sabato 25 luglio 2009

Obama e l'islam

Obama e i Fratelli Musulmani: il caso dell'ISNA di Andrea B. Nardi

Nel suo discorso del Cairo, il presidente americano Barack Obama ha annunciato un nuovo inizio delle relazioni tra Stati Uniti e mondo musulmano. Al di là della retorica, in quali politiche si sta effettivamente concretizzando l’approccio obamiano verso l’islam, in particolare negli Stati Uniti? La questione nasce spontanea, alla luce dei rapporti che il Dipartimento della Giustizia statunitense (DOJ), Divisione Diritti Civili, sta stringendo con l’Islamic Society of North America (ISNA). La recente convention dell’ISNA, che si é svolta a Washington dal 3 al 5 luglio, ne è un fulgido esempio. In pratica, il DOJ ha emanato un bando per l’assunzione di volontari con esperienza giuridica – professionisti, avvocati, e semplici studenti – per coadiuvare il personale dell’ISNA specialmente negli stand dedicati alle discussioni col pubblico su temi culturali, sociali, legislativi, eccetera. Si calcola che i visitatori siano stati circa 40.000, in un enorme bazar di 500 venditori ed espositori. Le domande per partecipare venivano inviate direttamente all’Human Resources Office del DOJ. Ora, le perplessità circa la collaborazione fra il Dipartimento della Giustizia USA e l’ISNA sorgono in virtù della natura quanto meno sospetta di quest’ultima. L’Islamic Society of North America è stata fondata nel 1981 niente di meno che dalla Muslim Students Association, branca dei Muslim Brotherhood, ossia i famigerati Fratelli Musulmani di origine egiziana. Per capirci, secondo la mozione 1-00212 presentata dall’attuale ministro dell’Interno italiano Roberto Maroni alla Camera dei Deputati nella seduta n. 194 di mercoledì 25 luglio 2007, l’associazione internazionale dei Fratelli Musulmani veniva definita come un’organizzazione che «come attesta il movimento palestinese Hamas, ritiene lecito il ricorso al terrorismo per conseguire il traguardo condiviso dello Stato islamico». Anche secondo l’ITP, Investigative Project on Terrorism, l’ISNA è da considerarsi una associazione cospirazionista alleata ad Hamas tramite l’Holy Land Foundation for Relief and Development (HLF), il maggior ente di beneficenza islamico d’America accusato di aver elargito oltre 12,4 milioni di dollari ad Hamas. Non è tuttavia la prima volta che il DOJ e l’ISNA si trovano in ambigua frequentazione, tanto che nel 2007 il senatore Tom Coburn pubblicò un’interpellanza al Senato USA in cui chiedeva che dai beneficiari dei fondi del DOJ venissero escluse le associazioni identificate dalle autorità federali come implicate in procedimenti penali. Il riferimento era all’ISNA, ma quando l’FY 2008 Commerce, Justice and Science Appropriations Bill fu approvato dal Senato, la mozione venne dimenticata. Nell’ottobre 2007, una lettera di quattro parlamentari americani membri della Commissione di Intelligence del Senato definiva il comportamento del Dipartimento di Giustizia «un grave errore». Il senatore Coburn pubblicò allora un report in cui denunciava come l’ISNA fosse collegata al CAIR.
Per sapere cos’è il CAIR rivolgiamoci alle inchieste di Daniel Pipes, uno dei maggiori esperti mondiali di islam: Il Council on American-Islamic Relations, Inc., è finanziato dall’Islamic Development Bank (IDB) con sede in Arabia Saudita, che nell’agosto 1999 dette al CAIR 250.000 dollari. L’IDB gestisce i fondi (Al-Quds, Al-Aqsa) che finanziano gli attenti suicidi contro i civili israeliani, fornendo denaro alle famiglie dei kamikaze palestinesi. L’International Institute of Islamic Thought (IIIT), un’organizzazione collegata ai Fratelli musulmani, nel 2003 ha elargito 14.000 dollari all’ufficio di Washington del CAIR, come risulta dalle denunce dei redditi dell’IIIT. David Kane, che investigò sull’IIIT nell’ambito dell’indagine detta Operation Green Quest, descrisse in un affidavit giurato gli innumerevoli modi in cui esso potrebbe aver finanziato presunte organizzazioni che agiscono da paravento per attività terroristiche. L’International Relief Organization (detta altresì International Islamic Relief Organization o IIRO), un’organizzazione finanziata dai sauditi che fu oggetto di indagini da parte della Commissione Finanza del Senato americano per finanziamenti al terrorismo donò almeno 12.000 dollari al CAIR. Infine, cinque affiliati o ex associati del CAIR sono stati arrestati, giudicati colpevoli o espulsi con l’accusa di essere legati al terrorismo: Randall Royer, Ghassan Elashi, Bassem Khafagi, Rabih Haddad, Siraj Wahhaj. Secondo il senatore Coburn, questi elementi, insieme coi continui rapporti dell’FBI (dal giugno 2008 declassificati), allarmavano da anni sulle infiltrazioni terroristiche dei Fratelli Musulmani in territorio statunitense. Quindi la domanda che in America in questo momento si stanno facendo da più parti è: perché mai il Dipartimento di Giustizia si ostina a partecipare coi suoi impiegati alla convention dell’ISNA e aiutarla a propagandare le sue idee filo-terroristiche? Finora dal DOJ perdura un imbarazzante silenzio. Ancor più imbarazzato il Dipartimento della Sicurezza Interna quando ha scoperto di aver sponsorizzato l’ISNA durante la campagna di adesione patrocinata da Hizb ut-Tahrir, nota organizzazione estremista islamica arcinota alle polizie mondiali. Si pensi che Qazi Hussein Ahmad, terrorista pakistano legato ad al-Qaeda, era stato addirittura invitato a tenere una conferenza all’annuale convention canadese dell’ISNA, ed è stato solo grazie all’intervento del Canadian Coalition for Democracies che ad Ahmad fu impedito l’ingresso in Canada (anche se per un certo periodo egli riuscì a tenere conferenze negli USA). Praticamente tutti i leader dell’ISNA presentano collusioni con gruppi islamici estremisti quando non sospettati di attività terroristiche, ma ciò pare non preoccupare il Governo americano. Il caso più eclatante è stata la preghiera islamica recitata da Ingrid Mattson, presidentessa dell’ISNA, alla cerimonia di insediamento del presidente Obama; Mattson era anche stata l’ospite d’onore al pranzo del Dipartimento di Stato e aveva incontrato alti responsabili del Pentagono durante l’amministrazione Bush. Eppure già nel 2007, e recentemente, nel luglio scorso, i procuratori federali a Dallas avevano depositato dei documenti che legano la società islamica basata a Plainfield nell’Indiana col gruppo terroristico di Hamas. La partecipazione della Mattson (canadese convertita all’islam) ha fatto infuriare gli altri rappresentanti di confessioni religiose cui lei ha sempre riservato sermoni denigratori e calunniosi in odore di razzismo. Ci si chiede come sia possibile che l’amministrazione di Obama non si accorga che i suoi partner negli Stati Uniti sono della stessa pasta dei suoi peggiori nemici. Ciò è tanto più inquietante dal momento che il presidente ha appena nominato Dalia Mogahed come consigliere sull’islam nel nuovo comitato Advisory Council on Faith-Based and Neighborhood Partnerships. Dalia Mogahed si presenta alla Casa Bianca col velo e ha già sollevato una marea di critiche. Un suo libro (Who Speaks on Behalf of Islam? What a Billion Muslims Really Think) è stato accusato di apologia del radicalismo islamico, complicità nell’ideologia dei Fratelli Musulmani, e vicinanza con le posizioni delle organizzazioni terroristiche. Per questo alcuni giornali hanno intitolato la scelta con frasi tipo «Obama ostaggio del velo islamico». Come scrive Paolo Fantuzzi sul Foglio: Due anni fa una discussione fu avviata da due studiosi del Nixon Center, Robert Leiken e Steven Brooke, che sulla rivista Foreign Affairs pubblicarono il saggio The moderate muslim brotherhood. I due chiesero al Dipartimento di Stato di avviare il dialogo con la Fratellanza sulla base della sua “evoluzione non violenta”. Ma Zeyno Baran, analista della Hoover Institution e collaboratrice dell’Herald Tribune, liquidò così ogni tentativo di dialogo con i Fratelli: “Per loro il Corano non è fonte di legge, è l’unica fonte. La Fratellanza crea una quinta colonna per indebolire i sistemi occidentali. La Fratellanza ritiene necessario diffondere concetti islamici che rigettano la sottomissione e incitano alla lotta”. Il primo consigliere di Obama per i Rapporti con il mondo islamico, Mazen Asbahi, si dimise quando emersero i suoi legami con la Fratellanza islamista. Un altro membro islamico del board obamiano sulla fede, Eboo Patel, è legato al Council on American Islamic Relations, organismo finanziato dai sauditi e legato ai Fratelli. Le parole della velata consigliera di Obama, Dalia Mogahed, all’atto della sua nomina istituzionale non fanno molto ben sperare: «La conquista dell’Occidente da parte dell’islam non sarà con la spada, ma col proselitismo». Mr. Obama, e se non volessimo diventare tutti musulmani?

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