MILANO - A Milano hanno fatto un primo giro di telefonate: nove coppie contattate e solo due che confermano la cerimonia. A Verona, la città di Giulietta e Romeo, sono già saltati dieci matrimoni su ventidue. A Bologna le nozze andate a monte sono almeno quattro. La legge Maroni e l’amore. Niente permesso di soggiorno, niente matrimonio. Nozze già annunciate agli amici, con tanto di pubblicazione in municipio e poi disdette all’ultimo minuto. Oppure, beffa ancora più amara, nel giorno stesso della cerimonia, quando le coppie, ignare delle nuova norma, si ritrovano davanti al sindaco o all’assessore per dirsi sì e si sentono invece dire di no. «Sapete che senza permesso di soggiorno non vi potete sposare?». A Milano, in Comune, hanno messo mano al telefono per avvisare chi si dovrà sposare il 24 agosto (il servizio in queste settimane è in vacanza). Se la telefonata va a vuoto, parte anche una raccomandata con ricevuta di ritorno. Sorpresa, stupore, sconcerto, rabbia. Il mix di sentimenti dall’altro capo della cornetta, raccontano i funzionari, è questo. Due coppie rinunciano subito, evidentemente non sono in regola. Altre cinque prendono tempo, chiedono spiegazioni per poi rimanere in sospeso. Da due sole arriva la conferma: «Siamo in regola, noi il 24 saremo marito e moglie». Va meglio a Torino: sabato otto agosto è entrata in vigore la legge Maroni con relativo diktat nuziale. Venerdì sera partono le telefonate e l’indomani, davanti all’ufficiale giudiziario, si presentano ben quattro delle cinque coppie straniere o miste. Una sola rinuncia, nel primo giorno d’applicazione della norma. Se ne riparlerà a settembre. Pochi chilometri di distanza, Novara, e il dato torna a farsi rilevante: in soli cinque giorni sette matrimoni saltati, ma una coppia ha annunciato ricorso. La legge parla chiaro e non ammette ignoranza. Il problema però sono le pubblicazioni fatte mesi fa, prima che il pacchetto sicurezza diventasse legge. I grandi Comuni, nel mezzo di questa fase transitoria, hanno scelto di muoversi da soli, arrangiandosi, in pieno agosto, nel tentativo di risparmiare brutte sorprese ai potenziali «nubendi». «E senza che ci fosse un preciso obbligo contenuto nella legge», sottolineano i dirigenti comunali milanesi. Un gesto di cortesia, insomma. A Bologna sono già state cancellate quattro cerimonie di altrettante coppie straniere. A settembre la brutta sorpresa potrebbe piovere su un’altra quarantina di promessi sposi. «Una norma ridicola e di pura propaganda, che ostacola chi si ama e non ferma il fenomeno dei matrimoni di comodo», ha tuonato all'Unità il vicesindaco pd Claudio Merighi. Nozze di comodo, l’escamotage di sposare cittadini/e italiani/e o comunitari/ e per guadagnare la cittadinanza italiana. Giudizio opposto a Milano. Dice l’assessore Stefano Pillitteri: «Da noi il fenomeno delle nozze tra egiziani e romene ha avuto dimensioni davvero preoccupanti. Questa legge ci aiuterà a stroncare il racket». Da dire, però, che c’è un altro passaggio della legge pensato per scoraggiare i matrimoni «finti»: il tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana, una volta celebrato il matrimonio, è stato prolungato da sei mesi a due anni. Flavio Tosi, sindaco leghista proprio di Verona, è del partito degli entusiasti. Salterà anche qualche matrimonio d’amore? «Pazienza. Anche perché bisogna pensare invece a tutti quelli di comodo che saranno cancellati». La ragion di Stato prevale: «Abbiamo sanato un’anomalia tutta italiana: il matrimonio è un atto di stato civile. Come si può immaginare che un clandestino possa accedere a un servizio di questa natura?».
venerdì 14 agosto 2009
Matrimoni
Primi effetti delle nuove norme. Comuni e legge sulla sicurezza. Saltano le nozze con immigrati. «Manca il permesso di soggiorno»: a Verona stop a 10 matrimoni su 22, a Bologna cancellate quattro cerimonie
MILANO - A Milano hanno fatto un primo giro di telefonate: nove coppie contattate e solo due che confermano la cerimonia. A Verona, la città di Giulietta e Romeo, sono già saltati dieci matrimoni su ventidue. A Bologna le nozze andate a monte sono almeno quattro. La legge Maroni e l’amore. Niente permesso di soggiorno, niente matrimonio. Nozze già annunciate agli amici, con tanto di pubblicazione in municipio e poi disdette all’ultimo minuto. Oppure, beffa ancora più amara, nel giorno stesso della cerimonia, quando le coppie, ignare delle nuova norma, si ritrovano davanti al sindaco o all’assessore per dirsi sì e si sentono invece dire di no. «Sapete che senza permesso di soggiorno non vi potete sposare?». A Milano, in Comune, hanno messo mano al telefono per avvisare chi si dovrà sposare il 24 agosto (il servizio in queste settimane è in vacanza). Se la telefonata va a vuoto, parte anche una raccomandata con ricevuta di ritorno. Sorpresa, stupore, sconcerto, rabbia. Il mix di sentimenti dall’altro capo della cornetta, raccontano i funzionari, è questo. Due coppie rinunciano subito, evidentemente non sono in regola. Altre cinque prendono tempo, chiedono spiegazioni per poi rimanere in sospeso. Da due sole arriva la conferma: «Siamo in regola, noi il 24 saremo marito e moglie». Va meglio a Torino: sabato otto agosto è entrata in vigore la legge Maroni con relativo diktat nuziale. Venerdì sera partono le telefonate e l’indomani, davanti all’ufficiale giudiziario, si presentano ben quattro delle cinque coppie straniere o miste. Una sola rinuncia, nel primo giorno d’applicazione della norma. Se ne riparlerà a settembre. Pochi chilometri di distanza, Novara, e il dato torna a farsi rilevante: in soli cinque giorni sette matrimoni saltati, ma una coppia ha annunciato ricorso. La legge parla chiaro e non ammette ignoranza. Il problema però sono le pubblicazioni fatte mesi fa, prima che il pacchetto sicurezza diventasse legge. I grandi Comuni, nel mezzo di questa fase transitoria, hanno scelto di muoversi da soli, arrangiandosi, in pieno agosto, nel tentativo di risparmiare brutte sorprese ai potenziali «nubendi». «E senza che ci fosse un preciso obbligo contenuto nella legge», sottolineano i dirigenti comunali milanesi. Un gesto di cortesia, insomma. A Bologna sono già state cancellate quattro cerimonie di altrettante coppie straniere. A settembre la brutta sorpresa potrebbe piovere su un’altra quarantina di promessi sposi. «Una norma ridicola e di pura propaganda, che ostacola chi si ama e non ferma il fenomeno dei matrimoni di comodo», ha tuonato all'Unità il vicesindaco pd Claudio Merighi. Nozze di comodo, l’escamotage di sposare cittadini/e italiani/e o comunitari/ e per guadagnare la cittadinanza italiana. Giudizio opposto a Milano. Dice l’assessore Stefano Pillitteri: «Da noi il fenomeno delle nozze tra egiziani e romene ha avuto dimensioni davvero preoccupanti. Questa legge ci aiuterà a stroncare il racket». Da dire, però, che c’è un altro passaggio della legge pensato per scoraggiare i matrimoni «finti»: il tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana, una volta celebrato il matrimonio, è stato prolungato da sei mesi a due anni. Flavio Tosi, sindaco leghista proprio di Verona, è del partito degli entusiasti. Salterà anche qualche matrimonio d’amore? «Pazienza. Anche perché bisogna pensare invece a tutti quelli di comodo che saranno cancellati». La ragion di Stato prevale: «Abbiamo sanato un’anomalia tutta italiana: il matrimonio è un atto di stato civile. Come si può immaginare che un clandestino possa accedere a un servizio di questa natura?».
MILANO - A Milano hanno fatto un primo giro di telefonate: nove coppie contattate e solo due che confermano la cerimonia. A Verona, la città di Giulietta e Romeo, sono già saltati dieci matrimoni su ventidue. A Bologna le nozze andate a monte sono almeno quattro. La legge Maroni e l’amore. Niente permesso di soggiorno, niente matrimonio. Nozze già annunciate agli amici, con tanto di pubblicazione in municipio e poi disdette all’ultimo minuto. Oppure, beffa ancora più amara, nel giorno stesso della cerimonia, quando le coppie, ignare delle nuova norma, si ritrovano davanti al sindaco o all’assessore per dirsi sì e si sentono invece dire di no. «Sapete che senza permesso di soggiorno non vi potete sposare?». A Milano, in Comune, hanno messo mano al telefono per avvisare chi si dovrà sposare il 24 agosto (il servizio in queste settimane è in vacanza). Se la telefonata va a vuoto, parte anche una raccomandata con ricevuta di ritorno. Sorpresa, stupore, sconcerto, rabbia. Il mix di sentimenti dall’altro capo della cornetta, raccontano i funzionari, è questo. Due coppie rinunciano subito, evidentemente non sono in regola. Altre cinque prendono tempo, chiedono spiegazioni per poi rimanere in sospeso. Da due sole arriva la conferma: «Siamo in regola, noi il 24 saremo marito e moglie». Va meglio a Torino: sabato otto agosto è entrata in vigore la legge Maroni con relativo diktat nuziale. Venerdì sera partono le telefonate e l’indomani, davanti all’ufficiale giudiziario, si presentano ben quattro delle cinque coppie straniere o miste. Una sola rinuncia, nel primo giorno d’applicazione della norma. Se ne riparlerà a settembre. Pochi chilometri di distanza, Novara, e il dato torna a farsi rilevante: in soli cinque giorni sette matrimoni saltati, ma una coppia ha annunciato ricorso. La legge parla chiaro e non ammette ignoranza. Il problema però sono le pubblicazioni fatte mesi fa, prima che il pacchetto sicurezza diventasse legge. I grandi Comuni, nel mezzo di questa fase transitoria, hanno scelto di muoversi da soli, arrangiandosi, in pieno agosto, nel tentativo di risparmiare brutte sorprese ai potenziali «nubendi». «E senza che ci fosse un preciso obbligo contenuto nella legge», sottolineano i dirigenti comunali milanesi. Un gesto di cortesia, insomma. A Bologna sono già state cancellate quattro cerimonie di altrettante coppie straniere. A settembre la brutta sorpresa potrebbe piovere su un’altra quarantina di promessi sposi. «Una norma ridicola e di pura propaganda, che ostacola chi si ama e non ferma il fenomeno dei matrimoni di comodo», ha tuonato all'Unità il vicesindaco pd Claudio Merighi. Nozze di comodo, l’escamotage di sposare cittadini/e italiani/e o comunitari/ e per guadagnare la cittadinanza italiana. Giudizio opposto a Milano. Dice l’assessore Stefano Pillitteri: «Da noi il fenomeno delle nozze tra egiziani e romene ha avuto dimensioni davvero preoccupanti. Questa legge ci aiuterà a stroncare il racket». Da dire, però, che c’è un altro passaggio della legge pensato per scoraggiare i matrimoni «finti»: il tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana, una volta celebrato il matrimonio, è stato prolungato da sei mesi a due anni. Flavio Tosi, sindaco leghista proprio di Verona, è del partito degli entusiasti. Salterà anche qualche matrimonio d’amore? «Pazienza. Anche perché bisogna pensare invece a tutti quelli di comodo che saranno cancellati». La ragion di Stato prevale: «Abbiamo sanato un’anomalia tutta italiana: il matrimonio è un atto di stato civile. Come si può immaginare che un clandestino possa accedere a un servizio di questa natura?».
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