ROMA — «Può diventare cittadino italiano per nascita chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante in Italia, senza interruzioni, da 5 anni... ». Eccola la norma chiave della proposta di legge bipartisan Sarubbi (Pd) - Granata (Pdl) che — segnando il passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli temperato e condizionato — ha il potenziale di aggregare una maggioranza trasversale invisa solo alla Lega: democratici, centristi dell’Udc, dipietristi, finiani (Fabio Granata è vicino al presidente della Camera, ndr) e i numerosissimi cattolici del Pdl sono pronti a votare il testo. L’appuntamento è a settembre, in commissione Affari costituzionali, con l’atto Camera 2670 (tra i cofirmatari ci saranno Souad Sbai del Pdl e Jean Leonard Touadi dell’Idv) che ha la particolarità di sviluppare quel concetto di «patriottismo repubblicano» richiamato da Gianfranco Fini, apprezzato dal capo dello Stato e caro a un ampio arco parlamentare. Per ora il presidente della Camera — che fa dire ai suoi collaboratori di «non essere l’ispiratore della legge» — preferisce rimanere nell’ombra: presto però Fini parlerà perché il 3 settembre, all’incontro «Cittadini incompiuti. Quale polis globale per il XXI secolo» organizzato dalle Acli a Perugia, è atteso un suo importante intervento. Sembra dunque che la platea delle Associazioni cristiane lavoratori italiani sia il luogo adatto per lanciare l’operazione cittadinanza: oltre allo «ius soli condizionato» (esame di lingua, obbligo per i minori di completare un ciclo di studi) c’è l’abbassamento da 10 a 5 anni per l’acquisizione della cittadinanza per soggiorno. Il testo del democratico Sarubbi — già volontario cattolico ed ex anchorman di «A sua immagine» che introduce l’ Angelus del Papa su Raiuno — sembra fatto apposta per piacere ai moderati del Pdl: «Mi sono consultato con Veltroni e con Rutelli e ne ho anche parlato con Franceschini», spiega Sarubbi che si è ispirato al lavoro svolto da Gianclaudio Bressa (Pd). Poi è scattata la scintilla con il finiano Granata (uno dei pochi nel Pdl ad aver detto detto no al reato di immigrazione clandestina) che ora dice: «La cittadinanza non è un fatto etnico ma politico, tant’è che in Italia molti stranieri sarebbero buoni cittadini repubblicani mentre ad alcuni italiani, e penso a Casal di Principe o a certi quartieri di Palermo, quella cittadinanza potrebbe essere revocata». Conclude Granata, «il Pdl deve consolidarsi come partito nazione perché appiattirsi sempre sulla Lega non si può». Più prudente Giulia Bongiorno, finiana doc, che dice di approvare i principi di inclusione e integrazione sostenuti pubblicamente dal presidente della Camera. Per la Lega, ora, tutto questo rappresenta un pericolo: «La firma di Fini non c’è, e il presidente della Camera non può firmare le leggi — ricorda il capogruppo Roberto Cota —. Se Fini, invece, intervenisse come esponente del Pdl dovrebbe attenersi alla linea della maggioranza. E nella maggioranza un accordo per facilitare il rilascio della cittadinanza agli immigrati non c’è e non ci sarà mai. La legge resta così com’è». E Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl, per ora non modifica lo schema di gioco: «La proposta Sarubbi - Granata è un’iniziativa di singoli parlamentari».
Dino Martirano
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