Sono passati otto anni ma non è cambiato niente. La signora Dima Girardi è di quei trentini dalla memoria lunga, la schiena dritta e la voglia di verità. Così ancora oggi, a quasi 95 anni, il cruccio si ripete ogni volta che l’arzilla vecchietta alza gli occhi al cielo su Roma. «Chissà se prima di morire verranno individuati gli autori della truffa. Di chi ha rubato i miei risparmi». Sarebbe una truffa come mille altre, ai danni di anziani se non fosse per i nomi che la signora chiama in causa. La storia è divisa in due vicende contigue con altrettanti protagonisti. La signora infatti ce l’ha sia con il direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, che accusa di averle pagato in nero addirittura 830 milioni di vecchie lirette per aggiudicarsi il super attico ai Parioli dove ora vive, sia con il professionista che avrebbe dovuto gestire questo gruzzolo di denaro fuori busta e che, invece, sarebbe sparito con la cassa. Ma andiamo con ordine.
Casa da favola: La signora conta diverse proprietà immobiliari nella capitale e per questo da anni ha incaricato una persona di fiducia, il commercialista romano Bernardo Cerrone, di seguire e gestire le sue proprietà. Ma il rapporto si è infranto quando la donna si è sentita gabbata dal professionista. Per andare poi in procura e presentare una denuncia che coinvolge, seppur indirettamente ma con interessanti risvolti, anche chi avrebbe dato i soldi sottobanco, appunto il direttore di piazza Indipendenza. «Nei primi mesi del 2000 – ricostruisce la signora negli atti giudiziari – il Cerrone mi disse che aveva trovato un acquirente per l’appartamento di mia proprietà in via Ceracchi 29 a Roma e che ero intenzionata a vendere. Condusse lui stesso le trattative e poco tempo prima della stipula mi comunicò che l’acquirente era disposto a pagare un prezzo di due miliardi e 150 milioni». Si dirà, un prezzo salato ma la casa è di quelle da favola: al quarto piano c’è un ampio salone, cucina e diverse camere circondate da uno splendido terrazzo che si affaccia sui Parioli. Rampa di scale e al quinto piano troviamo un’altra camera, un soggiorno veranda e alcuni appartamenti che corrono lungo tutto l’appartamento. Un affare?
Due testimoni: La signora Girardi è furente: «Il giorno in cui venne stipulato il contratto definitivo – si sostiene nella querela – il Cerrone mi disse che una parte del prezzo (830 milioni) sarebbe stata versata “in nero”. Espressi alcune perplessità, ma quest’ultimo mi disse di non preoccuparmi poiché si trattava di una prassi costante nelle vendite immobiliari e che comunque era una condizione a cui l’acquirente non voleva rinunciare, aggiungendo che, trattandosi del noto giornalista Ezio Mauro, era persona assolutamente affidabile». Vero o falso? La versione di Dima Girardi, circostanziata alla provvista in nero per comprare la casa (e non tanto l’aspetto della truffa che il tribunale ha archiviato) trova conferme in due testimoni rintracciati da Libero e che hanno seguito la vicenda in quelle settimane di passione finanziaria. «Feci l’operazione – dice il testimone T.A. – con i protagonisti che mi dicevano che la casa era stata pagata in parte in nero». Da parte sua, Girardi continua: «Ricevuti gli 830 milioni in assegni – sottolinea la signora – li consegnai al dottor Tommaso l’Aurora persona di mia fiducia, affinché li custodisse in attesa di utilizzarli per l’acquisto di altro appartamento per mio nipote». Passa qualche giorno, siamo a fine giugno del 2000, e «L’Aurora mi chiamò dicendomi che il Cerrone gli aveva richiesto la consegna degli assegni affermando che, per accordi presi con l’acquirente, e per evitare di andare incontro a grane di natura fiscale, avrebbe dovuto “far girare” la somma percepita “in nero” su alcuni conti correnti in sua disponibilità in modo da impedirne la riconducibilità al Mauro. Solo al termine di questa operazione, definita dal Cerrone “di pulizia” avrebbe provveduto a versare la somma sul mio conto corrente. Avendo allora piena fiducia nel Cerrone autorizzai il dottor L’Aurora ad aderire alla richiesta». Libero è riuscito a rintracciare anche i documenti dell’operazione finanziaria. Vediamoli. Il primo documento è del 23 febbraio del 2000. Si tratta del contratto preliminare d’acquisto, firmato nello studio legale Ripa di Meana dalle parti: Ezio Mauro e la moglie Elena Girardi, come acquirenti, e Luigi Meneghini, cognato della venditrice, appunto la signora Dima Girardi. Vi è poi un secondo atto, l’atto definitivo di compravendita dell’appartamento che viene firmato quattro mesi dopo, il 26 giugno, davanti al notaio Carlo Giubbini Ferroni. Ebbene, nell’atto preliminare si legge che «il prezzo di vendita viene stabilito ed accettato di comune accordo tra le parti in due miliardi e 150 milioni». Ma nel rogito notarile di giugno, la somma scende precipitosamente a «un miliardo e 300 milioni». Ottocentocinquanta milioni di vecchie lire in meno. Una somma assai vicina a quei 830 milioni indicati come “nero” versati da Mauro secondo la Girardi. Uno sconto? La vicenda non è chiara, visto che nella sua denuncia la signora allega in copia numerosi assegni che proprio Mauro avrebbe firmato e che andavano a costituire l’extra.
La telefonata: Sta di fatto che quando Cerrone chiede gli assegni di Mauro, stando sempre alla versione della donna, la signora Girardi si fida e glieli fa consegnare. E iniziano i pasticci: Cerrone trova la casa per il nipote della signora e le dice che oltre agli 830 milioni ricevuti da Mauro ne servono altri 300 per comprare il nuovo appartamento, per alcune spese e per il suo onorario. Lei si fida ancora e firma il modulo bancario per ritirare la somma. Cerrone paga la casa e tutto sembra filare via liscia. Ma nel marzo del 2001 la Girardi riceve una preoccupante telefonata dalla sua banca, il Credito bergamasco: non possono onorare un assegno per mancanza di fondi. Lei casca dalle nuvole: «I miei estratti conto, su consiglio del Cerrone, erano domiciliati presso lo studio dello stesso». La donna scopre quella che vive come una truffa: «Cerrone aveva ritirato gli 830 milioni, il 6 luglio è inspiegabilmente riuscito a ottenere altri 685 milioni in assegni circolari addebitandone l’importo sul mio conto corrente». Su quest’ultimo aspetto il mistero si fa più fitto. E vale la pena di raccontarlo anche se ci allontana per un attimo dall’argomento centrale ovvero dalla provvista in nero per la casa ai Parioli. Alla banca infatti si mostrano tranquilli e mostrano una copia di un fax con in calce l’autorizzazione firmata dalla donna e la richiesta all’emissione degli assegni circolari, «ma la firma non è la mia».
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