Roma - Una linea chiarissima: in Piemonte col Pd, in Campania col Pdl, in Umbria col Pd, in Puglia forti simpatie per il Pdl, ma anche per il Pd, in Veneto bene Galan ma mai col Pdl, in Calabria contro il Pd e contro il Pdl, in Toscana da soli, in Lazio faranno sapere. Il partito di Pier Ferdinando «Pierfurby» Casini è il difensore civico del focolare domestico ma quando si tratta di elezioni va a letto con tutti, purché ci sia la convenienza. Lì nelle segreterie dell’Udc siedono i massimi esperti in calcoli probabilistici, roba da dottorato in matematica pura, perché c’è da capire quante chance ci siano di piazzare i propri uomini nei consigli regionali a seconda dell’alleato. Nella logica democristiana delle «alleanze variabili», simili alle convergenze parallele, l’Udc potrebbe così presentarsi alle regionali con un mosaico di abbinamenti elettorali a dir poco creativi. I centristi casiniani stanno riuscendo nell’impresa di trovare formidabili differenze tra il Pdl del versante ligure, quello di Foggia e quello di Cortona, stessa cosa nel Pd, linea variabile a seconda delle latitudini. È la geografia che detta le alleanze politiche, come se non si trattasse sempre dello stesso partito e solo qualche centinaio di chilometri di differenza. Eppure per i centristi cambia tutto. Anzi a volte succede che se in una regione il Pdl venga visto come il grande polo riformatore (c’entrerà mica il fatto che lì Berlusconi è dato per vincitore?), altrove si pensi lo stesso del Pd, e altrove di nessuno dei due. In Calabria l’Udc ha diffuso un comunicato in cui sottolinea l’equidistanza tanto dal Pdl quanto dal Pd, «che incarnano a nostro avviso un bipolarismo mai compiuto anzi superato dalle diatribe interne». Più che di equidistanza però si dovrebbe parlare di equivicinanza, un po’ qui e un po’ là, un colpo al cerchio e uno alla botte. La partita in Piemonte per esempio sembra essersi risolta con l’appoggio alla candidata piddina Mercedes Bresso in cambio di un bell’assessorato alla Sanità, già prenotato dagli uomini di Casini. In Lazio invece l’Udc non ha ancora scoperto le carte, ma non ha nascosto una forte simpatia per la Polverini, candidata del Pdl, e anche in Campania i casiniani pensano un gran bene del Pdl, ma difficile sia amore disinteressato. Basti dire, per un quadro completo, che Nichi Vendola in Puglia, il governatore omosex più sinistrorso d’Italia, ora ricandidato alla Regione, sta lavorando a un programma che abbia il sostegno anche dell’Udc, ovvero il diavolo e l’acqua santa. E che poi Fassino sostiene alla luce del sole (24Ore) che il Pd sta lavorando «a una larga coalizione che includa sia Casini sia Di Pietro in almeno sei importanti regioni». In pillole: l’Udc alle regionali potrebbe fare il miracolo di allearsi contemporaneamente con Pd, Pdl e Idv. Quando si dice la capacità di dialogo. Di Pietro e Casini, due leader che fino all’altroieri se ne dicevano delle belle. «La tua è la politica dei due forni» urlava Tonino contro Pierfurby, «Di Pietro fa accuse sgangherate e genera odio, impedisce il dialogo mentre il Paese ha bisogno di riforme» rispondeva l’altro. Ora correranno insieme in diverse regioni, annuncia Fassino. Miracoli della diplomazia politica, sempre che ci sia di mezzo qualche comoda poltrona. Il fenomenale camaleontismo elettorale dell’Udc deriva le sue proprietà da quel luogo mitologico a cui sempre si richiama, il Centro, ovvero anche Grande Centro (se deve entrarci qualcun altro), che può inglobare qualsiasi cosa e il suo contrario, moderando le idee per trasformarle in «centrismo», altra parola per dire l’arte del compromesso Dc. Un capitolo a parte, nella serpentina Udc fra centrodestra e centrosinistra, meriterebbe il rapporto tra Casini e Berlusconi. Il leader Udc alterna violente opposizioni al Cavaliere con segnali di rappacificazione, ma lo stesso dualismo c’è con Di Pietro, per non dire del Pd. Qualche settimana fa Casini ha addirittura lanciato l’idea di un «fronte democratico» contro Berlusconi, e l’ipotesi è piaciuta molto non solo a Tonino, ma anche al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, anni luce lontano dal centrismo ex democristiano ma ugualmente pronto a sostenere Casini come candidato premier. Però ultimamente l’Udc tende la mano al Cavaliere, o almeno sembra farlo, dà il via libera al legittimo impedimento, appoggia il cammino riformatore. Ma può succedere qualsiasi cosa quando l’Udc è al lavoro, oltre alle alleanze variabili per le regionali. Dipende, di volta in volta, cosa dicono i calcolatori degli strateghi di Pierfurby.
lunedì 28 dicembre 2009
Il fenomeno
La linea di Casini per le Regionali? Se conviene si allea con chiunque di Paolo Bracalini
Roma - Una linea chiarissima: in Piemonte col Pd, in Campania col Pdl, in Umbria col Pd, in Puglia forti simpatie per il Pdl, ma anche per il Pd, in Veneto bene Galan ma mai col Pdl, in Calabria contro il Pd e contro il Pdl, in Toscana da soli, in Lazio faranno sapere. Il partito di Pier Ferdinando «Pierfurby» Casini è il difensore civico del focolare domestico ma quando si tratta di elezioni va a letto con tutti, purché ci sia la convenienza. Lì nelle segreterie dell’Udc siedono i massimi esperti in calcoli probabilistici, roba da dottorato in matematica pura, perché c’è da capire quante chance ci siano di piazzare i propri uomini nei consigli regionali a seconda dell’alleato. Nella logica democristiana delle «alleanze variabili», simili alle convergenze parallele, l’Udc potrebbe così presentarsi alle regionali con un mosaico di abbinamenti elettorali a dir poco creativi. I centristi casiniani stanno riuscendo nell’impresa di trovare formidabili differenze tra il Pdl del versante ligure, quello di Foggia e quello di Cortona, stessa cosa nel Pd, linea variabile a seconda delle latitudini. È la geografia che detta le alleanze politiche, come se non si trattasse sempre dello stesso partito e solo qualche centinaio di chilometri di differenza. Eppure per i centristi cambia tutto. Anzi a volte succede che se in una regione il Pdl venga visto come il grande polo riformatore (c’entrerà mica il fatto che lì Berlusconi è dato per vincitore?), altrove si pensi lo stesso del Pd, e altrove di nessuno dei due. In Calabria l’Udc ha diffuso un comunicato in cui sottolinea l’equidistanza tanto dal Pdl quanto dal Pd, «che incarnano a nostro avviso un bipolarismo mai compiuto anzi superato dalle diatribe interne». Più che di equidistanza però si dovrebbe parlare di equivicinanza, un po’ qui e un po’ là, un colpo al cerchio e uno alla botte. La partita in Piemonte per esempio sembra essersi risolta con l’appoggio alla candidata piddina Mercedes Bresso in cambio di un bell’assessorato alla Sanità, già prenotato dagli uomini di Casini. In Lazio invece l’Udc non ha ancora scoperto le carte, ma non ha nascosto una forte simpatia per la Polverini, candidata del Pdl, e anche in Campania i casiniani pensano un gran bene del Pdl, ma difficile sia amore disinteressato. Basti dire, per un quadro completo, che Nichi Vendola in Puglia, il governatore omosex più sinistrorso d’Italia, ora ricandidato alla Regione, sta lavorando a un programma che abbia il sostegno anche dell’Udc, ovvero il diavolo e l’acqua santa. E che poi Fassino sostiene alla luce del sole (24Ore) che il Pd sta lavorando «a una larga coalizione che includa sia Casini sia Di Pietro in almeno sei importanti regioni». In pillole: l’Udc alle regionali potrebbe fare il miracolo di allearsi contemporaneamente con Pd, Pdl e Idv. Quando si dice la capacità di dialogo. Di Pietro e Casini, due leader che fino all’altroieri se ne dicevano delle belle. «La tua è la politica dei due forni» urlava Tonino contro Pierfurby, «Di Pietro fa accuse sgangherate e genera odio, impedisce il dialogo mentre il Paese ha bisogno di riforme» rispondeva l’altro. Ora correranno insieme in diverse regioni, annuncia Fassino. Miracoli della diplomazia politica, sempre che ci sia di mezzo qualche comoda poltrona. Il fenomenale camaleontismo elettorale dell’Udc deriva le sue proprietà da quel luogo mitologico a cui sempre si richiama, il Centro, ovvero anche Grande Centro (se deve entrarci qualcun altro), che può inglobare qualsiasi cosa e il suo contrario, moderando le idee per trasformarle in «centrismo», altra parola per dire l’arte del compromesso Dc. Un capitolo a parte, nella serpentina Udc fra centrodestra e centrosinistra, meriterebbe il rapporto tra Casini e Berlusconi. Il leader Udc alterna violente opposizioni al Cavaliere con segnali di rappacificazione, ma lo stesso dualismo c’è con Di Pietro, per non dire del Pd. Qualche settimana fa Casini ha addirittura lanciato l’idea di un «fronte democratico» contro Berlusconi, e l’ipotesi è piaciuta molto non solo a Tonino, ma anche al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, anni luce lontano dal centrismo ex democristiano ma ugualmente pronto a sostenere Casini come candidato premier. Però ultimamente l’Udc tende la mano al Cavaliere, o almeno sembra farlo, dà il via libera al legittimo impedimento, appoggia il cammino riformatore. Ma può succedere qualsiasi cosa quando l’Udc è al lavoro, oltre alle alleanze variabili per le regionali. Dipende, di volta in volta, cosa dicono i calcolatori degli strateghi di Pierfurby.
Roma - Una linea chiarissima: in Piemonte col Pd, in Campania col Pdl, in Umbria col Pd, in Puglia forti simpatie per il Pdl, ma anche per il Pd, in Veneto bene Galan ma mai col Pdl, in Calabria contro il Pd e contro il Pdl, in Toscana da soli, in Lazio faranno sapere. Il partito di Pier Ferdinando «Pierfurby» Casini è il difensore civico del focolare domestico ma quando si tratta di elezioni va a letto con tutti, purché ci sia la convenienza. Lì nelle segreterie dell’Udc siedono i massimi esperti in calcoli probabilistici, roba da dottorato in matematica pura, perché c’è da capire quante chance ci siano di piazzare i propri uomini nei consigli regionali a seconda dell’alleato. Nella logica democristiana delle «alleanze variabili», simili alle convergenze parallele, l’Udc potrebbe così presentarsi alle regionali con un mosaico di abbinamenti elettorali a dir poco creativi. I centristi casiniani stanno riuscendo nell’impresa di trovare formidabili differenze tra il Pdl del versante ligure, quello di Foggia e quello di Cortona, stessa cosa nel Pd, linea variabile a seconda delle latitudini. È la geografia che detta le alleanze politiche, come se non si trattasse sempre dello stesso partito e solo qualche centinaio di chilometri di differenza. Eppure per i centristi cambia tutto. Anzi a volte succede che se in una regione il Pdl venga visto come il grande polo riformatore (c’entrerà mica il fatto che lì Berlusconi è dato per vincitore?), altrove si pensi lo stesso del Pd, e altrove di nessuno dei due. In Calabria l’Udc ha diffuso un comunicato in cui sottolinea l’equidistanza tanto dal Pdl quanto dal Pd, «che incarnano a nostro avviso un bipolarismo mai compiuto anzi superato dalle diatribe interne». Più che di equidistanza però si dovrebbe parlare di equivicinanza, un po’ qui e un po’ là, un colpo al cerchio e uno alla botte. La partita in Piemonte per esempio sembra essersi risolta con l’appoggio alla candidata piddina Mercedes Bresso in cambio di un bell’assessorato alla Sanità, già prenotato dagli uomini di Casini. In Lazio invece l’Udc non ha ancora scoperto le carte, ma non ha nascosto una forte simpatia per la Polverini, candidata del Pdl, e anche in Campania i casiniani pensano un gran bene del Pdl, ma difficile sia amore disinteressato. Basti dire, per un quadro completo, che Nichi Vendola in Puglia, il governatore omosex più sinistrorso d’Italia, ora ricandidato alla Regione, sta lavorando a un programma che abbia il sostegno anche dell’Udc, ovvero il diavolo e l’acqua santa. E che poi Fassino sostiene alla luce del sole (24Ore) che il Pd sta lavorando «a una larga coalizione che includa sia Casini sia Di Pietro in almeno sei importanti regioni». In pillole: l’Udc alle regionali potrebbe fare il miracolo di allearsi contemporaneamente con Pd, Pdl e Idv. Quando si dice la capacità di dialogo. Di Pietro e Casini, due leader che fino all’altroieri se ne dicevano delle belle. «La tua è la politica dei due forni» urlava Tonino contro Pierfurby, «Di Pietro fa accuse sgangherate e genera odio, impedisce il dialogo mentre il Paese ha bisogno di riforme» rispondeva l’altro. Ora correranno insieme in diverse regioni, annuncia Fassino. Miracoli della diplomazia politica, sempre che ci sia di mezzo qualche comoda poltrona. Il fenomenale camaleontismo elettorale dell’Udc deriva le sue proprietà da quel luogo mitologico a cui sempre si richiama, il Centro, ovvero anche Grande Centro (se deve entrarci qualcun altro), che può inglobare qualsiasi cosa e il suo contrario, moderando le idee per trasformarle in «centrismo», altra parola per dire l’arte del compromesso Dc. Un capitolo a parte, nella serpentina Udc fra centrodestra e centrosinistra, meriterebbe il rapporto tra Casini e Berlusconi. Il leader Udc alterna violente opposizioni al Cavaliere con segnali di rappacificazione, ma lo stesso dualismo c’è con Di Pietro, per non dire del Pd. Qualche settimana fa Casini ha addirittura lanciato l’idea di un «fronte democratico» contro Berlusconi, e l’ipotesi è piaciuta molto non solo a Tonino, ma anche al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, anni luce lontano dal centrismo ex democristiano ma ugualmente pronto a sostenere Casini come candidato premier. Però ultimamente l’Udc tende la mano al Cavaliere, o almeno sembra farlo, dà il via libera al legittimo impedimento, appoggia il cammino riformatore. Ma può succedere qualsiasi cosa quando l’Udc è al lavoro, oltre alle alleanze variabili per le regionali. Dipende, di volta in volta, cosa dicono i calcolatori degli strateghi di Pierfurby.
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1 commenti:
Pierfurby è genero del costruttore palazzinaro Caltagirone, di cui ha sposato la figlia. Il quale ha il dente avvelenato contro il Berlusca, per essere rimasto tagliato fuori dalla ricostruzione d'Abruzzo - dicono i maligni. Quindi fa un po' tu...
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