giovedì 27 agosto 2009

Vaticano

Le accuse dei Monsignori Vigliò e Marchetto. La Chiesa guarda agli immigrati ma non vede gli schiavisti che li manovrano di Carlo Panella

Monsignor Antonio Maria Vigliò e monsignor Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti farebbero bene ad accorgersi di un dato che sempre gli sfugge: l’Italia è in Europa, l’Italia è parte politica dell’Europa. Non accorgendosene, infatti, danno la sgradevole impressione di cedere alla polemica politica, anche quando si occupano di questioni drammatiche quale è il dramma delle migliaia di migranti che affogano nel canale di Sicilia. I due monsignori, infatti, da quando c’è il governo Berlusconi non risparmiano dichiarazioni durissime circa la politica di immigrazione dell’esecutivo, ma stranamente tacciono sulle responsabilità terribili, primarie, che ha sul punto la latitanza irresponsabile dell’Europa. Tacciono anche sulle scelte di altri governi europei –e pure parlano a nome della Curia, non dei soli vescovi italiani della Cei- sul reato di clandestinità che da tempo essi hanno introdotto, sull’accordo che la Spagna di Zapatero ha con l’esercito marocchino a Ceuta e Mililla (enclaves spagnole in terra di Marocco), che spara a a alzo zero sui clandestini che tentano di superare il fossato di filo spinato elettrificato che protegge il territorio delle due colonie di Madrid. Tacciono sul crimine umanitario –per ignavia- che tutti i paesi del centro e nord Europa compiono rifiutandosi di pattugliare con loro mezzi il Canale di Sicilia per affrontare questa emergenza umanitaria. Pure, lo scandalo di questo eccidio è enorme e sotto gli occhi di tutti: Fortress Europe, un’organizzazione che monitorizza questo fenomeno calcola, che tra il 1998 e il 2007 siano stati circa 10mila gli immigrati morti per raggiungere l’Europa. Un terzo di questi è disperso. Nel canale di Sicilia - sempre secondo il rapporto europeo - tra la Libia, l’Egitto, la Tunisia, Malta e l’Italia sono 2.260 gli immigrati deceduti; di questi, oltre la metà (1.365) quelli di cui non si sono recuperati i corpi. Si faccia pure la tara su queste cifre, ma resta un numero di morti sconvolgente. Non certo una nuova Shoà, come titola l’Avvenire (che di nuovo cede al vizietto dell’antigiudaismo cattolico, che non vede l’ora di relativizzare l’Olocausto), ma dieci, cento volte più grave della somma di morti palestinesi di Gaza, tanto per ricordare l’ultima volta in cui l’Ue si è scandalizzata. Pure, Javier Solana, che dell’Ue dirige la politica estera, non si è mai occupato del dossier, pure, le anime belle della intellighentsjia europea, non hanno mai volto lo sguardo ai flutti mortali e tutti, tutti nel vecchio continente hanno fatto finta di non sapere che questa strage è frutto non tanto del divario economico tra Nord e Sud, ma dell’opera di enormi organizzazioni schiavistiche che mobilitano masse di disperati in Africa e Asia promettendo loro una nuova America, che non c’è. Il flusso di clandestini dalle coste africane, infatti, non è spontaneo, ma organizzato, capillarmente, da strutture illegali che si muovono nei paesi arabi rivieraschi esattamente come facevano le loro confraternite antenate di schiavisti (non lo si dice a causa del politically correct, ma i razziatori e fornitori di schiavi all’Occidente, per 700 anni erano tutti e solo arabi musulmani). L’Europa, fa dunque finta di non sapere del dramma epocale che insanguina il suo mare, delega ai paesi rivieraschi il compito immane di contrastarlo, e supera ogni cinismo nel far finta di credere che anche Malta voglia e sia in grado di far fronte alla bisogna, pattugliando un tratto di mare grande come quello che deve pattugliare l’Italia. Il più stupido burocratismo formalista, si sposa con l’ignavia più colpevole e nulla, nulla, viene fatto per far terminare questa strage se non dal governo Berlusconi che –indignando monsignor Vignò e Marchetto- ha fatto l’unica cosa possibile: ha fatto sì che con enorme “effetto annuncio” tutto il mondo sapesse che sulle coste italiane non si sbarca più, perché ha respinto i clandestini, infrangendo le promesse delle organizzazioni schiavistiche. L’Europa, allora si è mossa… ma contro l’Italia, sostenendo che andavano rispettati i diritti dei richiedenti asilo. Ma naturalmente non ha speso un euro per impiantare un sistema che permettesse di verificare il rispetto di questi diritti, là dove è necessario farlo: sulla sponda sud del Mediterraneo, né ha mosso un dito perché la Libia permettesse che questo si faccia sulle sue spiagge. Franco Frattini ha levato alta la sua voce sulle responsabilità dell’Europa e ha avuto deboli risposte, ma è chiaro che questo non basta. Frattini deve muoversi dentro le procedure di un Ue ingessata, che si muove per commissioni di studio e vertici, un meccanismo studiato per imporre la logica del “chi fa meno”. Invece, quello che manca è la coscienza capillare, diffusa, dello scandalo dello schiavismo che produce migliaia di affogati in mare. Manca la rivolta morale delle opinioni pubbliche europee, la loro pressione sui governi, l’assunzione di responsabilità corali che fronteggino e impediscano la strage (pure, basterebbe 1 corvetta per ogni paese europeo impegnata in quel mare e il monitoraggio sarebbe sufficiente a impedire naufragi). Ma nessuno si impegna su questo fronte, e purtroppo anche i monsignori Vignò e Marchetto, tutti tesi a polemizzare solo col governo Berlusconi, non si rendono conto di quel che dovrebbero più utilmente fare e denunciare.

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