Washington – Il recente referendum in Svizzera che proibisce la costruzione dei minareti ha provocato proteste da una parte all’altra del mondo. Ci sono due modi per interpretare il voto. Il primo, come il rifiuto di un Islam politico, non il rifiuto dei Musulmani in quanto tali. In questo senso è stato un voto per la tolleranza e l’integrazione, quei valori che l’Islam politico non riconosce. In secondo luogo, il voto ha rivelato il grande gap fra il giudizio del popolo svizzero e quello dell’elite del paese sull’Islam politico. Che cosa potrebbe succedere se gli elettori svizzeri fossero chiamati a un referendum per vietare la costruzione di una croce con le braccia piegate ad angolo retto come simbolo della fede di una piccola minoranza? Oppure immaginate un referendum sulla costruzione di torri sormontate da falce e martello – un altro simbolo caro al cuore di una minoranza molto piccola in Svizzera. Le idee politiche hanno i propri simboli: una svastica, falce e martello, un minareto, una mezzaluna con una stella al centro (di solito sulla cima di un minareto), rappresentano tutti una teoria politica collettivista della supremazia di un solo gruppo su tutti gli altri. Su questioni controverse, gli svizzeri amano ascoltare il dibattito, leggere i giornali, e comunque informarsi quando decidono di andare a votare. Quello che gli Europei stanno scoprendo sull’Islam, indagando per conto loro, è che si tratta di qualcosa molto più ampia di una semplice religione. L’Islam non offre soltanto un framework spirituale per affrontare questioni così umane come la nascita, la morte, e ciò che dovrebbe esserci dopo questo mondo; l’Islam prescrive un modo di vivere. L’Islam è un’idea su come la società dovrebbe essere organizzata: il rapporto che il singolo individuo ha con lo Stato; la relazione fra gli uomini e le donne; le regole per l’interazione fra credenti e non credenti; come far rispettare tali regole; e questo perché un governo sotto l’Islam è meglio di un governo fondato su altre idee. Queste convinzioni politiche dell’Islam hanno i loro simboli: il minareto, la mezzaluna, il velo, e la spada. Il minareto rappresenta la supremazia Islamica, un segno di dominazione che è diventato il simbolo della conquista Islamica. E’ stato introdotto alcuni decenni dopo la fondazione dell’Islam. In Europa, come in altre zone del mondo dove i musulmani si stabiliscono, i luoghi di culto, all’inizio, sono semplici. Tutto ciò di cui un musulmano ha bisogno per adempiere all’obbligo della preghiera è una bussola che indichi la direzione della Mecca, acqua per le abluzioni, un tappetino da preghiera pulito, e un modo per indicare l’ora così da pregare cinque volte al giorno nel periodo assegnato. La costruzione di moschee di grandi dimensioni, con torri molto alte che costano milioni di dollari da erigere, è presa in considerazione soltanto dopo che la demografia dei Musulmani diventa significativa. La moschea si evolve da una casa di preghiera ad un centro politico. Gli Imam possono quindi predicare un messaggio di auto-segregazione e un rifiuto audace degli stili di vita di chi non è Musulmano. Gli uomini e le donne sono separati; i gay, gli apostati e gli Ebrei sono apertamente condannati; e i credenti si organizzano intorno a obiettivi politici che richiedono l’introduzione di forme del diritto della sharia, a cominciare dal diritto di famiglia. Questa è la tendenza che abbiamo visto in Europa, e anche in altri paesi dove i Musulmani si sono stabiliti. Non quella indicata dagli accademici occidentali, diplomatici e politici che condannano il voto della Svizzera che vieta i minareti, questi sono i fatti. Nel rispondere alla presenza dell’Islam in mezzo a loro, gli Europei hanno sviluppato due punti di vista in competizione tra loro. Il primo sottolinea l’elemento della correttezza. È esatto equiparare i simboli politici, come quelli utilizzati dai Comunisti e dai Nazisti, con un simbolo religioso come il minareto e i suoi accessori della mezzaluna e della stella? E' esatto equiparare le uniformi del Terzo Reich con il burqa e le barbe degli Islamisti di oggi? Se è corretto, allora l’Islam, come movimento politico, dovrebbe essere respinto sulla base del suo stesso bigottismo. In questa prospettiva, i Musulmani non dovrebbero essere respinti in quanto residenti o cittadini. L’obiezione è piuttosto per quelle pratiche che sono giustificate in nome dell’Islam stesso, come i delitti d’onore, il jihad, la prospettiva del noi-contro-loro, l’auto-segregazione. In breve, la supremazia Islamista. Il secondo punto di vista rifiuta di equiparare i simboli politici di varie forme di fascismo “bianco” con quelli di una religione. In questa scuola di pensiero, le Scritture Islamiche sono paragonate a quelle Cristiana ed Ebraica. Coloro che ragionano da questa prospettiva predicano il pragmatismo. Secondo loro, la chiave per l’assimilazione dei Musulmani è il dialogo. Ed è per questo che sono disposti a placare alcune delle richieste avanzate dalle minoranze Musulmane, nella speranza che un giorno l’attaccamento dei credenti alla Scrittura più estremista si logorerà com’è avvenuto per i popoli Cristiani ed Ebrei. Queste due prospettive contrastanti corrispondono a due gruppi sociali ben distinti in Europa. Il primo è la classe operaia. Il secondo sono le classi che George Orwell una volta definì “indeterminate”. Di mentalità cosmopolita, comprendono diplomatici, uomini d’affari, politici tradizionali, e giornalisti. Costoro sono predisposti alla globalizzazione e tendono a concentrarsi sull’immagine internazionale dei loro rispettivi paesi. Ad ogni conflitto tra Islam e Occidente, gli “indeterminati” sottolineano la possibile reazione dei paesi Musulmani e come questa colpirà l’immagine del proprio paese. Al contrario, coloro che rifiutano le idee e le pratiche dell’Islam politico sono in contatto con i Musulmani a livello locale. Sono stati invitati ad accettare gli immigrati Musulmani come vicini di casa, compagni di classe, colleghi – rappresentano ciò che gli americani chiamerebbero la “Main Street”. Ecco, quindi, il grande paradosso dell’Europa di oggi: la classe operaia, che per generazioni ha votato a sinistra, ora si trova a scegliere i partiti di destra, perché sente di aver perso il contatto con i partiti socialdemocratici. I pragmatici, molti dei quali detengono il potere, hanno in parte ragione quando sostengono che l’integrazione dei Musulmani sarà un fenomeno dai tempi lunghi. I loro appelli per il dialogo sono sensati. Ma finché non impegneranno i Musulmani a scegliere tra i valori dei paesi dove sono venuti e quelli dei paesi che hanno lasciato, si troveranno di fronte a più di una sorpresa. E questo è ciò che dimostra il voto in Svizzera. E’ un confronto tra amministrazioni locali, elettori della classe lavoratrice (e alcune femministe della classe media) e nuovi immigrati Musulmani che sentono di avere il diritto, non soltanto di praticare la loro religione, ma anche di sostituire l’ordine politico locale con il proprio. Guardate con attenzione le reazioni della Svizzera, dell’Unione europea e delle élite delle Nazioni Unite. Il governo svizzero è imbarazzato per l’esito della votazione. Gli svedesi, che attualmente presiedono le riunioni dell’Ue, hanno condannato il voto elvetico, definendolo intollerante e xenofobo. E’ sorprendente che il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, abbia detto in pubblico che il voto della Svizzera sia un atto di scarsa diplomazia. Quello che Bildt ignora è che la discussione sull’Islam è una questione nazionale in molti paesi europei. Non ha nulla a che fare con la politica estera. Il voto svizzero mette in evidenza il dibattito sull’Islam come una questione interna all’Europa. Questo è l’Islam, un insieme di idee politiche e collettiviste. Ai nativi europei è stato chiesto più e più volte, dai loro leader, di essere tolleranti e di accettare i Musulmani. Lo hanno fatto. E questo può essere misurato a) dall’importo di denaro dei contribuenti, che è investito nei settori della sanità, degli alloggi, dell’istruzione e del benessere per i Musulmani e b) dalle centinaia di migliaia di Musulmani che si trovano a bussare alle porte dell’Europa per essere ammessi. Se quelle persone, che piangono perché l’Europa è intollerante, avessero ragione, se ci fosse davvero la xenofobia e il rifiuto dei Musulmani, allora avremmo osservato il contrario. Ci sarebbe stato un esodo di Musulmani fuori dall’Europa. In realtà vi è un confronto internazionale più ampio tra l’Islam e l’Occidente. L’Iraq e le guerre in Afghanistan fanno parte di questo gioco, per non parlare della lotta in corso tra Israeliani e Palestinesi e delle ambizioni nucleari dell’Iran. Questo confronto non dovrebbe mai essere confuso con il problema locale di integrare quei Musulmani che sono stati autorizzati a diventare residenti permanenti e cittadini nelle società Europee.
Tratto da The Christian Science Monitor - Traduzione di Gaia Pandolfi
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