domenica 13 dicembre 2009

Dialogo?

A chi piace dialogare con chi è sordo? di Maurizio De Santis

L’ultima “perla” risale a sabato 5 dicembre, quando un membro della ONG svizzera Consulting, Training and Support (CTS), cittadino svizzero, ingegnere, è stato espulso con la coniuge (fisioterapista) ed altri tre altri membri della sua famiglia, dai funzionari di Rabat. Motivo? L’accusa (non provata), di essere un missionario evangelista che ha "messo in serio pericolo i valori religiosi del Regno". Ben 17 persone sono state indagate per proselitismo. Oltre alle espulsioni cui sopra, si segnala addirittura l’arresto di due marocchini, due sud-africani ed un guatemalteco. Il fatto è avvenuto in Marocco che, non dimentichiamolo, ha ratificato con l’Unione Europea un accordo che gli conferisce uno status di “Stato privilegiato” (un po’ quanto vorrebbero Francia e Germania per la Turchia), con i paesi del Vecchio continente. Il fatto, odioso perché compiuto da uno Stato decantato per avere una legislazione all’avanguardia nei paesi musulmani (immaginiamo il resto della compagnia!), fa il paio con le leggi anticristiane emanate in Algeria nel marzo 2006 e la cui ferrea applicazione ha provocato la chiusura delle poche chiese evangeliche che erano state aperte. Per tacere dell’Arabia Saudita dove, malgrado lavorino un milione di immigrati cristiani, vige il divieto assoluto di pregare secondo un rito non musulmano. E dove, chiunque preghi anche nel segreto delle mura domestiche, resterebbe passibile di arresto dalla terribile Muttawi’a (la polizia religiosa per l'imposizione della virtù e l'interdizione del vizio). Sulla vicenda, chiaramente, non una frase dalle sinistre nostrane ed europoidi, solitamente miopi per quanto avviene fuori dall’Occidente. Silenzio anche dagli altri, beninteso, interessati a guardare altrove, pur di non scoraggiare l’afflusso dei capitali della finanza islamica. In questo panorama colpisce l’iniziativa del deputato del partito socialista spagnolo, José Antonio Perez Tapis, che ha proposto un risarcimento per i quasi 300.000 eredi dei moriscos che, nell’anno domini 1609, vennero cacciati dalla Spagna dal re cattolico Filippo III.
Iniziativa degna del manicomio, s’intende, impercorribile sia materialmente (vai a pescare tutti i discendenti), sia eticamente (ed i danni per l’invasione dei berberi musulmani di sei secoli prima, chi li pagherebbe alla Spagna? Mohammed VI?). Il tutto mentre, proprio qui in Italia, emerge quello che sarà il maggiore problema degli anni a venire: la regolamentazione del diritto di famiglia tra musulmani e non musulmani. Il caso di Alì-Alex, portato via alla madre dal padre egiziano nel 1987 (aveva solo 5 anni), rischia di essere replicato su più vasta scala da chi può conservare la doppia cittadinanza anche alla terza o quarta generazione, in osservanza del particolare jus sanguinis di fede, base del diritto islamico. Una giurisprudenza che nega, a qualsiasi non musulmano, il benché minimo diritto in tema di figli. Ecco, anziché proclamare intendimenti demenziali, come quelli del Perez, sarebbe bene cominciare a lavorare su “questo” problema che, altrimenti, rischierà davvero di fomentare sentimenti di odio e diffidenza verso il mondo musulmano.

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