PARMA - L’Api di Francesco Rutelli nasce senza lustrini, senza gadget, senza vip da prima fila. Anzi, uno c’è. E quando l’imprenditore Patrizio Bertelli prende la parola dal palco il clima tiepido si scalda di colpo. «A Bonn il nostro premier ci ha messo in una condizione scandalosa di fronte all’opinione pubblica mondiale...». I mille in platea si spellano le mani e anche Rutelli si scioglie in un applauso. «Mio figlio — riprende il filo l’ad del gruppo Prada — mi ha chiesto se non è possibile fare l' impeachment al premier». E meno male che non voleva parlare di Berlusconi e che si era definito «un agnostico» della politica: «Dobbiamo creare le condizioni per buttare fuori questo signore dal Parlamento italiano». Critica come «inammissibili» gli incentivi alla Fiat. Attacca Bassolino per la «vergogna» dei rifiuti a Napoli, causata da «incapaci che ancora governano invece di essere cacciati a calci nel sedere». Se la prende con il Pd «che non fa opposizione» e con i parlamentari da salotto: «Ormai la politica si fa a Porta a Porta, Matrix, Ballarò, Otto e mezzo ...». Di Fini pensa che stia facendo «discorsi di buon senso». Di Marrazzo che il problema non è lui, quanto «i 40 mila viados autorizzati a prostituirsi». Amico di Rutelli «da una vita», tanto che l’ex sindaco era sceso dal palco per abbracciarlo, il marito di Miuccia Prada consegna agli atti dell’assemblea nazionale un intervento da discesa in campo. Ma lui giura di no, è solo che non ne può più di come vanno le cose: «Non mi va di impegnarmi in un partito, non ho queste pretese». Davvero non sogna un seggio? «Mamma mia!». E l’Api? Le piace il logo tricolore? «Terribile». Rutelli se ne va col sorriso: «C’è un bellissimo clima, sono molto soddisfatto. Avete visto quanta gente? E Bertelli, lo avete sentito?». Il sondaggista Piepoli gli dice che l’Api ha l’1% di bacino reale e il 30% di bacino potenziale, ma lui si mostra cauto: «Aspettiamo. Siamo gente umile, noi. Alle Regionali ci saremo in tutta Italia, ma per le alleanze c’è tempo». L’idea è stringere intese locali con l’Udc e anche con il Pd. Aprendo i lavori Rutelli aveva letto un messaggio a Napolitano: «Il più alto punto di garanzia per tutti gli italiani». In perfetta sintonia col Quirinale, tiene fuori la sua nuova creatura dalla «esasperazione politica» e si accolla il «dovere imprescindibile» di riportare l’equilibrio delle istituzioni «verso il centro e non verso le estreme». La scenografia è volutamente austera. I soldi sono pochi e il messaggio — indirizzato a piccoli e medi imprenditori, professionisti, giovani partite Iva — è che non vanno sprecati. La moglie del leader, Barbara Palombelli, è in venticinquesima fila. Colonna sonora: Meraviglioso dei Negramaro. Pantheon: De Gasperi e Barack Obama, Falcone e Borsellino, Coppi e Bartali, Madre Teresa e Giovanni Paolo II. Ma l’Api non sarà «il partito dei cattolici né dei moderati». E l’apertura a Fini? «Perché no, dipende da lui» insiste Rutelli. Sul palco Dellai, Tabacci, Linda Lanzillotta, Calearo, Vernetti, Pisicchio, Calgaro, Mosella, Giuliano da Empoli, Ubaldi... Un partito di fuoriusciti? «No — smentisce Dellai —. È la politica che è fuoriuscita dall’Italia». E oggi, da Israele, un messaggio di Kadima, il partito che Rutelli sogna di replicare con Fini e Casini.
Monica Guerzoni
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