioni: T-shirts e calzoncini che coprono fino al ginocchio. Non è però soltanto questione di abbigliamento. A far discutere gli inglesi, e a preoccupare le famiglie e buona parte dei politici che apprendono dalle statistiche come nelle scuole e nei licei d’Oltremanica si parli l’arabo ormai al pari dell’inglese, c’è soprattutto la possibile diffusione di un sentimento di separazione fra culture, che genera una diversa interpretazione della legge per i musulmani già oggi, come testimoniano i circa ottanta tribunali islamici nati dal 1982. Si tratta di corti che operano a porte chiuse e contemplano, tra l’altro, poligamia, ripudio della moglie e prevenzione dei matrimoni misti; finanche una più rigida separazione dei sessi nella società simile a quella in vigore in Arabia Saudita o in Iran. Nelle piscine di Glasgow, per esempio, sessioni per soli uomini sono regolarmente promosse presso il North Woodside Leisure Centre e organizzate da un’associazione che anima la locale moschea. Un gruppo di islamici tradizionalisti che, in nome del rispetto dei culti e delle tradizioni, ha ottenuto che il divieto sia esteso a tutti i clienti: chi accede alle vasche deve nei periodi da loro promossi obbligatoriamente restare con il corpo coperto dall’ombelico al ginocchio. L’abbigliamento da bagno conforme alle tradizioni dell’islam più intransigente fa discutere in ogni parte d’Europa, dove si accendono polemiche legate anche ad altre tradizioni e precetti musulmani. Tra pochi giorni, per esempio, si apre il mese sacro del digiuno di Ramadan. I braccianti agricoli di fede islamica del Nord Italia saranno obbligati a bere anche durante il periodo di digiuno, per evitare malori sul posto di lavoro. Ad obbligarli è una prescrizione del Comitato per la sicurezza in agricoltura di Mantova costituito dai rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali agricole Coldiretti e Confederazione italiana dell’agricoltura e dei sindacati agricoli di Cgil, Cisl e Uil. Dai braccianti agricoli e il Ramadan alla preghiera nelle strade di Milano, dal costume integrale alle nozze «segregate» che hanno infastidito un ministro del governo britannico, le reazioni europee agli usi e costumi islamici degli immigrati variano da Paese a Paese. È stato il caso di una ragazza musulmana allontanata da una piscina pubblica nei pressi di Parigi nei giorni scorsi a riaccendere per esempio in Francia il dibattito sul velo islamico. Cuffia, tunica e burqini fino alle caviglie, abbinati in modo non adeguato, hanno infatti convinto i responsabili della struttura francese a non accettare la cliente, non considerando i capi conformi allo standard igienico-sanitario della piscina.
martedì 18 agosto 2009
Integrazione inglese
Niente tuffo senza burqini nelle piscine di Sua Maestà
Nell’Inghilterra della regina, da qualche anno diventata l’isola dei tribunali coranici – fenomeno che il ministro ombra per gli Affari sociali, Sayeeda Warsi, ha già definito «apartheid legale» –, il processo di islamizzazione che investe l’Europa abbatte un nuovo muro. Le restrizioni ispirate alla legge coranica hanno infatti raggiunto alcune piscine dove, alle specifiche sessioni dedicate ai musulmani, presenti già da anni, si è aggiunto un altro tassello: il divieto di presentarsi in abiti non conformi alle tendenze musulmane è stato esteso a qualunque natante, dunque anche ai non-islamici. A darne notizia è il quotidiano inglese Daily Telegraph, che racconta cosa accade in queste speciali turnazioni, in cui donne e uomini non possono nuotare nella stessa vasca in alcune ore della settimana. Più precisamente, ogni sabato e domenica per circa un’ora e mezza, molte piscine si trasformano in luoghi pubblici dove il codice di abbigliamento proviene direttamente dalla tradizione coranica più intransigente, non consentendo l’esposizione del corpo della donna, anche parziale, al di fuori del contesto privato e matrimoniale. A Sud di Londra, presso il Thornton Heath Leisure Centre, è stato infatti vietato l’ingresso in piscina ad alcune ragazze sprovviste dell’ormai diffusissimo burqini, l’abito che cinge dal collo alle caviglie fino ai polsi; mentre agli uomini che nuotano separati dall’altro sesso è stato richiesto uno speciale abbigliamento che copra il corpo dall’ombelico al ginocchio. Regole simili, secondo il quotidiano britannico, si applicano anche allo Scunthorpe Leisure Centre, nel North Lincolnshire, dove tutti gli utenti devono seguire lo speciale codice di abbigliamento in vigore durante queste sessioni: T-shirts e calzoncini che coprono fino al ginocchio. Non è però soltanto questione di abbigliamento. A far discutere gli inglesi, e a preoccupare le famiglie e buona parte dei politici che apprendono dalle statistiche come nelle scuole e nei licei d’Oltremanica si parli l’arabo ormai al pari dell’inglese, c’è soprattutto la possibile diffusione di un sentimento di separazione fra culture, che genera una diversa interpretazione della legge per i musulmani già oggi, come testimoniano i circa ottanta tribunali islamici nati dal 1982. Si tratta di corti che operano a porte chiuse e contemplano, tra l’altro, poligamia, ripudio della moglie e prevenzione dei matrimoni misti; finanche una più rigida separazione dei sessi nella società simile a quella in vigore in Arabia Saudita o in Iran. Nelle piscine di Glasgow, per esempio, sessioni per soli uomini sono regolarmente promosse presso il North Woodside Leisure Centre e organizzate da un’associazione che anima la locale moschea. Un gruppo di islamici tradizionalisti che, in nome del rispetto dei culti e delle tradizioni, ha ottenuto che il divieto sia esteso a tutti i clienti: chi accede alle vasche deve nei periodi da loro promossi obbligatoriamente restare con il corpo coperto dall’ombelico al ginocchio. L’abbigliamento da bagno conforme alle tradizioni dell’islam più intransigente fa discutere in ogni parte d’Europa, dove si accendono polemiche legate anche ad altre tradizioni e precetti musulmani. Tra pochi giorni, per esempio, si apre il mese sacro del digiuno di Ramadan. I braccianti agricoli di fede islamica del Nord Italia saranno obbligati a bere anche durante il periodo di digiuno, per evitare malori sul posto di lavoro. Ad obbligarli è una prescrizione del Comitato per la sicurezza in agricoltura di Mantova costituito dai rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali agricole Coldiretti e Confederazione italiana dell’agricoltura e dei sindacati agricoli di Cgil, Cisl e Uil. Dai braccianti agricoli e il Ramadan alla preghiera nelle strade di Milano, dal costume integrale alle nozze «segregate» che hanno infastidito un ministro del governo britannico, le reazioni europee agli usi e costumi islamici degli immigrati variano da Paese a Paese. È stato il caso di una ragazza musulmana allontanata da una piscina pubblica nei pressi di Parigi nei giorni scorsi a riaccendere per esempio in Francia il dibattito sul velo islamico. Cuffia, tunica e burqini fino alle caviglie, abbinati in modo non adeguato, hanno infatti convinto i responsabili della struttura francese a non accettare la cliente, non considerando i capi conformi allo standard igienico-sanitario della piscina.
Nell’Inghilterra della regina, da qualche anno diventata l’isola dei tribunali coranici – fenomeno che il ministro ombra per gli Affari sociali, Sayeeda Warsi, ha già definito «apartheid legale» –, il processo di islamizzazione che investe l’Europa abbatte un nuovo muro. Le restrizioni ispirate alla legge coranica hanno infatti raggiunto alcune piscine dove, alle specifiche sessioni dedicate ai musulmani, presenti già da anni, si è aggiunto un altro tassello: il divieto di presentarsi in abiti non conformi alle tendenze musulmane è stato esteso a qualunque natante, dunque anche ai non-islamici. A darne notizia è il quotidiano inglese Daily Telegraph, che racconta cosa accade in queste speciali turnazioni, in cui donne e uomini non possono nuotare nella stessa vasca in alcune ore della settimana. Più precisamente, ogni sabato e domenica per circa un’ora e mezza, molte piscine si trasformano in luoghi pubblici dove il codice di abbigliamento proviene direttamente dalla tradizione coranica più intransigente, non consentendo l’esposizione del corpo della donna, anche parziale, al di fuori del contesto privato e matrimoniale. A Sud di Londra, presso il Thornton Heath Leisure Centre, è stato infatti vietato l’ingresso in piscina ad alcune ragazze sprovviste dell’ormai diffusissimo burqini, l’abito che cinge dal collo alle caviglie fino ai polsi; mentre agli uomini che nuotano separati dall’altro sesso è stato richiesto uno speciale abbigliamento che copra il corpo dall’ombelico al ginocchio. Regole simili, secondo il quotidiano britannico, si applicano anche allo Scunthorpe Leisure Centre, nel North Lincolnshire, dove tutti gli utenti devono seguire lo speciale codice di abbigliamento in vigore durante queste sessioni: T-shirts e calzoncini che coprono fino al ginocchio. Non è però soltanto questione di abbigliamento. A far discutere gli inglesi, e a preoccupare le famiglie e buona parte dei politici che apprendono dalle statistiche come nelle scuole e nei licei d’Oltremanica si parli l’arabo ormai al pari dell’inglese, c’è soprattutto la possibile diffusione di un sentimento di separazione fra culture, che genera una diversa interpretazione della legge per i musulmani già oggi, come testimoniano i circa ottanta tribunali islamici nati dal 1982. Si tratta di corti che operano a porte chiuse e contemplano, tra l’altro, poligamia, ripudio della moglie e prevenzione dei matrimoni misti; finanche una più rigida separazione dei sessi nella società simile a quella in vigore in Arabia Saudita o in Iran. Nelle piscine di Glasgow, per esempio, sessioni per soli uomini sono regolarmente promosse presso il North Woodside Leisure Centre e organizzate da un’associazione che anima la locale moschea. Un gruppo di islamici tradizionalisti che, in nome del rispetto dei culti e delle tradizioni, ha ottenuto che il divieto sia esteso a tutti i clienti: chi accede alle vasche deve nei periodi da loro promossi obbligatoriamente restare con il corpo coperto dall’ombelico al ginocchio. L’abbigliamento da bagno conforme alle tradizioni dell’islam più intransigente fa discutere in ogni parte d’Europa, dove si accendono polemiche legate anche ad altre tradizioni e precetti musulmani. Tra pochi giorni, per esempio, si apre il mese sacro del digiuno di Ramadan. I braccianti agricoli di fede islamica del Nord Italia saranno obbligati a bere anche durante il periodo di digiuno, per evitare malori sul posto di lavoro. Ad obbligarli è una prescrizione del Comitato per la sicurezza in agricoltura di Mantova costituito dai rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali agricole Coldiretti e Confederazione italiana dell’agricoltura e dei sindacati agricoli di Cgil, Cisl e Uil. Dai braccianti agricoli e il Ramadan alla preghiera nelle strade di Milano, dal costume integrale alle nozze «segregate» che hanno infastidito un ministro del governo britannico, le reazioni europee agli usi e costumi islamici degli immigrati variano da Paese a Paese. È stato il caso di una ragazza musulmana allontanata da una piscina pubblica nei pressi di Parigi nei giorni scorsi a riaccendere per esempio in Francia il dibattito sul velo islamico. Cuffia, tunica e burqini fino alle caviglie, abbinati in modo non adeguato, hanno infatti convinto i responsabili della struttura francese a non accettare la cliente, non considerando i capi conformi allo standard igienico-sanitario della piscina.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Non so dove nè da chi l'ho letta o sentita, ma il colmo del ridicolo è che a difendere a spda tratta queste usanze "politicamente corrette" sono coloro che fino a ieri predicavano "l'amore di gruppo", la "libertà sessuale", il nudismo sulle spiagge e, ancora oggi, si scagliano come ossessi contro la Chiesa Cattolica e pretenderebbero persino il matrimonio degli omosessuali.
Mi sembrano persone un po' confuse nel loro concetto di "Libertà" ... :-)
Esattamente come sono confusi gli islamici. A loro comodo usano e abusano di leggi che odiano e che non accettano e poi parlano e straparlano di libertà... non a caso si chiama comunismo islamico o islamismo comunista, fai te, il significato è lo stesso. Libertà per alcune donne (femministe ad intermittenza, sia chiaro) è accettare persino di essere intabarrate, stuprate, picchiate e maltrattate da uomini islamici... sai, gli occidentali sono kattivi.
Posta un commento