martedì 21 luglio 2009

Obama

Il Presidente cala nei sondaggi ma insiste: "Bisogna agire subito". I repubblicani all'attacco del presidente: "Riforma socialista". Sanità, primo scivolone di Obama". Ma non sarà la mia Waterloo"

NEW YORK
- Un sondaggio che è un grido d'allarme, e una risposta che è un grido di battaglia. Ieri l'America ha mandato un segnale fortissimo al presidente più amato, crollato nei sondaggi di sei punti in un solo mese, e il cui gradimento è sceso per la prima volta sotto la soglia del 60 per cento, fermo al 57. Una raffica di percentuali sparate da Abc e Washington Post ha fatto tremare Washington: soprattutto sulla riforma sanitaria, la rivoluzione voluta da Obama ma foriera, secondo molti, di nuove tasse, e in cui adesso si riconoscono soltanto 49 americani su cento. Ma la risposta del presidente non s'è fatta attendere. Anzi. Con i sondaggi ancora grondanti ieri Barack si è presentato davanti ai giornalisti al Children National Medical Center: "Anche se le famiglie americane sono state colpite da una spirale crescente di costi, le compagnie assicurative e i loro manager hanno continuato a fare profitti". Un discorso durissimo. Con l'obiettivo ben chiaro: la riforma deve passare in commissione alla Camera entro la fine dei lavori in agosto, per approvare la legge entro l'autunno. "Anno dopo anno abbiamo continuato a fare resistenza. Ma se non agiamo, e se non agiamo adesso, nulla potrà mai cambiare". David Axelrod, il suo consigliere, l'aveva anticipato: quando la situazione si fa dura, tocca al presidente mettersi in gioco. Ma il tempo stringe. Dall'aprile scorso, quando è stata lanciato il primo progetto di riforma, gli americani che lo sostengono sono passati dal 57 al 49 per cento. Gli oppositori sono cresciuti in una proporzione ancora maggiore, dal 29 al 44, confermando l'effetto negativo che la mobilitazione sul tema ha portato. L'America, l'unico Paese sviluppato al mondo che non ha una copertura sanitaria per tutti, teme che il piano finisca sulle spalle dei contribuenti. Il presidente continua a sostenere che a pagare devono essere solo i ricchi. Il New York Times racconta il mal di pancia dei senatori democratici che provengono dalle zone più benestanti: con che faccia ci presentiamo agli elettori? Scende in campo la speaker della Camera, Nancy Pelosi. Gli aumenti riguardano i redditi superiori ai 350mila dollari a famiglia? "Portiamo il limite più in alto, pensiamo a un tetto da mezzo milione", dice in un'intervista a ThePolitico, "facciamo capire che a pagare saranno soltanto gli americani ricchi davvero". A sei mesi dall'elezione, la riforma sanitaria rischia di trasformarsi nell'Obama test. Il Washington Post, oltre a servirgli lo scherzo del sondaggio, ricorda che Bill Clinton scivolò proprio sulla sua riforma sanitaria, un fallimento che provocò, nel '94, l'inondazione repubblicana. Michael Steele, chairman dei repubblicani, attacca: dice che la riforma del presidente è "socialista", dice che l'idea di un'assicurazione sanitaria statale che affianchi quelle private "è un esperimento rischioso, che rischia di compromettere l'economia". Il più scatenato è Jim DeMint, il senatore ultraconservatore che fu già fustiga-spese perfino sotto Bush: "Dobbiamo fermarlo su questo, e se lo fermeremo su questo sarà la sua Waterloo". Ma Obama non s'è tirato indietro di fronte alla provocazione. E, tranquillo, ha ribadito in diretta tv: "Ho sentito dire che questa dovrebbe diventare la mia Waterloo. Guardate, non è un problema del presidente. È un problema politico. Il problema di un sistema sanitario che sta distruggendo le famiglie americane".