BARI - Un attacco su tutta la linea. Duro, diretto: un affondo contro il magistrato che gestisce l'inchiesta-sanità a cui contesta quattro decisive anomalie, tra cui quello di non essersi «astenuta» per la sua rete di amicizie e parentele. Il governatore Nichi Vendola affida a una lettera aperta (indirizzata alla pm Desirée Digeronimo, titolare dell'inchiesta) tutto il suo malumore, tutta la sua amarezza, prendendo di mira anche quei settimanali - Espresso e Panorama - che lo tirano in ballo.
LETTERA APERTA - «L'amore per la verità non mi consente più di tacere. Ho l'impressione di assistere ad un paradossale capovolgimento logico per il quale i briganti prendono il posto dei galantuomini e viceversa», scrive il presidente della Regione.
MAI COMMESSO ILLECITI - «Io ho la buona e piena coscienza non solo di non aver mai commesso alcun illecito nella mia vita, ma viceversa di aver dedicato tutte le mie energie a battaglie di giustizia e legalità. "Nichi il puro" titola 'Panorama' - prosegue Vendola - per stigmatizzare le mie presunte relazioni con un imprenditore che non conosco (Carlo Columella, titolare della azienda Tradeco ndr) e a cui ho chiuso, dopo trent'anni, una discarica considerata un autentico ecomostro. Stupefacente notare che "L'Espresso" pubblica un articolo fotocopia del rotocalco rivale - sottolinea il governatore - sarebbe carino indagare sul calco diffamatorio che origina questa singolare sintonia di scrittura. In effetti mi considero un puro: e non rinuncio ad aver fiducia nel genere umano e a credere che la giustizia debba alla fine trionfare».
CAMPAGNA POLITICA CONTRO DI ME - Vendola evidenzia che «in questi anni di governo, ogni volta che ne ho ravvisato la necessità, ho adottato provvedimenti tanto tempestivi quanto drastici a tutela delle istituzioni: sono fatti noti, che fanno la differenza tra il presente e il passato. Ma la sua indagine, dottoressa Digeronimo, sta diventando, suo malgrado, lo strumento di una campagna politica e mediatica che mira a colpire la mia persona - prosegue - pur non essendo io accusato di nulla. Per antico rispetto verso la magistratura e verso di lei ho evitato, in queste settimane - prosegue Vendola - di reagire alla girandola di anomalie con le quali si coltiva un'inchiesta la cui efficacia si può misurare esclusivamente sui Tg».
LE ANOMALIE - «La prima anomalia - prosegue Vendola - è che lei non abbia sentito il dovere di astenersi, per la ovvia e nota considerazione che la sua rete di amici e parenti le impedisce di svolgere con obiettività questa specifica inchiesta. La seconda anomalia riguarda l'aver trattenuto sotto la competenza della Procura Antimafia una mole di carte che hanno attinenza con eventuali profili di illiceità nella Pubblica Amministrazione. La terza - elenca il presidente - riguarda l'acquisizione di atti che costituiscono il processo di gestazione di alcune leggi, come se le leggi fossero sindacabili dall'autorità inquirente. La quarta riguarda la incredibile e permanente spettacolarizzazione dell'inchiesta: che si svolge, in ogni suo momento, a microfoni aperti e sotto i riflettori. Così per la mia convocazione in Procura. Così per l'inaudita acquisizione dei bilanci di alcuni partiti e addirittura di alcune liste elettorali».
POLVERONI E FATTI - «Il polverone - osserva Vendola - si è mangiato i fatti: quelli circostanziati legati al cosiddetto sistema "Tarantini": e nella festosa scena abitata da questo imprenditore io, a differenza persino di alcuni magistrati, non ho mai messo piede. Lei è così presa dalla sua inchiesta che forse non si è accorta di come essa clamorosamente precipita fuori dal recinto della giurisdizione: sono diventato io, la mia immagine, la mia storia, la posta in gioco di questa ignobile partita. Non dico altro. Il dolore lo può intuire. Qualcuno sta costruendo scientificamente la mia morte. Per me che amo disperatamente la vita è difficile non reagire. Le chiedo solo di riflettere su queste scarne parole».
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