lunedì 10 agosto 2009

Dati

Il Viminale: 500 mila le badanti. «Clandestini, in Italia sono un milione». È la stima della Caritas. Molti hanno già un lavoro, contratto chiesto per settecentomila

L’ Ocse (Organizzazione per la co­operazione economica e lo svi­luppo) stima che nel nostro Pae­se vivano tra i 500 e i 750 mila immigra­ti clandestini. Sono l’1,09% della popo­lazione italiana e il 25,6% di tutti i resi­denti stranieri. Il dato emerge dal rap­porto 2009 dedicato al fenomeno del­l’immigrazione. Ed è assolutamente in linea con quanto avviene negli altri Pae­si europei (mentre gli illegali negli Usa sono addirittura il 3,94 della popolazio­ne complessiva). Queste sono le ultime cifre «ufficiali» relative al fenomeno che sta infiammando il dibatto politico italiano dopo l’entrata in vigore del nuovo pacchetto sicurezza. Ma le valu­tazioni sull’impatto che avrà il provve­dimento di sanatoria (nel prossimo me­se di settembre) per le colf e le badanti aiutano a correggere al «rialzo» il dato. Secondo il responsabile del Dossier statistico della Caritas Migrantes, Fran­co Pittau, — uno dei massimi esperti italiani di flussi migratori — la stima degli irregolari dovrebbe aggirarsi più realisticamente «intorno a un milione di persone». Perché è presto detto. Se­condo Pittau, in questo campo «vale la regola del doppio». E cioè per ogni colf e badante che chiede di «emergere» c’è almeno un altro immigrato irregolare sul territorio. «Ce lo insegna l’esperien­za della regolarizzazione della Bossi-Fi­ni del 2002 e dei decreti-flussi del 2006 e 2007». Le badanti interessate dalla sanato­ria dovrebbero essere circa cinquecen­tomila. Secondo una recente indagine delle Acli-colf, infatti, la metà della ca­tegoria lavora in nero. Nel nostro Paese si contano 600 mila lavoratori domesti­ci regolari, ma considerando il som­merso il loro numero arriva almeno al doppio. Anche il Dipartimento Immigrazio­ne del Viminale prevede una regolariz­zazione — a settembre — di 500 mila rapporti di lavoro domestico («solo» 300 mila per la Ragioneria generale del­lo Stato). Ma dal momento che colf e badanti costituiscono almeno il 50 per cento di chi negli anni passati ha richiesto la re­golarizzazione (la metà dei circa 700 mila candidati che ha fatto domanda nel 2002, e lo stesso è avvenuto con le 500 mila richieste del 2006 e le quasi 750 mila del 2007), eccoci arrivati — se­condo la Caritas — «alla cifra di un mi­lione di immigrati irregolari sul nostro territorio». Naturalmente si tratta, per la quasi totalità, di persone che un lavoro già ce l’hanno, ma che non hanno potuto ottenere il permesso di soggiorno, a causa di «quote d’ingresso» troppo bas­se rispetto alle richieste di privati e aziende. Persone che in ogni caso — co­me ha commentato ieri Giuliano Cazzo­la — «fanno lavori che gli italiani rifiu­tano». Mentre senza di loro interi setto­ri produttivi «non avrebbero persona­le». Il rapporto Ocse evidenzia altri due dati che sfatano luoghi comuni radica­ti. Primo: la stragrande maggioranza degli irregolari entra in Italia legalmen­te. Ben il 60-65% sono overstayer , cioè persone che sono entrate in modo rego­lare e poi si sono trattenute più di quan­to consentito dal loro visto di ingresso. Un altro 25% dei clandestini giunge ille­galmente da altri Paesi Schengen, ap­profittando dell’abolizione dei control­li alle frontiere. Soltanto il 15% dell’im­migrazione irregolare arriva dal mare e dalle rotte del Mediterraneo. Anche se negli ultimi mesi c’è una nuova cresci­ta degli sbarchi dovuta alla pressione demografica dall’Africa subsahariana e dalle coste meridionali del Mediterra­neo dovuta all’aggravarsi della crisi ali­mentare ed economica. Mediamente, in un anno, però non più di 60.000 persone attraversano il Mediterraneo dirette in Europa. Secondo l’Ocse, questo «suggerisce che è difficile ridurre l’immigrazione ir­regolare attraverso misure di solo con­trollo delle frontiere». La ricerca di la­voro di chi entra magari per turismo è «alimentata dalle richieste del mercato del lavoro non soddisfatte dai canali dell’immigrazione legale», sottolinea il Rapporto. E ancora: «Quando esistono reali necessità del mercato e i datori di lavoro hanno mezzi limitati per recluta­re lavoratori all’estero, l’ingresso illega­le, seguito dalla ricerca del lavoro e dal protrarsi della permanenza, è una delle strade usate per bilanciare la domanda e l’offerta, sebbene non necessariamen­te sia la più vantaggiosa per gli stessi immigrati e per il mercato del lavoro del Paese ospitante». I dati mostrano quindi come l’elemento principale per contrastare l’immigrazione illegale do­vrebbe essere l’apertura di canali legali d’immigrazione. «Questo è ciò che chiedono i mercati del lavoro nei Paesi Ocse e in Europa — conclude il Rappor­to — ma su cui la risposta politica è an­cora insufficiente, a partire dal Patto su immigrazione e asilo». C’è poi il secondo luogo comune sfa­tato. Non solo non è vero che gli immi­grati, regolari e irregolari, «rubano» la­voro, ma addirittura aiutano a creare posti di lavoro. Si prenda ad esempio il caso delle badanti, che ormai esercita­no buona parte delle attività degli assi­stenti domiciliari: il numero di questi ultimi paradossalmente è cresciuto per­ché essi possono svolgere attualmente mansioni più qualificate di un tempo. La crisi sta rallentando il flusso, «per la prima volta dagli anni 80». Per quan­to riguarda l’Italia, dopo quello dall’Al­bania, si stanno fermando anche gli ar­rivi dalla Romania. Trascurabili i nuovi ingressi dei polacchi, mentre sono sem­pre sostenuti quelli da Moldavia e Ucraina. Pittau però ritiene che «il mer­cato del lavoro italiano sia comunque sempre appetibile». E cita la teoria del­le formichine del demografo Enrico To­disco della Sapienza. «Finché ci saran­no anche solo delle briciole le formichi­ne si sposteranno per raggiungerle».

M.Antonietta Calabrò

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