mercoledì 30 dicembre 2009

Genova

Genova, il Pd dice sì alla moschea di Diego Pistacchi

Genova - Ventitré dicembre. La Liguria è sotto il diluvio, Genova sta cercando di sciogliere il ghiaccio che l’ha paralizzata, i bambini aspettano impazienti l’arrivo di Gesù Bambino, il cardinale Angelo Bagnasco sta preparando l’omelia per la notte santa. Qualche decina di metri più in là, nel palazzo comunale di Genova, il sindaco Marta Vincenzi ha radunato la giunta per il blitz. L’antivigilia di Natale c’è un’urgenza. C’è da fare il regalo ai genovesi. C’è da approvare la moschea. Grande, oltre cinquemila metri quadrati di terreno e minareto a svettare sulla Lanterna. Tutte le mani si alzano contemporaneamente, tutti «sì» a favore del patto firmato con la Fondazione Islamica Genova. Che neppure esiste, ma che secondo sindaco e compagni ha già dato ampie rassicurazioni di non avere legami con l’Ucoii o con gli estremisti islamici. Quindi avrà l’area gratuitamente per i prossimi 60 anni e già nel 2010 potrà iniziare i lavori. È tutto scritto sul testo della convenzione, quindi va bene così. D’altra parte, se anche il nigeriano che voleva far saltare l’aereo per Detroit aveva compilato il questionario assicurando di non essere in volo per gli Stati Uniti con lo scopo di fare il terrorista, Marta Vincenzi non ha certo bisogno di altre garanzie per dare la moschea alla comunità islamica che assicura di ripudiare il terrorismo. Formalmente occorre aspettare che il consiglio comunale approvi l’atto, ma in una maggioranza che pure qualche mal di pancia ce l’ha, problemi non se ne vedono. E così scattano le contromosse per quello che sarebbe il primo, vero «fatto» di un’amministrazione comunale che da due anni e mezzo è ferma alle intenzioni, peraltro neppure troppo buone. La politica che non va in vacanza è scatenata. La Lega Nord ha già fissato per il 23 gennaio un «referendum» nei quartieri interessati dalla moschea. In dieci gazebo sarà possibile votare a favore o contro. Per dimostrare la loro buona fede, gli attivisti del Carroccio hanno chiesto al Comune una commissione paritetica di saggi che vigili sui «seggi» aperti. Il valore della consultazione sarebbe solo indicativo, ma non certo irrilevante. Chi guarda invece a un referendum anche formalmente ineccepibile è il Pdl. I consiglieri regionali Gianni Plinio e Matteo Rosso hanno subito chiesto copia autentica della delibera di giunta, per poter formulare il quesito con il quale chiedere a tutti i genovesi l’abrogazione dell’atto stesso. Tutto secondo i dettami del regolamento comunale vigente. «E vediamo se troveranno il modo di non far votare i cittadini, dopo questo blitz semiclandestino dell’antivigilia», tuonano i due consiglieri. Che per strada sembrano aver perso il terzo socio fondatore del comitato, quel Rosario Monteleone, segretario regionale dell’Udc, che da qualche tempo non si mette più in prima linea per rilanciare l’idea del referendum. Da qualche tempo, più o meno da quando l’Udc si dice interessata solo a stringere patti elettorali per le prossime regionali basati esclusivamente sui «valori condivisi». Tanto che il regalo di Natale fatto ai genovesi dal centrosinistra mette in seria difficoltà sia lui, sia il suo «promesso sposo» Claudio Burlando, governatore ricandidato che avrebbe volentieri fatto a meno di questa decisione della sua amica-nemica-compagna Vincenzi proprio alla vigilia degli accordi sui «valori» e soprattutto delle elezioni regionali. Sandro Biasotti, lo sfidante di centrodestra, nota «il silenzio imbarazzato e preoccupante» del rivale. Non a caso, alle ultime elezioni europee, il Pd a Genova era crollato proprio in una sua roccaforte storica come il quartiere di Oregina-Lagaccio dove dovrebbe sorgere la moschea. Forse prima del referendum ci saranno le elezioni regionali. Il timore a Genova è che molti cittadini non vogliano aspettare neppure quelle. «Abbiamo timori per l’ordine pubblico», spiega Elio Salterini, presidente della commissione urbanistica del Municipio interessato dalla moschea.

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