Cari amici, oggi non voglio parlare per gli ebrei ma per i cristiani. Non meravigliatevi: i cristiani del Medio Oriente, sempre più minacciati, molestati, decimati e guidati alla distruzione da una leadership che si illude di poter venire a patti con l'Islam schierandosi coi palestinesi contro Israele. Vi do qualche esempio soprattutto fuori dal territorio israeliano o sui territori. A Mossul, nel nord dell'Iraq nell'ultima settimana sono esplose due bombe, come racconta il "Messaggero" di ieri: una davanti davanti alla chiesa siro-cattolica locale, a due passi dalla scuola che ne dipende, per puro caso senza fare vittime; l'altra davanti a quella siro-ortodossa (con un bambino morto e 32 feriti). I cristiani in Iraq erano maggioranza un tempo, poi diminuirono gradualmente, pur restando importanti. Dieci anni fa erano un milione, oggi solo 350 mila: un destino di estinzione. In Egitto, come racconta una bella inchiesta di Daniel Williams sullo "Herald Tribune", ci sono solo 40 chiese nelle città per dieci milioni di cittadini di religione copta (una volta anche loro erano maggioranza), più qualcuna nei villaggi; costruirne di nuove è praticamente impossibile, ci vuole la firma del presidente della repubblica e il clero musulmano si oppone violentemente. Spesso le case in cui si prega clandestinamente sono bruciate da turbe aizzate dagli ulema. Qualcuno si ricorderà dei preti ammazzati a sangue freddo in Turchia in questi anni. In Iran, convertirsi al cristianesimo è un reato capitale, come in buona parte del mondo arabo. Qualche mese fa, senza che nessun giornale italiano lo riportasse, padre Constantine Dabbagh, Executive Secretary of the Near East Council of Churches, che ha la sfortuna di vivere a Gaza, ha denunciato di essere stato picchiato e rapinato a casa, lui e sua moglie, da individui mascherati che volevano soprattutto trovare strumenti di comunicazione. Il "governo" di Hamas ha promesso di indagare, ma poi non se ne è saputo più nulla, dato che probabilmente si trattava di suoi dipendenti. La chiesa – potevamo dubitarne – è stato zitta. Volendo, gli esempi non finiscono più. Si tratta però non solo di deplorare la violenza, ma di intendersi sul suo significato: non è per caso che l'Islam opprime e maltratta le altre religioni: è un metodo di conquista, un modo per ottenere fughe o conversioni, un piano di pulizia non etnica, ma religiosa. Lo stesso che, nonostante le interessate vanterie sulla tolleranza islamica (provate a mostrare una Croce o un Vangelo alla dogana, quando entrate in Arabia Saudita o in Iran...) è in atto da mille e trecento anni, con l'ottimo risultato che vedete. Tutto il mondo che oggi diciamo islamico era cristiano (il Nordafrica, la Turchia, la Mesopotamia, la Siria ecc.) oppure zoroastriano, induista ecc. Credete che un miliardo di persone si sia convertito all'Islam per la naturale superiorità del Corano? Leggetelo, e cambierete idea... Pensate che i Caldei e i Berberi, la maggior parte degli abitanti di Costantinopoli e di Alessandria siano scappati dal Cristianesimo per ragioni teologiche? Ma no, si sono convertiti per smettere di essere oppressi, ammazzati, molestati, nella migliore delle ipotesi ridotti alla fame da una tassa speciale per i non islamici che dicono prescritta dall'arcangelo Gabriele al profeta in persona. Solo i più duri hanno resistito a questa millenaria organizzata, capillare persecuzione: gli armeni, i copti, un po' di siriaci, i maroniti; e naturalmente gli ebrei, che di resistenza alle persecuzioni sono campioni. E dunque, la questione delle moschee italiane, dei minareti svizzeri e degli immigrati in Europa non è un problema di reciprocità, di crescita civile, di diritti di cittadinanza. La questione è un'altra: se vogliamo fare la fine dei cristiani che abitavano tutta l'Anatolia o la Tunisia e l'Algeria (era il centro della cristianità dei primi secoli e oggi non ce n'è proprio più); oppure se abbiamo voglia di resistere. Tutto qui, cari amici cattolici che vi turbate così tanto per la resistenza di Israele, per la maleducazione di quelli che non vogliono convertirsi all'Islam, fuggire o lasciare che si formi una maggioranza per opprimerli. Ditemi, volete che i vostri nipoti o pronipoti vadano a fare le cinque preghiere quotidiane rivolti alla Mecca nella grande moschea di Roma, che si raggiunge superando il colonnato di Bernini e ricordino che una volta quell'edificio si chiamava San Pietro? Volete che i libri di storia discettino sulla strana religione che una volta si celebrava a Assisi, a Loreto e a Parigi, come oggi i turchi pensano di Santa Sofia? Se non volete, e se non pensate di essere salvati da un miracolo, mettetevi nell'ottica di difendervi. Perché se non fate nulla, il futuro è quello.
giovedì 17 dicembre 2009
Islam di pace
L'islam opprime e maltratta le altre religioni: è un metodo di conquista, un piano di pulizia religiosa di Ugo Volli
Cari amici, oggi non voglio parlare per gli ebrei ma per i cristiani. Non meravigliatevi: i cristiani del Medio Oriente, sempre più minacciati, molestati, decimati e guidati alla distruzione da una leadership che si illude di poter venire a patti con l'Islam schierandosi coi palestinesi contro Israele. Vi do qualche esempio soprattutto fuori dal territorio israeliano o sui territori. A Mossul, nel nord dell'Iraq nell'ultima settimana sono esplose due bombe, come racconta il "Messaggero" di ieri: una davanti davanti alla chiesa siro-cattolica locale, a due passi dalla scuola che ne dipende, per puro caso senza fare vittime; l'altra davanti a quella siro-ortodossa (con un bambino morto e 32 feriti). I cristiani in Iraq erano maggioranza un tempo, poi diminuirono gradualmente, pur restando importanti. Dieci anni fa erano un milione, oggi solo 350 mila: un destino di estinzione. In Egitto, come racconta una bella inchiesta di Daniel Williams sullo "Herald Tribune", ci sono solo 40 chiese nelle città per dieci milioni di cittadini di religione copta (una volta anche loro erano maggioranza), più qualcuna nei villaggi; costruirne di nuove è praticamente impossibile, ci vuole la firma del presidente della repubblica e il clero musulmano si oppone violentemente. Spesso le case in cui si prega clandestinamente sono bruciate da turbe aizzate dagli ulema. Qualcuno si ricorderà dei preti ammazzati a sangue freddo in Turchia in questi anni. In Iran, convertirsi al cristianesimo è un reato capitale, come in buona parte del mondo arabo. Qualche mese fa, senza che nessun giornale italiano lo riportasse, padre Constantine Dabbagh, Executive Secretary of the Near East Council of Churches, che ha la sfortuna di vivere a Gaza, ha denunciato di essere stato picchiato e rapinato a casa, lui e sua moglie, da individui mascherati che volevano soprattutto trovare strumenti di comunicazione. Il "governo" di Hamas ha promesso di indagare, ma poi non se ne è saputo più nulla, dato che probabilmente si trattava di suoi dipendenti. La chiesa – potevamo dubitarne – è stato zitta. Volendo, gli esempi non finiscono più. Si tratta però non solo di deplorare la violenza, ma di intendersi sul suo significato: non è per caso che l'Islam opprime e maltratta le altre religioni: è un metodo di conquista, un modo per ottenere fughe o conversioni, un piano di pulizia non etnica, ma religiosa. Lo stesso che, nonostante le interessate vanterie sulla tolleranza islamica (provate a mostrare una Croce o un Vangelo alla dogana, quando entrate in Arabia Saudita o in Iran...) è in atto da mille e trecento anni, con l'ottimo risultato che vedete. Tutto il mondo che oggi diciamo islamico era cristiano (il Nordafrica, la Turchia, la Mesopotamia, la Siria ecc.) oppure zoroastriano, induista ecc. Credete che un miliardo di persone si sia convertito all'Islam per la naturale superiorità del Corano? Leggetelo, e cambierete idea... Pensate che i Caldei e i Berberi, la maggior parte degli abitanti di Costantinopoli e di Alessandria siano scappati dal Cristianesimo per ragioni teologiche? Ma no, si sono convertiti per smettere di essere oppressi, ammazzati, molestati, nella migliore delle ipotesi ridotti alla fame da una tassa speciale per i non islamici che dicono prescritta dall'arcangelo Gabriele al profeta in persona. Solo i più duri hanno resistito a questa millenaria organizzata, capillare persecuzione: gli armeni, i copti, un po' di siriaci, i maroniti; e naturalmente gli ebrei, che di resistenza alle persecuzioni sono campioni. E dunque, la questione delle moschee italiane, dei minareti svizzeri e degli immigrati in Europa non è un problema di reciprocità, di crescita civile, di diritti di cittadinanza. La questione è un'altra: se vogliamo fare la fine dei cristiani che abitavano tutta l'Anatolia o la Tunisia e l'Algeria (era il centro della cristianità dei primi secoli e oggi non ce n'è proprio più); oppure se abbiamo voglia di resistere. Tutto qui, cari amici cattolici che vi turbate così tanto per la resistenza di Israele, per la maleducazione di quelli che non vogliono convertirsi all'Islam, fuggire o lasciare che si formi una maggioranza per opprimerli. Ditemi, volete che i vostri nipoti o pronipoti vadano a fare le cinque preghiere quotidiane rivolti alla Mecca nella grande moschea di Roma, che si raggiunge superando il colonnato di Bernini e ricordino che una volta quell'edificio si chiamava San Pietro? Volete che i libri di storia discettino sulla strana religione che una volta si celebrava a Assisi, a Loreto e a Parigi, come oggi i turchi pensano di Santa Sofia? Se non volete, e se non pensate di essere salvati da un miracolo, mettetevi nell'ottica di difendervi. Perché se non fate nulla, il futuro è quello.
Cari amici, oggi non voglio parlare per gli ebrei ma per i cristiani. Non meravigliatevi: i cristiani del Medio Oriente, sempre più minacciati, molestati, decimati e guidati alla distruzione da una leadership che si illude di poter venire a patti con l'Islam schierandosi coi palestinesi contro Israele. Vi do qualche esempio soprattutto fuori dal territorio israeliano o sui territori. A Mossul, nel nord dell'Iraq nell'ultima settimana sono esplose due bombe, come racconta il "Messaggero" di ieri: una davanti davanti alla chiesa siro-cattolica locale, a due passi dalla scuola che ne dipende, per puro caso senza fare vittime; l'altra davanti a quella siro-ortodossa (con un bambino morto e 32 feriti). I cristiani in Iraq erano maggioranza un tempo, poi diminuirono gradualmente, pur restando importanti. Dieci anni fa erano un milione, oggi solo 350 mila: un destino di estinzione. In Egitto, come racconta una bella inchiesta di Daniel Williams sullo "Herald Tribune", ci sono solo 40 chiese nelle città per dieci milioni di cittadini di religione copta (una volta anche loro erano maggioranza), più qualcuna nei villaggi; costruirne di nuove è praticamente impossibile, ci vuole la firma del presidente della repubblica e il clero musulmano si oppone violentemente. Spesso le case in cui si prega clandestinamente sono bruciate da turbe aizzate dagli ulema. Qualcuno si ricorderà dei preti ammazzati a sangue freddo in Turchia in questi anni. In Iran, convertirsi al cristianesimo è un reato capitale, come in buona parte del mondo arabo. Qualche mese fa, senza che nessun giornale italiano lo riportasse, padre Constantine Dabbagh, Executive Secretary of the Near East Council of Churches, che ha la sfortuna di vivere a Gaza, ha denunciato di essere stato picchiato e rapinato a casa, lui e sua moglie, da individui mascherati che volevano soprattutto trovare strumenti di comunicazione. Il "governo" di Hamas ha promesso di indagare, ma poi non se ne è saputo più nulla, dato che probabilmente si trattava di suoi dipendenti. La chiesa – potevamo dubitarne – è stato zitta. Volendo, gli esempi non finiscono più. Si tratta però non solo di deplorare la violenza, ma di intendersi sul suo significato: non è per caso che l'Islam opprime e maltratta le altre religioni: è un metodo di conquista, un modo per ottenere fughe o conversioni, un piano di pulizia non etnica, ma religiosa. Lo stesso che, nonostante le interessate vanterie sulla tolleranza islamica (provate a mostrare una Croce o un Vangelo alla dogana, quando entrate in Arabia Saudita o in Iran...) è in atto da mille e trecento anni, con l'ottimo risultato che vedete. Tutto il mondo che oggi diciamo islamico era cristiano (il Nordafrica, la Turchia, la Mesopotamia, la Siria ecc.) oppure zoroastriano, induista ecc. Credete che un miliardo di persone si sia convertito all'Islam per la naturale superiorità del Corano? Leggetelo, e cambierete idea... Pensate che i Caldei e i Berberi, la maggior parte degli abitanti di Costantinopoli e di Alessandria siano scappati dal Cristianesimo per ragioni teologiche? Ma no, si sono convertiti per smettere di essere oppressi, ammazzati, molestati, nella migliore delle ipotesi ridotti alla fame da una tassa speciale per i non islamici che dicono prescritta dall'arcangelo Gabriele al profeta in persona. Solo i più duri hanno resistito a questa millenaria organizzata, capillare persecuzione: gli armeni, i copti, un po' di siriaci, i maroniti; e naturalmente gli ebrei, che di resistenza alle persecuzioni sono campioni. E dunque, la questione delle moschee italiane, dei minareti svizzeri e degli immigrati in Europa non è un problema di reciprocità, di crescita civile, di diritti di cittadinanza. La questione è un'altra: se vogliamo fare la fine dei cristiani che abitavano tutta l'Anatolia o la Tunisia e l'Algeria (era il centro della cristianità dei primi secoli e oggi non ce n'è proprio più); oppure se abbiamo voglia di resistere. Tutto qui, cari amici cattolici che vi turbate così tanto per la resistenza di Israele, per la maleducazione di quelli che non vogliono convertirsi all'Islam, fuggire o lasciare che si formi una maggioranza per opprimerli. Ditemi, volete che i vostri nipoti o pronipoti vadano a fare le cinque preghiere quotidiane rivolti alla Mecca nella grande moschea di Roma, che si raggiunge superando il colonnato di Bernini e ricordino che una volta quell'edificio si chiamava San Pietro? Volete che i libri di storia discettino sulla strana religione che una volta si celebrava a Assisi, a Loreto e a Parigi, come oggi i turchi pensano di Santa Sofia? Se non volete, e se non pensate di essere salvati da un miracolo, mettetevi nell'ottica di difendervi. Perché se non fate nulla, il futuro è quello.
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