giovedì 3 dicembre 2009

Gianfranco Fini

I paletti che Fini ignora di JimMomo

...Ci risiamo. Come in reazione alla svolta del "predellino" nel novembre 2007, che lo portò per diversi mesi a disconoscere la necessità del Pdl, per poi tornare sui suoi passi, solo due anni dopo Gianfranco Fini incappa nell'ennesimo errore che ne dimostra la mediocrità politica. La questione a mio avviso è molto semplice: va bene mantenere le proprie idee, le proprie posizioni su alcuni temi; va bene pretendere che nel Pdl ci sia un dibattito aperto e democratico; va bene cercare di definire un'identità propria, riconoscibile rispetto a quella del Cav.; va bene ambire a succedere a Berlusconi nella leadership. Va bene tutto questo, ma ci sono confini politici e istituzionali che Fini non dovrebbe travalicare. Quello istituzionale innanzitutto. Perché l'uso che Fini sta facendo della carica che ricopre non è tollerabile. Non può usare il ruolo che ricopre, e l'autorevolezza che ne deriva, per contraddire puntualmente iniziative e dichiarazioni del governo e del presidente del Consiglio in particolare; non può ad ogni spinta in avanti del Pdl esercitarne una uguale ma contraria; non può, e se non se ne accorge è persino più grave, associarsi all'iniziativa mediatico-giudiziaria del giorno per delegittimare Berlusconi. E anche inserirsi nel dibattito interno al partito o alla maggioranza, deve farlo con cautela e moderazione consoni alla terza carica dello Stato. La sua imparzialità istituzionale non può e non deve trasformarsi in "terzismo" furbetto. Non può e non deve cercare di accreditarsi come super partes facendo da controcanto al governo. Il confine politico lo ricordava Giuliano Ferrara qualche giorno fa. La lettura, l'analisi di fondo condivisa nel centrodestra, e direi quasi fondante il Pdl, non è che l'anomalia degli ultimi sedici anni della politica italiana è rappresentata da Berlusconi, che confonde il consenso popolare con l'immunità, la leadership con la monarchia assoluta. Questa è l'analisi di fondo di certa sinistra, neanche tutta, e sicuramente di Di Pietro, Travaglio e dei giustizialisti al seguito. L'analisi del centrodestra è un'altra. Dietro le tensioni di questi giorni, mesi e anni, «c'è un solo vero dilemma in azione: della guida di questo Paese decide il popolo o decide l'ordine giudiziario?». In Italia la divisione equilibrata dei poteri è saltata e frange di giudici politicizzati pensano di approfittarne per «ribaltare il corso degli eventi», mettendo sotto tutela la democrazia, per gloria personale, o per punire chiunque voglia metter mano alla riforma dell'ordine giudiziario. Se Fini non lo capisce, o finge di non capirlo, o non condivide questa analisi, allora sì, ciò sarebbe incompatibile con la sua permanenza nel Pdl. Per questo, in un editoriale-lettera aperta, Giuliano Ferrara concludeva: «Gentile Fini, delle due l'una: o lei accetta solidalmente gli escamotage che il circolo del presidente del Consiglio troverà per evitare una condanna a oggi sicura nel solito processo milanese anti-Cav, oppure deve prendere l'iniziativa e trovare lei una soluzione accettabile, mediando e rifinendo gli strumenti legislativi opportuni... Io penso che a lei non convenga ergersi, posto che lo si possa fare, su un campo di macerie. Penso che l'elettorato di destra e di centro non capirebbe mai un defilamento dalla linea di resistenza democratica all'assalto militante di certa magistratura». E' qui che Fini si tradisce, dimostrando tra l'altro di possedere ben poche nozioni di democrazia liberale. Perché dalle sue uscite, in o fuori onda che siano, sembra che consideri Berlusconi la vera anomalia della politica italiana, e non certa magistratura che da ordine vuol farsi potere. Non può prestarsi, come purtroppo sta facendo in queste settimane, ad operazioni destabilizzanti. Non può permettersi di fingere che le accuse del pentito Spatuzza, o il ridicolo processo Mills, o il risarcimento di 750 milioni di euro che Fininvest è stata condannata a pagare alla Cir di De Benedetti - solo per citare gli ultimi esempi in ordine di tempo - facciano parte di una giustizia normale, alla quale basta solo chiedere che faccia il suo corso e che trovi dei «riscontri» alle dichiarazioni dei pentiti. I riscontri non ci sono, non ci sono mai stati e non ci saranno neanche stavolta, ma Fini finge di credere che sia normale aspettarli, anche se nel frattempo si dà lo spunto per ogni tipo di delegittimazione del governo democraticamente eletto. Non può rimproverare a Berlusconi di mancare di rispetto agli altri poteri dello Stato quando questi (e addirittura un ordine, quello giudiziario) mancano di rispetto al governo - peggio, cercano di delegittimarlo e farlo cadere. Su tutto può distinguersi, ma tra analisi contrapposte riguardo la vera anomalia della politica italiana degli ultimi sedici anni Fini non può pretendere di mantenersi equidistante.

1 commenti:

Massimo ha detto...

Non è solo il defilarsi dalla difesa (doverosa) del Premier contro le aggressioni mediatico-giudiziarie. E' anche la proposta politica che è incompatibile con il Centro Destra. Dalle singolari tesi sulla eutanasia all'essere favorevole ad accogliere i capricci degli omosessuali; dal voto e cittadinanza per gli immigrati ad un rinnovato interventismo statalista, tutto sembra dire che Fini sta facendo il pappagallo delle tesi della sinistra. Confrontiamoci, certo, ma lui non appartiene più al mondo del Centro Destra.