MILANO - Dino Boffo potrebbe valutare la possibilità di dimettersi da direttore del quotidiano Avvenire, «non certo per ammissione di colpa, ma per il bene della Chiesa e del giornale». È monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del consiglio Cei per gli Affari giuridici, il primo prelato a parlare esplicitamente di dimissioni, dopo l'attacco del Giornale di Vittorio Feltri: «Se ritiene che tutta la vicenda, pur essendo priva di fondamento, possa nuocere alla causa del giornale o agli uomini di Chiesa, Boffo potrebbe anche decidere di dimettersi. In effetti in Italia chi si dimette è sempre ritenuto colpevole, ma non sempre è così. Se Boffo accettasse anche di passare per un disgraziato pur di non nuocere alla causa del giornale, farebbe la cosa giusta. Poi nelle sedi opportune si accerteranno debitamente i fatti».
SECONDO EDITORIALE - Un invito che il direttore non avrebbe intenzione di accogliere. Martedì mattina su Avvenire Dino Boffo pubblicherà un secondo editoriale (dopo quello di domenica) in cui spiegherà cosa c’è dietro la lettera anonima spedita almeno tre mesi fa e inviata a circa 300 persone, tra vescovi, una vasta rappresentanza della Curia e alcuni direttori di giornali. «Boffo è molto provato e umanamente a pezzi, come anche tutta la sua famiglia - dice una fonte a lui vicina -, ma non ha intenzione di arrendersi». Tuttavia circola insistente la voce di possibili dimissioni nell’arco di qualche mese, tanto più che una frangia dell’episcopato italiano - quella legata all’ala martiniana e progressista - non è in totale accordo con le posizioni di Boffo.
«AVVERTIMENTO MAFIOSO» - A proposito della lettera anonima inviata a tutti i vescovi, monsignor Mogavero conferma: «L’ho ricevuta anche io, poco prima di Pasqua. È un momento di grande imbarbarimento, questa storia si contorna sempre più di tinte sgradevoli. Ho subito pensato che fosse un’operazione pilotata da qualcuno, diretta a noi vescovi, un’operazione squallida, quasi un avvertimento mafioso. A me è arrivata una fotocopia, ma c’era tanto di carta intestata, e il pezzo riconduceva al casellario giudiziario. Le ipotesi dunque sono due: o qualcuno ha messo mano a documenti riservati - e questo è estremamente grave - o qualcuno ha diffuso la notizia falsa per far scoppiare una bomba ad orologeria. È un’operazione squallida, che non ha nessuna credibilità. Lo scopo? Forse delegittimare i vescovi, o Avvenire, o Boffo? Oppure spaccare ulteriormente il mondo cattolico? Ma né l’uno né l’altro scopo è stato raggiunto e le posizioni espresse in passato da Avvenire sulle principali vicende politiche italiane rimangono valide».
LA NOTA ANONIMA - Dunque resta un mistero l'origine del mini dossier che accusa Boffo e che è stato reso pubblico da Feltri. L'informativa, una nota anonima, è stata praticamente inviata a tutti i vescovi d’Italia per posta. Secondo una ricostruzione dell'agenzia Apcom potrebbe essere partita da ambienti dell’università Cattolica di Milano e recapitata in prima battuta alla diocesi ambrosiana e all’Istituto Giuseppe Toniolo presieduto dal cardinal Dionigi Tettamanzi. Dalla diocesi milanese e dal porporato lombardo nessuna presa di posizione ufficiale pubblica. In ambienti ecclesiali si dice che, mentre la sentenza è vera, «l’informativa aggiuntiva potrebbe essere una bomba ad orologeria per regolare questioni personali o politiche». Secondo monsignor Mogavero in ogni caso la vicenda «pesa» nelle relazioni tra Chiesa e governo perché «indubbiamente in situazioni come questa c'è uno spirito di corpo che si ricompatta anche se precedentemente vi poteva essere una situazione sfilacciata». «Se il premier Silvio Berlusconi - continua il vescovo di Mazara - cerca un riavvicinamento con la Chiesa deve semplicemente cambiare stile di vita, deve semplicemente fare il politico e non il manager o l'uomo di spettacolo». Poi, prosegue Mogavero, «il giudizio sulla sua politica lo daranno il Parlamento e la storia ma se cerca la vicinanza con il mondo ecclesiastico deve assumere un rigoroso stile di vita. Non ci interessa la sua vita privata, ci interessa che non ne faccia motivo di spettacolo».
«I SERVIZI NON C'ENTRANO» - Entrando nel merito della vicenda Boffo, il presidente del Copasir Francesco Rutelli ha escluso un coinvolgimento dei Servizi, assicurando la «massima attenzione contro eventuali deviazioni». «A proposito degli articoli di stampa che ipotizzano la formazione di documentazione illecita nell'ambito delle polemiche in corso, il presidente del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica Francesco Rutelli - si legge in un comunicato - ha reso noto che il comitato non ha ricevuto finora alcuna segnalazione su coinvolgimenti diretti o indiretti di persone legate ai servizi di informazione. Il Copasir dedicherà il massimo di attenzione ad ogni notizia a questo proposito e vigilerà perché non si registrino deviazioni, in qualunque direzione, dai compiti istituzionali in un momento molto delicato per la vita democratica».
IL FASCICOLO A TERNI - Informativa a parte, negli archivi del tribunale di Terni è conservato il fascicolo processuale che riguarda il direttore di Avvenire e che lo costrinse a pagare un'ammenda di 516 euro. Sulla vicenda lunedì mattina il procuratore Fausto Cardella, che all'epoca dei fatti non guidava ancora l'ufficio, non ha voluto fare commenti. Si è limitato a confermare che nessuna iniziativa è stata presa dalla Procura in seguito alla pubblicazione della notizie riguardanti Boffo. Da parte sua il gip di Terni Pierluigi Panariello ha spiegato che nel fascicolo riguardante il procedimento per molestie a carico di Dino Boffo «non c'è assolutamente alcuna nota che riguardi le sue inclinazioni sessuali». Il giudice si sta occupando della vicenda essendo stato chiamato a decidere in merito alle richieste di accesso agli atti presentate da diversi giornalisti. Non si trovano invece più a Terni il pubblico ministero che coordinò l'inchiesta e il gip che firmò il decreto penale di condanna nei confronti di Boffo per molestie.
CESA E ROTONDI - A sostegno del giornalista scende ancora in campo il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa: «L'attacco a un giornale libero come Avvenire che per tutti noi cattolici è un punto di riferimento è vergognoso ed è un segno del degrado della politica dei nostri tempi» spiega il leader centrista a margine del sit-in di protesta davanti all'Ambasciata libica di via Nomentana a Roma contro la visita del premier Berlusconi a Tripoli. Cesa si augura che venga fatta luce «sul dossier che è girato tra le redazioni e lo si faccia in Parlamento nella commissione competente che è il Copasir». Per il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi, «questo è uno dei casi in cui serve solo la preghiera per tutti i protagonisti di questo doloroso capitolo della vita nazionale». «Il livello di imbarbarimento nel rapporto tra politica e informazione è tale che necessita di un momento di riflessione e di responsabilità» sostiene Piero Fassino. All'esponente del Pd replica il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto: «Quello che afferma Fassino sull'imbarbarimento dello scontro politico-giornalistico è condivisibile se riguarda ciò che è successo in Italia da alcuni mesi a questa parte e se si rivolge a trecentosessanta gradi a tutti i mezzi di comunicazione di massa, giornali e trasmissioni televisive, che si sono esibiti su questo terreno».
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