giovedì 30 luglio 2009

Padova

Tunisino picchia due agenti. Il giudice lo rimette in libertà

Cronaca di un ordinario pomeriggio padovano. Alcuni poliziotti beccano, in pieno centro, un tunisino che spaccia droga. Lui li prende a male parole, a sassate, a botte. Finisce in galera, ma soltanto per una notte. Che vuoi che sia per un irregolare, pregiudicato, disoccupato, senza fissa dimora. Un sant'uomo, in fin dei conti. Il giorno dopo c'è un giudice che lo rimette in libertà. Follia? Così sembrerebbe, a giudicare dalla denuncia del Coisp, il coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia. Ha deciso di denunciare il fatto al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, chiedendo un'indagine formale. L'episodio risale al 21 luglio. La polizia fa il solito giro di controllo in Prato della Valle, scenografica piazza che ospita varia umanità a ogni ora del giorno e della notte. Gli agenti scorgono un gruppo di persone che agisce con fare sospetto. Si avvicinano. Quelli fuggono. I poliziotti inseguono uno di loro. Si tratta di uno spacciatore tunisino. Una vecchia conoscenza. L'hanno già arrestato dieci giorni prima: era privo del permesso di soggiorno. Il nordafricano, 28 anni, non reagisce bene. Getta per terra i tre grammi di hashish che probabilmente intendeva commerciare. Tira un sasso contro il parabrezza dell'auto delle forze dell'ordine. Poi, una volta fermato, prende gli agenti a calci e pugni. «Lasciatemi stare!» grida. «Polizia razzista, bastardi, io vi denuncio!». Il solito campionario di improperi ai quali la gente in divisa è ormai abituata. Il tutto accompagnato da finti malori e scene di nervi. I poliziotti non possono limitarsi a rivolgergli la parola con gentilezza: «Carino, ti vorremmo arrestare, ci stai?». Usano maniere energiche per trattenerlo e infilargli le manette. Alla fine, vanno tutti al pronto soccorso. Uno dei due agenti riceve 25 giorni di prognosi per le lesioni. L'altro ne avrà otto, proprio come il tunisino. A lui i dottori riscontrano qualche ematoma e alcuni graffi al collo. Passa la notte in carcere. Il giorno dopo, il caso passa all'esame del giudice monocratico del tribunale di Padova Sonia Bello, nota alle cronache per aver contestato la costituzionalità della legge Bossi-Fini, bloccando un processo. In aula, il nordafricano attacca. Accusa la polizia, sostiene di essere stato picchiato. Parla ma gli gira la testa, perde l'equilibrio, ha conati di vomito. Finge? Il giudice Bello fa chiamare un'ambulanza e non convalida l'arresto. La Procura ha impugnato la decisione: ricorso in Cassazione. Anche i poliziotti non ci stanno. Sono stanchi di veder vanificati i loro sforzi per l'ordine pubblico. La lettera del Coisp (inviata anche al Consiglio superiore della Magistratura, al capo della Polizia Manganelli, a sindaco, prefetto, questore e presidente del tribunale di Padova) utilizza toni durissimi. Non chiama in causa soltanto una città dove, da gennaio a maggio, gli arresti per droga sono stati 371. E dove il primo cittadino di sinistra, Flavio Zanonato, ha varato un'ordinanza anti-spaccio con 500 euro di multa e fatto erigere, alcuni anni fa, un "muro" nell'ex bronx di via Anelli. L'episodio padovano, con le minacce agli agenti e i falsi malori per resistere all'arresto, rappresenta «una storia all'ordine del giorno negli uffici di Polizia di tutta Italia». Purtroppo.

Riporto la lettera del COISP rivolta al ministro dell'Interno, della Giustizia ed al presidente del tribunale di Padova:

Quanto accaduto a Padova nel pomeriggio dello scorso 21 luglio - scrive il Coisp nella lettera che riportiamo integralmente - purtroppo, è una scena già vista e rivista molte volte. Un gruppo di soggetti, alla vista dei poliziotti, si dava alla fuga ed uno spacciatore tunisino, già arrestato 10 giorni prima, veniva inseguito dalla pattuglia. Durante le fasi dell’inseguimento lo straniero lanciava anche un sasso contro il parabrezza dell’auto di servizio, danneggiandolo. Alla fine i poliziotti riuscivano a raggiungere e bloccare il soggetto, il quale opponeva notevole resistenza all’arresto, coinvolgendo in una colluttazione gli Operatori i quali, a fatica, riuscivano ad ammanettarlo. Avendo esaurito ogni altra possibilità, il malvivente passava alle minacce dirette agli Operatori, utilizzando il solito “italiani razzisti - io vi denuncio” che ormai accompagna ogni tentativo di far rispettare le leggi italiane da parte delle Forze dell’Ordine. Ogni momento del successivo accompagnamento in Questura per la redazione degli atti e la convalida dell’arresto, è stato accompagnato dalle minacce, dai tentativi di far desistere gli Operanti dal proprio dovere, fino a giungere a fingere malori. Una storia all’ordine del giorno, negli Uffici di Polizia di tutta Italia. A Padova il copione si è ripetuto, con l’aggiunta di due poliziotti con prognosi rispettivamente di 8 e di 25 giorni per le lesioni subite durante le fasi dell’arresto. Ma quanto è accaduto il giorno dopo, nell’aula del Giudice monocratico del Tribunale di Padova, Dott.ssa Bello, ha, secondo noi Rappresentanti delle Forze dell’Ordine, dell’incredibile. Il Giudice infatti, non ha convalidato l’arresto dello straniero, pregiudicato, che si era disfatto di due bustine di droga durante l’inseguimento, che ha danneggiato l’auto della Polizia ed aggredito i poliziotti, che ha sbeffeggiato le divise e lo Stato Italiano per tutto il giorno. Non risulta però che il Giudice abbia discrezionalità quando l'arresto sia stato eseguito legittimamente; recita così l'art. 391, comma 4: "quando risulta che l'arresto è stato legittimamente eseguito il giudice provvede alla convalida con ordinanza" cui rinviano le disposizioni sul giudizio direttissimo (art. 449); d'altra parte l'immediata liberazione è prevista (per il Pubblico Ministero) dall'art. 389 che dice "se risulta evidente che l'arresto è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi consentiti dalla legge". Le motivazioni del Giudice Bello sono chiaramente descritte nel verbale: “ritenuto che la richiesta di misura cautelare in carcere non possa essere accolta, difettando i gravi indizi a carico del prevenuto”, disponendo l’immediata liberazione dell’indagato. Quindi o i poliziotti hanno commesso un falso ideologico o il Giudice è fuori legge! Sappiamo bene che il giovane tunisino è un portatore di problematiche sociali che vanno al di là della sua persona ma non pensiamo che le problematiche dei criminali possano essere risolte nelle Aula di Giustizia. E noi, poliziotti e cittadini, vorremmo vedere un fine nel nostro lavoro e poter godere di un qualsiasi parco cittadino che non sia territorio di spacciatori! Ma vorremmo anche capire perché un giudice ha deciso di lasciare di fatto impunito un soggetto imputato di lesioni, resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, nonché di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. Noi possiamo continuare a non capire quali mondi reali vengano immaginati da Giudici che si dimostrano totalmente scollegati dalla realtà nella quale accadono questi fatti.In altri Stati i Giudici devono passare un po’ di tempo con la Polizia, per la strada, prima di completare la propria carriera e poter sedere sotto alla scritta “La Legge è uguale per tutti”. E’ difficile sottrarsi all’impressione che in Italia certi giudici non leggano nemmeno i giornali, non conoscano il territorio in cui vivono, né i veleni che stanno deteriorando la nostra società. Non riteniamo che liberare uno spacciatore violento sia stato un gesto di “generosità”, di umanità né di giustizia e chiediamo a Lei Signor Ministro di aprire un’indagine formale su quanto accaduto. Sappiamo che chi delinque e viene lasciato impunito, non se ne andrà mai dall’Italia, non ne rispetterà mai le leggi né chi viene chiamato a rappresentare lo Stato e rischia la vita tutti i giorni per questo.

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