MILANO - Da Torino a Lamezia. Da Milano a Gorizia. Il passo della rivolta è breve. Materassi bruciati, sciopero della fame, lanci di oggetti. Così in quattro su 13 Centri di identificazione ed espulsione scatta la protesta. Gli immigrati puntano il dito contro le nuove norme del pacchetto sicurezza. Secondo la legge i clandestini possono essere trattenuti in questi centri fino a un massimo di 180 giorni. E loro no, non ci stanno.
LE RIVOLTE - Quindi al via i disordini. Una sommossa cominciata a Gorizia il fine settimana scorso, continuata a Milano e Torino giovedì notte per poi approdare a Lamezia venerdì. La rivolta contagia gli immigrati che distruggono gli edifici. Sotto la Madonnina 14 persone sono state arrestate a causa degli scontri con le forze dell'ordine. Il centro di via Corelli è stato devastato tanto da rendere necessario trasferimento di una cinquantina di clandestini. A Torino una sessantina di uomini hanno divelto porte, bruciato i materassi e distrutto i letti. Poi è stato cominciato lo sciopero della fame. Mentre a Lamezia in 45 hanno appiccato un incendio. Quattro stranieri sono stati identificati come i promotori della protesta.
LA LEGGE - Nel mirino delle rivolte ci sono le nuove normative approvate con il pacchetto sicurezza. La legge modifica il testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 286 del 25 luglio 1998), nel punto in cui indica che la convalida dell'espulsione comporta la permanenza dell'immigrato nel Centro per 30 giorni, prorogabili per ulteriori 30. Trascorso questo termine il questore fino a 120 giorni. Insomma una permanenza che può durare fino a sei mesi. E loro no, non ci stanno.
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