E così è stato. Lo aveva previsto Paolo D'Andrea sul Secolo d’Italia di qualche giorno fa: «I fucili sono carichi già da tempo contro il cardinale Dionigi Tettamanzi: basterà un accenno “buonista” agli immigrati, un riferimento “pauperista” alla crisi e all'expo 2015, un richiamo “sincretista” agli islamici, a scatenare fatalmente la pioggia di fuoco già preparata per lui dal plotone dei fustigatori da talk show, dei tronisti della vera dottrina e del vero cristianesimo, dei piccoli Torquemada da corsivo indignato». E infatti i fustigatori, i tronisti e i Torquemada sono arrivati come un orologio (e un referendum) svizzero. Non sono piaciute le critiche del cardinale Tettamanzi alla recente raffica di sgomberi che ha messo sulla strada 250 rom di un accampamento abusivo alla periferia di Milano. Il quotidiano leghista, come poteva essere altrimenti, è andato giù duro: «Ma è un vescovo o un imam?», si è chiesta la Padania aggiungendo con foga inquisitoria: «Alla faccia della legalità che dovrebbe essere la preoccupazione anche della massima autorità religiosa. Tettamanzi ci ha abituato alle sue alquanto originali aperture alla presenza di moschee in ogni quartiere». E ancora: il cardinale non si occupa di quel «che teoricamente dovrebbe interessare di più la chiesa, cioè la sentenza europea sul crocefisso, l'avanzata dell'Islam che reclama sempre più privilegi senza fare alcuna menzione dei doveri, la crisi delle vocazioni». Questo succede quando la politica si arroga il diritto di utilizzare la religione come carta d’identità, come facile strumento per riempire la propria vuotezza. Questo succede quando la politica prende in prestito la fede per farne uno strumento di odio e di divisione. Quando si confonde la croce con un simbolo di partito. Questo succede: si arriva a pretendere che la religione si adegui alle regole perverse della politica, perda l’universalità per occuparsi del contingente, perda l’altruismo per rifugiarsi nel più bieco individualismo. È la politica che diventa giudice della buona e della cattiva religione in funzione degli interessi di un partito. E così i demagoghi mandano via il prete dall’altare, ne prendono il posto, fanno un comizio e la chiamano predica. Li definiscono “cristianisti” ma, in fondo, sono semplici bestemmiatori, mercanti di paura che cacciano Gesù dal tempio, svuotando la fede di qualsiasi senso religioso. Il loro evidente antenato è quel Charles Maurras che fondò il movimento di estrema destra Action Française. Maurras si definiva athée catholique e per questo fu scomunicato da Pio XI. Il paradosso è tutto qui: difendono il cristianesimo ma, di certo, non sono buoni cristiani.
... poi vediamo, magari, chessò, dopo le elezioni di marzo dove finisce tutto questo buonismo d'accatto. Probabilmente nella mani di quei beceri bucanieri della Lega...
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