C’è un pericolo ben maggiore dell’estremismo islamico a minacciare le democrazie occidentali, e quel pericolo siamo noi. Noi democratici, noi garantisti, noi rispettosi della libertà e dei diritti umani, civili, e politici. La forza della democrazia è infatti anche il suo punto debole, e si chiama tolleranza: paradossalmente è utilizzando proprio questo valore occidentale che nel terzo millennio i nemici della democrazia continuano a guadagnare posizioni in Europa, e adesso anche gli Stati Uniti. Vi sono al mondo una serie di organizzazioni islamiste impegnate nel jihad, intrecciate con i gruppi terroristici armati, e propugnatrici della sostituzione della legge coranica in luogo del diritto costituzionale. Ora tutto ciò sarebbe contrastabile, se solo l’Occidente fosse, da un canto, compatto nel difendere quei valori illuministici e di democraticità messi a rischio dal jihad, e, dall’altro, non facesse della tolleranza e della libertà di espressione un uso masochistico, evitando che la difesa dei suoi valori fondamentali conduca alla resa incondizionata di fronte al nemico e quindi all’autodistruzione. I jihadisti questo lo hanno ben compreso; sono gli Occidentali – almeno una parte di essi – a non volerlo capire. Ecco il tipico modus operandi delle organizzazioni islamiste: esse lavorano palesando una maschera pubblica rispettabile, dedita alla salvaguardia di sedicenti principi religiosi, occupata a proteggere e confortare le proprie comunità musulmane. In realtà queste associazioni sono complesse strutture reticolari impegnate nel jihad e spesso colluse con i fronti internazionali del terrorismo. Il loro compito è raccogliere finanziamenti, mantenere contatti fra i gruppi transnazionali, diffondere controinformazione mediatica e propaganda, predicare una cultura antioccidentale, e soprattutto raccogliere adepti per questo neo-islamismo radicale sviluppatosi negli ultimi venti-trent’anni. Non appena un politico, un giornale, un movimento culturale o popolare attacca queste organizzazioni criminali dal perbenismo liberal è immediatamente accusato di razzismo contro tutti i musulmani, di caccia alle streghe, di intolleranza antidemocratica, di “fascismo”. Ed è molto triste ammetterlo, ma le Sinistre ci cascano sempre. L’ultimo caso si sta verificando negli USA. È appena stato pubblicato un libro-dossier intitolato Muslim Mafia. Inside the Secret Underworld That’s Conspiring to Islamize America, di P. David Gaubatz e Paul Sperry. I due autori con l’aiuto del figlio di Gaubatz, Chris, hanno condotto un’inchiesta precisissima su una delle più note organizzazioni islamiste americane, il CAIR, Council on American-Islamic Relations, sorto nel 1994. Tale associazione è da anni nel mirino degli osservatori per le sue attività e ideologie fortemente antioccidentali, tanto da essere nata perfino una contro-organizzazione, l’Anti-CAIR, mirante a contestarla denunciandone l’attività illecita. Adesso però questo documento di Gaubatz e Sperry porta quelle che sarebbero le prove delle strategie cospirazioniste del CAIR. Per scoprire quanto denunciato, Chris ha lavorato sotto copertura per sei mesi nella sede del CAIR a Washington, acquisendo 12.000 pagine di documentazione e 300 ore di video. Ne emerge un quadro grave. Innanzi tutto i finanziamenti non sarebbero per niente donazioni popolari di musulmani americani ma sovvenzioni estere provenienti principalmente da sceicchi e istituti di credito sauditi: poi, le attività del CAIR più che la difesa dei diritti umani riguarderebbero occupazioni politiche e commerciali in favore delle imprese saudite e degli Emirati Arabi per favorirne in tutti modi la penetrazione negli USA; non mancherebbero, infine, legami con gruppi terroristici e jihadisti. Già da anni, figure del calibro di Daniel Pipes accusano il CAIR di fare apologia di al-Qaida, di adulare bin Laden, d’essere legato alla Fratellanza Musulmana, di giustificare il terrorismo, oltre a voler negare la Shoa, censurare la libertà d’espressione, e soprattutto di voler islamizzare gli Stati Uniti portandovi la sharia. Il CAIR, secondo gli autori del libro, è «un’organizzazione segreta che domina la maggior parte dei gruppi islamici e delle moschee in America, mentre sfrutta, manipola, e persino vittimizza gli americani islamici rispettosi della legge». Secondo Steven Emerson, Executive Director del The Investigative Project on Terrorism, «molto di ciò che era già conosciuto è stato confermato da questo documento “insider” di Gaubatz e Sperry. Nel 1993 all’hotel Marriott di Philadelfia ci fu una riunione segreta fra membri dei Fratelli Musulmani e di Hamas per sviluppare nuovi modi di finanziamento ai gruppi terroristici e creare appoggi negli Usa tramite una falsa propaganda islamica che nascondesse i suoi veri obiettivi. Meno di un anno dopo nasceva il CAIR. Per quattordici anni esso ha subdolamente giustificato attentati e attacchi terroristici, diffuso campagne diffamatorie contro Israele e contro gli stessi Stati Uniti, predicato ai musulmani d’America di non avere rapporti con le autorità statunitensi e di mentire all’FBI, esortandoli a recepire la sharia e a combattere per il jihad». Dopo aver tollerato a lungo le sue attività, oggi anche l’FBI, riferice Emerson, ha ufficialmente ammesso che «il CAIR è solo la facciata di Hamas e di vari gruppi terroristici, con precise finalità di cospirazione». Sempre secondo Emerson, poche settimane fa quattro parlamentari americani hanno allora per il tentativo del CAIR – definito «una copertura di Hamas» – d’inserire propri infiltrati nelle commissioni del Congresso, e indirizzandogli molte altre accuse di cui si parla anche nel libro di Gaubatz e Sperry. Tuttavia, il CAIR, con la sua veste pubblica moderata e rispettabile, avrebbe tratto molti in inganno: i suoi rappresentanti sono di continuo invitati in trasmissioni televisive e conferenze pubbliche dove esprimono le proprie posizioni mantenendo un profilo apparentemente onesto e ragionevole. Purtroppo, però, anche la pubblicazione di questo libro non sembra essere in grado d’indurre i difensori del CAIR a rivedere le proprie posizioni, nonostante l’ampia documentazione proposta dai due autori. Così i media hanno subito accusato questi parlamentari di voler intraprendere una persecuzione contro tutti i musulmani, la CNN seguita a intervistare i rappresentanti del CAIR senza smentire le loro asserzioni, e vari politici difendono la linea del CAIR sostenendo che chi lo attacca è foriero di posizioni razziste e antimusulmane. Non c’è in effetti molto da stupirsi in un’America dove il presidente Obama ha nominato consulente alla Casa Bianca, per il Council on Faith-Based and Neighborhood Partnerships, Dalia Mogahed, una musulmana di origine egiziana che non lontana da posizioni fondamentaliste e antioccidentali. E, come denuncia Emerson, un anno fa Hillary Clinton ha addirittura ordinato che i vertici del CAIR fossero inclusi nelle commissioni di studio del Dipartimento di Stato sul Medio Oriente: alcuni rappresentanti del CAIR, in questo modo, sono stati inviati in missioni ufficiali sebbene avessero pubblicamente fatto vaneggianti dichiarazioni antisioniste in cui, per esempio, si attribuiva il genocidio del Darfur alle cospirazioni israeliane. Sempre grazie a tale cecità, perfino il «Department of Homeland Security, benché informato dell’attività del CAIR di facciata a gruppi terroristici,» racconta Emerson «ha continuato a tenere rapporti professionali con loro, e recentemente ha designato come consulente al DHS uno dei suoi membri intenzionato a far declassificare Hezbollah dai gruppi terroristici». Secondo Emerson, un certo atteggiamento verso queste organizzazioni troppo tollerante, “democratico” e politicamente corretto, in cui nel dibattito pubblico si simpatizzi con chi accusi per esempio Israele dell’11/9 senza smentirlo, non fa che avvantaggiare le mire segrete di questa gente. Questo purtroppo succede anche in Italia, laddove si seguita a invitare nei media e dare risonanza ai rappresentanti di certe organizzazioni estremiste islamiste senza un sufficiente contraddittorio che ne possa smascherare le reali attività e ideologie. Daniel Pipes afferma che «la sharia si può vincere solo stando tutti uniti e senza compromessi: i distinguo sono pericolosi perché sdoganano proprio gli attentatori della democrazia, come se si dicesse che il Klu Klux Klan non è criminale perché non tutti i suoi membri hanno ucciso qualcuno. Stiamo assistendo al tragico errore mondiale di dare pass di rispettabilità alle organizzazioni estremiste islamiche: è in questo modo che si commettono crimini morali come il Rapporto Goldstone all’Onu».
sabato 5 dicembre 2009
Mafia islamica
Libro inchiesta. Radicalismo islamico negli Stati Uniti: vita e opere del CAIR di Andrea B. Nardi
C’è un pericolo ben maggiore dell’estremismo islamico a minacciare le democrazie occidentali, e quel pericolo siamo noi. Noi democratici, noi garantisti, noi rispettosi della libertà e dei diritti umani, civili, e politici. La forza della democrazia è infatti anche il suo punto debole, e si chiama tolleranza: paradossalmente è utilizzando proprio questo valore occidentale che nel terzo millennio i nemici della democrazia continuano a guadagnare posizioni in Europa, e adesso anche gli Stati Uniti. Vi sono al mondo una serie di organizzazioni islamiste impegnate nel jihad, intrecciate con i gruppi terroristici armati, e propugnatrici della sostituzione della legge coranica in luogo del diritto costituzionale. Ora tutto ciò sarebbe contrastabile, se solo l’Occidente fosse, da un canto, compatto nel difendere quei valori illuministici e di democraticità messi a rischio dal jihad, e, dall’altro, non facesse della tolleranza e della libertà di espressione un uso masochistico, evitando che la difesa dei suoi valori fondamentali conduca alla resa incondizionata di fronte al nemico e quindi all’autodistruzione. I jihadisti questo lo hanno ben compreso; sono gli Occidentali – almeno una parte di essi – a non volerlo capire. Ecco il tipico modus operandi delle organizzazioni islamiste: esse lavorano palesando una maschera pubblica rispettabile, dedita alla salvaguardia di sedicenti principi religiosi, occupata a proteggere e confortare le proprie comunità musulmane. In realtà queste associazioni sono complesse strutture reticolari impegnate nel jihad e spesso colluse con i fronti internazionali del terrorismo. Il loro compito è raccogliere finanziamenti, mantenere contatti fra i gruppi transnazionali, diffondere controinformazione mediatica e propaganda, predicare una cultura antioccidentale, e soprattutto raccogliere adepti per questo neo-islamismo radicale sviluppatosi negli ultimi venti-trent’anni. Non appena un politico, un giornale, un movimento culturale o popolare attacca queste organizzazioni criminali dal perbenismo liberal è immediatamente accusato di razzismo contro tutti i musulmani, di caccia alle streghe, di intolleranza antidemocratica, di “fascismo”. Ed è molto triste ammetterlo, ma le Sinistre ci cascano sempre. L’ultimo caso si sta verificando negli USA. È appena stato pubblicato un libro-dossier intitolato Muslim Mafia. Inside the Secret Underworld That’s Conspiring to Islamize America, di P. David Gaubatz e Paul Sperry. I due autori con l’aiuto del figlio di Gaubatz, Chris, hanno condotto un’inchiesta precisissima su una delle più note organizzazioni islamiste americane, il CAIR, Council on American-Islamic Relations, sorto nel 1994. Tale associazione è da anni nel mirino degli osservatori per le sue attività e ideologie fortemente antioccidentali, tanto da essere nata perfino una contro-organizzazione, l’Anti-CAIR, mirante a contestarla denunciandone l’attività illecita. Adesso però questo documento di Gaubatz e Sperry porta quelle che sarebbero le prove delle strategie cospirazioniste del CAIR. Per scoprire quanto denunciato, Chris ha lavorato sotto copertura per sei mesi nella sede del CAIR a Washington, acquisendo 12.000 pagine di documentazione e 300 ore di video. Ne emerge un quadro grave. Innanzi tutto i finanziamenti non sarebbero per niente donazioni popolari di musulmani americani ma sovvenzioni estere provenienti principalmente da sceicchi e istituti di credito sauditi: poi, le attività del CAIR più che la difesa dei diritti umani riguarderebbero occupazioni politiche e commerciali in favore delle imprese saudite e degli Emirati Arabi per favorirne in tutti modi la penetrazione negli USA; non mancherebbero, infine, legami con gruppi terroristici e jihadisti. Già da anni, figure del calibro di Daniel Pipes accusano il CAIR di fare apologia di al-Qaida, di adulare bin Laden, d’essere legato alla Fratellanza Musulmana, di giustificare il terrorismo, oltre a voler negare la Shoa, censurare la libertà d’espressione, e soprattutto di voler islamizzare gli Stati Uniti portandovi la sharia. Il CAIR, secondo gli autori del libro, è «un’organizzazione segreta che domina la maggior parte dei gruppi islamici e delle moschee in America, mentre sfrutta, manipola, e persino vittimizza gli americani islamici rispettosi della legge». Secondo Steven Emerson, Executive Director del The Investigative Project on Terrorism, «molto di ciò che era già conosciuto è stato confermato da questo documento “insider” di Gaubatz e Sperry. Nel 1993 all’hotel Marriott di Philadelfia ci fu una riunione segreta fra membri dei Fratelli Musulmani e di Hamas per sviluppare nuovi modi di finanziamento ai gruppi terroristici e creare appoggi negli Usa tramite una falsa propaganda islamica che nascondesse i suoi veri obiettivi. Meno di un anno dopo nasceva il CAIR. Per quattordici anni esso ha subdolamente giustificato attentati e attacchi terroristici, diffuso campagne diffamatorie contro Israele e contro gli stessi Stati Uniti, predicato ai musulmani d’America di non avere rapporti con le autorità statunitensi e di mentire all’FBI, esortandoli a recepire la sharia e a combattere per il jihad». Dopo aver tollerato a lungo le sue attività, oggi anche l’FBI, riferice Emerson, ha ufficialmente ammesso che «il CAIR è solo la facciata di Hamas e di vari gruppi terroristici, con precise finalità di cospirazione». Sempre secondo Emerson, poche settimane fa quattro parlamentari americani hanno allora per il tentativo del CAIR – definito «una copertura di Hamas» – d’inserire propri infiltrati nelle commissioni del Congresso, e indirizzandogli molte altre accuse di cui si parla anche nel libro di Gaubatz e Sperry. Tuttavia, il CAIR, con la sua veste pubblica moderata e rispettabile, avrebbe tratto molti in inganno: i suoi rappresentanti sono di continuo invitati in trasmissioni televisive e conferenze pubbliche dove esprimono le proprie posizioni mantenendo un profilo apparentemente onesto e ragionevole. Purtroppo, però, anche la pubblicazione di questo libro non sembra essere in grado d’indurre i difensori del CAIR a rivedere le proprie posizioni, nonostante l’ampia documentazione proposta dai due autori. Così i media hanno subito accusato questi parlamentari di voler intraprendere una persecuzione contro tutti i musulmani, la CNN seguita a intervistare i rappresentanti del CAIR senza smentire le loro asserzioni, e vari politici difendono la linea del CAIR sostenendo che chi lo attacca è foriero di posizioni razziste e antimusulmane. Non c’è in effetti molto da stupirsi in un’America dove il presidente Obama ha nominato consulente alla Casa Bianca, per il Council on Faith-Based and Neighborhood Partnerships, Dalia Mogahed, una musulmana di origine egiziana che non lontana da posizioni fondamentaliste e antioccidentali. E, come denuncia Emerson, un anno fa Hillary Clinton ha addirittura ordinato che i vertici del CAIR fossero inclusi nelle commissioni di studio del Dipartimento di Stato sul Medio Oriente: alcuni rappresentanti del CAIR, in questo modo, sono stati inviati in missioni ufficiali sebbene avessero pubblicamente fatto vaneggianti dichiarazioni antisioniste in cui, per esempio, si attribuiva il genocidio del Darfur alle cospirazioni israeliane. Sempre grazie a tale cecità, perfino il «Department of Homeland Security, benché informato dell’attività del CAIR di facciata a gruppi terroristici,» racconta Emerson «ha continuato a tenere rapporti professionali con loro, e recentemente ha designato come consulente al DHS uno dei suoi membri intenzionato a far declassificare Hezbollah dai gruppi terroristici». Secondo Emerson, un certo atteggiamento verso queste organizzazioni troppo tollerante, “democratico” e politicamente corretto, in cui nel dibattito pubblico si simpatizzi con chi accusi per esempio Israele dell’11/9 senza smentirlo, non fa che avvantaggiare le mire segrete di questa gente. Questo purtroppo succede anche in Italia, laddove si seguita a invitare nei media e dare risonanza ai rappresentanti di certe organizzazioni estremiste islamiste senza un sufficiente contraddittorio che ne possa smascherare le reali attività e ideologie. Daniel Pipes afferma che «la sharia si può vincere solo stando tutti uniti e senza compromessi: i distinguo sono pericolosi perché sdoganano proprio gli attentatori della democrazia, come se si dicesse che il Klu Klux Klan non è criminale perché non tutti i suoi membri hanno ucciso qualcuno. Stiamo assistendo al tragico errore mondiale di dare pass di rispettabilità alle organizzazioni estremiste islamiche: è in questo modo che si commettono crimini morali come il Rapporto Goldstone all’Onu».
C’è un pericolo ben maggiore dell’estremismo islamico a minacciare le democrazie occidentali, e quel pericolo siamo noi. Noi democratici, noi garantisti, noi rispettosi della libertà e dei diritti umani, civili, e politici. La forza della democrazia è infatti anche il suo punto debole, e si chiama tolleranza: paradossalmente è utilizzando proprio questo valore occidentale che nel terzo millennio i nemici della democrazia continuano a guadagnare posizioni in Europa, e adesso anche gli Stati Uniti. Vi sono al mondo una serie di organizzazioni islamiste impegnate nel jihad, intrecciate con i gruppi terroristici armati, e propugnatrici della sostituzione della legge coranica in luogo del diritto costituzionale. Ora tutto ciò sarebbe contrastabile, se solo l’Occidente fosse, da un canto, compatto nel difendere quei valori illuministici e di democraticità messi a rischio dal jihad, e, dall’altro, non facesse della tolleranza e della libertà di espressione un uso masochistico, evitando che la difesa dei suoi valori fondamentali conduca alla resa incondizionata di fronte al nemico e quindi all’autodistruzione. I jihadisti questo lo hanno ben compreso; sono gli Occidentali – almeno una parte di essi – a non volerlo capire. Ecco il tipico modus operandi delle organizzazioni islamiste: esse lavorano palesando una maschera pubblica rispettabile, dedita alla salvaguardia di sedicenti principi religiosi, occupata a proteggere e confortare le proprie comunità musulmane. In realtà queste associazioni sono complesse strutture reticolari impegnate nel jihad e spesso colluse con i fronti internazionali del terrorismo. Il loro compito è raccogliere finanziamenti, mantenere contatti fra i gruppi transnazionali, diffondere controinformazione mediatica e propaganda, predicare una cultura antioccidentale, e soprattutto raccogliere adepti per questo neo-islamismo radicale sviluppatosi negli ultimi venti-trent’anni. Non appena un politico, un giornale, un movimento culturale o popolare attacca queste organizzazioni criminali dal perbenismo liberal è immediatamente accusato di razzismo contro tutti i musulmani, di caccia alle streghe, di intolleranza antidemocratica, di “fascismo”. Ed è molto triste ammetterlo, ma le Sinistre ci cascano sempre. L’ultimo caso si sta verificando negli USA. È appena stato pubblicato un libro-dossier intitolato Muslim Mafia. Inside the Secret Underworld That’s Conspiring to Islamize America, di P. David Gaubatz e Paul Sperry. I due autori con l’aiuto del figlio di Gaubatz, Chris, hanno condotto un’inchiesta precisissima su una delle più note organizzazioni islamiste americane, il CAIR, Council on American-Islamic Relations, sorto nel 1994. Tale associazione è da anni nel mirino degli osservatori per le sue attività e ideologie fortemente antioccidentali, tanto da essere nata perfino una contro-organizzazione, l’Anti-CAIR, mirante a contestarla denunciandone l’attività illecita. Adesso però questo documento di Gaubatz e Sperry porta quelle che sarebbero le prove delle strategie cospirazioniste del CAIR. Per scoprire quanto denunciato, Chris ha lavorato sotto copertura per sei mesi nella sede del CAIR a Washington, acquisendo 12.000 pagine di documentazione e 300 ore di video. Ne emerge un quadro grave. Innanzi tutto i finanziamenti non sarebbero per niente donazioni popolari di musulmani americani ma sovvenzioni estere provenienti principalmente da sceicchi e istituti di credito sauditi: poi, le attività del CAIR più che la difesa dei diritti umani riguarderebbero occupazioni politiche e commerciali in favore delle imprese saudite e degli Emirati Arabi per favorirne in tutti modi la penetrazione negli USA; non mancherebbero, infine, legami con gruppi terroristici e jihadisti. Già da anni, figure del calibro di Daniel Pipes accusano il CAIR di fare apologia di al-Qaida, di adulare bin Laden, d’essere legato alla Fratellanza Musulmana, di giustificare il terrorismo, oltre a voler negare la Shoa, censurare la libertà d’espressione, e soprattutto di voler islamizzare gli Stati Uniti portandovi la sharia. Il CAIR, secondo gli autori del libro, è «un’organizzazione segreta che domina la maggior parte dei gruppi islamici e delle moschee in America, mentre sfrutta, manipola, e persino vittimizza gli americani islamici rispettosi della legge». Secondo Steven Emerson, Executive Director del The Investigative Project on Terrorism, «molto di ciò che era già conosciuto è stato confermato da questo documento “insider” di Gaubatz e Sperry. Nel 1993 all’hotel Marriott di Philadelfia ci fu una riunione segreta fra membri dei Fratelli Musulmani e di Hamas per sviluppare nuovi modi di finanziamento ai gruppi terroristici e creare appoggi negli Usa tramite una falsa propaganda islamica che nascondesse i suoi veri obiettivi. Meno di un anno dopo nasceva il CAIR. Per quattordici anni esso ha subdolamente giustificato attentati e attacchi terroristici, diffuso campagne diffamatorie contro Israele e contro gli stessi Stati Uniti, predicato ai musulmani d’America di non avere rapporti con le autorità statunitensi e di mentire all’FBI, esortandoli a recepire la sharia e a combattere per il jihad». Dopo aver tollerato a lungo le sue attività, oggi anche l’FBI, riferice Emerson, ha ufficialmente ammesso che «il CAIR è solo la facciata di Hamas e di vari gruppi terroristici, con precise finalità di cospirazione». Sempre secondo Emerson, poche settimane fa quattro parlamentari americani hanno allora per il tentativo del CAIR – definito «una copertura di Hamas» – d’inserire propri infiltrati nelle commissioni del Congresso, e indirizzandogli molte altre accuse di cui si parla anche nel libro di Gaubatz e Sperry. Tuttavia, il CAIR, con la sua veste pubblica moderata e rispettabile, avrebbe tratto molti in inganno: i suoi rappresentanti sono di continuo invitati in trasmissioni televisive e conferenze pubbliche dove esprimono le proprie posizioni mantenendo un profilo apparentemente onesto e ragionevole. Purtroppo, però, anche la pubblicazione di questo libro non sembra essere in grado d’indurre i difensori del CAIR a rivedere le proprie posizioni, nonostante l’ampia documentazione proposta dai due autori. Così i media hanno subito accusato questi parlamentari di voler intraprendere una persecuzione contro tutti i musulmani, la CNN seguita a intervistare i rappresentanti del CAIR senza smentire le loro asserzioni, e vari politici difendono la linea del CAIR sostenendo che chi lo attacca è foriero di posizioni razziste e antimusulmane. Non c’è in effetti molto da stupirsi in un’America dove il presidente Obama ha nominato consulente alla Casa Bianca, per il Council on Faith-Based and Neighborhood Partnerships, Dalia Mogahed, una musulmana di origine egiziana che non lontana da posizioni fondamentaliste e antioccidentali. E, come denuncia Emerson, un anno fa Hillary Clinton ha addirittura ordinato che i vertici del CAIR fossero inclusi nelle commissioni di studio del Dipartimento di Stato sul Medio Oriente: alcuni rappresentanti del CAIR, in questo modo, sono stati inviati in missioni ufficiali sebbene avessero pubblicamente fatto vaneggianti dichiarazioni antisioniste in cui, per esempio, si attribuiva il genocidio del Darfur alle cospirazioni israeliane. Sempre grazie a tale cecità, perfino il «Department of Homeland Security, benché informato dell’attività del CAIR di facciata a gruppi terroristici,» racconta Emerson «ha continuato a tenere rapporti professionali con loro, e recentemente ha designato come consulente al DHS uno dei suoi membri intenzionato a far declassificare Hezbollah dai gruppi terroristici». Secondo Emerson, un certo atteggiamento verso queste organizzazioni troppo tollerante, “democratico” e politicamente corretto, in cui nel dibattito pubblico si simpatizzi con chi accusi per esempio Israele dell’11/9 senza smentirlo, non fa che avvantaggiare le mire segrete di questa gente. Questo purtroppo succede anche in Italia, laddove si seguita a invitare nei media e dare risonanza ai rappresentanti di certe organizzazioni estremiste islamiste senza un sufficiente contraddittorio che ne possa smascherare le reali attività e ideologie. Daniel Pipes afferma che «la sharia si può vincere solo stando tutti uniti e senza compromessi: i distinguo sono pericolosi perché sdoganano proprio gli attentatori della democrazia, come se si dicesse che il Klu Klux Klan non è criminale perché non tutti i suoi membri hanno ucciso qualcuno. Stiamo assistendo al tragico errore mondiale di dare pass di rispettabilità alle organizzazioni estremiste islamiche: è in questo modo che si commettono crimini morali come il Rapporto Goldstone all’Onu».
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