sabato 12 dicembre 2009

La novità...

Debutta il partito di Rutelli. Bertelli contro il premier. L'ad di Prada alla convention Api: «Va cacciato»

PARMA
- L’Api di France­sco Rutelli nasce senza lustrini, senza gadget, senza vip da pri­ma fila. Anzi, uno c’è. E quan­do l’imprenditore Patrizio Ber­telli prende la parola dal palco il clima tiepido si scalda di col­po. «A Bonn il nostro premier ci ha messo in una condizione scandalosa di fronte all’opinio­ne pubblica mondiale...». I mille in platea si spellano le mani e anche Rutelli si scio­glie in un applauso. «Mio figlio — riprende il filo l’ad del grup­po Prada — mi ha chiesto se non è possibile fare l' impeach­ment al premier». E meno male che non voleva parlare di Berlu­sconi e che si era definito «un agnostico» della politica: «Dob­biamo creare le condizioni per buttare fuori questo signore dal Parlamento italiano». Criti­ca come «inammissibili» gli in­centivi alla Fiat. Attacca Bassoli­no per la «vergogna» dei rifiuti a Napoli, causata da «incapaci che ancora governano invece di essere cacciati a calci nel se­dere». Se la prende con il Pd «che non fa opposizione» e con i parlamentari da salotto: «Ormai la politica si fa a Porta a Porta, Matrix, Ballarò, Otto e mezzo ...». Di Fini pensa che stia facen­do «discorsi di buon senso». Di Marrazzo che il problema non è lui, quanto «i 40 mila viados autorizzati a prostituirsi». Ami­co di Rutelli «da una vita», tan­to che l’ex sindaco era sceso dal palco per abbracciarlo, il marito di Miuccia Prada conse­gna agli atti dell’assemblea na­zionale un intervento da disce­sa in campo. Ma lui giura di no, è solo che non ne può più di co­me vanno le cose: «Non mi va di impegnarmi in un partito, non ho queste pretese». Davve­ro non sogna un seggio? «Mam­ma mia!». E l’Api? Le piace il lo­go tricolore? «Terribile». Rutelli se ne va col sorriso: «C’è un bellissimo clima, sono molto soddisfatto. Avete visto quanta gente? E Bertelli, lo ave­te sentito?». Il sondaggista Pie­poli gli dice che l’Api ha l’1% di bacino reale e il 30% di bacino potenziale, ma lui si mostra cauto: «Aspettiamo. Siamo gen­te umile, noi. Alle Regionali ci saremo in tutta Italia, ma per le alleanze c’è tempo». L’idea è stringere intese locali con l’Udc e anche con il Pd. Aprendo i la­vori Rutelli aveva letto un mes­saggio a Napolitano: «Il più al­to punto di garanzia per tutti gli italiani». In perfetta sinto­nia col Quirinale, tiene fuori la sua nuova creatura dalla «esa­sperazione politica» e si accolla il «dovere imprescindibile» di riportare l’equilibrio delle isti­tuzioni «verso il centro e non verso le estreme». La scenografia è volutamen­te austera. I soldi sono pochi e il messaggio — indirizzato a piccoli e medi imprenditori, professionisti, giovani partite Iva — è che non vanno spreca­ti. La moglie del leader, Barba­ra Palombelli, è in venticinque­sima fila. Colonna sonora: Me­raviglioso dei Negramaro. Pan­theon: De Gasperi e Barack Obama, Falcone e Borsellino, Coppi e Bartali, Madre Teresa e Giovanni Paolo II. Ma l’Api non sarà «il partito dei cattolici né dei moderati». E l’apertura a Fi­ni? «Perché no, dipende da lui» insiste Rutelli. Sul palco Dellai, Tabacci, Linda Lanzillotta, Cale­aro, Vernetti, Pisicchio, Calga­ro, Mosella, Giuliano da Empo­li, Ubaldi... Un partito di fuoriu­sciti? «No — smentisce Dellai —. È la politica che è fuoriusci­ta dall’Italia». E oggi, da Israe­le, un messaggio di Kadima, il partito che Rutelli sogna di re­plicare con Fini e Casini.

Monica Guerzoni

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