martedì 21 luglio 2009

Sentenza

L'uomo, marocchino, era stato escluso da un concorso in base a un regio decreto. I giudici: "C'è un carattere discriminatorio nel comportamento dell'azienda". Metrò Milano, si al ricorso di un immigrato. Salvini: "Giudici vadano in Marocco"

MILANO
- Il Tribunale del lavoro di Milano ha parzialmente accolto il ricorso del marocchino Mohamed Hailoua, che lamentava di non poter essere assunto dall'Atm, l'Azienda di trasporti milanese, a causa di un regio decreto del 1931 che prevede l'obbligo di cittadinanza italiana o europea per poter lavorare nel trasporto pubblico. I giudici hanno ordinato all'azienda milanese di "rimuovere la richiesta di cittadinanza italiana o europea tra i requisiti per l'assunzione". Il ricorso era stato presentato con l'associazione Studi giuridici sull'immigrazione e la onlus "Avvocati per niente". A stretto giro il commento di Matteo Salvini, consigliere comunale ed eurodeputato della Lega Nord: "Sentenza aberrante, i giudici si trasferiscano in Marocco". Per il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, "c'è il dubbio che la questione sia stata strumentalizzata ad arte per alzare un polverone contro Atm e, di riflesso, contro il Comune". Soddisfatti gli avvocati dell'immigrato: "Rimosso un ostacolo discriminatorio all'accesso al lavoro". L'uomo aveva presentato reclamo contro l'ordinanza del Tribunale del lavoro di Milano che aveva respinto un suo primo ricorso. Il collegio presieduto dal giudice Chiarina Sala ha dichiarato il "carattere discriminatorio" del comportamento dell'azienda, ordinando ad Atm "la rimozione della richiesta della cittadinanza tra i requisiti di selezione delle offerte di lavoro e delle proposte di assunzione, in moduli cartacei o telematici". Il tribunale di Milano ha stabilito che la permanenza del requisito di una determinata cittadinanza, ai fini dell'assunzione, "verrebbe ad assumere i connotati di una disparità di trattamento in senso diseguale e più svantaggioso per il 'non cittadino'". I giudici hanno quindi accolto quasi tutte le richieste del marocchino - escluso il risarcimento danni - e "accertato il carattere discriminatorio del comportamento di Atm". Quindi hanno ordinato all'azienda "la cessazione del comportamento e la rimozione della richiesta della cittadinanza tra i requisiti di selezione". Secondo i giudici, infatti, il regio decreto 148 del 1931, "è da ritenersi implicitamente abrogato nella parte in cui richiede la cittadinanza quale requisito di accesso al lavoro nel settore". Il primo commento è quello della Lega Nord. Secondo Salvini, che tempo fa aveva polemicamente proposto di riservare i vagoni della metropolitana ai residenti milanesi, "la sentenza è aberrante": "E' arrivata l'ora che questi giudici si trasferiscano in Marocco - dice - dove potranno assaporare le virtù del sistema giudiziario marocchino. A Milano i mezzi pubblici dovranno essere guidati solo da cittadini italiani. Chiamerò immediatamente Elio Catania (presidente di Atm, ndr) perché Milano e i milanesi siano rispettati e tutelati e gli fornirò centinaia di curricula di aspiranti autisti lombardi". De Corato, prende atto di una sentenza che "ribalta quanto deliberato in primo grado, segno che comunque la questione non è così chiara". Ma si dice "comunque perplesso che l'extracomunitario abbia fatto ricorso a un giudice in termini generali senza preoccuparsi di presentare la domanda di assunzione. Il che non spazza via i dubbi che la questione, che poteva essere sollevata in qualunque città d'Italia, sia stata strumentalizzata ad arte da alcuni ambienti solo per alzare un polverone contro Atm e di riflesso contro il Comune di Milano". Prevedibile la soddisfazione degli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri che rappresentavano sia il marocchino che le organizzazioni che si sono occupate del caso. "Come associazioni promotrici dell'azione - commentano "Avvocati per niente" e "Studi giuridici" - siamo estremamente soddisfatti della decisione, che viene così incontro a esigenze di uguaglianza tra lavoratori e di efficienza del sistema economico". Una smentita, spiegano, "alle tesi di quanti pretendevano di fornire assurde giustificazioni a queste barriere che qualificano gli stranieri, per il semplice fatto di essere 'non cittadini', come fonte di rischi per la sicurezza pubblica".

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