giovedì 9 luglio 2009

Rimpatri

Immigrazione: Rovigo "incentiva i rimpatri"

ROVIGO
- Quattrocento euro per tornare a casa. E' l'iniziativa del comune di Rovigo per "incentivare i rimpatri dei cittadini stranieri". L'idea e' dell'assessore all'Immigrazione di Rifondazione comunista, Giovanna Pineda. Protesta la Caritas della citta'. "Gli esseri umani non sono merce da spostare a nostro piacimento", ha commentato il responsabile della locale organizzazione cattolica, don Dante Bellinati.

D’accordo Vicenza e gli industriali di Treviso. I dubbi della Caritas. La sinistra di Rovigo paga gli immigrati che se ne vanno. L’assessore di Rifondazione: il patto è che non tornino

MILANO
— Chi rimanda a ca­sa gli immigrati? La Lega? Sba­gliato. Gli immigrati, quelli in regola, li rimanda a casa il cen­trosinistra. Almeno nel Veneto, dove gli stranieri regolari sono 450 mila. Ultima, l’amministra­zione di Rovigo che sta per deli­berare, su proposta dell’assesso­re all’Immigrazione Giovanna Pineda (Rifondazione comuni­­sta), «un progetto per incentiva­re i rimpatri definitivi di cittadi­ni stranieri». Funzionerà così: «Abbiamo un primo budget limitato, 4.000 euro. Contiamo di spen­dere circa 400 euro per perso­na». Già una decina hanno chie­sto informazioni: «Persone sin­gole, soprattutto uomini maroc­chini in situazioni di forte disa­gio che in futuro potrebbero an­che diventare dei delinquenti — spiega l’assessore Pineda —. Un sacrificio oggi per evitare l’assistenzialismo cronico in fu­turo». Pineda assicura che il Co­mune si muove di concerto con le associazioni di volontari, Ca­ritas in testa: «Le badanti servo­no e le teniamo, queste persone non servono più e le mandia­mo via? Ma non funziona co­sì! ».

Don Dante Bellinati è il re­sponsabile Caritas di Rovigo e non sembra così convinto del progetto: «Se questi stranieri se ne vanno, in futuro non potran­no più tornare. E il Comune, che piange miseria, che manda da noi la gente per pagare le bol­lette o per un pasto caldo, dove li trova i soldi? Gli esseri umani non sono merce da spostare a proprio piacimento». Quel che non convince don Dante è già storia a Vicenza. Qui l’amministrazione (centro­sinistra), in collaborazione con la Caritas, cinque anni fa ha av­viato quelli che don Giovanni Sandonà, responsabile Caritas per il Triveneto, chiama «rimpa­tri mutuati». Dal 2004 a oggi ne hanno beneficiato in 75. «Da circa un anno sono sempre più donne con bambini oppure fa­miglie intere a chiedere un aiu­to per tornare nei Paesi d’origi­ne. La crisi colpisce prima gli immigrati, perdono il lavoro e capiscono di non avere più un futuro in Italia». Ogni anno la giunta comunale stanzia 50 mi­la euro per i rimpatri: «Per il 2009 il budget è già esaurito» dice don Giovanni.

A Treviso, dove la giunta è di centrodestra, ai rimpatri ci pen­sano i sindacati (Cgil e Cisl), le aziende, la solita Caritas e le as­sociazioni di immigrati. «Stia­mo lavorando a diversi proget­ti» spiega Diop Modou, senega­lese, responsabile del Centro co­ordinamento immigrati della Marca. «Nel 2005, quando ab­biamo iniziato, i casi erano una decina l’anno. Nella prima me­tà del 2009 già in cinquanta hanno chiesto il rientro in pa­tria. Chi ha perso il lavoro, chi ha un mutuo e non ce la fa più. Qualcuno chiede solo il bigliet­to aereo, altri portano un pro­getto per un’attività da aprire nel proprio Paese». Fuori dal Veneto, è sempre il centrosinistra a mandare a casa lo straniero. In maggio il Comu­ne di Pisa ha stanziato mille eu­ro per ogni famiglia rom dispo­sta ad andarsene con l’impegno di non tornare mai più. Per ora, hanno accettato la proposta una decina di nuclei familiari. E il centrodestra che fa? Nel novembre scorso fece notizia l’idea del comune di Spresiano (Tv), giunta leghista. L’assesso­re al Sociale Manola Spolverato propose un bonus di 2.000 eu­ro per ogni immigrato disoccu­pato che avesse lasciato il terri­torio comunale. Assessore, a ot­to mesi di distanza in quanti se ne sono andati? «Nessuno. Il bo­nus vale solo per gli extracomu­nitari e, fino ad oggi, ne hanno fatto richiesta solo cittadini ro­meni». Purtroppo per Spresia­no, costretti a rimanere in Ita­lia.

Roberto Rizzo

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