Milano (AsiaNews) - In Thailandia si sta combattendo una delle tante “guerre dimenticate” di cui non si sa quasi nulla. La Thailandia è un paese a grande maggioranza buddhista di 65 milioni di abitanti, con una piccola percentuale di musulmani (4,5%) nelle tre province del sud, ai confini con la Malesia. Le richieste degli islamici di potersi unire alla Malaysia risalgono a molti anni fa, poiché in passato quei territori appartenevano al sultanato islamico di Malay sotto la protezione dell’Inghilterra, come la Malesia, il Borneo malesiano e il Brunei. Dopo l’ultima guerra mondiale, il sultanato venne occupato dalla Thailandia. Negli anni settanta del Novecento c’è già stata una forte campagna di richieste per l’autonomia regionale da parte dei musulmani, con attentati, violenze e brevi periodi di guerriglia. Poi tutto si è calmato, ma il problema si è riacceso dopo il crollo delle due torri a New York l’11 settembre 2001, che è stato quasi come un segnale di rivendicazione per i seguaci dell’islam in paesi dove sono minoranza: ad esempio, nell’isola di Mindanao nel sud delle Filippine e nella regione dello Xinjiang in Cina. La situazione attuale nel sud della Thailandia è molto grave. I separatisti musulmani reclutano nuovi combattenti nelle scuole islamiche, nel tentativo di innalzare il livello di scontro con il governo e l’esercito thailandese. Secondo uno studio elaborato dagli esperti dell’esercito thailandese, i separatisti musulmani cercano guerriglieri facendo leva sul nazionalismo Malay e sull’orgoglio e il senso di appartenenza al vecchio sultanato. “Essi dicono agli studenti delle scuole [islamiche] che è compito di ogni musulmano riprendere la loro terra dagli infedeli buddisti”. Parlo con un missionario del Pime, padre Claudio Corti di Lecco, che lavora nel nord della Thailandia da 11 anni ed è in vacanza in Italia. Dice: “Tutti i giorni, i giornali riferiscono di attentati, incendi a scuole, molto spesso i monaci buddhisti non escono più dal monastero o escono con scorte armate di soldati perché sono stati uccisi anche loro; diversi abitanti delle tre province del sud sono scappati e vengono al nord perché la situazione è insostenibile. Per invogliare la gente ad andare a lavorare nel sud, il governo dà paghe molto più alte e tanta gente ci va. Là c’è una grande produzione di caucciù e pagano molto bene. I nostri tribali per guadagnare o perché non hanno notizia di questa situazione ci vanno, poi alcuni tornano indietro quando si rendono conto dei pericoli. C’è una vera guerriglia contro il governo, i militari, la Thailandia. Con accuse al governo che non ha mai aiutato il sud a svilupparsi, infatti il sud è una zona abbastanza depressa della Thailandia. E anche la minoranza parlamentare accusa la maggioranza di questo”. “Ma in fondo – continua il missionario - lo scontro è diventato fra islam e buddhismo. Infatti il governo, per cercare di superare questo momento di crisi, favorisce molto le scuole islamiche e l’islam. I musulmani quel che vogliono lo ottengono. L’esempio più lampante è che i musulmani sono stati riconosciuti come thailandesi: mentre prima thailandese voleva dire buddhista, da due anni a questa parte i musulmani sono riconosciuti come thailandesi. Esempio concreto. Tutti i giorni, al mattino alle otto e alla sera alle sei c’è l’inno nazionale. Il paese si ferma, radio e televisioni trasmettono l’inno nazionale e tutti lo cantano. Le televisioni trasmettono immagini della Thailandia. C’è il re, ci sono i monaci buddhisti e adesso ci sono sempre anche i musulmani col loro caratteristico vestito, ci sono le pagode buddhiste e le moschee islamiche”. “Questo non avviene per i nostri tribali. Il cristianesimo è considerato religione straniera, anche se ormai gli stranieri siamo pochi: clero e suore sono quasi tutti locali. In Thailandia i cattolici sono circa 300.000 e i cristiani tutti assieme quasi un milione su 65 milioni, i musulmani sono circa tre milioni. Nella diocesi del sud fondata dai salesiani i cattolici sono circa 6.000, mentre nella nostra diocesi di Chiang Mai al nord sono 50.000 battezzati e 25.000 catecumeni. Chang Mai è la seconda diocesi della Thailandia, dopo Bangkok”.
giovedì 16 luglio 2009
Thailandia
Non più solo monaci buddisti: l’islam guerrigliero penetra in Thailandia. Il sogno dei musulmani è ritornare al sultanato di Malay. L’irredentismo è cresciuto con l’11 settembre. Il governo thai cerca di assimilare l’islam e nelle cerimonie ufficiali, mette vicini dignitari musulmani e monaci buddisti. Ma non i cattolici. di Piero Gheddo
Milano (AsiaNews) - In Thailandia si sta combattendo una delle tante “guerre dimenticate” di cui non si sa quasi nulla. La Thailandia è un paese a grande maggioranza buddhista di 65 milioni di abitanti, con una piccola percentuale di musulmani (4,5%) nelle tre province del sud, ai confini con la Malesia. Le richieste degli islamici di potersi unire alla Malaysia risalgono a molti anni fa, poiché in passato quei territori appartenevano al sultanato islamico di Malay sotto la protezione dell’Inghilterra, come la Malesia, il Borneo malesiano e il Brunei. Dopo l’ultima guerra mondiale, il sultanato venne occupato dalla Thailandia. Negli anni settanta del Novecento c’è già stata una forte campagna di richieste per l’autonomia regionale da parte dei musulmani, con attentati, violenze e brevi periodi di guerriglia. Poi tutto si è calmato, ma il problema si è riacceso dopo il crollo delle due torri a New York l’11 settembre 2001, che è stato quasi come un segnale di rivendicazione per i seguaci dell’islam in paesi dove sono minoranza: ad esempio, nell’isola di Mindanao nel sud delle Filippine e nella regione dello Xinjiang in Cina. La situazione attuale nel sud della Thailandia è molto grave. I separatisti musulmani reclutano nuovi combattenti nelle scuole islamiche, nel tentativo di innalzare il livello di scontro con il governo e l’esercito thailandese. Secondo uno studio elaborato dagli esperti dell’esercito thailandese, i separatisti musulmani cercano guerriglieri facendo leva sul nazionalismo Malay e sull’orgoglio e il senso di appartenenza al vecchio sultanato. “Essi dicono agli studenti delle scuole [islamiche] che è compito di ogni musulmano riprendere la loro terra dagli infedeli buddisti”. Parlo con un missionario del Pime, padre Claudio Corti di Lecco, che lavora nel nord della Thailandia da 11 anni ed è in vacanza in Italia. Dice: “Tutti i giorni, i giornali riferiscono di attentati, incendi a scuole, molto spesso i monaci buddhisti non escono più dal monastero o escono con scorte armate di soldati perché sono stati uccisi anche loro; diversi abitanti delle tre province del sud sono scappati e vengono al nord perché la situazione è insostenibile. Per invogliare la gente ad andare a lavorare nel sud, il governo dà paghe molto più alte e tanta gente ci va. Là c’è una grande produzione di caucciù e pagano molto bene. I nostri tribali per guadagnare o perché non hanno notizia di questa situazione ci vanno, poi alcuni tornano indietro quando si rendono conto dei pericoli. C’è una vera guerriglia contro il governo, i militari, la Thailandia. Con accuse al governo che non ha mai aiutato il sud a svilupparsi, infatti il sud è una zona abbastanza depressa della Thailandia. E anche la minoranza parlamentare accusa la maggioranza di questo”. “Ma in fondo – continua il missionario - lo scontro è diventato fra islam e buddhismo. Infatti il governo, per cercare di superare questo momento di crisi, favorisce molto le scuole islamiche e l’islam. I musulmani quel che vogliono lo ottengono. L’esempio più lampante è che i musulmani sono stati riconosciuti come thailandesi: mentre prima thailandese voleva dire buddhista, da due anni a questa parte i musulmani sono riconosciuti come thailandesi. Esempio concreto. Tutti i giorni, al mattino alle otto e alla sera alle sei c’è l’inno nazionale. Il paese si ferma, radio e televisioni trasmettono l’inno nazionale e tutti lo cantano. Le televisioni trasmettono immagini della Thailandia. C’è il re, ci sono i monaci buddhisti e adesso ci sono sempre anche i musulmani col loro caratteristico vestito, ci sono le pagode buddhiste e le moschee islamiche”. “Questo non avviene per i nostri tribali. Il cristianesimo è considerato religione straniera, anche se ormai gli stranieri siamo pochi: clero e suore sono quasi tutti locali. In Thailandia i cattolici sono circa 300.000 e i cristiani tutti assieme quasi un milione su 65 milioni, i musulmani sono circa tre milioni. Nella diocesi del sud fondata dai salesiani i cattolici sono circa 6.000, mentre nella nostra diocesi di Chiang Mai al nord sono 50.000 battezzati e 25.000 catecumeni. Chang Mai è la seconda diocesi della Thailandia, dopo Bangkok”.
Milano (AsiaNews) - In Thailandia si sta combattendo una delle tante “guerre dimenticate” di cui non si sa quasi nulla. La Thailandia è un paese a grande maggioranza buddhista di 65 milioni di abitanti, con una piccola percentuale di musulmani (4,5%) nelle tre province del sud, ai confini con la Malesia. Le richieste degli islamici di potersi unire alla Malaysia risalgono a molti anni fa, poiché in passato quei territori appartenevano al sultanato islamico di Malay sotto la protezione dell’Inghilterra, come la Malesia, il Borneo malesiano e il Brunei. Dopo l’ultima guerra mondiale, il sultanato venne occupato dalla Thailandia. Negli anni settanta del Novecento c’è già stata una forte campagna di richieste per l’autonomia regionale da parte dei musulmani, con attentati, violenze e brevi periodi di guerriglia. Poi tutto si è calmato, ma il problema si è riacceso dopo il crollo delle due torri a New York l’11 settembre 2001, che è stato quasi come un segnale di rivendicazione per i seguaci dell’islam in paesi dove sono minoranza: ad esempio, nell’isola di Mindanao nel sud delle Filippine e nella regione dello Xinjiang in Cina. La situazione attuale nel sud della Thailandia è molto grave. I separatisti musulmani reclutano nuovi combattenti nelle scuole islamiche, nel tentativo di innalzare il livello di scontro con il governo e l’esercito thailandese. Secondo uno studio elaborato dagli esperti dell’esercito thailandese, i separatisti musulmani cercano guerriglieri facendo leva sul nazionalismo Malay e sull’orgoglio e il senso di appartenenza al vecchio sultanato. “Essi dicono agli studenti delle scuole [islamiche] che è compito di ogni musulmano riprendere la loro terra dagli infedeli buddisti”. Parlo con un missionario del Pime, padre Claudio Corti di Lecco, che lavora nel nord della Thailandia da 11 anni ed è in vacanza in Italia. Dice: “Tutti i giorni, i giornali riferiscono di attentati, incendi a scuole, molto spesso i monaci buddhisti non escono più dal monastero o escono con scorte armate di soldati perché sono stati uccisi anche loro; diversi abitanti delle tre province del sud sono scappati e vengono al nord perché la situazione è insostenibile. Per invogliare la gente ad andare a lavorare nel sud, il governo dà paghe molto più alte e tanta gente ci va. Là c’è una grande produzione di caucciù e pagano molto bene. I nostri tribali per guadagnare o perché non hanno notizia di questa situazione ci vanno, poi alcuni tornano indietro quando si rendono conto dei pericoli. C’è una vera guerriglia contro il governo, i militari, la Thailandia. Con accuse al governo che non ha mai aiutato il sud a svilupparsi, infatti il sud è una zona abbastanza depressa della Thailandia. E anche la minoranza parlamentare accusa la maggioranza di questo”. “Ma in fondo – continua il missionario - lo scontro è diventato fra islam e buddhismo. Infatti il governo, per cercare di superare questo momento di crisi, favorisce molto le scuole islamiche e l’islam. I musulmani quel che vogliono lo ottengono. L’esempio più lampante è che i musulmani sono stati riconosciuti come thailandesi: mentre prima thailandese voleva dire buddhista, da due anni a questa parte i musulmani sono riconosciuti come thailandesi. Esempio concreto. Tutti i giorni, al mattino alle otto e alla sera alle sei c’è l’inno nazionale. Il paese si ferma, radio e televisioni trasmettono l’inno nazionale e tutti lo cantano. Le televisioni trasmettono immagini della Thailandia. C’è il re, ci sono i monaci buddhisti e adesso ci sono sempre anche i musulmani col loro caratteristico vestito, ci sono le pagode buddhiste e le moschee islamiche”. “Questo non avviene per i nostri tribali. Il cristianesimo è considerato religione straniera, anche se ormai gli stranieri siamo pochi: clero e suore sono quasi tutti locali. In Thailandia i cattolici sono circa 300.000 e i cristiani tutti assieme quasi un milione su 65 milioni, i musulmani sono circa tre milioni. Nella diocesi del sud fondata dai salesiani i cattolici sono circa 6.000, mentre nella nostra diocesi di Chiang Mai al nord sono 50.000 battezzati e 25.000 catecumeni. Chang Mai è la seconda diocesi della Thailandia, dopo Bangkok”.
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