Leggendo le agenzie di stampa sulla richiesta di condanna per Alberto Stasi formulata dal pm Muscio, mi è venuta in mente (chissà poi perché…) la famosa storiella dei due appuntati che rinvengono un cadavere in via Aleksandr Isaevič Solženicyn e, non sapendo come scrivere correttamente nel verbale il nome del drammaturgo russo, ipotizzano di spostare la salma in via Giacomo Leopardi, cognome certamente di più semplice verbalizzazione. Ecco, siccome le perizie (soprattutto quelle disposte dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, quindi non di parte) stavano per far crollare tutto l’impianto accusatorio, cosa si “inventa” il pm Rosa Muscio? Modifica, posticipandolo, l’orario della morte di Chiara Poggi che sarebbe stata uccisa non più intorno alle 11/11,30 bensì dopo le 12,20 ora in cui Alberto Stasi avrebbe finito di lavorare al suo computer, come stabilito dalle perizie informatiche. E se, per ipotesi, l’unico imputato dell’omicidio avesse scritto al pc fino alle 14,55? Niente paura, si sposti ancora l’ora del compimento del crimine (magari verso le 15, tanto per stare più tranquilli) e tutto è risolto. Non solo. Come già osservato da qualcuno, il nuovo orario consente di rendere praticamente senza effetti anche la testimonianza di una vicina di casa dei Poggi che ha sempre sostenuto di aver visto una bicicletta da donna davanti alla villa dell’omicidio intorno alle 9,10/9,15. Quella due ruote non è stata mai identificata così come, nella ricostruzione fatta dal pm, assai poche certezze (per non dire nessuna) si mostra di avere su movente e arma del delitto. Da esterni quali siamo noi, si ha la sensazione di essere di fronte ad un castello accusatorio assai fragile che traballa alla prima folata di vento: una fragilità sulla quale è basata, però, la richiesta di infliggere trent’anni di reclusione a Stasi a fronte di indizi di colpevolezza “chiari e precisi”: una richiesta, è bene ricordarlo, che rappresenta il massimo della pena prevista in caso di processo con rito abbreviato. E mica è finita, perché la dottoressa Muscio chiesto al giudice di non concedere le attenuanti generiche e di considerare invece le aggravanti delle sevizie e dei futili motivi. Per dirla con l’avvocato Angelo Giarda, questa inchiesta «fa paura perché prima si è trovato il colpevole e poi ci si è messi a caccia delle prove contro di lui». Per quel che ci riguarda continuiamo a credere che il caso non sia chiuso e che il colpevole (vero) deve essere ancora identificato. Intanto il cadavere di via Solženicyn può essere trasferito in via Leopardi.
martedì 15 dicembre 2009
Cadaveri erranti
Alberto Stasi e i cadaveri “erranti” di Gianluca Perricone
Leggendo le agenzie di stampa sulla richiesta di condanna per Alberto Stasi formulata dal pm Muscio, mi è venuta in mente (chissà poi perché…) la famosa storiella dei due appuntati che rinvengono un cadavere in via Aleksandr Isaevič Solženicyn e, non sapendo come scrivere correttamente nel verbale il nome del drammaturgo russo, ipotizzano di spostare la salma in via Giacomo Leopardi, cognome certamente di più semplice verbalizzazione. Ecco, siccome le perizie (soprattutto quelle disposte dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, quindi non di parte) stavano per far crollare tutto l’impianto accusatorio, cosa si “inventa” il pm Rosa Muscio? Modifica, posticipandolo, l’orario della morte di Chiara Poggi che sarebbe stata uccisa non più intorno alle 11/11,30 bensì dopo le 12,20 ora in cui Alberto Stasi avrebbe finito di lavorare al suo computer, come stabilito dalle perizie informatiche. E se, per ipotesi, l’unico imputato dell’omicidio avesse scritto al pc fino alle 14,55? Niente paura, si sposti ancora l’ora del compimento del crimine (magari verso le 15, tanto per stare più tranquilli) e tutto è risolto. Non solo. Come già osservato da qualcuno, il nuovo orario consente di rendere praticamente senza effetti anche la testimonianza di una vicina di casa dei Poggi che ha sempre sostenuto di aver visto una bicicletta da donna davanti alla villa dell’omicidio intorno alle 9,10/9,15. Quella due ruote non è stata mai identificata così come, nella ricostruzione fatta dal pm, assai poche certezze (per non dire nessuna) si mostra di avere su movente e arma del delitto. Da esterni quali siamo noi, si ha la sensazione di essere di fronte ad un castello accusatorio assai fragile che traballa alla prima folata di vento: una fragilità sulla quale è basata, però, la richiesta di infliggere trent’anni di reclusione a Stasi a fronte di indizi di colpevolezza “chiari e precisi”: una richiesta, è bene ricordarlo, che rappresenta il massimo della pena prevista in caso di processo con rito abbreviato. E mica è finita, perché la dottoressa Muscio chiesto al giudice di non concedere le attenuanti generiche e di considerare invece le aggravanti delle sevizie e dei futili motivi. Per dirla con l’avvocato Angelo Giarda, questa inchiesta «fa paura perché prima si è trovato il colpevole e poi ci si è messi a caccia delle prove contro di lui». Per quel che ci riguarda continuiamo a credere che il caso non sia chiuso e che il colpevole (vero) deve essere ancora identificato. Intanto il cadavere di via Solženicyn può essere trasferito in via Leopardi.
Leggendo le agenzie di stampa sulla richiesta di condanna per Alberto Stasi formulata dal pm Muscio, mi è venuta in mente (chissà poi perché…) la famosa storiella dei due appuntati che rinvengono un cadavere in via Aleksandr Isaevič Solženicyn e, non sapendo come scrivere correttamente nel verbale il nome del drammaturgo russo, ipotizzano di spostare la salma in via Giacomo Leopardi, cognome certamente di più semplice verbalizzazione. Ecco, siccome le perizie (soprattutto quelle disposte dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, quindi non di parte) stavano per far crollare tutto l’impianto accusatorio, cosa si “inventa” il pm Rosa Muscio? Modifica, posticipandolo, l’orario della morte di Chiara Poggi che sarebbe stata uccisa non più intorno alle 11/11,30 bensì dopo le 12,20 ora in cui Alberto Stasi avrebbe finito di lavorare al suo computer, come stabilito dalle perizie informatiche. E se, per ipotesi, l’unico imputato dell’omicidio avesse scritto al pc fino alle 14,55? Niente paura, si sposti ancora l’ora del compimento del crimine (magari verso le 15, tanto per stare più tranquilli) e tutto è risolto. Non solo. Come già osservato da qualcuno, il nuovo orario consente di rendere praticamente senza effetti anche la testimonianza di una vicina di casa dei Poggi che ha sempre sostenuto di aver visto una bicicletta da donna davanti alla villa dell’omicidio intorno alle 9,10/9,15. Quella due ruote non è stata mai identificata così come, nella ricostruzione fatta dal pm, assai poche certezze (per non dire nessuna) si mostra di avere su movente e arma del delitto. Da esterni quali siamo noi, si ha la sensazione di essere di fronte ad un castello accusatorio assai fragile che traballa alla prima folata di vento: una fragilità sulla quale è basata, però, la richiesta di infliggere trent’anni di reclusione a Stasi a fronte di indizi di colpevolezza “chiari e precisi”: una richiesta, è bene ricordarlo, che rappresenta il massimo della pena prevista in caso di processo con rito abbreviato. E mica è finita, perché la dottoressa Muscio chiesto al giudice di non concedere le attenuanti generiche e di considerare invece le aggravanti delle sevizie e dei futili motivi. Per dirla con l’avvocato Angelo Giarda, questa inchiesta «fa paura perché prima si è trovato il colpevole e poi ci si è messi a caccia delle prove contro di lui». Per quel che ci riguarda continuiamo a credere che il caso non sia chiuso e che il colpevole (vero) deve essere ancora identificato. Intanto il cadavere di via Solženicyn può essere trasferito in via Leopardi.
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