Il meccanismo è fin troppo semplice: l’imbroglio parte da un matrimonio combinato e arriva dritto alla pensione. In mezzo c’è il diritto alla cittadinanza ottenuto con una truffa. Loro, i parenti, arrivano in massa; sono fratelli, madri e padri, cognati, nipoti e cugini. Tutti, fino alla quarta generazione. È il ricongiungimento familiare. E arrivano tutti in regola. Lui, il loro cavallo di Troia moderno, cinque anni prima è riuscito a concludere l’affare. È entrato in un Comune da clandestino con una donna italiana sotto il braccio, che spesso vede per la prima volta, non si capiscono nemmeno quando parlano, fanno fatica a ricordare il nome dell’altro da scandire ad alta voce. Si separano all’uscita per non rivedersi mai più. Alle spalle niente processi di integrazione; cancellati i tempi d’attesa per il permesso di soggiorno. È truffa. È racket. Sono affari. Diecimila euro per trovare una complice che si presta alle finte nozze. La scorciatoia è a portata di mano, un patto tra disperati, pochissimi i controlli, addirittura il sessanta per cento di loro riesce nell’impresa. È la legge che viene raggirata. Milano è lo specchio opaco di questa realtà sommersa dove vive il 12,5 per cento dei clandestini presenti in tutto il Paese. Dai dati forniti dalle forze dell’ordine emerge che un matrimonio misto su due è combinato. (Solo a Milano 894 in un anno). Una tendenza che tocca il 60 per cento se si parla dell’Italia intera. Il fenomeno, insomma, è serio. È dopo aver ottenuto la cittadinanza che i parenti iniziano ad arrivare. «Secondo i nostri dati sono circa quindici persone che arrivano per ogni nuovo cittadino - spiega Ahmed Ali del centro culturale arabo -. E circa 120mila chiedono la pensione». Ottengono la carta di soggiorno nel giro di un paio di mesi, a quel punto tutti i documenti sono pronti per iniziare a prendere il vitalizio di circa 400 euro al mese. «Ma non è tutto qui - continua Ahmed -: molti di loro chiedono pure l’accompagnamento». Cifre che fanno paura. Almeno 70mila quelli che godono di questa rendita. Una spesa per lo Stato di circa 29milioni di euro ogni mese. È una zona grigia. Il professor Marzio Barbagli, sociologo che da anni si occupa del problema dell’immigrazione, dice che c’è molta incertezza sui numeri. «I miei dati parlano di circa trentamila matrimoni misti ogni anno. Un fenomeno complicato da decifrare, distinguere tra la truffa e il matrimonio d’amore. È vero però che una minima parte di queste nozze sono una truffa». La Sbai sostiene che di questi casi ne ha visti molti in questi anni, «quando all’altare si presentano persone che non si ricordano neppure il nome dello sposo un dubbio viene». Tocca a sindaci e assessori fare un po’ i poliziotti. Molte denunce arrivano proprio da loro. Le facce tradiscono. Troppi silenzi, imbarazzi e poca intimità. Il matrimonio come affare, come grimaldello per aggirare le leggi sull’immigrazione e, sempre più spesso, un modo veloce per assicurare a mamme, nonne e zie una pensione sociale. Arginare il problema è difficile, si va per tentativi. «Con il nuovo decreto sicurezza abbiamo fermato il ricongiungimento familiare alla seconda generazione, invece della quarta». «Tutto questo avviene da molti anni - continua Ahmed, almeno dal 2000. Molti vengono qui per prendere la pensione e poi tornano nel loro Paese d’origine, dove hanno una pensione anche lì. Ma non esistono controlli incrociati per smascherarli».
martedì 28 luglio 2009
Finti matrimoni
I finti matrimoni misti ci costano quasi 30 milioni di euro ogni mese di Manila Alfano
Il meccanismo è fin troppo semplice: l’imbroglio parte da un matrimonio combinato e arriva dritto alla pensione. In mezzo c’è il diritto alla cittadinanza ottenuto con una truffa. Loro, i parenti, arrivano in massa; sono fratelli, madri e padri, cognati, nipoti e cugini. Tutti, fino alla quarta generazione. È il ricongiungimento familiare. E arrivano tutti in regola. Lui, il loro cavallo di Troia moderno, cinque anni prima è riuscito a concludere l’affare. È entrato in un Comune da clandestino con una donna italiana sotto il braccio, che spesso vede per la prima volta, non si capiscono nemmeno quando parlano, fanno fatica a ricordare il nome dell’altro da scandire ad alta voce. Si separano all’uscita per non rivedersi mai più. Alle spalle niente processi di integrazione; cancellati i tempi d’attesa per il permesso di soggiorno. È truffa. È racket. Sono affari. Diecimila euro per trovare una complice che si presta alle finte nozze. La scorciatoia è a portata di mano, un patto tra disperati, pochissimi i controlli, addirittura il sessanta per cento di loro riesce nell’impresa. È la legge che viene raggirata. Milano è lo specchio opaco di questa realtà sommersa dove vive il 12,5 per cento dei clandestini presenti in tutto il Paese. Dai dati forniti dalle forze dell’ordine emerge che un matrimonio misto su due è combinato. (Solo a Milano 894 in un anno). Una tendenza che tocca il 60 per cento se si parla dell’Italia intera. Il fenomeno, insomma, è serio. È dopo aver ottenuto la cittadinanza che i parenti iniziano ad arrivare. «Secondo i nostri dati sono circa quindici persone che arrivano per ogni nuovo cittadino - spiega Ahmed Ali del centro culturale arabo -. E circa 120mila chiedono la pensione». Ottengono la carta di soggiorno nel giro di un paio di mesi, a quel punto tutti i documenti sono pronti per iniziare a prendere il vitalizio di circa 400 euro al mese. «Ma non è tutto qui - continua Ahmed -: molti di loro chiedono pure l’accompagnamento». Cifre che fanno paura. Almeno 70mila quelli che godono di questa rendita. Una spesa per lo Stato di circa 29milioni di euro ogni mese. È una zona grigia. Il professor Marzio Barbagli, sociologo che da anni si occupa del problema dell’immigrazione, dice che c’è molta incertezza sui numeri. «I miei dati parlano di circa trentamila matrimoni misti ogni anno. Un fenomeno complicato da decifrare, distinguere tra la truffa e il matrimonio d’amore. È vero però che una minima parte di queste nozze sono una truffa». La Sbai sostiene che di questi casi ne ha visti molti in questi anni, «quando all’altare si presentano persone che non si ricordano neppure il nome dello sposo un dubbio viene». Tocca a sindaci e assessori fare un po’ i poliziotti. Molte denunce arrivano proprio da loro. Le facce tradiscono. Troppi silenzi, imbarazzi e poca intimità. Il matrimonio come affare, come grimaldello per aggirare le leggi sull’immigrazione e, sempre più spesso, un modo veloce per assicurare a mamme, nonne e zie una pensione sociale. Arginare il problema è difficile, si va per tentativi. «Con il nuovo decreto sicurezza abbiamo fermato il ricongiungimento familiare alla seconda generazione, invece della quarta». «Tutto questo avviene da molti anni - continua Ahmed, almeno dal 2000. Molti vengono qui per prendere la pensione e poi tornano nel loro Paese d’origine, dove hanno una pensione anche lì. Ma non esistono controlli incrociati per smascherarli».
Il meccanismo è fin troppo semplice: l’imbroglio parte da un matrimonio combinato e arriva dritto alla pensione. In mezzo c’è il diritto alla cittadinanza ottenuto con una truffa. Loro, i parenti, arrivano in massa; sono fratelli, madri e padri, cognati, nipoti e cugini. Tutti, fino alla quarta generazione. È il ricongiungimento familiare. E arrivano tutti in regola. Lui, il loro cavallo di Troia moderno, cinque anni prima è riuscito a concludere l’affare. È entrato in un Comune da clandestino con una donna italiana sotto il braccio, che spesso vede per la prima volta, non si capiscono nemmeno quando parlano, fanno fatica a ricordare il nome dell’altro da scandire ad alta voce. Si separano all’uscita per non rivedersi mai più. Alle spalle niente processi di integrazione; cancellati i tempi d’attesa per il permesso di soggiorno. È truffa. È racket. Sono affari. Diecimila euro per trovare una complice che si presta alle finte nozze. La scorciatoia è a portata di mano, un patto tra disperati, pochissimi i controlli, addirittura il sessanta per cento di loro riesce nell’impresa. È la legge che viene raggirata. Milano è lo specchio opaco di questa realtà sommersa dove vive il 12,5 per cento dei clandestini presenti in tutto il Paese. Dai dati forniti dalle forze dell’ordine emerge che un matrimonio misto su due è combinato. (Solo a Milano 894 in un anno). Una tendenza che tocca il 60 per cento se si parla dell’Italia intera. Il fenomeno, insomma, è serio. È dopo aver ottenuto la cittadinanza che i parenti iniziano ad arrivare. «Secondo i nostri dati sono circa quindici persone che arrivano per ogni nuovo cittadino - spiega Ahmed Ali del centro culturale arabo -. E circa 120mila chiedono la pensione». Ottengono la carta di soggiorno nel giro di un paio di mesi, a quel punto tutti i documenti sono pronti per iniziare a prendere il vitalizio di circa 400 euro al mese. «Ma non è tutto qui - continua Ahmed -: molti di loro chiedono pure l’accompagnamento». Cifre che fanno paura. Almeno 70mila quelli che godono di questa rendita. Una spesa per lo Stato di circa 29milioni di euro ogni mese. È una zona grigia. Il professor Marzio Barbagli, sociologo che da anni si occupa del problema dell’immigrazione, dice che c’è molta incertezza sui numeri. «I miei dati parlano di circa trentamila matrimoni misti ogni anno. Un fenomeno complicato da decifrare, distinguere tra la truffa e il matrimonio d’amore. È vero però che una minima parte di queste nozze sono una truffa». La Sbai sostiene che di questi casi ne ha visti molti in questi anni, «quando all’altare si presentano persone che non si ricordano neppure il nome dello sposo un dubbio viene». Tocca a sindaci e assessori fare un po’ i poliziotti. Molte denunce arrivano proprio da loro. Le facce tradiscono. Troppi silenzi, imbarazzi e poca intimità. Il matrimonio come affare, come grimaldello per aggirare le leggi sull’immigrazione e, sempre più spesso, un modo veloce per assicurare a mamme, nonne e zie una pensione sociale. Arginare il problema è difficile, si va per tentativi. «Con il nuovo decreto sicurezza abbiamo fermato il ricongiungimento familiare alla seconda generazione, invece della quarta». «Tutto questo avviene da molti anni - continua Ahmed, almeno dal 2000. Molti vengono qui per prendere la pensione e poi tornano nel loro Paese d’origine, dove hanno una pensione anche lì. Ma non esistono controlli incrociati per smascherarli».
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