A proposito delle polemiche sulla signora islamica scacciata da una piscina di Verona perchè indossava un “burkini”, riporto come spunto di riflessione e contributo al dibattito i pareri raccolti qualche tempo fa dal quotidiano Independent di Londra tra musulmane britanniche dopo che il presidente francese, Nicolas Sarkozy, descrisse il velo islamico portato dalle donne come un “segno di sottomissione”. Dice Saleha Islam, 45 anni, di Londra, direttrice dell’Asian Child Protection Helpline (solitamente indossa lo hijab, un velo che copre i capelli e le spalle, insieme ad abiti occidentali): “Ho cominciato a mettere lo hijab 15 anni fa. So cos’è l’oppressione, è il mio lavoro occuparmene, e so che non sono una donna oppressa o sottomessa. Indossare lo hijab è il mio modo di dire che sono musulmana. Fa parte della mia identità. Mi piace avere un bell’aspetto. Ma anche essere modesta”. Dice sarah Joseph, 38 anni, di Londra, direttrice di Emel, una rivista di lifestyle musulmana: “Metto vestiti di foggia occidentale con lo hijab. Per me metterlo è una dichiarazione di femminismo. E’ una maniera di dichiarare che io respingo la dittatura della moda e l’aspirazione alla perfezione del corpo. Non voglio che l’aspetto esteriore abbia un’importanza predominante”. Dice Abeer Pharaon, 40 anni, di Nottingham, ricercatrice universitaria: “L’Islam sostiene che occorre regolare le relazioni tra uomini e donne affinchè la società possa prosperare. Un uomo non dovrebbe guardare le donne per strada. Coprire il corpo di una donna aiuta gli uomini e protegge la società da relazioni al di fuori del matrimonio. Se mostri il corpo di una bella donna per strada, quell’uomo potrebbe andare a casa e vedere sua moglie come non bella e iniziare una relazione extraconiugale. E allo stesso modo le donne non dovrebbero guardare gli uomini”. Dice Ruhana Ali, 23 anni, di Londra (che indossa il burka, che copre tutto il corpo): “Lo indosso perchè voglio praticare la mia fede. E’ una scelta in termini di identità religiosa e sono orgogliosa di indossarlo”. Dice Alcha Manakoua, 31 anni, di Londra: “Sono stata educata come cattolica e poi mi sono convertita all’Islam. Non ho mai pensato che una donna non può comunicare con gli altri solo perchè ha un pezzo di tessuto sulla faccia. Se ricordiamo il passato della chiesa cattolica, mia nonna indossava un fazzoletto sulla testa per andare in chiesa, sicchè non vedo una gran differenza”. Dice Ayesha Ayub, 20 anni, di Manchester (indossa il niqab, che lascia esposti solo gli occhi): “Mi sento più indipendente quando lo indosso. Quando parlo alla gente, specie se di sesso maschile,non mi giudicano per il mio aspetto o per gli abiti che indosso, ma per quello che dico”. Dice Naimi B. Robert, 32 anni, direttrice della rivista Sisters (Sorelle), che indossa il niqab: “Ho deciso di metterlo dopo un viaggio in Egitto, dieci anni fa. Chiesi a una donna che indossava il niqab perchè lo faceva, e mi rispose che voleva essere giudicata per quello che faceva, non per il suo aspetto esteriore. Non ho mai pensato di indossare il niqab per sentirmi tagliata fuori dalla società”.
giovedì 20 agosto 2009
Fughe di cervelli femminili
Burka e burkini
A proposito delle polemiche sulla signora islamica scacciata da una piscina di Verona perchè indossava un “burkini”, riporto come spunto di riflessione e contributo al dibattito i pareri raccolti qualche tempo fa dal quotidiano Independent di Londra tra musulmane britanniche dopo che il presidente francese, Nicolas Sarkozy, descrisse il velo islamico portato dalle donne come un “segno di sottomissione”. Dice Saleha Islam, 45 anni, di Londra, direttrice dell’Asian Child Protection Helpline (solitamente indossa lo hijab, un velo che copre i capelli e le spalle, insieme ad abiti occidentali): “Ho cominciato a mettere lo hijab 15 anni fa. So cos’è l’oppressione, è il mio lavoro occuparmene, e so che non sono una donna oppressa o sottomessa. Indossare lo hijab è il mio modo di dire che sono musulmana. Fa parte della mia identità. Mi piace avere un bell’aspetto. Ma anche essere modesta”. Dice sarah Joseph, 38 anni, di Londra, direttrice di Emel, una rivista di lifestyle musulmana: “Metto vestiti di foggia occidentale con lo hijab. Per me metterlo è una dichiarazione di femminismo. E’ una maniera di dichiarare che io respingo la dittatura della moda e l’aspirazione alla perfezione del corpo. Non voglio che l’aspetto esteriore abbia un’importanza predominante”. Dice Abeer Pharaon, 40 anni, di Nottingham, ricercatrice universitaria: “L’Islam sostiene che occorre regolare le relazioni tra uomini e donne affinchè la società possa prosperare. Un uomo non dovrebbe guardare le donne per strada. Coprire il corpo di una donna aiuta gli uomini e protegge la società da relazioni al di fuori del matrimonio. Se mostri il corpo di una bella donna per strada, quell’uomo potrebbe andare a casa e vedere sua moglie come non bella e iniziare una relazione extraconiugale. E allo stesso modo le donne non dovrebbero guardare gli uomini”. Dice Ruhana Ali, 23 anni, di Londra (che indossa il burka, che copre tutto il corpo): “Lo indosso perchè voglio praticare la mia fede. E’ una scelta in termini di identità religiosa e sono orgogliosa di indossarlo”. Dice Alcha Manakoua, 31 anni, di Londra: “Sono stata educata come cattolica e poi mi sono convertita all’Islam. Non ho mai pensato che una donna non può comunicare con gli altri solo perchè ha un pezzo di tessuto sulla faccia. Se ricordiamo il passato della chiesa cattolica, mia nonna indossava un fazzoletto sulla testa per andare in chiesa, sicchè non vedo una gran differenza”. Dice Ayesha Ayub, 20 anni, di Manchester (indossa il niqab, che lascia esposti solo gli occhi): “Mi sento più indipendente quando lo indosso. Quando parlo alla gente, specie se di sesso maschile,non mi giudicano per il mio aspetto o per gli abiti che indosso, ma per quello che dico”. Dice Naimi B. Robert, 32 anni, direttrice della rivista Sisters (Sorelle), che indossa il niqab: “Ho deciso di metterlo dopo un viaggio in Egitto, dieci anni fa. Chiesi a una donna che indossava il niqab perchè lo faceva, e mi rispose che voleva essere giudicata per quello che faceva, non per il suo aspetto esteriore. Non ho mai pensato di indossare il niqab per sentirmi tagliata fuori dalla società”.
A proposito delle polemiche sulla signora islamica scacciata da una piscina di Verona perchè indossava un “burkini”, riporto come spunto di riflessione e contributo al dibattito i pareri raccolti qualche tempo fa dal quotidiano Independent di Londra tra musulmane britanniche dopo che il presidente francese, Nicolas Sarkozy, descrisse il velo islamico portato dalle donne come un “segno di sottomissione”. Dice Saleha Islam, 45 anni, di Londra, direttrice dell’Asian Child Protection Helpline (solitamente indossa lo hijab, un velo che copre i capelli e le spalle, insieme ad abiti occidentali): “Ho cominciato a mettere lo hijab 15 anni fa. So cos’è l’oppressione, è il mio lavoro occuparmene, e so che non sono una donna oppressa o sottomessa. Indossare lo hijab è il mio modo di dire che sono musulmana. Fa parte della mia identità. Mi piace avere un bell’aspetto. Ma anche essere modesta”. Dice sarah Joseph, 38 anni, di Londra, direttrice di Emel, una rivista di lifestyle musulmana: “Metto vestiti di foggia occidentale con lo hijab. Per me metterlo è una dichiarazione di femminismo. E’ una maniera di dichiarare che io respingo la dittatura della moda e l’aspirazione alla perfezione del corpo. Non voglio che l’aspetto esteriore abbia un’importanza predominante”. Dice Abeer Pharaon, 40 anni, di Nottingham, ricercatrice universitaria: “L’Islam sostiene che occorre regolare le relazioni tra uomini e donne affinchè la società possa prosperare. Un uomo non dovrebbe guardare le donne per strada. Coprire il corpo di una donna aiuta gli uomini e protegge la società da relazioni al di fuori del matrimonio. Se mostri il corpo di una bella donna per strada, quell’uomo potrebbe andare a casa e vedere sua moglie come non bella e iniziare una relazione extraconiugale. E allo stesso modo le donne non dovrebbero guardare gli uomini”. Dice Ruhana Ali, 23 anni, di Londra (che indossa il burka, che copre tutto il corpo): “Lo indosso perchè voglio praticare la mia fede. E’ una scelta in termini di identità religiosa e sono orgogliosa di indossarlo”. Dice Alcha Manakoua, 31 anni, di Londra: “Sono stata educata come cattolica e poi mi sono convertita all’Islam. Non ho mai pensato che una donna non può comunicare con gli altri solo perchè ha un pezzo di tessuto sulla faccia. Se ricordiamo il passato della chiesa cattolica, mia nonna indossava un fazzoletto sulla testa per andare in chiesa, sicchè non vedo una gran differenza”. Dice Ayesha Ayub, 20 anni, di Manchester (indossa il niqab, che lascia esposti solo gli occhi): “Mi sento più indipendente quando lo indosso. Quando parlo alla gente, specie se di sesso maschile,non mi giudicano per il mio aspetto o per gli abiti che indosso, ma per quello che dico”. Dice Naimi B. Robert, 32 anni, direttrice della rivista Sisters (Sorelle), che indossa il niqab: “Ho deciso di metterlo dopo un viaggio in Egitto, dieci anni fa. Chiesi a una donna che indossava il niqab perchè lo faceva, e mi rispose che voleva essere giudicata per quello che faceva, non per il suo aspetto esteriore. Non ho mai pensato di indossare il niqab per sentirmi tagliata fuori dalla società”.
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