domenica 30 agosto 2009

Riflessioni sulla Cei

CEI, l'"Avvenire”, la trave e la pagliuzza di Nicolò Vergata

“Perché guardi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello quando nel tuo c’è una trave?” lo dice il vangelo secondo Luca (Luca 6,41- 42; 6,45 ). Parole originariamente dette da Cristo contro i farisei, le guide spirituali che sviavano il popolo. Nel vangelo di San Luca esso è rivolto contro le false guide della comunità, che pretendono di essere "sopra" il maestro. Temo che una ripassatina dei testi sacri non guasterebbe né alla CEI né al direttore dell’Avvenire, quotidiano portavoce dei Vescovi. Ma San Luca non fu il solo a sollevare il problema. Il divino Poeta nel suo Inferno (Inf. XXVIII, 139-142) punisce gli ignavi con la legge del contrappasso, cioè, colui che ha commesso un peccato lo sconterà per l’eternità nel modo inverso al suo peccato. Secondo, ancora, la religione cattolica, “chi è senza peccato scagli la prima pietra” (Giovanni, 8,1-11). Lo disse Gesù in persona agli aguzzini che stavano per lapidare un’adultera. Ma proprio io, agnostico e senza il dono della fede, devo ricordare questo al direttore Boffa dell’Avvenire? E la CEI perché ha consentito che un cattolico direttore di un quotidiano cattolico, violasse così impunemente le norme religiose, pur non potendo non sapere i suoi trascorsi peccaminosi? L’adulterio e l’omosessualità non sono stati dichiarati e ribaditi anche di recente dalla Chiesa come peccati gravi? O questi sono stati declassati come peccati di serie C, mentre se Berlusconi, cadendo in trappola, ammira la scollatura di una donna di dubbi costumi, armata di registratore e inviata sul posto con mandato ad hoc, è un pubblico peccatore che merita il linciaggio morale? E perché la CEI si indispettisce tanto per essere stato scoperto da quale pulpito veniva la predica? E come mai questo singolare ma significativo sollevarsi a difesa del Boffi da parte di tutto lo schieramento di sinistra comunista atea e anticlericale? Comprendo l’imbarazzo della CEI derivante più dalla prova esibita dal Giornale sulla pretestuosità di natura politica dei violenti attacchi dell’Avvenire contro il capo del governo italiano, piuttosto che ad un sincero ed intimo stupore di apprendere il peccaminoso curriculum del direttore Boffo (assunto senza conoscere il suo trascorso?). Anzi, è evidente che, non avendo dato segni di amaro stupore, la CEI ha confermato le voci secondo cui quanto sopra lo si sapeva già nei meandri del Palazzo. Insoma, è evidente la coda di paglia della CEI. Ma c’è ancora qualche considerazione da fare: da sempre ma, in maniera più evidente negli ultimi anni, il peso del voto dei cattolici ha fatto sì che il Vaticano intervenisse sempre più pesantemente nella politica italiana, di volta in volta con rimbrotti, rimproveri, richiami o con suggerimenti politicamente vincolanti. Non nascondo la mia personale preoccupazione per queste reiterate azioni di interferenza che nessuna forza politica ha il coraggio di stigmatizzare con una ferma attestazione della laicità e della sovranità dell’Italia. Preoccupazione perché nel mondo islamico così si è pervenuti alla commistione tra Stato e fondamentalisti ,con l’ascesa al potere temporale di questi ultimi. E, peraltro, la nostra storia sul potere temporale dei Papi ce lo insegna e la storia ci insegna anche quanto siano pericolosi i corsi e ricorsi storici. Di fronte a questa vera e propria interferenza, i politici hanno finora risposto senza critiche od obiezioni con la parola “Obbedisco”. Questa acquiescenza, dovuta a mera opportunità politica, ha però indotto la chiesa a ritenersi immune e invogliata a tendere sempre più la corda. E’, perciò, la prima volta che un quotidiano di orientamento politico “non ci sta’” e non ci sta proprio perché la corda è stata troppo tirata e chi l’ha fatta mollare non è un politico ma un collega di chi l’ha tirata. Ciò ha suscitando stupore e indignazione in chi era abituato ad utilizzare la norma morale per fine politico. Ma era anche ora che qualcuno lo rilevasse. Orbene, se la CEI fa della norma morale e religiosa un utilizzo diverso e inappropriato, tanto vale rimanere nella norma morale così come intesa e ricordare alla chiesa che, secondo gli stessi principi religiosi appellati, per essere chiamati a diffondere prediche morali, al predicatore designato e abilitato, è richiesta una indiscussa moralità . Non per niente c’è il proverbio, riferito alle ipotesi inverse, “da quale pulpito viene la predica!”. Un’ultima considerazione, la revoca, evidentemente avanzata o, quanto meno, preventivamente concordata con Palazzo Chigi su iniziativa della CEI, dell’incontro tra Berlusconi e il Segretario di Stato vaticano, non mi sembra motivata da un indeterminato pericolo di strumentalizzazione, quanto dalla consapevolezza dei rappresentanti della chiesa di trovarsi ora nella situazione più debole per l’evidente imbarazzo di avere la coda di paglia.

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