domenica 13 dicembre 2009

Generazione Balotelli

Aveva passaporto italiano. Un miliziano di 19 anni cresciuto nel nostro Paese

NAIROBI
– Diciannove anni, studente a Padova, una vita sicura in Occidente ha piantato tutto per unirsi alla lotta armata islamica. E’ tornato in Somalia e si è arruolato tra gli shebab, gli insorti radicali antigovernativi che combattono contro il Governo Federale di Transizione. Ieri però Asad Shami Sharif Abdallah, assieme ad altri compagni, ha deciso di arrendersi e si è consegnato ai lealisti: «Non intendo fare il kamikaze – ha detto agli uomini che l’hanno arrestato –. In questo inferno mi ci ha mandato mio padre. Voleva che combattessi la jihad, la guerra santa. Ma a me tutto ciò non interessa». Con altri compagni di lotta è uscito allo scoperto, disarmato, mani in alto e bandiera bianca. Durante l’interrogatorio parlava italiano così, davanti ad uno dei consiglieri del presidente Shek Sharif Shek Ahmed, ha rivelato la sua storia.

IN ITALIA DA QUANDO AVEVA QUATTRO ANNI - «Ha raccontato di essere nato a Mogadiscio, ma di essere stato portato in Italia quando aveva quattro anni – riferisce dalla capitale somala al Corriere una fonte della presidenza della repubblica che vuole restare anonima per paura di ritorsioni -. Abitava a Padova dove vive ancora suo padre, Shami Sharif Abdallah, con le seconda moglie e un fratello. Il giovane, designato dal genitore aspirante kamikaze, era rientrato in Somalia tre anni fa, quando aveva 16 anni. Per ora non sappiamo molto di più, salvo che il reclutamento è avvenuto in Italia». Secondo la stessa fonte Asad dovrebbe avere passaporto italiano, che però non gli è stato trovato in tasca. «Il padre l’ha accompagnato fino a Dubai facendogli un accurato lavaggio del cervello. Ha spiegato al giovane che era dovere di ogni buon musulmano partecipare alla guerra santa e che quindi avrebbe dovuto tornare in patria per combattere contro gli infedeli, cioè gli etiopi che in quel momento occupavano l’ex colonia italiana».

CORSO D'ADDESTRAMENTO - Una volta arrivato a Mogadiscio il ragazzo è stato accolto all’aeroporto e preso in custodia da tre persone che l’hanno portato a Chisimaio, il centro dell’islamismo radicale somalo. Ha seguito un corso d’addestramento e cominciato a combattere, a Brava, a Merca e poi nella stessa capitale. «Si è arreso perché non voleva più continuare con questa vita – riferiscono dal palazzo presidenziale somalo -. Ammazzare o venire ammazzati senza un vero motivo».

IL PADRE A PADOVA - Da Padova, contattato al telefono, il padre del ragazzo, quando apprende la notizia dell’arresto del figlio, sembra rimanere attonito. «Gli ho parlato un paio di settimane fa – spiega – e non mi sembrava fosse caduto nelle braccia degli shebab. Lui è parente da parte di madre del presidente della Repubblica Shek Sharif Shek Ahmed, sarà rilasciato presto». Mentre da Mogadiscio viene smentito qualunque legame di parentela, il padre giustifica la partenza del figlio tre anni fa: «E’ stata la madre che vive nella capitale a chiedermi di riportare Asad a casa. Lì sta bene: oltre alla mamma, ci sono fratelli e sorelle e poi gli zii». Ma Mogadiscio è pericolosa. Che ci fa uno come lui che avrebbe potuto vivere in Italia? «No, non è affatto pericolosa. Quando gli ho parlato mi ha detto che tutto procedeva tranquillamente». Un’immagine idilliaca di quella che viene considerata la città più rischiosa del mondo, giacché si combatte ininterrottamente - o quasi - da ben 18 anni. Contatti del figlio con l’islamismo radicale? «Assolutamente no, è un tipo posato e gentile». Che ormai la Somalia sia piena di giovani emigrati che rientrano in patria per combattere la guerra santa è chiarissimo. Molti sono gli americani, soprattutto del Minnesota, altri arrivano dal Canada e altri ancora dall’Europa. Proprio venerdì è stato dato l’annuncio che il kamikaze che il 3 dicembre si è fatto saltare all’hotel Shamu, alla cerimonia di laurea di un gruppo di studenti, provocando almeno 22 morti tra cui tre ministri, proveniva dalla Danimarca.

Massimo A. Alberizzi

3 commenti:

Massimo ha detto...

Credo che della "generazione Balotelli" ne faremmo tutti volentieri a meno ... :-)

kizzy ha detto...

Che poi questo qui non lo si può più nemmeno criticare o fischiare allo stadio per come gioca, sennò scatta l'accusa di 'razzismo': morale, lui può fare tutti i falli che vuole, tanto nessuno ora lo criticherà, è una sorta di 'intoccabile'... Non è razzismo al rovescio questo??

Eleonora ha detto...

@Massimo, appunto.

@Kizzy, a me i miei amici mi dicono che Balotelli è uno stronzo a tutti gli effetti. Gli insulti che si becca non sono certo perchè è nero ma perchè si comporta male, in campo e fuori. Non è razzismo di sicuro. Poi, è chiaro, fa comodo ai buonisti di merda far passare che quegli insulti sono razzisti.